Archive pour le 5 mai, 2014

The dove symbolizes the Holy Spirit, and the book symbolizes Scripture, Belgrade

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http://www.cbu.edu/newsletter/arts/2013/09/the-spirit-in-belgrade-by-dr-james-b-wallace/

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Pregare i Salmi con Israele, con Gesù, con il nostro tempo.

http://www.sestogiorno.it/bibbia/Corso_sui_Salmi01.html

HAI MESSO SULLA MIA BOCCA UN CANTO NUOVO

Pregare i Salmi con Israele, con Gesù, con il nostro tempo.

( lo studio prosegue, vedre link)

1 Due racconti per cominciare.

Il Taglialegna
Un giorno venne, dal monaco Bruno, un uomo che nella vita aveva molti impegni anche se nel suo cuore coltivava il desiderio di dedicarsi alla preghiera senza riuscirci, appunto, per i molti impegni. Allora Bruno raccontò questo aneddoto: <Un taglialegna stremato di fatica continuava a sprecare tempo ed energia tagliando legna con una accetta spuntata, perchè diceva di non avere il tempo per fermarsi ad affilare la lama>.Da quel giorno, l’uomo dai molti impegni si alzò sempre un quarto d’ora prima per « affilare la lama ». E alla sera, effettivamente, era meno stanco di prima.

Il menù non sazia
Ad alcuni hassidim, che avevano studiato la santa Toràh, Rabbi Baal Sem disse: <Io vi ho spiegato la carta con l’elenco della portate. Spero che nessuno creda così di aver già mangiato. Un menù, per quanto utile, non è buono da mangiare>. Gli hassidim si prostrarono in preghiera.

PREGARE E CAPIRE I SALMI.
L’accostamento ai Salmi può essere fatto da molte angolature…Come davanti ad una pagnotta: normalmente ci buttiamo sopra al pane per consumarlo; è logico perché il pane è fatto non per essere contemplato e riverito, ma per essere mangiato. Ma non guasterebbe, una volta, almeno una sola volta nella vita, fermare la mano rapinatrice che scatta per catturarlo e la bocca affamata che si avventa per triturarlo: e contemplare in quella pagnotta il seme da cui è nato, il terreno che lo ha accolto e gli ha donato sali e umore, la mano di quel contadino che l’ha seminato, le stagioni che lo hanno custodito e cresciuto, quell’anonimo signore che lo ha polverizzato in farina, quel rozzo camionista che lo ha trasportato, quella gentile signora che ce lo ha venduto, il nostro lavoro che ci ha permesso di acquistarlo…e quel Dio Santo che ce lo ha donato incompiuto perché fosse anche frutto della terra e del nostro lavoro. Così per i Salmi che spesso divoriamo nella recita o nel canto; senza riservare a loro, una volta, almeno una volta nella vita, quello sguardo dolce e penetrante che ci fa godere della loro storia, delle loro passioni e di tutte le bocche che li hanno mormorati, gridati, cantati.
Pregare, dunque, per capire i salmi. Ma anche capire i Salmi per pregarli. I Salmi sono usati da secoli come preghiera della Chiesa; pur riconoscendo onore alla fede dei semplici che li hanno pregati senza porsi troppe domande, bisogna ammettere, con fedeltà alla logica della incarnazione, che sono preghiere composte in altri tempi, in circostanze e culture diverse dalle nostre.

