Archive pour le 18 avril, 2014

Resurrezione

Resurrezione dans immagini sacre Christ+enthroned
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Publié dans:immagini sacre |on 18 avril, 2014 |Pas de commentaires »

DOMENICA DI RESURREZIONE – QUALCHE RIFLESSIONE

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Domenica di Pasqua di Resurrezione – Tempo di Pasqua – Anno A

QUALCHE RIFLESSIONE

In questo giorno così importante mi preme illustrare dapprima tutta la 2^ lettura domenicale. Eccola : «Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio! Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria». Spesso questo brano viene dato ad intendere come se la nostra fede avesse a che fare con l’oppio, mollando le cose della TERRA e stando poi buoni buoni ad aspettare il premio infinito da LASSU’. San Paolo voleva effettivamente portare una antitesi e ha ritenuto di fare ricorso ai paragoni spaziali di terra e cielo, ma in realtà, coerentemente con la sua stessa dinamica vita, mai si è sognato di predicare l’evasione dalla realtà a beneficio delle alienazioni, come ha voluto farci credere la sinistra propaganda anticristiana. Infatti in altri passi, egli parla con altre immagini, e basterebbe sostituire “quaggiù” con “uomo vecchio / carne / peccato” che nel battesimo o nel rinnovamento delle promesse battesimali sono lasciati alle spalle, e poi sostituire “lassù” con “uomo nuovo / spirito / grazia” che può essere la realtà del cristiano in quanto di già è una vita nuova nascosta (custodita come un seme nella terra) in Cristo, e che inevitabilmente si manifesterà nella stagione della pienezza futura.
Eccoci al grandioso Vangelo di oggi, che a quanto si dice fin dal primo versetto, accade nel primo giorno dopo il sabato. In ebraico il sabato (Shabat) era ed è il solenne giorno, settimo giorno, in cui Dio aveva compiuto tutta la sua opera e si riposò, modellando così con il suo agire quella unità di tempo che è la settimana. E’ chiaro che se il sabato si colloca al 7° posto di questo tempo, necessariamente il giorno dopo il sabato è per forza il giorno con la maglietta nuovamente al numero 1. Ogni giorno dopo il sabato, ogni giorno che indossa la maglietta numero 1, è una rievocazione del primo giorno, quello in cui iniziò la creazione. Chissà se in omaggio all’opera luminosa e creatrice di Dio che i popoli di lingua inglese chiamano questo giorno come SUNDAY, cioè giorno del sole. Io penso di no : l’omaggio a Dio avrebbe avuto senso se codesto giorno si fosse chiamato LIGHTDAY, cioè giorno della luce, unica cosa che Dio creò nel primo giorno. Mi viene da pensare, che quindi questo nome abbia una radice idolatrica poiché tutti i popoli primitivi del mondo hanno adorato il sole. Tutti tranne uno, che subito ha definito il sole e la luna come due semplicissime lampade appositamente create, e ciò sta scritto a pagina uno della Genesi, grosso modo al 4° o 5° giorno della creazione : e appurato che sole e luna non sono “dei” ma cose create, resta il dilemma di come chiamare il giorno con la maglietta numero 1, in quanto “giorno del sole” fa un po’ acqua. Ebbene, la frase introduttiva del Vangelo di oggi, rende giustizia al nome “Dies Domini”, giorno del Signore, Domenica, giorno in cui un uomo ha vinto la morte, giorno numero 1, GIORNO IN CUI SI PUO’ ADDIRITTURA PARLARE DI UNA NUOVA CREAZIONE PERSINO PIU’ GRANDE DI QUEL “IN PRINCIPIO” – PRIMO GIORNO – IN CUI IL MONDO FU STORICAMENTE CREATO.
E’ risorto. Questa è la base della fede cristiana. Questo è l’annuncio che deve essere a fondamento di ogni altro annuncio. Cristo è stato crocifisso, è morto, ma è risorto nella mattina di Pasqua, e da oggi questo giorno, che è il giorno seguente il Sabato, si chiama Domenica in quanto per sempre sarà una piccola Pasqua che ci deve ricordare UN FATTO, e un fatto non si discute, un fatto non è una teoria o un sentimento o un moto dell’anima. Un fatto è qualcosa che è accaduto. Al più si è autorizzati a dire “Non ci credo che è accaduto, e respingo per insufficienza le prove che mi portate su questo fatto”.
