CONSIDERAZIONI SULLA PREGHIERA – VESCOVO IGNATIJ BRJANCIANINOV (1807-1867)

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VESCOVO IGNATIJ BRJANCIANINOV (1807-1867)

CONSIDERAZIONI SULLA PREGHIERA

La preghiera, essendo figlia dell’attuazione dei comandamenti evangelici, è anche, secondo l’unanime opinione dei Padri[64], la madre di tutte le virtù. Essa le genera per effetto dell’unione dello spirito dell’uomo con lo Spirito del Signore. Le virtù, che danno origine alla preghiera, si distinguono da quelle prodotte dalla preghiera. Le prime riguardano l’anima, le seconde lo spirito. La preghiera è essenzialmente il risultato del primo e sommo tra i due comandamenti in cui si fondano la Legge, i Profeti e l’Evangelo[65]. All’uomo è impossibile tendere a Dio con tutta la sua mente, con tutta la sua forza, e con tutto il suo essere senza l’aiuto della preghiera, allorché, per così dire, questa risorge dai morti[66], e riprende vita per effetto della grazia, come se quest’ultima fosse la sua anima. La preghiera è lo specchio su cui si riflettono i progressi compiuti dai monaci. Considerando la sua preghiera, un monaco apprende se ha raggiunto la salvezza oppure è ancora in preda alle miserie del mare in tempesta, lontano dal porto della Santità. In quest’indagine egli ha per guida David il quale, ispirato da Dio, scrisse: “Ho appreso che tu mi hai amato, in quanto il mio nemico non gioisce su di me. Tu mi hai accolto perché in me non c’è malvagità e mi hai confermato di fronte a Te per l’eternità”[67].
Queste parole significano: Signore, ho appreso che tu hai avuto pietà di me e mi hai fatto tuo, poiché continuamente ho respinto vittoriosamente, con la forza della mia preghiera, tutti i pensieri malvagi, tutte le fantasie e le tentazioni del demonio. Questa misericordia di Dio verso l’uomo si manifesta quando quest’ultimo prova pietà per il suo prossimo, senza alcuna eccezione, e perdona a quanti gli hanno fatto torto[68].
La preghiera deve essere la principale attività ascetica del monaco. In essa si concentrano e si sintetizzano tutte le sue attività, in quanto per suo tramite egli si congiunge strettamente a Dio, si unisce a Lui in un solo spirito[69]. Subito all’ingresso nel monastero è necessario imparare la vera preghiera, per perfezionarsi in essa e per guadagnarsi la salvezza per mezzo suo. Alla vera preghiera ed al perfezionamento in essa si oppongono la nostra natura corrotta e gli angeli caduti, che si sforzano di trattenerci nella nostra condizione di schiavitù, di esseri caduti e di costringerci a respingere Dio, il che è comune agli uomini ed ai demoni.