LO CHOC DELLA VITA TRA BISOGNI, PERPLESSITA’ E STUPORI.
La nostra storia la scopriamo come storia di desiderio. L’uomo è tale quando è desiderante. Nella preghiera del Padre nostro e dei Salmi, i nostri desideri coincidono con quelli di Dio. Nella nostra preghiera di domanda di solito chiediamo secondo i nostri interessi. Nella preghiera del Padre Nostro e dei Salmi si desiderano le cose di Dio, di fatto si desidera Lui. Succede come nell’amore: non desidero le tue cose ma Te.
La preghiera non è il primo atto che l’uomo compie; prima dell’orazione di solito esiste uno choc esistenziale e solo dopo sorge l’invocazione, il ringraziamento. Quale choc esistenziale sta alla base del Padre Nostro e dei salmi? (Es Salmi 38, 69, 71). Il mondo ha le vene aperte e perde sangue. La creazione geme (Rom 8,22). Ogni società ha i suoi massacri, i suoi martiri, i suoi crimini collettivi. Il mio essere soffre  » Sono uno sventurato. Chi mi libererà? »(Romani 7,24). I contraccolpi della vita non ricadono solo sulle società, ma lacerano anche il cuore dell’uomo: »Io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio »(Rom. 7,19). La vita quotidiana non sfugge all’enigma, all’assurdo e alle nostre cattiverie.
« La creazione attende con impazienza »(Rom. 8,19): di fronte alle assurdità collettive e personali si possono assumere 3 atteggiamenti: rivolta, rassegnazione, speranza. Il Padre Nostro e i Salmi sono la preghiera di chi ha capito ed assimilato la rivelazione dell’Apocalisse: questo tempo è il tempo intermedio di crisi, di tentazioni, di decisioni, Esiste una situazione di urgenza. C’è una coscienza di catastrofe imminente. Il tempo è compiuto, il Regno di Dio è qui. Dio ha deciso di intervenire per porre fine ad una situazione diabolica. Dio vuole essere l’unico Signore della storia (cfr. Apocalisse). Mentre il Signore ha garantito che il mondo malvagio ha i giorni contati, tuttavia il giudizio tarda e poi sappiamo che non sarà, come diceva il Battista, un giudizio di condanna, ma di gioia perchè finalmente il Regno si instaurerà.

PREGARE IN CRISTO E CON CRISTO.
La preghiera è fatta IN CRISTO. Si dice questo soprattutto della preghiera liturgica, ma anche ogni preghiera personale è fatta IN CRISTO. Noi preghiamo in Lui e con Lui. Lutero disse:  » Noi possiamo rivolgerci al cielo di Dio solo salendo sulla pelle e sulle spalle di Cristo ». Il Padre nostro e i Salmi rappresentano la corretta relazione tra Dio e l’uomo, tra cielo e terra, tra religioso e politico. In queste preghiere la causa di Dio è fatta propria dall’uomo la causa dell’uomo è presa a cuore da Dio. Ciò che Dio ha unito, nessuno separi!

IL PADRE NOSTRO E I SALMI.
Gesù ha pregato i salmi; quando prego un salmo, sono certo che anche Gesù lo ha pregato raccogliendo in esso tutta la storia del suo popolo e tutti i gemiti e le lodi che sarebbero venute dopo di Lui. Tuttavia i discepoli del Signore un giorno si sono sentiti dire da Lui:  » Quando pregate, dite PADRE NOSTRO… ». La preghiera del « Padre nostro » diventa dunque normativa ed è più che una formula.
Più che PREGARE IL PADRE NOSTRO bisognerebbe PREGARE SECONDO IL PADRE NOSTRO che è l’unità di misura di ogni altra preghiera. Più che una preghiera, è una scuola di preghiera. Il Padre Nostro non è l’insegnamento di una formula, ma è l’educazione ad un ATTEGGIAMENTO. Il Padre Nostro non cita direttamente i salmi, ma non c’è una frase o una parola, che non si ritrovi nei salmi. S.Agostino ha detto che il Padre nostro è il Battesimo quotidiano. Tertulliano ha detto che il Padre nostro è la somma di tutto il Vangelo (Breviarium totius evangelii).
« Signore, insegnaci a pregare ». Insegnaci il senso della nostra preghiera. La crisi della preghiera rivela la crisi di fede. A volte anche la crisi della nostra responsabilità nella storia.

IL LIBRO DEI SALMI (Sefer Tehillim = Libro degli Inni).
Formazione, suddivisione, generi letterari.
Dalla preghiera personale alla lode pubblica.
L’israelita ritmava la sua vita sulla preghiera, che lo occupava almeno tre volte al giorno, al tramonto, al mattino e a mezzogiorno come ci testimonia il Salmo 55,18: »A sera, all’alba e a mezzogiorno io piango e sospiro; egli ascolta la mia voce », ma ogni occasione era per lui motivo di preghiera. Per l’Israelita credente di tutti i giorni, Jahwè era <il Dio di tutti i giorni>. La sua preghiera però non era privatistica in quanto si concludeva sempre nell’assemblea del culto.

Dalla lode pubblica alla preghiera personale
Il credente, nel Tempio, pregava, cantava, rinnovava la sua fede, la confessava, la celebrava. Al Tempio imparava il metodo di dialogo con Dio. Tornato nella propria vita privata, riprendeva la preghiera usando i Salmi celebrati al Tempio, come punto di partenza per ogni sua orazione. Come esempio possiamo ricordare il Salmo di Maria (« Magnificat »), il Salmo di Simeone e di Zaccaria.

