15 OTTOBRE: SANTA TERESA D’AVILA – PENSIERI SULL’AMOR DI DIO
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15 OTTOBRE: SANTA TERESA D’AVILA
PENSIERI SULL’AMOR DI DIO
(libro completo:
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PROLOGO
1. Osservando le misericordie di nostro Signore verso le anime da lui condotte in questi monasteri della Regola primitiva di nostra Signora del Monte Carmelo, che egli si compiacque di far istituire, ho visto che ad alcune in particolare concede molte grazie. Solo le anime che sentono il bisogno di trovare qualcuno che spieghi loro ciò che passa fra l’anima e Dio potranno capire quanto si soffra nel non averne l’intelligibilità. A me il Signore, da qualche anno a questa parte, ha fatto provare una grande consolazione tutte le volte che odo o leggo alcune parole del Cantico dei Cantici di Salomone, al punto che – senza intendere chiaramente il significato del latino tradotto in volgare – mi sento raccogliere e commuovere l’anima più che dalla lettura di libri assai devoti che comprendo pienamente. Ciò mi avviene quasi sempre, mentre prima, neanche se cercavano di chiarirmi il senso di quelle parole in volgare riuscivo a capirne di più…
2. Da quasi due anni, poco più o poco meno, mi sembra che il Signore mi faccia arrivare a cogliere qualcosa del senso di certe parole rispondenti al mio scopo; credo, pertanto, che serviranno di consolazione alle consorelle che nostro Signore conduce per questo cammino e anche a me stessa. Spesso il Signore mi ha fatto intendere una quantità di significati che desideravo non dimenticare mai; ciò nonostante, non osavo mettere nulla per iscritto.
3. Ora, seguendo il consiglio di persone a cui devo obbedienza, scriverò qualcosa di ciò che il Signore mi rivela circa il significato racchiuso nelle parole di cui la mia anima gode tanto, e ciò ai fini del cammino dell’orazione per il quale, come ho detto, egli conduce le consorelle di questi monasteri, che sono figlie mie. Se lo scritto sarà tale da meritare che lo leggiate, accettate questo povero piccolo dono da parte di chi vi augura, come a se stessa, tutti i doni dello Spirito santo, nel cui nome io lo comincio. Piaccia alla divina Maestà che vi riesca…
CAPITOLO 1
Tratta della venerazione con cui devono esser lette le sacre Scritture e della difficoltà che hanno le donne d’intenderle, in particolare il «Cantico dei Cantici».
Mi baci il Signore con il bacio della sua bocca, perché le tue mammelle sono migliori del vino, eccetera (Ct 1,1).
1. Ha colpito molto la mia attenzione il fatto che qui – a quanto è dato capire – sembra che l’anima stia parlando con una persona e chieda la pace ad un’altra, perché dice: Mi baci con il bacio della sua bocca; poi, rivolgendosi a colui con il quale sembra intrattenersi, aggiunge: Le tue mammelle sono migliori. Non capisco come ciò sia, e godo molto di non capirlo. Infatti, figlie mie, non c’è dubbio che l’anima non deve ammirare tanto – né la inducono a farlo, né le ispirano rispetto per il suo Dio – le cose che qui sembra di poter intendere con il nostro povero intelletto, quanto quelle che in nessun modo si riesce a comprendere. Pertanto, vi raccomando caldamente, se leggerete un libro, ascolterete un sermone o penserete ai misteri della nostra santa fede, di non stancarvi né di sforzare la mente a sottilizzare su ciò che non potete intendere con facilità; molte cose non sono alla portata delle donne e neanche a quella degli uomini.
