Festa di Tutti i Santi

http://www.atma-o-jibon.org/italiano9/curato_di_ars_sermoni3.htm#La santità
CURATO D’ARS: LA SANTITÀ
Siate santi perché io sono santo, ci dice il Signore. Perché Dio ci dà un simile comandamento? E’ perché siamo figli suoi e, se il Padre è santo, anche i figli lo devono essere. Soltanto i santi possono sperare di avere la felicità di andare a godere la presenza di Dio che è la santità stessa. Infatti, essere cristiano, e vivere nel peccato, è una contraddizione mostruosa. Un cristiano deve essere un santo…
I mondani, per dispensarsi dal lavorare ad acquistare la santità, ciò che, senz’altro, li incomoderebbe troppo nel loro modo di vivere, vogliono farvi credere che, per essere dei santi, bisogna fare azioni strepitose, applicarsi a pratiche di devozione straordinarie, abbracciare grandi austerità, fare molti digiuni, abbandonare il mondo per fuggirsene nei deserti, per passarvi i giorni e le notti in preghiera. Senz’altro tutto questo è buono, ed è proprio la strada che molti santi hanno seguito; ma non è ciò che Dio chiede a tutti. No, non è questo che la nostra santa religione esige; al contrario, essa ci dice: Alzate gli occhi al cielo e osservate se tutti coloro che occupano i primi posti hanno fatto cose meravigliose. Dove sono i miracoli della Madonna, di san Giovanni Battista, di san Giuseppe? Ascoltate: Gesù Cristo stesso dice che molti, nel giorno del giudizio, esclameranno: «Signore, Signore, non abbiamo profetizzato nel tuo nome; non abbiamo cacciato demoni e fatto miracoli? – Andate lontano da me, operatori d’iniquità, risponderà loro il giusto Giudice; come! avete comandato al mare e non avete saputo comandare alle vostre passioni? Avete liberato i posseduti dal demonio, e voi ne siete stati gli schiavi? Avete fatto miracoli, e non avete osservato i miei comandamenti? … Andate, miserabili, nel fuoco eterno; avete fatto grandi cose, e non avete fatto niente per salvarvi e meritare il mio amore» (Parafrasi di Mt. 7, 22-23).
Vedete quindi che la santità non consiste nel fare grandi cose, ma nel compiere fedelmente i comandamenti di Dio, e nell’adempiere i propri doveri, nello stato in cui il buon Dio ci ha messo.
Vediamo spesso una persona del mondo, che compie fedelmente i piccoli doveri del suo stato, essere più gradita a Dio dei solitari nei loro deserti. Volete ancora sapere che cos’è un santo agli occhi della religione? E’ un uomo che teme Dio, che lo ama sinceramente e che lo serve con fedeltà; è un uomo che non si lascia gonfiare dalla superbia, né dominare dal. l’amar proprio, che è veramente umile e piccolo ai suoi propri occhi; che, essendo privo dei beni di questo mondo, non li desidera o che, possedendoli, non vi attacca il proprio cuore; è un uomo che è nemico di ogni acquisto ingiusto; è un uomo che, possedendo la sua anima nella pazienza e la giustizia, non si offende di un’ingiustizia che gli viene fatta. Ama i suoi nemici, non cerca di vendicarsi. Rende tutti i servizi che può al suo prossimo; condivide volentieri i suoi beni con i poveri; cerca Dio solo, disprezza i beni e gli onori di questo mondo. Aspirando soltanto ai beni del cielo, si disgusta dei piaceri della vita e trova la sua felicità unicamente nel servizio di Dio. E’ un uomo che è assiduo alle funzioni divine, che frequenta i sacramenti, e che si occupa seriamente della sua salvezza; è un uomo che, avendo orrore di ogni impurità, fugge le cattive compagnie quanto può, per conservare puro il suo corpo e la sua anima. E’ un uomo che in tutto si sottomette alla volontà di Dio, in tutte le croci e gli ostacoli che gli capitano; che non accusa nessuno, ma che riconosce che la giustizia divina si posa su di lui a causa dei suoi peccati.
E’ un padre buono che cerca soltanto la salvezza dei suoi figli, dando loro l’esempio lui stesso, e non facendo mai nulla che possa scandalizzarli. E’ un padrone caritatevole che ama i suoi domestici come fossero i suoi fratelli e le sue sorelle. E’ un figlio che rispetta suo padre e sua madre e che li considera come aventi il posto di Dio stesso. E’ un domestico che vede, nella persona dei suoi padroni, Gesti Cristo stesso, che gli comanda per bocca loro.