D’accordo, ma da questo momento preparati ad una schizofrenia di fondo, poiché la tua vita registrerà è vero qualche evento cui crederai in forza di prove più decisive di questa (ad esempio ti scotterai le labbra e sinceramente crederai al fatto che il caffè è bollente per merito di questa prova), ma dopo queste sciocchezzuole, tutti i grandi temi della tua vita ti troverai a berli senza uno straccio di prova che mai sia più concreto di questa resurrezione. Mentre rifiuterai il Dio vero per correre dietro gli oroscopi o altre bugie di vario tipo, questa Grazia starà qui ad aspettarti, e sono facile profeta se dico che il Signore farà carte false affinché non ti vada sprecata. Comunque rimane, per chi crede, la centralità di questo annuncio cristiano fondato, e quindi non bisogna accodarsi alla lettura della fede come qualcosa di apologetico o di spirituale, o peggio un fatto rituale, filosofico, sociale, pietistico. Queste cose lasciamoli ai telegiornali atei o agli spifferi anticristiani. Cristo è risorto e tutte le sue promesse sono vere. E palla al centro.
Ormai il mondo votato alla morte è adesso percorso anche dalla vita, la storia fatta di guerre e di illusori incerti progressi conosce adesso la speranza, l’uomo da anonimo si trasforma in un figlio adottivo, che non vuol dire un figlio di seconda categoria, ma vuol dire che diviene erede e possessore dei doni di Dio pur non essendo Dio, qualcosa che non gli appartiene gli viene donato, come accade ad un bambino dell’orfanotrofio (senza casa e senza famiglia e senza beni) quando arriva un padre e … un fratello maggiore …. Gesù Cristo, vero figlio di diritto … che ti indica e dice “Papà, adottiamo quel fratellino lì ” e da quel momento, giudice e notaio stabiliscono che hai una casa, una famiglia, una ricchezza, un futuro …. Ma ciò è pur sempre un grazioso paragone …. La vita eterna donataci dal Risorto è molto di più !!!
Da oggi nasce un senso. Se ci pensi nasce anche un impegno, ma un impegno facile e addirittura gioioso nella Grazia di Dio e cercando le cose di lassù, e pensando alle cose di lassù !!! Altro che oppio che rimbecillisce !!! C’è una parola dell’economia che tutti desideriamo, e questa parola è accreditare o credito (il contrario di debito e di addebitare). Oggi è Pasqua e Cristo ci è stato accreditato, lo dobbiamo citare nella dichiarazione dei redditi, è una ricchezza aggiunta alle nostre ricchezze che già, chi più chi meno, possedevamo.
Lo ha detto san Pietro pieno di Spirito santo (a proposito di Trinità) allorquando gettato via l’UOMO VECCHIO (rinnegatore e fifone) si è rivestito dell’uomo nuovo e uscendo dal Cenacolo travolto dalla effusione pentecostale, si rivolse alla folla (Atti 2,22) e disse “Uomini di Israele, Gesù di Nazaret – uomo ACCREDITATO da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni ….” Capito ?? I miracoli del Figlio tra noi, servono a Dio per dirci “Gesù è a vostro credito, sta sul vostro conto in banca”.
Oggi in banca ci è arrivato un accredito che ha schiantato il nostro conto e ha mandato in tilt i computers della banca. Alleluia, Cristo è risorto, il senso si è posato sulla nostra piatta esistenza, la salvezza è giunta tra noi !
Quante notti ci sono state dalla creazione del mondo ad oggi ? Ebbene, di tutte queste notti, le più straordinarie sono due indicate dalla fede ed entrambe attraversate da una luce soprannaturale. Sto parlando della notte di Natale e della notte di Pasqua. Nella prima Dio si affaccia nel mondo con il volto di un bambino, e nella seconda, dopo essere stato ucciso, risorge mostrando la sua superiorità (la sua vittoria) sul male e sulla morte che del male è la parente più stretta. La prima notte ha la luce della tenerezza, la seconda ha lo splendore della potenza irresistibile.
“Se sei il figlio di Dio scendi dalla croce”. Non era sceso, e la conclusione dei sbeffeggiatori, ed anche dei suoi discepoli, era che quell’uomo non era il figlio di Dio, il figlio della Potenza soprannaturale, ma un pover’uomo del tutto simile a noi che non era in grado di salvare nessuno. Indipendentemente da questa amara realtà, la Maddalena andava comunque al sepolcro per tributargli la sua umana personale dedizione di pietà. Ma non le fu possibile poiché quel sepolcro era vuoto in quanto si era verificato il più grande evento nella storia dell’umanità : la morte era stata vinta, ed il nuovo Adamo apriva una frontiera percorribile anche da noi nella direzione della vita eterna, divina ed immortale. Da quel giorno è accaduto che per 40 giorni è stato visto, ascoltato, TOCCATO dai suoi discepoli che hanno anche mangiato insieme a Lui, e dopo l’Ascensione ogni altro suo fedele ha potuto sperimentare la sua viva presenza nella propria vita. Attenzione bene : non è la dottrina di Gesù o i suoi ideali che vivono ancora, MA LUI IN PERSONA tant’è che ogni cristiano può parlargli, confidarsi, ascoltarlo, come accade con il più caro dei propri amici.