2. Quando il Signore vuol darcene l’intelligenza, lo fa senza che vi sia alcuno sforzo da parte nostra. Dico questo per noi donne e per quegli uomini che non hanno il compito di sostenere la verità con l’aiuto della loro dottrina; quelli invece che il Signore incarica di illustrarcela, è evidente che devono applicarsi ad approfondirla e che da ciò traggono un grande vantaggio. Noi pertanto dobbiamo accettare con semplicità ciò di cui il Signore ci fa dono e non affaticarci a cercare quello che non ci dà, ma piuttosto rallegrarci di pensare d’avere un Dio e un Signore così grande, che una sua sola parola racchiude in sé mille misteri di cui non comprendiamo neppure il principio. Se il testo fosse in latino, ebraico o greco, non vi sarebbe motivo di meraviglia, ma si tratta di un testo in volgare; eppure quante cose vi sono nei Salmi del glorioso re Davide che, pur tradotte nella nostra lingua, ci restano così oscure come in latino! Pertanto, guardatevi sempre dal logorarvi la mente e sfinirvi dietro a queste cose: alle donne non è necessario più di quanto comporti la loro intelligenza. Anche solo con questo, Dio le favorirà della sua grazia. Quando Sua Maestà vorrà farcele comprendere, ne penetreremo il senso senza alcuna attenzione o fatica da parte nostra. Quanto al resto, umiliamoci e – come ho detto – rallegriamoci di avere un Dio così grande che le sue parole, anche dette nella nostra lingua, ci riescono incomprensibili.
3. Vi sembrerà forse che certe cose del Cantico dei Cantici si sarebbero potute dire in altro modo. Non me ne meraviglierei, considerata la nostra grossolanità; ho anche sentito dire da alcune persone che evitavano di ascoltarle. Oh, Dio mio, quanto è grande la nostra miseria! Ci accade come a quegli animali velenosi che trasformano in veleno tutto ciò che mangiano: da così grandi grazie come son quelle che qui il Signore ci concede nel farci conoscere quel che prova un’anima che lo ama, mentre egli ci incoraggia a trattenerci in colloquio e a gioire con lui, non sappiamo trarre altro che paure e dare alle sue parole significati che riflettono la debolezza del nostro amore per il Signore.
4. Oh, quanto ci serviamo male, Signor mio, di tutti i benefici che ci avete concesso! Vostra Maestà cerca ogni sorta di mezzi e di espedienti, per dimostrarci l’amore che ci porta; e noi, sprovvisti come siamo dell’esperienza di amarvi, ne facciamo così poco conto che, proprio per questa mancanza d’esercizio, i nostri pensieri se ne vanno dove sono soliti andare, non preoccupandoci di approfondire i grandi misteri racchiusi in un linguaggio di cui si serve lo Spirito santo. Che cosa poteva egli fare di più per accenderci di amore verso di lui e indurci a pensare che non senza una profonda ragione fu mosso a parlare così?
5. Ricordo di aver ascoltato una predica bellissima tenuta da un religioso, il cui argomento principale erano le gioie che la sposa trova nel suo rapporto con Dio. E siccome trattava d’amore – né poteva essere altrimenti, perché era la predica del mandato – ci furono tante risa e le sue parole furono così mal interpretate, che io ne rimasi meravigliata. È evidente che tutto dipende da quel che ho detto: ci esercitiamo così male nell’amore di Dio che ci sembra impossibile un tale rapporto dell’anima con lui. Ma io conosco alcune persone che, allo stesso modo in cui queste altre non traevano dalla predica alcun vantaggio – certamente perché non la capivano e senza dubbio pensavano che il religioso dicesse cose di testa sua –, ne hanno ricavato così grandi vantaggi, così grandi gioie, così gran sicurezza da ogni timore, che assai spesso sentono di dover rendere particolari lodi a nostro Signore per aver egli lasciato un salutare rimedio alle anime che lo amano per davvero, capiscono e vedono che Dio può abbassarsi fino a quel punto. E, se prima la loro esperienza non era sufficiente per bandire la loro paura quando il Signore le favoriva di grandi grazie, ora con quelle parole si sentono più tranquille.
6. So di una persona che ha trascorso vari anni con molti timori, senza che nulla potesse rassicurarla, finché piacque al Signore che udisse alcuni passi del Cantico dei Cantici, dai quali comprese che la sua anima era sulla buona strada. Si rese conto infatti – ripeto – di come sia possibile che l’anima innamorata del suo Sposo provi, nel suo rapporto con lui, tutte quelle ebbrezze, quei deliqui, quelle morti, quelle angosce, gioie, consolazioni, dopo aver lasciato, per amor suo, tutti i piaceri del mondo ed essersi totalmente rimessa e abbandonata fra le sue mani, non solo a parole – come accade ad alcuni – ma con assoluta sincerità, confermata dai fatti. Oh, che eccellente retributore è Dio, figlie mie! Avete un Signore e uno Sposo al quale non sfugge nulla, che tutto vede e intende. Anche se si tratta di cose assai piccole, non tralasciate pertanto, sorelle mie, di fare per amor suo tutto quello che potrete; egli non guarderà se non all’amore con cui lo avrete fatto.