La preparazione alla preghiera
Data l’importanza della preghiera, prima di praticarla è necessario prepararsi. “Anzi prima di pregare, preparati e non essere come un uomo che tenta il Signore”[70]. “Andando a presentarsi davanti al Re e Dio ed a parlare con lui – scrive san Giovanni Climaco – prepariamoci nel modo dovuto, affinché Egli da lungi non veda che noi non abbiamo le armi e la veste necessarie per presentarci ad un Sovrano, e non comandi ai suoi servi e ministri di legarci e di cacciarci lontano dal suo Volto stracciando le nostre richieste e gettandocele in faccia”[71]. La prima preparazione consiste nel respingere il ricordo del male ricevuto e la condanna del nostro prossimo. Lo stesso Signore ci ha comandato di prepararci così: “Quando vi apprestate a pregare, perdonate se avete qualcosa contro qualcuno, affinché il Padre vostro, che è nei Cieli, rimetta i vostri peccati. Se voi non li rimetterete agli altri, neppure il Padre vostro, che è nei cieli, perdonerà a voi le vostre colpe”[72]. L’ulteriore preparazione consiste nell’allontanare ogni preoccupazione terrena con l’aiuto della Fede in Dio, sottomettendoci ed affidandoci alla Sua volontà nella consapevolezza dei nostri peccati e nel sentimento di contrizione e di umiltà che da essa deriva. La contrizione è l’unico sacrificio che Dio accoglie dall’uomo caduto: “Se avessi voluto sacrifici, te li offrirei”, dice al Signore il Profeta in nome di ogni uomo caduto nel peccato che ancora vi si trova; ma Tu rifiuti non solo un qualsiasi sacrificio particolare, materiale o spirituale, ma “neppure gradisci un olocausto. Il sacrificio a Dio è la contrizione dello spirito; Dio non disprezzerà un cuore contrito ed umiliato”[73].
Sant’Isacco Siro ripete la seguente massima di un altro Santo Padre: “Se uno non si riconosce peccatore, la sua preghiera non è gradita a Dio”[74]. Durante la preghiera poniti davanti a Dio invisibile, come se tu lo vedessi, nella certezza che Egli ti vede e con attenzione ti osserva. Poniti davanti a Dio invisibile, come un criminale, convinto d’innumerevoli delitti e condannato ad una pena, sta dinanzi al giudice minaccioso e severo. Ed è proprio così, giacché tu ti trovi di fronte al tuo onnipotente Signore e Giudice. Tu stai davanti ad un tale Giudice, di fronte a cui “non si giustifica alcun vivente”[75], il quale sempre riesce vincitore “quando giudica”[76], il quale non condanna solo quando, per l’ineffabile suo amore per gli uomini, dopo aver perdonato all’uomo i suoi peccati, “non entra in giudizio con il suo servo”[77]. Provando timore di fronte a Dio e sentendo in tal modo la sua presenza nella tua preghiera, vedrai, non con la vista del corpo, ma spiritualmente, l’Invisibile ed apprenderai che la preghiera significa stare dinanzi al tremendo tribunale del Signore[78]. Prega con il capo chino, con gli occhi fissi a terra, immobile ed in piedi. Aiuta la preghiera con il pianto del cuore, sospirando dal profondo dell’animo, con lacrime abbondanti. Un atteggiamento esteriore ispirato alla pietà durante la preghiera è assolutamente necessario ed assai utile per chiunque si dedichi ad essa, specialmente per i principianti, nei quali la disposizione dell’anima particolarmente si conforma a quella del corpo.
L’Apostolo comanda di ringraziare durante la preghiera: “Siate assidui nella preghiera – egli dice – siate vigili in essa con il ringraziamento”[79]. L’Apostolo afferma che il ringraziamento è voluto dallo stesso Dio: “Pregate incessantemente; ringraziate di tutto; questa è la volontà di Dio nei vostri riguardi in Gesù Cristo”[80]. Che cosa significa ringraziamento? È la glorificazione di Dio per i suoi infiniti benefici nei confronti di tutta l’umanità e di ogni singolo. Grazie a tale ringraziamento entra nell’anima una meravigliosa calma; entra la gioia, indipendentemente dal fatto che da ogni parte ci circondano affanni; entra una viva fede, per effetto della quale l’uomo allontana da sé tutte le preoccupazioni, calpesta il timore umano e quello dei demoni e si sottomette pienamente alla volontà di Dio. Questa disposizione spirituale è un’ottima preparazione alla preghiera. “Come accoglieste il Signore Cristo Gesù – scrive l’Apostolo –, così vivete in Lui, radicati e fondati in Lui ed illuminati dalla fede, così come avete appreso, sovrabbondando di ringraziamenti in essa”, cioè acquistando per mezzo del ringraziamento la pienezza della fede. “Rallegratevi sempre nel Signore, e di nuovo vi dico: rallegratevi, il Signore è vicino. Non vi preoccupate di alcunché, ma in tutto le vostre richieste si esprimano al Signore con la preghiera, con la supplica e con il ringraziamento”[81].

