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LA LETTERA AI ROMANI – COMMENTO SU 8,1-11
(Pedron Lino)
8) Il dono dello Spirito (8,1-11).
1Non c’è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù. 2Poiché la legge dello Spirito che dà vita in Cristo Gesù ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte. 3Infatti ciò che era impossibile alla legge, perché la carne la rendeva impotente, Dio lo ha reso possibile: mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e in vista del peccato, egli ha condannato il peccato nella carne, 4perché la giustizia della legge si adempisse in noi, che non camminiamo secondo la carne ma secondo lo Spirito.
5Quelli infatti che vivono secondo la carne, pensano alle cose della carne; quelli invece che vivono secondo lo Spirito, alle cose dello Spirito. 6Ma i desideri della carne portano alla morte, mentre i desideri dello Spirito portano alla vita e alla pace. 7Infatti i desideri della carne sono in rivolta contro Dio, perché non si sottomettono alla sua legge e neanche lo potrebbero. 8Quelli che vivono secondo la carne non possono piacere a Dio.
9Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. 10E se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto a causa del peccato, ma lo spirito è vita a causa della giustificazione. 11E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi.
Il Cap. 8 è dominato totalmente dal pensiero dello Spirito (O. Kuss).
Il contenuto di questo capitolo rappresenta il vertice e la controparte del Cap. 7.
V. 1 – Paolo afferma anzitutto che ora non c’è più nessuna condanna per coloro che sono in Cristo Gesù. La nuova condizione dell’umanità, il nuovo modo di essere del cristiano (in Cristo Gesù!) sono la conseguenza di quella giustizia di Dio manifestatasi in Gesù Cristo e che è accessibile mediante la fede e il battesimo. Nella sfera del Cristo, nell’ambito della sua potestà salvifica, ora non vi è più alcuna condanna.
V. 2 – Non vi è alcuna condanna per coloro che vivono in Cristo Gesù, perché lo Spirito ci ha liberati dal peccato e dalla morte. Lo Spirito ci ha liberati dall’ordinamento del peccato stabilito in noi dalle due potenze che ci dominavano: il peccato e la morte. Il nuovo regime instaurato dallo Spirito della vita ha sostituito e abrogato il regime del peccato e della morte.
V. 3 – In questi primi tre versetti abbiamo i seguenti enunciati: ora non vi è più nessuna condanna per coloro che sono in Cristo Gesù perché lo Spirito ci ha liberati dal regime del peccato e della morte. Infatti Dio ha mandato il Figlio suo per condannare il peccato nella carne. La condanna di questa potenza del peccato da parte di Dio è avvenuta nella carne, cioè nell’ambito in cui essa regna. La potenza del peccato è stata colpita là dove ha sede, cioè nell’esistenza carnale decaduta e asservita a quella potenza. Nelle sue pretese e nelle sue brame, nelle sue tensioni e nei suoi trascendimenti la carne ha sempre di mira se stessa, è rivolta alla autosoddisfazione: si tratta dell’egoismo di ogni specie, quello materiale e sensibile e ancor più quello spirituale che si esplica soprattutto nell’assolvimento della legge con opere che dovrebbero garantirci e promuoverci al cospetto di Dio mediante la nostra giustizia (Rm 10,3; Fil 3,3 ss.) o anche nella fiduciosa sicurezza di appartenere alla progenie del popolo di Dio (Fil 3,3 ss.), nel vanto e nell’autoedificazione attinta dalla sapienza o dai carismi (1Cor 1,26; 2Cor 11,18; ecc.). In quanto tale, la carne tende alla morte (Rm 8,26).
Infatti essa è, in tutto il suo atteggiamento, ostile a Dio e ribelle alla norma stabilita da lui. Della carne il peccato si serve in tutto e per tutto come di suo strumento; in lei dimora il peccato per dominarla. È proprio su questa potenza del peccato, che dimora e agisce nella carne, che si è abbattuta ora la condanna di Dio. Tale condanna, che colpisce il peccato dimorante nella carne e che risparmia la dannazione a quelli che sono in Cristo Gesù, si è attuata col fatto che Dio ha inviato il Figlio suo nella carne. Il modo in cui Dio ha condannato il peccato nella carne è stato l’invio del Figlio suo nella carne.