7. Concludo, dunque, con questo consiglio: che mai, imbattendovi in cose della sacra Scrittura o dei misteri della nostra fede che non capite, vi soffermiate in esse più di quanto vi ho detto, né mai vi meravigliate, quasi fossero esagerate, delle parole d’amore che Dio rivolge all’anima. L’amore che egli ha nutrito e nutre ancora per noi è quanto mi sorprende di più e mi fa perdere il senno, nonostante quello che siamo. Poiché esiste un tale amore, mi rendo perfettamente conto che non c’è esagerazione nelle parole con cui Dio manifesta quello che ha dimostrato ancor più intensamente con le opere. Giunte a questo punto, vi prego, per amor mio, che vi soffermiate un po’ a pensare all’amore che il Signore ci ha dimostrato e a quanto ha fatto per noi, riconoscendo chiaramente come un amore così potente e forte da averlo indotto a soffrire tanto non si sia potuto manifestare se non con parole sorprendenti.
8. Tornando ora a quello che avevo cominciato a dire, in queste parole devono racchiudersi grandi cose e profondi misteri. Sono certamente di tale valore che alcuni teologi, da me pregati di spiegarmi che cosa abbia voluto dire lo Spirito santo e quale fosse il vero significato di quelle sue parole, mi hanno risposto che gli studiosi ne hanno tentato molte interpretazioni e, ciò malgrado, ancora non sono riusciti a dar loro il senso che realmente hanno. Stando così le cose, vi sembrerà che sia molto superba, poiché voglio darvene qualche spiegazione; ma, per poco umile che io sia, non ho la pretesa di darvene il senso esatto. Mio unico intento è questo: siccome godo di quel che il Signore mi fa capire, quando ascolto qualche passo del Cantico dei Cantici, così credo di procurare anche a voi la stessa gioia nel manifestarvelo. Se, poi, la mia spiegazione non risponde al senso che le parole hanno, io le interpreto così, e credo che, non allontanandosi dall’insegnamento della Chiesa e dei santi (per questo, prima che voi vediate il mio scritto, esso sarà esaminato attentamente da teologi, competenti in materia), il Signore ce ne dia il permesso, come, quando pensiamo alla sua passione, ci consente di immaginare maggiori particolari – circa le pene e i tormenti che in essa egli ebbe a soffrire – di quelli descritti dagli evangelisti. E, non lasciandoci guidare dalla curiosità, come ho detto all’inizio, ma solo accettando quel che Sua Maestà ci fa intendere, sono sicura che non gli rincresce la consolazione e il diletto che noi cerchiamo nelle sue parole e nelle sue opere, allo stesso modo in cui si allieterebbe e si compiacerebbe un re se, amando un pastorello che gli andasse a genio, lo vedesse contemplare il broccato delle sue vesti chiedendosi che cosa sia e come sia stato fatto. Molto meno a noi donne dovrà essere impedito di godere delle ricchezze del Signore. Discuterle e insegnarle, convinte d’indovinarne il senso, senza consultare i teologi, questo, sì, ci è proibito. Pertanto, non pretendo scrivere qui qualcosa di esatto (il Signore lo sa bene), ma, come questo pastorello di cui ho parlato, è per me una consolazione offrire a voi, quali figlie mie, le mie meditazioni, siano pur insieme a molte sciocchezze. Incomincio, dunque, con l’aiuto di questo divino mio Re e con il permesso del mio confessore. Piaccia al Signore che, come mi ha concesso di riuscire in altre cose che vi ho detto (forse è stata Sua Maestà stessa a dirle per mezzo mio, essendo scritti indirizzati a voi), io riesca anche ora a farlo. Del resto, se non dovesse essere così, ritengo ugualmente come bene impiegato il tempo speso nello scrivere e nell’occupare la mia mente in una materia talmente divina che non ero neppure degna d’udirne parlare.