La forza (anche storica) della morte non ha radice primitiva nel corpo ma ha una radice spirituale che sta in quel pungiglione di nome peccato e che porta poi alla corruzione anche del corpo. Gesù ha distrutto questo potere di “avvelenare” e uccidere, lo ha distrutto dal di dentro e lo ha fatto “consegnandosi” alla morte, e quasi replicando la tecnica del cavallo di Troia. Nella notte di Natale gli Angeli in cielo avevano invocato la pace sulla terra, ma è nella notte di Pasqua che essa è stata donata agli uomini. Non ha celebrato davvero la Pasqua – e quindi è rimasto ancora nella morte – chi di noi ha ancora oggi il peso della pietra del peccato, dell’egoismo, del risentimento (assenza di perdono) dentro di sè. Gesù che ha distrutto la morte, ma quale fatica farà mai nel distruggere il mio e il tuo peccato, il mio ed il tuo male, se glielo consegniamo ?
Cosa sarebbe la nostra vita nell’oppressione costante del peso di una maledizione di dover morire, sapendo che Dio non esiste, che siamo figli del caso e degli scimmioni di Darwin come dicono “le maggioranze” dell’intellighenzia nel dominio dell’informazione, e che quindi essendo noi nati per caso, la lotteria finirà e tutto precipiterà poi nel baratro del niente. Ma se la resurrezione è vera, allora Gesù ha detto il vero e quindi nel mio futuro è legittimata la speranza e nel mio presente è legittimo il sorriso, poiché la nostra vita sarà portata su ali d’aquila (così dicevano i profeti che non conoscevano ancora l’Ascensione) direttamente alle sorgenti dell’amore trinitario. La scoperta iniziata con la Maddalena ci ha fatto riscontrare, in linea con le parole di Gesù, che davvero Egli si è caricato dei miei peccati ma che, per l’immenso amore che aveva per me e per te, ha avuto la forza di sopportare questo dolore, ed ha bevuto “il calice amaro” dei miei tradimenti (non ancora terminati nella mia vita), delle mie ingiurie, sarcasmi, spine e flagelli nel corso della mia esistenza e che nel disegno divino furono concretamente “rappresentati”, in piena aderenza, dai miei simili delegati del venerdi santo lungo la Via Crucis.
Il Vangelo fra poco ci dirà con forza « Cristo è veramente risorto ». Tuttavia nessuno (se non il Padre e neppure la madre Maria Santissima) ha assistito alla sua resurrezione, e l’unica testimonianza che abbiamo è « Che è risorto ».
La resurrezione è il gesto di infinita tenerezza con cui il Padre con lo Spirito Santo ridestò Gesù dopo l’immane sofferenza della passione (e questo accadrà anche a noi). I famosi testimoni umani intervengono dopo, intervengono nei momenti citati dal Vangelo odierno, ma la primizia della resurrezione si è svolta tra i soli componenti della Trinità, e all’inizio della messa di Pasqua le prime parole che la Chiesa mette in bocca a Gesù sono un grido di gioia che egli rivolge al Padre « Sono risorto e sono ancora con te ! Hai posto su di me la tua mano! » e, precisa Pietro pieno di Spirito negli Atti, « sciogliendolo dalle angosce della morte ». Il verbo più usuale nella Scrittura sulla resurrezione è « ridestare » da morte. Per usare un frasario umano, il Padre si è accostato al sepolcro come ci si accosta delicatamente alla culla di un neonato che dorme, e lo ha destato dal sonno. A Naim Gesù fece spontaneamente un miracolo non richiestogli dalla vedova che seguiva il corteo funebre del suo bambino : si accostò alla bara e disse « Ragazzo, dico a te, alzati ! » e questo fanciullo si alzò e così lo rese a sua madre. Provo un senso di vertigini nel ricordare l’insistenza con cui Giovanni Paolo II° ha sempre sostenuto che Maria, seppur senza trascrizione evangelica, ha ricevuto la visita del Risorto prima degli altri testimoni, e questo episodio della vedova di Naim ne sembra quasi un prototipo autobiografico dove Dio gli dice « Bambino mio, figlio mio, sono io che ti parlo (e la parola di Dio . . . . crea), alzati ! » e con l’ausilio dello Spirito Santo (che è Signore e dà la vita) che ha fatto irruzione nel corpo esanime di Gesù, lo ha vivificato e fatto entrare nella vita secondo lo Spirito. Quando sarà il nostro turno, il nostro corpo aspetterà una purificazione mentre da subito vivremo anche noi nello Spirito.