Una preghiera  » di tutto corpo ».
Israele aveva il senso della festa, quello che noi abbiamo perduto dentro i nostri pudori liturgici e nella nostra cultura concettuale e parolaia. La liturgia al tempio era una festa in cui si partecipava « di tutto corpo »; la preghiera israelita era una « preghiera visibile ». Un ebreo lo si vede pregare, come anche un mussulmano. All’ebreo non basta una preghiera mentale; anche il corpo vi partecipa con movimenti, genuflessioni, inchini, ondeggiamenti, prostrazioni.
Anche la vista deve avere la sua parte sia nella bellezza di quel tempio che è la creazione (con i suoi rumori di tuono e bagliori di fulmini e scroscio d’acque) e sia nella maestosità architettonica del tempio (e delle vesti, dei colori, dei profumi, delle volute di incenso).
I Salmi venivano accompagnati da musica; non erano preghiere da recitare, ma da cantare (in molti salmi sono indicati gli strumenti musicali da usare o le melodie su cui cantare). Al coro dei cantori si rispondeva con AMEN e ALLELUJAH, con versetti ed acclamazioni. Addirittura in certi momenti si lanciava un urlo che oggi chiameremmo EVVIVA o URRA’ molto simile all’urlo degli stadi quando si fa goal; era il famoso « teruah » che era il grido collettivo gioioso dell’esercito quando vinceva una battaglia.
Spesso il popolo partecipava sotto forma di intervento litanico, come appare dal Salmo 136 (“perché eterna è la sua misericordia), o battendo le mani e cadenzando il Nome di Dio « Jahù-Jahù-Jahù ».

Quando e come si è formato il libro dei Salmi.
Il libro dei Salmi non è nato in un tempo breve: cominciò ad essere composto verso il 1000 a.C. e pare che sia terminato nel 300 a.C. ma anche dopo tale data la fonte non si è esaurita, tanto è vero che nella traduzione greca (detta dei Settanta) troviamo 14 salmi che non si trovano nell’originale ebraico. Anche nei manoscritti di Qumran (scoperti dal 1947 al 1956), che coprono dal 100 a.C. al 60 d.C., troviamo molti salmi non contenuti tra i 150 Salmi. Anche in molti altri Libri biblici storici, sapienziali e profetici troviamo salmi e preghiere che non sono state inserite nel Libro dei Salmi dal redattore finale. Il redattore finale si trovò dunque in possesso di una materiale vario preesistente e a volte già raggruppato: esisteva una raccolta di canti per i Pellegrinaggi (Salmi 119-133), una raccolta detta « gruppo Hallel » (Salmi 104-106, 110-117, 134-135, 145-150) per le Feste di Pasqua. Questo lavoro redazionale ha dato anche come effetto, per esempio, che si sono verificate delle ripetizioni: il Salmo 14 (« Pensano tra sè gli empi…) è uguale al 53.

Linguaggio informativo e relazionale.
Quando un bambino dice alla mamma: « Mamma ho un po’ di mal di gola » può significare che le manda un messaggio di informazione (Effettivamente ha un po’ di mal di gola), ma spesso le manda un messaggio relazionale ( Mi stai trascurando, ho voglia di sentirmi al centro della tua attenzione) con cui comunica che più che la gola è ammalata la relazione; la frase del bambino più che esprimere una situazione, illustra un tipo di rapporto. Il linguaggio di informazione non preoccupa la mamma più di tanto; il linguaggio relazionale invece, se viene colto dalla mamma, le pone significativi problemi sul suo ruolo di madre: il linguaggio relazionale ci interpella, ci cambia. I Salmi appartengono al Genere letterario relazionale.

SUDDIVISIONE.
Attualmente il Salterio è diviso in 5 Libri che richiamano i cinque libri del Pentateuco.
LIBRO PRIMO ( dal Salmo 1 al 41 ). dedicato ai salmi che descrivono l’affronto tra il giusto credente e l’empio. I Salmi 1 e 2 andrebbero considerati come unico salmo. Il salmo più rappresentativo di questa parte è il salmo 22.
LIBRO SECONDO ( dal Salmo 42 al 72 ). E’ dedicato ai Salmi che descrivono il desiderio di Dio e del suo Regno. La chiave di volta di questa parte è il salmo 48.
LIBRO TERZO ( dal Salmo 73 all’89 ). E’ un libro-cuscinetto che medita sul passato e anche sul futuro messianico. Lo spazio di questa meditazione è il culto. Il centro di questa parte sta nel Salmo 84.
LIBRO QUARTO ( dal Salmo 90 al 106 ). Celebra la potenza del Signore, pastore, provvidenza, re, giudice.
LIBRO QUINTO ( dal Salmo 107 al 150 ). E’ il libro della lode. E’ una esplosione di gioia verso Dio vincitore degli idoli, liberatore, abitante della città di Sion. Il centro è il Salmo 119.