Ecco ciò che voi chiamate semplicemente un uomo onesto. Ma ecco ciò che Dio chiama l’uomo del miracolo, il santo, il grande santo. «Chi è costui? – ci dice il Saggio -lo colmeremo di lodi, non perché ha fatto cose straordinarie nella sua vita, ma perché è stato provato dalle tribolazioni; e perché è stato trovato perfetto; la sua gloria sarà eterna» (cf. Eccli. 31, 9-10)…
Credete voi che i santi siano pervenuti senza sforzo a tale semplicità, a tale dolcezza, che li portavano alla rinuncia della loro propria volontà, ogni volta che l’occasione se ne presentava? Oh, no! Ascoltate san Paolo: «Ahimè, faccio il male che non vorrei e non faccio il bene che vorrei; sento nelle mie membra una legge che si ribella contro la legge 1el mio Dio. Ah, come sono infelice! chi mi libererà h questo corpo di peccato? » (Rom. 7, 15-24). Quali prove non dovettero sopportare i primi cristiani, abbandonando una religione che tendeva soltanto ad assecondare le loro passioni, per abbracciarne una che tendeva soltanto a crocifiggere la loro carne? Credete voi che san Francesco di Sales non abbia dovuto farsi violenza per diventare così mite come era? Quanti sacrifici ha dovuto fare!… I santi sono diventati santi soltanto dopo molti sacrifici e molte violenze.
In secondo luogo, dico che noi abbiamo le stesse grazie di loro. E anzitutto, il battesimo non ha la stessa capacità di purificarci, la cresima di fortificarci, la confessione di rimettere i nostri peccati, l’eucaristia di indebolire in noi la concupiscenza e di aumentare la grazia nelle nostre anime? Riguardo alla parola di Gesù Cristo, non è essa sempre la tessa? Non sentiamo ogni momento questo consiglio: «Lasciate tutto e seguitemi»? E’ ciò che convertì sant’Antonio, sant’Arsenio, san Francesco d’Assisi. .Non leggiamo nel Vangelo quest’oracolo: «Cosa serve all’uomo guadagnare l’universo se perderà poi la sua anima? ».
Sono queste parole che convertirono san Francesco Saverio, e che fecero di un ambizioso un apostolo. Non sentiamo dire ogni giorno: «Vigilate e pregate sempre », «Amate il vostro prossimo come voi stessi»? Non è questa dottrina che ha formato tutti i santi?
Infine, riguardo ai buoni esempi, per quanto sregolato sia il mondo, non ne abbiamo tuttavia alcuni sotto gli occhi, e assai più di quanti ne potremmo imitare?
Infine, la grazia ci manca di più che ai santi?…
Si, possiamo essere dei santi, e dobbiamo tutti lavorare a diventarlo. I santi sono stati mortali come noi, deboli e soggetti alle passioni come noi, abbiamo gli stessi aiuti, le stesse grazie, gli stessi sacramenti…
Possiamo essere santi, perché mai il buon Dio ci rifiuterà la sua grazia per aiutarci a diventarlo? Egli è nostro Padre, nostro Salvatore e nostro amico. Egli desidera con ardore di vederci liberati dai ma li della vita. Egli vuole colmarci di ogni sorta di beni, dopo averci dato, già in questo mondo, immense consolazioni, pregustazioni di quelle del cielo, che io vi auguro.
(Per la festa di Tutti i Santi)
1 NOVEMBRE 2013 | TUTTI I SANTI – TEMPO ORDINARIO C | OMELIA DI APPROFONDIMENTO
« VIDI UNA FOLLA IMMENSA… »
Oggi la Chiesa è colma di gioia: « Rallegriamoci tutti nel Signore… », dice l’Introito.
Essa celebra infatti, con la più grande solennità, tutti insieme i suoi figli gloriosi, già cittadini della patria celeste.
E’ dunque la gioia di una madre che contempla la sterminata moltitudine dei suoi figli ornati del diadema della santità, sicura premessa della sua stessa felicità.
La Chiesa pertanto celebra oggi la sua santità. Rafforza la speranza ne glorioso compimento del suo cammino. Rinsalda la misteriosa corrente che circola fra la terra e il cielo e tiene unita la mirabile compagine di cui Gesù è il Capo.
Festa importante anche per noi, dunque. E’ la verifica della nostra coscienza ecclesiale, della soprannaturale speranza, dell’impegno pratico con cui ci avviamo a quel beato epilogo nel regno, da cui ci osservano oggi i nostri fratelli, che ci hanno preceduti nella gloria.
Perché la festa odierna? La Chiesa celebra i Santi per offrirci una splendida galleria di modelli da imitare. Di fronte all’esempio dei Santi, ognuno di noi deve esclamare con Sant’Agostino : « Se questi e quelle, perché non io? ». In ciò, ricordiamolo, sta il miglior culto dei Santi. Ed essi stessi sarebbero i primi a dolersi e a rimproverarci se alle nostre manifestazioni di culto, spesso anche troppo rumorose, non corrispondesse un vigile impegno interiore di fedele imitazione…
COME LORO
La visione del Cielo deve ripeterci una verità: tutti possiamo e dobbiamo essere santi!