E’ da questa resurrezione (attimo in cui la morte si trasformò in vita e il tempo divenne eternità) che hanno preso le mosse tutte le cose e le persone della Chiesa (riti, sacramenti, parola, istituzioni) e che ancor oggi evolvono.
L’apostolo Paolo, scrivendo ai cristiani di Corinto, a non più di venticinque anni di distanza dai fatti, elenca tutte le persone che hanno visto Gesù dopo la sua risurrezione, la maggioranza dei quali era ancora in vita (1Cor 15,6). Di quale fatto dell’antichità abbiamo testimonianze così forti come di questo?
Dopo la morte di Gesù i discepoli si sono dispersi; il suo caso è chiuso: «Noi speravamo che fosse lui…» (Lc 24,21), dicono i discepoli di Emmaus. Evidentemente, non lo sperano più. Ed ecco che, improvvisamente, vediamo questi stessi uomini proclamare unanimi che Gesù è vivo, affrontando processi e persecuzioni, fino al martirio. Che cosa ha determinato un cambiamento così totale, se non la certezza che Gesù era risorto?
Hanno parlato e mangiato con lui dopo la sua risurrezione. E poi erano uomini pratici, tutt’altro che facili a esaltarsi: essi stessi sulle prime dubitarono. Neppure possono aver voluto ingannare gli altri, perché, se Gesù non era risorto, i primi a essere stati traditi e a rimetterci (la stessa vita!) erano proprio loro. Senza il fatto della risurrezione, la nascita del cristianesimo e della Chiesa diventa un mistero ancora più difficile da spiegare che la risurrezione stessa.
Ma la prova più forte che Gesù Cristo è risorto sta nel fatto che è vivo! Vivo, non perché noi lo teniamo in vita parlandone, ma perché lui tiene in vita noi, ci comunica il senso della sua presenza, ci fa sperare.
Le visioni immaginarie arrivano di solito a chi le aspetta e le desidera intensamente, ma gli apostoli, dopo i fatti del Venerdì santo, non aspettavano più nulla. La risurrezione di Cristo è, per l’universo spirituale, quello che fu per l’universo fisico, secondo una teoria moderna, il big bang: un’esplosione d’energia tale da imprimere al cosmo quel movimento di espansione che dura ancora oggi, a distanza di miliardi di anni.
Tutti credono che Gesù sia morto, anche i pagani e gli agnostici lo credono. Ma solo i cristiani credono che Gesù è anche risorto, e non si è cristiani se non lo si crede. Risuscitandolo dalla morte, è come se Dio avallasse l’operato di Cristo, come se vi imprimesse il suo sigillo. «Dio ha dato a tutti gli uomini una prova sicura su Gesù, risuscitandolo dai morti» (At 17,31).
La risurrezione è il centro dell’esperienza della fede dei primi cristiani, ma è difficile parlarne: non è una esperienza che riguarda i sensi, non è il frutto di una riflessione. Risurrezione è qualcosa che viene da Dio, è opera di Dio, e noi possiamo riconoscere questo mistero solo attraverso la fede, confidando e credendo che Dio può arrivare là dove noi non possiamo. Ma allo stesso tempo, anche se la risurrezione non dipende da noi, tutta la nostra vita è un anelito di resurrezione, contiene la speranza di una vita piena al di là dei nostri limiti e delle nostre imperfezioni.
Maria Maddalena si reca alla tomba, ultimo segno visibile della presenza del maestro, per piangere la sua morte e si imbatte in qualcosa di inatteso: il sepolcro chiuso la sera del venerdì è aperto. Corre ad avvisare i discepoli: una spiegazione del sepolcro è quella del furto, e così lei spiega ai discepoli. Essi si mettono in moto per verificare quanto detto dalla donna. Pietro, entrando, vede di più: le bende e il lenzuolo, ed esclude l’ipotesi del furto. Infine il discepolo che Gesù amava entra, vede e crede, passa dalla constatazione del sepolcro vuoto al credere che Gesù è di nuovo vivo oltre la morte.
Di fronte al sepolcro vuoto, il discepolo amato fa per primo il passo della fede. Nel testo di Atti è Pietro che prende la parola in casa del centurione Cornelio per parlare del piano di salvezza di Dio. Dopo il discepolo amato, anche Pietro ha creduto nella risurrezione.