L’attenzione durante la preghiera
La preghiera ha bisogno della presenza inseparabile e della collaborazione dell’attenzione. Grazie all’attenzione la preghiera diventa parte integrante di colui che prega; ma se l’attenzione manca, essa è estranea a chi prega. Se c’è l’attenzione, essa produce abbondanti frutti; senza di essa produce solo spine. Il frutto della preghiera è l’illuminazione della mente, la commozione del cuore e la vita dello Spirito che rinasce nell’anima. Le spine significano la morte dell’anima, la presunzione farisaica, che nasce dall’indurimento del cuore soddisfatto dalla quantità delle preghiere e del tempo impiegato in esse. L’attenzione, che tiene lontana dalla preghiera la distrazione per opera di pensieri estranei o di fantasticherie, è un dono della grazia di Dio. Il desiderio sincero di ottenere il dono salutare dell’attenzione si manifesta costringendo se stessi all’attenzione in ogni preghiera. L’attenzione artificiosa, così chiameremo quella non ancora illuminata dalla grazia, consiste nel rinchiudere la mente nelle parole della preghiera, secondo il consiglio di san Giovanni Climaco. Se la mente, per la sua inesperienza nella preghiera, sfuggirà alla chiusura nelle parole, l’attenzione la deve riportare in esse. È propria della mente, a causa del peccato, l’incostanza e la tendenza a distrarsi. Ma Dio può concederle la costanza e la da al momento opportuno in cambio della fermezza e della sopportazione nella preghiera. Contribuisce particolarmente all’attenzione durante la preghiera una pronuncia non veloce delle sue parole. Pronuncia le parole della preghiera senza alcuna fretta, affinché la mente, pienamente soddisfatta, possa rimanere rinchiusa in esse e non ne lasci sfuggire alcuna. Pronuncia le parole a voce abbastanza alta, quando preghi da solo, e ciò ti aiuterà ad essere attento.
La preghiera attenta si può e si deve facilmente apprendere compiendo le devozioni in cella[82]. Caro fratello, non respingere il peso di una certa noia e di una costrizione nell’apprendimento iniziale delle attività a cui un monaco attende in cella ed in particolare delle preghiere che vi si recitano. Provvediti a tempo di un’arma validissima, la preghiera; apprendi in tempo ad usarla, la preghiera è onnipotente, perché in essa agisce l’onnipotenza di Dio. Essa è “la spada spirituale, cioè la parola”[83]. La preghiera, per la sua natura, è la permanenza dell’uomo accanto a Dio, la sua unione con Dio. Per i suoi effetti essa è la riconciliazione dell’uomo con Dio, madre e figlia delle lacrime, ponte che passa oltre le tentazioni, muro che difende dagli affanni, vittoria sulle avversità, attività senza fine, fonte di virtù, origine di doni spirituali, progresso invisibile, nutrimento dell’anima, illuminazione della mente, vittoria sulla disperazione, annuncio di speranza, liberazione dalla tristezza, ricchezza dei monaci[84]. Da principio è necessaria la costrizione nella preghiera, ma ben presto essa comincia a procurare conforto ed in tal modo diviene meno pesante la costrizione e siamo incoraggiati a vincere noi stessi. Ma quest’ultima è necessaria per la preghiera nel corso di tutta la vita e rari furono gli asceti che riuscirono a liberarsene grazie al ricchissimo conforto della Grazia. La preghiera uccide l’uomo vecchio che è in noi; finché egli vive in noi, si oppone ad essa, come al morso della morte. Gli spiriti caduti, conoscendo la potenza della preghiera ed il suo effetto salutare, cercano in ogni modo di allontanare da essa l’asceta, insegnandogli ad impiegare il tempo, destinato alla preghiera, in altre occupazioni. Oppure cercano di annientarla o di macchiarla con vani pensieri o con la distrazione peccaminosa, facendo sorgere, nel tempo in cui essa viene compiuta, infiniti pensieri terreni e peccaminosi e fantasticherie.

Publié dans : Ortodossia, preghiera (sulla) |le 17 décembre, 2013 |Pas de Commentaires »

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