9. Nel testo citato all’inizio mi sembra che la sposa si rivolga a una terza persona, che è poi la stessa di cui parla. Con ciò fa capire che in Cristo ci sono due nature, una divina e un’altra umana. Su questo argomento non mi soffermo, perché il mio proposito è parlare soltanto di ciò che mi sembra possa riuscire utile a noi che pratichiamo l’orazione, anche se tutto giova a incoraggiare e a destare l’ammirazione di un’anima che ama ardentemente il Signore. Sua Maestà sa bene che, pur se a volte io abbia udito la spiegazione di alcune di queste parole o se me l’abbiano data dietro mia richiesta, il che è accaduto di rado, con la mia cattiva memoria non ricordo più nulla. Pertanto non potrò dire se non quello che il Signore m’insegnerà e che avrà relazione con il mio argomento. E di queste parole: Mi baci col bacio di sua bocca, che danno inizio al Cantico non ricordo d’avere udito mai alcuna spiegazione.
Mi baci con il bacio della sua bocca.
10. Oh, che parole queste, mio Signore e mio Dio, per essere dette da un verme al suo Creatore! Siate benedetto, Signore, che ci istruite in tanti modi! Ma chi oserà, mio Re, dirle, se voi non glielo permetterete? Sono parole che riempiono di stupore, pertanto stupirà il fatto che osi porle sulla bocca di qualcuno. Si dirà che sono un’ignorante, che tali parole non vogliono dire questo, che esse hanno molti significati, che è evidente che non possiamo rivolgerle a Dio, pertanto sarebbe bene che la gente semplice non le leggesse. Ammetto pure che abbiano molti significati, ma l’anima accesa da un amore che la fa uscire di senno, non ne accetta altri e non vuol dire se non queste parole, visto che il Signore non gliene toglie la possibilità. Dio mio! Ma che cosa ci fa meravigliare? La realtà non è forse più strabiliante? Non ci accostiamo forse al santissimo Sacramento? Io pensavo appunto se la sposa non chiedesse qui questa grazia che Gesù Cristo ci ha concesso dopo. Ho pensato anche se ella chiedesse quell’intima unione che consiste nel farsi Dio uomo, quell’amicizia che egli strinse con il genere umano, perché è evidente che il bacio è segno di pace e di grande amicizia fra due persone. Il Signore ci aiuti a capire quante specie di pace vi siano!
11. Prima di andare avanti voglio dire una cosa che, a mio parere, è degna di nota anche se sarebbe meglio dirla in altro luogo, ma lo faccio ora per non dimenticarla. Sono convinta che ci sono molte persone che si accostano al santissimo Sacramento (e Dio voglia che m’inganni!) con gravi peccati mortali. Se esse udissero un’anima, morta d’amore per il suo Dio, servirsi di queste parole, ne resterebbero sbigottite e la considererebbero una grande temerità. Per lo meno sono sicura ch’esse non le diranno mai. Tali parole, infatti, e altre simili che si trovano nel Cantico, sono dettate dall’amore, e poiché esse ne sono prive, potranno ben leggere il Cantico ogni giorno, ma non se ne serviranno mai e non oseranno neanche pronunziarle a fior di labbra. Veramente ispira timore persino l’udirle, tanta è la maestà che hanno in sé. Voi, mio Signore, l’avete ben grande nel santissimo Sacramento, senonché, siccome la fede di tali persone non è viva, ma è morta, vedendovi così umile sotto le specie del pane, e non udendovi parlare loro, perché esse non meritano di ascoltarvi, osano comportarsi come fanno.
12. Certo queste parole, prese alla lettera, sarebbero veramente tali da spaventare se chi le dice fosse pienamente padrone di sé, ma a colui che il vostro amore ha tratto fuori di sé, voi, Signore, perdonate che dica questo e anche altro, benché sia una temerità. Io dico, mio Signore, che se il bacio significa pace e amicizia, perché le anime non dovrebbero chiedervi di accordarle loro? Quale preghiera migliore possiamo rivolgervi se non quella che vi faccio ora, mio Signore, di darmi questa pace con il bacio della vostra bocca? Questa, figlie mie, è una richiesta straordinaria, come vi mostrerò in seguito.

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