Barocci, Federico Fiori (1528 – 1612) – Madonna and child with St Simon and St Jude

http://www.vivienna.it/2013/10/27/28-ottobre-ss-simone-e-giuda/
28 OTTOBRE: SS. SIMONE E GIUDA
Simone: per distinguerlo da Simon Pietro, fu soprannominato il “Cananeo” dagli evangelisti Matteo e Marco: « I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea, suo fratello; Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello, Filippo e Bartolomeo, Tommaso e Matteo il pubblicano, Giacomo di Alfeo e Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, che poi lo tradì.» (Mt 10,1-4) – «Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro; poi Giacomo di Zebedèo e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè figli del tuono; e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda Iscariota, quello che poi lo tradì. » (Mc 3,16-18) e Zelòta da Luca: «Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede il nome di apostoli: Simone, che chiamò anche Pietro, Andrea suo fratello, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo d’Alfeo, Simone soprannominato Zelòta, Giuda di Giacomo e Giuda Iscariota, che fu il traditore». (Lc 6,13-16). Giuda: l’apostolo che ha il soprannome di Taddeo (vedi sopra Mt e Mc) e che Luca chiama “Giuda di Giacomo”, è quello che nell’ultima Cena: «Gli disse Giuda, non l’Iscariota: “Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo? ” Gli rispose Gesù: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato”». (Gv 14,22-24). È, questa, una lezione dell’amore mistico che Giuda Taddeo provoca con la sua domanda. L’amore di Dio unisce, mentre l’amore di se stessi divide. Simone e Giuda si ritrovano ancora negli Atti (1,13) e poi più nulla. S. Fortunato, vescovo di Poitiers, dice che, Simone il Cananeo insieme a Giuda Taddeo, furono sepolti in Persia, dove, secondo le storie apocrife degli Apostoli, sarebbero stati martirizzati a Suanir. Un monaco del IX secolo affermava che una tomba di Simone esisteva a Nicopsis (Caucaso) dove c’era anche una chiesa a lui dedicata, fondata dai Greci nel secolo VII. Altri ancora affermano che Simone visitò l’Egitto e insieme a Giuda Taddeo, la Mesopotamia, dove entrambi subirono il martirio, segati in due parti; da qui il loro patrocinio su quanti lavorano al taglio della legna, del marmo e della pietra in genere. Ma al di là di tutte le incertezze, Simone e Giuda, come tutti gli apostoli, presero il bastone e percorsero a piedi regioni vicine e lontane, per portare la luce della Verità e propagare la nuova religione fra i pagani. Si possono, senz’altro, paragonare ai tanti discepoli di Cristo, che in ogni tempo e luogo hanno lavorato e lavorano nel silenzio e nascondimento per il trionfo del Regno di Dio, senza riconoscimenti eclatanti e ufficiali, in piena umiltà, perseveranza e sacrificio anche cruento della vita.
Significato dei nomi Simone: «Dio ha esaudito» – Taddeo: «colui che confessa o loda» (ebraico).
http://www.vatican.va/news_services/or/or_quo/commenti/2013/095q01b1.html
IL MERCOLEDÌ DI MEZZA PENTECOSTE NELLA TRADIZIONE BIZANTINA
DISSETA LA NOSTRA SETE
CON LE ONDE DELLA PIETÀ
DI MANUEL NIN
« Nel mezzo della festa, disseta con le onde della pietà, o Salvatore, l’anima mia assetata. Poiché tu stesso hai detto a tutti: Chi ha sete venga a me e beva. Tu sei la fonte della vita, o Cristo, gloria a te ». La liturgia del periodo pasquale è carica di temi importanti per la vita cristiana: per tre domeniche, Pasqua, domenica di Tommaso e domenica delle Mirofore, la liturgia ci confronta con la realtà e la verità del risorto; per altre tre domeniche, quella del Paralitico, quella della Samaritana e quella del Cieco nato, ci mette di fronte alla centralità del battesimale nella vita cristiana; infine seguono l’Ascensione, la domenica dei Padri di Nicea, e la Pentecoste.
Inoltre, nel mercoledì della quarta settimana si trova la festa detta di mezza Pentecoste. È una celebrazione che non ha un collegamento né con una apparizione del Risorto, né con il battesimo, né con un altro fatto storico concreto; l’unico testo evangelico a cui si può collegare, letto nella festa, è quello di Giovanni (7, 14): « Quando ormai si era a metà della festa, Gesù salì al tempio e vi insegnava ». La mezza Pentecoste è già testimoniata da Anfilochio di Iconio, vescovo nel IV secolo, che ne fa una festa ponte tra la Risurrezione, l’Ascensione e la Pentecoste; in qualche modo rimette al centro del periodo di Pasqua e della vita di ogni cristiano, la presenza, la vita di Cristo.