Chi crede in Gesù costituito giudice dei vivi e dei morti ottiene il perdono dei peccati, è riconciliato con Dio, è salvo.
Il cristiano battezzato è colui che entra nello stesso mistero di morte e risurrezione. Il vero significato della sua vita lo può scoprire solo a partire dal progetto di Dio, dalle “cose di lassù”, senza lasciarsi guidare dagli istinti terreni. Ma questo processo di risurrezione interiore è graduale, non accade in una sola volta, deve essere voluto e scelto liberamente da ciascuno. In questo modo, gradualmente, la risurrezione di Gesù che entrò in noi nel battesimo ci rende liberi dal modo di valutare le cose solo orizzontale e ci permette di vivere già ora l’attesa dell’incontro definitivo.
Per nessuno di noi è facile credere nella risurrezione; a volte ci chiediamo se non stiamo dando spazio a storie inventate, se non dovremmo occuparci d qualcosa di più concreto. Ogni giorno facciamo esperienza che, nonostante il battesimo, pensiamo e agiamo ancora molto condizionati dalle “cose di quaggiù”. Ma la risurrezione è il mistero di Dio che entra nella nostra carne e scava il posto per una speranza che non muore. Il giorno della nostra risurrezione è un giorno che il Signore fa. A noi è chiesto solo, come al discepolo amato, a Pietro, a Maria Maddalena, a Cornelio e tanti altri, di avere fede.
Gesù è stato risuscitato da Dio in risposta al suo modo di vivere nell’amore fino all’estremo: così ci ha aperto una strada da percorrere qui sulla terra e poi nell’aldilà della morte, grazie al suo esempio ma soprattutto ai suoi meriti.
La Maddalena era stata una donna peccatrice, abitata da sette demoni (Lc 8,2), ma nell’incontro con Gesù era rifiorita come una nuova creatura: egli si era preso cura di lei, aveva messo in lei la fiducia nella possibilità della conversione, di una vita nuova, e ora lei si prende cura di Gesù, abbandonato da tutti. Ma una novità inaudita l’attende.
Uno arriva per primo al sepolcro a causa dell’amore di cui è amato, l’altro entra per primo a causa dell’elezione a « Roccia » della comunità da parte del Signore.
Pietro, pur «vedendo le bende per terra e il sudario piegato in un luogo a parte», non comprende nella fede l’evento straordinario della risurrezione. Per il discepolo amato, invece, le cose stanno diversamente: «Entrò anche l’altro discepolo… e vide e credette». Cosa ha visto? Nessun oggetto, è l’assenza stessa che, interpretata dall’amore, rivela al suo cuore una presenza. Nell’amore che lo lega a Gesù, il discepolo amato fa spazio in sé alla buona notizia per eccellenza, che anche Pietro poi proclamerà: «Dio ha risuscitato Gesù» (At 2,24).
La fede pasquale nasce dall’amore: solo l’amore per Gesù permette di comprendere la parola di Dio contenuta nelle Scritture e di discernere, a partire da una tomba vuota, che «Cristo è risorto secondo le Scritture» (1Cor 15,4).
Dio non vuole la croce ma dal momento che esiste, a causa del peccato, Egli l’ha fatta sua e in questo modo l’ha trasformata da uno strumento di tortura in uno strumento di salvezza.
«Di ‘certo’ nella vita c’è solo la morte». Ebbene, dalla Pasqua di Cristo in poi, di ‘certo’ nella vita non c’è solo la morte ma anche la risurrezione. «Il fatto che questo futuro esista, cambia il presente; il presente viene toccato dalla realtà futura, e così le cose future si riversano in quelle presenti e le presenti in quelle future» (Spe Salvi, 7).
«Il presente, anche un presente faticoso può essere vissuto o accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino» (Spe Salvi, 1).
Vivo, non perché noi lo teniamo in vita parlandone, ma perché lui tiene in vita noi, ci comunica il senso della sua presenza, ci fa sperare. “Tocca Cristo chi crede in Cristo”, diceva sant’Agostino e i veri credenti fanno l’esperienza della verità di questa affermazione.
Tutti credono che Gesù sia morto, anche i pagani, gli agnostici lo credono. Ma solo i cristiani credono che è anche risorto e non si è cristiani se non lo si crede. Risuscitandolo da morte, è come se Dio avallasse l’operato di Cristo, vi imprimesse il suo sigillo. “Dio ha dato a tutti gli uomini una prova sicura su Gesú, risuscitandolo da morte” (Atti 17,31).