Lo spodestamento della potenza del peccato, compiuto da Dio mediante suo Figlio, viene contrapposto all’impotenza della legge: quanto alla legge era impossibile fare, Dio l’ha fatto per mezzo di suo Figlio. La legge, incapace di annientare il peccato, non era debole in se stessa, ma a motivo della carne. La carne, in quanto realtà dominata dal peccato, rende la legge così debole perché la intende come un incitamento all’egoismo di ogni sorta (Rm 7,7 ss.; Gal 2,16; ecc.). La debolezza per cui la legge non procura la salvezza, ma è addirittura una maledizione, si deve alla carne, alla condizione carnale dell’uomo, dominata dal peccato. La legge, che è in sé santa, giusta e buona, suscita, mediante la carne, l’egoismo e la ricerca di una autoedificazione nell’ingiustizia o nella propria giustizia, ossia nei peccati o nelle opere buone fatte per la propria gloria.
V. 4 – Mediante il Figlio suo, Dio ha condannato la potenza del peccato, affinché noi potessimo compiere gli atti di giustizia richiesti dalla legge e così facessimo la giusta volontà di Dio da cui dipende la nostra vita. La potenza del peccato è stata infranta da questo intervento di Dio in Gesù Cristo. E il fine di ciò era che la giusta volontà di Dio venisse di nuovo osservata da noi.
Ora noi, nella fede in virtù dello Spirito santo, e quindi liberi dall’egoistico attaccamento a noi stessi, liberi di attaccarci solo a Dio, pratichiamo o vogliamo praticare la legge.
Il camminare è vocabolo frequente negli scritti di Paolo e indica una certa condotta di vita. I cristiani non impostano la loro vita secondo le inclinazioni e le pretese della carne, ma assumono come norma di vita, lo Spirito.
Vv. 5 – 8 – La carne è ciò a cui tende l’uomo per sua natura. Essa fa sì che l’uomo prenda le sue parti, partecipi alle sue aspirazioni e pensi al modo suo. Ma un discorso analogo può farsi anche per coloro che vivono sotto il potere dello Spirito, ossia per coloro che sono in Cristo Gesù.
Essi prendono partito a favore dello Spirito e dei suoi doni, e ciò si rivela nel frutto dello Spirito di cui si parla, ad esempio, in Gal 5,22-23. Ma se è vero che coloro che recano l’impronta della carne fanno gli interessi della carne e coloro che vivono nello Spirito sostengono la causa dello Spirito, ne consegue che gli scopi degli uni e degli altri e i risultati a cui approdano sono del tutto contrari. Infatti le aspirazioni della carne conducono alla morte, quelle dello Spirito alla vita e alla pace. La carne porta alla morte perché non si sottomette a Dio e alla legge in cui si esprime la sua volontà dispensatrice di vita. E non è disobbediente solo di fatto, ma per sua natura, in quanto dominata dalla potenza del peccato, in quanto venduta in potere del peccato di Adamo (7,14). Coloro che sono nella carne non possono piacere a Dio. Ma ciò significa la morte.
V. 9 – Voi però non siete nella carne, ma nello Spirito. Paolo si rivolge ai suoi lettori applicando a loro ciò che sta scrivendo. Il tempo in cui i cristiani conducevano la loro vita secondo la carne è passato. Ora vivono nello Spirito. Lo Spirito dimora in loro per mezzo del battesimo. Lo Spirito si è impossessato di loro, si è appropriato della loro esistenza. Essi quindi vivono nell’ambito, sotto il dominio dello Spirito. Il nostro essere nello Spirito è il suo essere in noi, e viceversa.
L’inabitazione dello Spirito in noi coincide con la nostra inabitazione nello Spirito. Lo Spirito di Cristo, che è lo Spirito di Dio, ci fa sperimentare Cristo come nostro Signore. Noi siamo sua proprietà.
V. 10 – Se Cristo (mediante il suo Spirito) abita in noi, ne consegue che:
1. il corpo è morto per quanto concerne il peccato. Se Cristo abita in noi, la nostra realtà di uomini ribelli a Dio è morta per effetto del battesimo che l’ha distrutta.
2. Invece lo Spirito è vita che fa sorgere in noi la giustizia di Dio, quella che è presente in lui. Lo Spirito è vita eterna e con ciò e in ciò è giustizia.
V. 11 – Se lo Spirito è vita, tale si manifesterà anche in noi, cioè nella risurrezione dai morti. Lo Spirito viene qui chiamato e definito come la potenza che Dio ha dimostrato nella risurrezione di Gesù Cristo. Questo Spirito si è impossessato di noi e noi siamo nella sfera della sua potenza. Di questo Spirito, che già si è rivelato in Cristo come Spirito della vita, noi facciamo la norma della nostra vita. Il nostro corpo, tramite il battesimo, per l’inabitazione dello Spirito, è sottratto al peccato e alla morte. Di questo corpo si prende cura lo Spirito che dà la vita che già ci ha concesso la vita di Dio nella forma della giustificazione. Lo Spirito – se rimane in noi e ci lasciamo guidare da lui – concederà anche la vita escatologica ai nostri corpi mortali.