Il vespro e il mattutino della festa sono di san Giovanni Damasceno e di sant’Andrea di Creta, due dei grandi innografi bizantini, e sottolineano il collegamento che questa celebrazione stabilisce tra la Pasqua e la Pentecoste: « Eccoci giunti alla metà dei giorni che iniziano con la salvifica risurrezione e ricevono il loro sigillo con la divina Pentecoste. Questo giorno risplende dei fulgori che riceve da entrambe, congiunge le due feste ed è venerabile perché annuncia la gloria dell’Ascensione del Signore. Si avvicina la ricca effusione su tutti dello Spirito divino, come sta scritto: la annuncia il giorno presente, che si pone a metà tra la verace promessa di Cristo ai discepoli, fatta dopo la sua morte, sepoltura e risurrezione, e la manifestazione dello Spirito che essa annunciava ».
Il tropario della festa citato all’inizio ne offre la chiave di lettura. Come tutti i testi della liturgia, il tropario ha un retroterra biblico. In primo luogo il testo di Giovanni già citato (« Quando ormai si era a metà della festa, Gesù salì al tempio e vi insegnava ») inquadra la festa e ne diventa il retroterra. Allo stesso modo che Gesù sale a Gerusalemme non per l’inizio o la fine della festa, ma a metà, anche qui lui si presenta nella vita della Chiesa a metà del suo cammino pasquale.
Il testo del tropario prosegue con la frase: « Disseta con le onde della pietà, o Salvatore, l’anima mia assetata », che è un riferimento al testo evangelico di Giovanni (7, 37) poi citato: « Se qualcuno ha sete, venga a me e beva ». Il retroterra è quello di alcuni testi veterotestamentari, specialmente dei salmi, in modo particolare quelli in cui il desiderio dell’uomo verso Dio viene presentato con l’immagine della sete: « L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente » (41, 2); « Dio, Dio mio, te cerco fin dall’aurora; di te ha sete l’anima mia; verso di te anela la mia carne, come una terra deserta, arida, senz’acqua » (62, 2). Il tropario, di seguito, cita il testo giovanneo (« Se qualcuno ha sete, venga a me e beva ») e si conclude con la ripresa di un tema che ricorre nell’Antico e nel Nuovo Testamento, quello del Signore come fonte della vita: « Tu sei la fonte della vita, o Cristo, gloria a te ».
Il tropario ci mette poi di fronte ad alcuni aspetti importanti della vita cristiana. Il Signore infatti si fa presente nella vita della Chiesa e nella vita di ognuno di noi nel mezzo, cioè come qualcuno che ne assume la centralità e l’importanza. La mezza Pentecoste ricorda questa centralità di Gesù nella vita di ogni cristiano: nel battesimo siamo stati immersi nella vita di Cristo, nella sua morte e nella sua risurrezione, e siamo anche immersi nella vita in Cristo, cioè in una vita in cui il nostro rapporto con Dio, con gli altri e con noi stessi ci viene dato da Cristo, dal suo Vangelo.
« Disseta con le onde della pietà, o Salvatore, l’anima mia assetata » canta ancora il tropario. Il testo liturgico richiama alla nostra situazione di uomini assetati; assetati di vita, di verità, di Dio. La nostra sete viene dunque dissetata dalle « onde della pietà » (eusebèìas nàmata) dice letteralmente il testo, utilizzando un termine greco che può essere tradotta come « pietà », « devozione », « rispetto », « amore verso ». L’uso che i Padri, soprattutto i Padri Apostolici, fanno di questa parola è appunto nel senso della « pietà », « devozione », « amore » di Cristo verso il Padre, sottolineando proprio la eusèbeia di Cristo verso il Padre. Il tropario si conclude con una dossologia (« Tu sei la fonte della vita, o Cristo, gloria a te ») che riporta alla centralità di Cristo: è lui infatti che si fa presente nel mezzo della nostra vita. È vero che noi andiamo incontro a lui, ma è soprattutto vero che lui viene verso di noi. La liturgia pasquale, il Pentecostarion, e la nostra vita hanno un loro ritmo, ma Cristo lo spezza e si fa presente nel mezzo di questo cammino. Lui che « disseta con le onde della pietà l’anima nostra assetata, lui che è « la fonte della vita.
(L’Osservatore Romano 24-25 aprile 2013)