20 APRILE 2014 – S. PASQUA A – PASQUA – OMELIA

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20 APRILE 2014 – S. PASQUA A | OMELIA DI APPROFONDIMENTO

LECTIO DIVINA : GV 20,1-9

Il racconto ci situa nei momenti iniziali dell’esperienza pasquale e ci racconta come, davanti al sepolcro vuoto, nacque la fede nel Risuscitato. Non tutti, meglio, solo uno, di quanti trovarono la tomba aperta ritrovò la fede. Né Maria né Pietro seppero vedere e credere: erano così sicuri della morte del loro maestro che non capirono che Dio lo aveva restituito alla vita, una vita senza morte né sudari. Solo il discepolo che sapeva dell’amore del suo Signore seppe che era vivo, quando vide che Egli non stava nella tomba e che non aveva bisogno oramai del sudario. Pietro ed il discepolo amato percorsero la stessa strada, allarmati da Maria, ma credette solo il discepolo che si sapeva amato: sentire in se stesso l’amore di Gesù è oggi il modo di sentirlo vivo
1 Il primo giorno della settimana, Maria di Magdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
2 Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: « Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto! ». 3 Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4 Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5 Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6 Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7 e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8 Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. [9 Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti].
1. LEGGERE : capire quello che dice il testo facendo attenzione a come lo dice
Mentre i sinottici insistono nella proclamazione della resurrezione di Gesù (Mc 16,6; Mt 28,6-7; Lc 24,5-6.34) Giovanni la narra facendo la cronaca degli incontri personali del Risuscitato a Gerusalemme, il primo giorno della settimana (20,1.19). Gv 20 è diviso in due scene: all’alba, nel sepolcro (20,1-18), si constata la sparizione del cadavere (20,2.13.15); quando imbrunì, in una casa particolare (20,19-29), si impose la presenza del Risuscitato (20,18.25.29). Gesù, nominato fino a quattordici volte, domina il racconto.
Il nostro passaggio raccoglie il primo episodio (20,1-9) della scena intorno alla tomba vuota (20,1-18). Era ancora buio e col buio arrivarono Maria e Pietro davanti al sepolcro aperto e vuoto. Il racconto, benché verosimile, è, soprattutto, descrizione di una dimensione di fede: vedere è passo previo e necessario per credere (20,8), ma l’avere visto non porta necessariamente alla fede (20,1.7): trovarsi con la tomba vuota e coi sudari inutili non è sufficiente per credere vivo il crocefisso.
La tomba vuota, scoperta all’alba, porta l’oscurità ambientale al cuore stesso del protagonista. Maria, una delle donne che assistette alla morte di Gesù (Gv 21,1; 19,25). Niente si dice dell’intenzione che spinge Maria ad andare al sepolcro (Mc 16,1; Lc 24,1: le donne portano aromi per ungere il cadavere; Mt 28,1: andarono a contemplare la tomba). La Maddalena (Gv 20,16.18), benché ancora prima spettatrice del trionfo di Gesù sulla morte, non è credente; immagina che il cadavere – ‘logicamente’ – è stato rubato e corre a dirlo, logicamente, a Pietro e all »altro’ discepolo. C’è in questa reazione di Maria un doppio motivo teologico: da un lato, la visione della tomba aperta non porta da sola alla fede nella resurrezione (20,10); dall »altro, il fatto che il primo che va al sepolcro lo trovi già aperto scarta, senza affermarlo esplicitamente, il rapimento del corpo (cf. Mt 27,64; 28,11-15).
Dietro questa prima, infruttuosa, visita, si narra la fretta dei due discepoli che competono per arrivare prima al sepolcro (20,3-4). Pietro è menzionato in primo luogo, entra per primo nel sepolcro (20,6) e vede tele e veli solamente (20,6-7). Il discepolo anonimo (19,25-26) è il primo ad arrivare alla tomba (20,4), vede i veli (20,5; 19,40) e, soprattutto, arriva alla fede (20,8). Coloro che entrarono nella tomba, urtarono con l’assenza di Gesù; chi aveva convissuto con lui e, insieme, assistito alla sua passione (18,15-16), può certificare solo la sparizione del cadavere. Qui, i discepoli, e non delle donne (Lc 24,24), sono ancora testimoni di morte (20,5-6).
Ma uno di essi, quello che arrivò per primo al sepolcro e non entrò (20,8), che si distingue per l’amore a Gesù (20,2) vede e crede. Vede quello che Pietro ha visto, una tomba vuota ed alcuni sudari ben disposti; ma crede che l’Assente ha vinto la morte. Per Giovanni, in contrasto con la tradizione sinottica, il discepolo che meglio crede è chi si crede più amato, la prima credente nel Risuscitato è il suo migliore amante: poiché l’amore penetra una peculiare e profonda forma di riconoscimento, solo chi ama tra i discepoli è capace di vedere senza prove o, meglio, di credere nella vita del suo Signore amato quando contempla solo il suo sudario. Per il discepolo amato andrà diretta anche la beatitudine che chiude il quarto vangelo, dato che egli cominciò a credere, senza bisogno di avere visto (20,8.29).
Un’annotazione redazionale diretto ai lettori conclude il racconto; esprime una convinzione cristiana molto antica: la Scrittura stessa non portò alla fede nella resurrezione, benché in lei era predetta; l’intelligenza della Scrittura non precede, segue l’esperienza pasquale (20,9. Cf. Lc 24,25-27.44-45). Pietro e Maria tornano a casa sapendo che Gesù non sta nella tomba (20,10): non sanno dove il suo cadavere può essere. Tornano senza sapere che è vivo; sono già, ma solo, testimoni della sua sparizione. Per saperlo vivo, bisogna sapersi amato da Lui.

