13 APRILE 2014 – DOMENICA DELLE PALME – OMELIA

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13 APRILE 2014 – DOMENICA DELLE PALME

Commento su Mt 26,14-27,66

mons. Vincenzo Paglia

Introduzione
È allo stesso tempo l’ora della luce e l’ora delle tenebre.
L’ora della luce, poiché il sacramento del Corpo e del Sangue è stato istituito, ed è stato detto: « Io sono il pane della vita… Tutto ciò che il Padre mi dà verrà a me: colui che viene a me non lo respingerò… E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto mi ha dato, ma lo risusciti l’ultimo giorno » (Gv 6,35-39). Come la morte è arrivata dall’uomo così anche la risurrezione è arrivata dall’uomo, il mondo è stato salvato per mezzo di lui. Questa è la luce della Cena.
Al contrario, la tenebra viene da Giuda. Nessuno è penetrato nel suo segreto. Si è visto in lui un mercante di quartiere che aveva un piccolo negozio, e che non ha sopportato il peso della sua vocazione. Egli incarnerebbe il dramma della piccolezza umana. O, ancora, quello di un giocatore freddo e scaltro dalle grandi ambizioni politiche.
Lanza del Vasto ha fatto di lui l’incarnazione demoniaca e disumanizzata del male.
Tuttavia nessuna di queste figure collima con quella del Giuda del Vangelo. Era un brav’uomo, come molti altri. È stato chiamato come gli altri. Non ha capito che cosa gli si faceva fare, ma gli altri lo capivano? Egli era annunciato dai profeti, e quello che doveva accadere è accaduto. Giuda doveva venire, perché altrimenti come si sarebbero compiute le Scritture? Ma sua madre l’ha forse allattato perché si dicesse di lui: « Sarebbe stato meglio per quell’uomo se non fosse mai nato! »? Pietro ha rinnegato tre volte, e Giuda ha gettato le sue monete d’argento, urlando il suo rimorso per aver tradito un Giusto. Perché la disperazione ha avuto la meglio sul pentimento? Giuda ha tradito, mentre Pietro che ha rinnegato Cristo è diventato la pietra di sostegno della Chiesa. Non restò a Giuda che la corda per impiccarsi. Perché nessuno si è interessato al pentimento di Giuda? Gesù l’ha chiamato « amico ». È veramente lecito pensare che si trattasse di una triste pennellata di stile, affinché sullo sfondo chiaro, il nero apparisse ancora più nero, e il tradimento più ripugnante? Invece, se questa ipotesi sfiora il sacrilegio, che cosa comporta allora l’averlo chiamato « amico »? L’amarezza di una persona tradita? Eppure, se Giuda doveva esserci affinché si compissero le Scritture, quale colpa ha commesso un uomo condannato per essere stato il figlio della perdizione?
Non chiariremo mai il mistero di Giuda, né quello del rimorso che da solo non può cambiare nulla. Giuda Iscariota non sarà più « complice » di nessuno.
Omelia
Domenica delle Palme e della Passione. Inizia la Settimana Santa, la settimana delle settimane, nella quale la Chiesa celebra i misteri della salvezza portati a compimento da Cristo negli ultimi giorni della sua vita.
La liturgia di oggi inizia con il trionfo dell’ingresso a Gerusalemme e prosegue con il racconto della passione e morte di Gesù sul Calvario. Le palme e la croce, l’acclamazione « Osanna » e il grido « Crocifiggilo! ». Perché questo accostamento? Gesù aveva solo annunciato che la croce è il prezzo da pagare per risorgere. È una motivazione, non la spiegazione. Che poi nella croce debba vedersi il disegno divino, diventa un puro atto di fede. E di questo mistero Gesù stesso portò tutto il peso nell’orto del Getsemani laddove si riscontrano quelli che i medici chiamano i « sintomi da panico »: sudorazione di sangue, desiderio di fuggire, paura di morire, caduta a terra, angoscia.
La spiegazione è in un mistero ancora più profondo, l’amore di Dio. Un amore che portò Gesù laddove il suo cuore non lo avrebbe voluto portare ma quando capì, nell’orto degli ulivi, che l’amore gli chiedeva questo andare fino in fondo, « fino alla fine », non si tirò indietro, anche se sudava sangue. Ecco perché nel suo corpo squarciato si squarcia anche il velo del tempio che celava il volto di Dio. Guardando al crocifisso Giovanni dice: Dio è amore.
Questa Domenica ci presenta Gesù, ponendo la processione delle palme? che è il segno liturgico del trionfo del Signore? come introduzione al racconto della sua passione. « Dio non è venuto a spiegare la sofferenza: è venuto a riempirla della sua presenza », scriveva Paul Claudel. Solo se teniamo presente questo tesoro nascosto dentro il nostro soffrire e dentro il dolore del mondo, questo può acquistare significato.
Gesù non ci invia nel mondo come testimoni della croce, ma come testimoni della sua resurrezione, di un amore così grande? « fino alla fine »? da vincere ogni morte. Ci sono testimoni di questo tipo?
Così si legge nel testamento lasciato da padre Christian de Chenge, trappista, priore di Notre Dame d’Atlas, in Algeria, ucciso una decina di anni fa insieme con altri sei confratelli: « …evidentemente, la mia morte sembrerà dar ragione a quelli che mi hanno considerato con precipitazione un ingenuo o un idealista: «Ci dica adesso quel che pensa!». Ma queste persone devono sapere che la mia più lancinante curiosità verrà finalmente soddisfatta. Ecco che potrò, a Dio piacendo, immergere il mio sguardo in quello del Padre per contemplare con lui i suoi figli dell’Islam come lui li vede, totalmente illuminati dalla gloria di Cristo, frutti della sua Passione, investiti dal dono dello Spirito, la cui gioia segreta sarà sempre quella di stabilire la comunione, ristabilire la rassomiglianza, giocando con le differenze. Questa vita perduta, totalmente mia, totalmente loro, rendo grazie a Dio che sembra averla voluta interamente per quella gioia, nonostante tutto e contro tutto… E anche te, amico dell’ultimo minuto, che non sapevi quel che facevi. Sì, anche per te voglio prevedere questo Grazie e questo Addio, con il volto tuo. E che sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in paradiso, se piacerà a Dio, nostro Padre comune. Amen! Insciallah! ».
Sembrano parole da un altro mondo. Sono solo pronunciate a due metri da terra. In cima ad una croce. La croce del Figlio, apice della più completa incomprensione e abbandono. « Se sei Figlio di Dio… » è la parola che risuona con maggiore insistenza durante tutta la passione, negando l’identità più profonda di Gesù. Il Vangelo di Matteo mostra che proprio nella morte di Gesù si compiono tutte le profezie e il Figlio si svela tale per il suo abbandono fiducioso nelle mani di Colui che non lo abbandona. Perciò la croce non è oscuramento, ma teofania, rivelazione del vero volto di Dio che è amore.

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