E’ onore della Chiesa cattolica poter offrire, nell’albo dei suoi Santi, un campione per ogni età, per ogni ceto, per ogni professione. Tra i Santi ci sono dei giovinetti (San Domenico Savio, San Tarcisio, la Beata Laura Vicuna); ci sono dei giovani (San Luigi Gonzaga e Santa Teresina); ci sono donne e uomini; ci sono anziani e vecchi; ci sono religiosi e laici; vergini e madri di famiglia.
Ci sono rappresentanti dei più alti ceti dell’autorità e del prestigio: papi, re, principi, e ci sono umilissimi rappresentanti delle classi meno stimate.
Il Cielo è un giardino, in cui tutti i fiori, dall’umile viola alla splendida rosa, fioriscono in una varietà meravigliosa e affascinante. E’ una schiacciante riprova della polivalenza della parola evangelica a tutti rivolta, tutti invitante a salire le ardue vette della perfezione alla sequela di Gesù…
Dunque ognuno di noi può diventare santo. Di più: tutti devono diventar santi. E il Concilio che ce lo ricorda: « Tutti nella Chiesa… sono chiamati alla santità… Il Signore Gesù, maestro e modello divino di ogni perfezione, a tutti e ai singoli suoi discepoli, dio qualsiasi condizione, ha predicato la santità della vita, di cui egli stesso è autore e perfezionatore: « Siate dunque perfetti come è perfetto il vostro Padre celeste… E’ chiaro dunque a tutti che i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla perfezione della carità » (L.G. 39-40).
Che cosa decidiamo dunque?
I nostri fratelli del Cielo attendono ansiosi una risposta. L’attende anche Gesù.
Il codice della santità
Noi troviamo il codice della santità nelle « beatitudini », che inaugurano il « discorso della montagna ».
Esso è il più sconvolgente proclama rivoluzionario che sia mai risuonato su questa terra. E’ troppo grande il pericolo di svilire quelle parole divine, di ridurne l’immensa ricchezza con poveri commenti umani.
E’ preferibile inginocchiarsi dinanzi a Gesù Maestro e supplicarlo: « O Signore, dammi intelligenza, perché io osservi la tua legge e la custodisca con tutto il cuore » (Sal. 118,34). « Aprimi gli occhi perché io veda le meraviglie della tua legge » (ibid. 18).
Nelle beatitudini è racchiusa, nel suo nucleo germinale, tutta la morale di Gesù, è segnato inequivocabilmente il cammino del suo vero seguace. Se vogliamo farci santi, la via è segnata.
Seguiamo dunque, sull’esempio dei fratelli che ci hanno preceduti, la via che Gesù ci ha tracciato.
E’ via di rinuncia e di sacrificio; non possiamo farci illusioni. Gesù proclama beati i poveri, i piangenti, gli affamati, i perseguitati, gli insultati, in una parola sola: coloro che sanno svuotarsi di tutto, anche di se stessi, delle proprie inclinazioni, del proprio orgoglio; quelli che non confidano nelle proprie risorse terrene, nelle amicizie dei potenti, nel plauso del mondo, ma hanno scelto Dio solo…
E’ questa la « via regia della santa croce », percorsa per primo da Gesù e, dopo di Lui, dai Santi. Ora tocca a noi!
E’ via di amore. La rinuncia imposta dalle beatitudini ha un solo scopo: quello di spingerci a Dio con un cuore indiviso, quello di svuotarci di tutto per riempirci del suo amore. Questo amore totalitario a Dio trova la sua quotidiana esplicazione, nell’amore per i fratelli…
I « miti », i « pacifici », i « misericordiosi » sono appunto coloro che diffondono l’amore, raggiungendo così la santità… La vocazione alla santità, in fondo, non è nient’altro che la vocazione all’amore compassionevole e misericordioso del prossimo. Subito dopo le beatitudini, Gesù prosegue con i famosi sette « Ma io vi dico… », con cui Egli inaugura la « legge nuova » fondata sull’amore.
E’ via di felicità…: « Beati… Beati… Beati… »: che altro significa tale insistenza se non un grande invito alla gioia? « Il distintivo della morale e della religione di Gesù è la gioia, anche in mezzo alle prove della vita. La felicità di Dio, la gioia della salvezza viene partecipata ai discepoli mediante le otto beatitudini.
« Nella misura in cui i discepoli di Gesù comprendono la beatitudine del regno di Dio e la gustano, portano al mondo la pace di Gesù e adempiono anche in mezzo alle contraddizioni, al dolore e alle persecuzioni, il grande comandamento dell’amore » (B. HARING).
Ecco la via che i Santi ci additano dal Cielo. E’ la loro via. Di qui è nata la gioia sovrumana da cui sono ricolmi ora nella luce di Dio. Può essere la nostra via, la via della vera felicità.
La Madonna, Regina di tutti i Santi, ci prenda per mano e ci aiuti a volare per la via delle beatitudini, al termine della quale ci attende Gesù, « delizia di tutti i Santi ».
D. Severino GALLO sdb,