2 – MEDITARE : Applicare quello che dice il testo alla vita
Oggi il vangelo ci situa nell’origine stessa dell’esperienza pasquale. Dio si anticipò ai più mattinieri e restituì Gesù a vita nuova e migliore; tanto mattiniero fu Dio il giorno di Pasqua che beccò sprovveduti perfino i più primaticci tra i discepoli di Gesù. Preoccupati come erano di occuparsi di un cadavere non poterono sospettare che Dio si fosse già occupato a dargli vita, anticipando il giorno e le loro attenzioni. Muto segno del passo di Dio era quella tomba aperta che tanto li allarmò: la morte, il suo potere, erano spezzati, vinti. Ma i discepoli, impegnati ancora a lavorare come becchini, non potevano crederlo.
Portiamo ancora qualcosa del suo depistaggio, di quella prima incertezza e tristezza che cadde su quei discepoli: siamo tanto sensibili per la sua perdita, tanto quanto siamo orfani di Gesù, quanto siamo persi senza di lui nel nostro mondo che andiamo cercandolo tra i morti, non cercandolo tra i vivi, dandolo per sviato senza sapere dove se ne sia andato. Continuiamo come quei buoni discepoli ad essere dei becchini bene intenzionati, quando quello di cui ha bisogno Gesù sono testimoni coraggiosi della sua resurrezione. Questa è l’impressione che possiamo dare a chi ci vede preoccupati per tante cose che non sono quelle di Dio.
Ritorniamo alle nostre origini. Torniamo a proclamare quello che sappiamo già: che non sta tra i morti chi vive per sempre che non appartiene a nessun sepolcro chi è risuscitato. Trasformiamo la nostra pena in godimento e parliamo agli altri della nostra esperienza: dove oggi si sente la sua mancanza, è necessario un cristiano che lo proclami vivo e presente; dove oggi egli è dato per perso, offriamo come cristiani l’opportunità di trovarlo; dove oggi egli è dato ancora per morto o scomparso, dobbiamo trovare lo slancio e le parole per proclamarlo risuscitato. La testimonianza che dobbiamo dare al mondo non può sminuirsi, a mere parole: la sua nuova vita si proclama con una vita nuova, una vita che non risponda già solo ai criteri che lo condannarono a morte, una vita che possa essere comprensibile nel caso in cui realmente è viva.
Ma, come arriveremo alla convinzione che in realtà vive, che è risuscitato? Seguendo la stessa strada che percorsero il giorno di Pasqua Pietro ed il discepolo che Gesù amava. Allarmati ambedue dalle parole di Maria, si misero a correre verso il sepolcro, simili per la loro incertezza e per la loro fretta, senza poter credere a quanto la donna aveva detto loro e senza immaginarsi quanto Dio aveva già fatto. Fecero una strada in comune, senza che importasse loro l’angoscia che condividevano né la loro incredulità; compagni di fretta e di perplessità, arrivarono insieme alla tomba che trovarono aperta e vuota, con la morte vinta, il cadavere assente e i sudari. I due videro le stesse cose, ma uno solo credette, il discepolo che Gesù amava; il più amato fu colui che per primo arrivò alla fede: sapere del suo amore gli fece sapere del suo amato.