NOTE CIRCA LA SUDDIVISIONE E NUMERAZIONE DEI SALMI.
Durante le traduzioni del libro dei salmi, la numerazione dei salmi ha subìto alcune modifiche: i salmi numerati come 9 e 10 di fatto sono un solo salmo; dicasi altrettanto dei salmi 42 e 43; i salmi 14 e 53 sono doppioni; il salmo 108 è composto da due metà dei salmi 57 e 60. La numerazione originaria ebraica ha subìto una variazione durante la traduzione dei Settanta in lingua greca e tale numerazione è stata rispettata dalla traduzione Vulgata in lingua latina.

IMPOLVERARSI CON LA TERRA

http://web.tiscali.it/pulchritudo/page174/page211/page211.html

IMPOLVERARSI CON LA TERRA

En archè en o Logos, «In principio era la Parola»: è stata questa la frase biblica che la scorsa settimana abbiamo presentato cercando di svelarne la bellezza, celata sotto l’apparente povertà. Noi ora continueremo a seguire l’inno che fa da prologo al vangelo di Giovanni, un testo di straordinaria suggestione e poesia, oltre che di grande densità e intensità teologica. «La voce dell’aquila spirituale risuona all’interno della Chiesa…». Sappiamo che la tradizione ho raffigurato Giovanni con l’immagine dell’aquila che vola nei campi infiniti del cielo. Questa immagine è ripresa nella frase introduttorio, appena citata, di un antico commento all’inno giovonneo. A comporlo è stato un teologo irlandese di nome Giovanni Scoto Eriugena, vissuto alla corte del re-filosofo Carlo il Calvo. Egli scrisse tra l’865 e l’870 un Prologo di Giovanni che è considerato un capolavoro della lingua latina medievale e comincia proprio con l’appello sopra evocato. Si tratta di una gemma filosofico-teologica e poetica che, in forma di omelia, segue l”aquila spirituale”, cioè l’evangelista, che vola con ali veloci verso l’Inconoscibile, cioè il mistero divino. In questo folle volo si approda alla scoperta spirituale che è anche il vertice dell’inno giovanneo. Esso, infatti, ha come picco la celebre frase «Il Logos divenne carne» (1,14). Una dichiarazione scandalosa per il mondo greco perché il purissimo Logos divino, la Parola suprema e trascendente, non poteva impolverarsi con la terra né tanto meno imprigionarsi nella fragilità della nostra carne ed essere lambita dal dolore e colpita dalla morte. Il cristianesimo, invece, afferma che Dio non ha esitato a entrare nel ventre di una donna per diventare carne e sangue, corpo e tempo. Lo scrittore antico Scoto Eriugena, allora, affermava che — con l’ingresso di Dio nel mondo degli uomini — anche «questa pietra e questo legno per me sono luce».
A questo punto vorremmo lasciare la parola a un altro scrittore più vicino a noi, l’argentino Jorge Luis Borges (1899-1986), che, pur essendo agnostico, ha voluto cantare a suo modo il mistero dell’Incarnazione. E l’ha fatto con una poesia pubblicata nel 1969 nella raccolta Elogio dell’ombra con un titolo significativo, Giovanni 1,14 (il versetto da noi citato). Si tratta di una specie di “autobiografia” che Cristo, il Verbo incarnato, narra. Forse il testo non risulterà facile: invitiamo a seguirlo con pazienza, verso perverso. E il tentativo di mostrare l’ingresso di Colui che è eterno (E’, Fu, Sarà») nel tempo, nelle piccole realtà quotidiane e nella morte.
«lo che sono l’E’, il Fu e il Sarà / accondiscendo ancora al linguaggio, / che è tempo successivo e simbolo… / Appresi la veglia, il sonno, i sogni, / l’ignoranza, la carne, / i tardi labirinti della mente, / l’amicizia degli uomini / e la misteriosa dedizione dei cani. / Fui amato, compreso, esaltato e sospeso a una croce».

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