Per convertirci in testimoni di Cristo Risuscitato è necessario sentirci amati da lui, come il primo credente. Arrivò prima alla convinzione che Gesù viveva non per essere arrivato per primo alla sua tomba bensì perché sempre si seppe amato. L’amore vede più nel vuoto, si arrende meno di fronte alle apparenze, vince meglio la disperazione, comprende prima l’oscuro e bandisce con maggior convinzione quello che sente già. Come nell’alba della prima Pasqua, Gesù vive oggi in quanti si sanno amati; nei quali non alberga alcun dubbio che egli vive; è amore che si sente ed è amore che si regge. La fede nella Resurrezione non è tanto un’opzione contro ogni evidenza, bensì l’evidenza che dà di sentirsi caro; la fede non è sforzo personale, ma affermazione di quello che non si vede, accettazione dell’amore gratuito, affermazione di quanto si sperimenta già. Sicuri del suo amore non dovremmo vederlo per crederlo vivo né trovarlo personalmente per saperci personalmente amati.
Oggi bisogna ribellarsi contro coloro che, in qualsiasi forma – perché sono migliaia i modi d’uso -, vogliono seppellire di nuovo Gesù; ci giochiamo in ciò l’amore che ha per noi. Bisogna osare dichiarare vinta ogni morte ed aperta qualunque tomba, dato che Gesù è risuscitato; nessuno ha diritto a tacere la nuova vita di Gesù Risuscitato: ci sarebbe rifiutato il diritto di sentirci amati da lui. Bisogna accettare che Dio continua ad anticipare il nostro dolore e le nostre morti, come quel primo giorno di Pasqua; e bisogna tornare a proclamare quello che sappiamo: che la sua tomba è vuota perché il nostro cuore è pieno di Lui. Chi lo dice, sarà il testimone di Cristo che Dio, ed il nostro mondo, necessitano oggi. Dunque, mentre diciamo quello che sappiamo, che Gesù vive, ci sapremo i suoi testimoni amati.
Non è difficile, dunque, recuperare di essere cristiani; solamente basta che ci mettiamo a dire quello che sappiamo: che Dio continua ad alzarsi presto più di qualunque becchino, che il sepolcro di Gesù è vuoto e che la sua morte è stata vinta. E che non possiamo tacerlo, perché perderemmo oggi il suo amore e la vita senza fine dopo la morte. È troppo quello che rischiamo per non pensare di sentirci amati da Cristo vivo. Egli vive oggi per amarci e noi per amarlo vivremo sempre.
3 – PREGARE : Prega il testo e desidera la volontà di Dio: cosa dico a Dio?
Ti lodo, Signore Risuscitato: la tua vittoria sulla morte riempie di speranza la mia vita mortale. Dammi la capacità di confessarti vivo dove tutti, compreso io, noto più la tua assenza, vienimi incontro quando io trovo morte e desolazione intorno a me. Il tuo sepolcro vuoto, fu la culla della mia fede: che sia per la tua Chiesa il posto della rinascita!
Fa’ che senta il tuo amore, benché non goda della tua presenza fisica; così mi sarà facile vedere le prove della tua morte, palpare la tua assenza, e credere che sei vivo.
Se mi concedi di sentirmi amato, ti confesserò risuscitato. Ti lodo, Padre del mio Signore Gesù, perché ti sei alzato presto quel primo giorno per non permettere che tuo figlio conoscesse la corruzione, avendo conosciuto la morte, e che morte!
Anticipandoti all’aurora ed ai discepoli mattinieri, recuperasti Gesù per te…, e non ci hai lasciati soli in questo mondo. Che percepisca nell’oscurità la tua presenza che presenta nella solitudine la tua compagnia che affronta la morte, mia e dei miei, con la convinzione che solo sarà una tappa transitoria che viva oggi sperando di essere compagno un giorno, e per sempre, del tuo figlio, mio Signore.

JUAN JOSE BARTOLOME sdb

Crocifissione

Crocifissione dans immagini sacre crucifixion
http://cacina.wordpress.com/2012/10/page/2/

Publié dans:immagini sacre |on 18 avril, 2014 |Pas de commentaires »

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