COMENTO ALLE LETTURE DELLA DOMENICA – AMOS 6,1A.4-7

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BRANO BIBLICO SCELTO – AMOS 6,1A.4-7

Così dice il Signore onnipotente:
1 « Guai agli spensierati di Sion
e a quelli che si considerano sicuri sulla montagna di Samaria!
4 Essi su letti d’avorio e sdraiati sui loro divani
mangiano gli agnelli del gregge e i vitelli cresciuti nella stalla.
5 Canterellano al suono dell’arpa,
si pareggiano a Davide negli strumenti musicali;
 6 bevono il vino in larghe coppe
e si ungono con gli unguenti più raffinati,
ma della rovina di Giuseppe non si preoccupano.
7 Perciò andranno in esilio in testa ai deportati
e cesserà l’orgia dei buontemponi ».

COMMENTO

I rischi di una vita dissoluta
Nel libro di Amos, dopo una serie di oracoli contro le nazioni (Am 1,3 – 2,16) e prima delle cinque visioni avute dal profeta (Am 7,1 – 9,10), è riportata una raccolta di oracoli contro Israele (Am 3,1 – 6,14). All’ultimo posto si situa un oracolo (6,1-14), la cui unità tematica è indicata dal riferimento alla «casa d’Israele» e dalla menzione di coloro che si sentono sicuri, fiduciosi, e infine dalla contrapposizione tra «la prima fra le nazioni» e «la nazione che li opprimerà». Il testo si articola in due sezioni di sette versetti ciascuna (vv. 1-7; 8-14), che descrivono rispettivamente il comportamento degli empi e la loro punizione. La liturgia riporta solo i vv. 1.4-7 che descrivono le colpe di un gruppo privilegiato, i notabili della «casa d’Israele» (6,1b), e concludono con l’annunzio della punizione che verrà poi specificata in seguito. Il soggetto che parla è il profeta: non c’è infatti alcun segno che indichi una parola di JHWH.
Il testo inizia con questa esclamazione: «Guai agli spensierati di Sion e a quelli che si considerano sicuri sulla montagna di Samaria!» (v. 1a). L’esclamazione «guai!» introduce una denunzia o un ammonimento (cfr. Am 5,18). L’espressione «spensierati di Sion» indica una categoria di persone che si trovano a loro agio, senza preoccupazione, con una nota di insolenza e di orgoglio. La loro sicurezza deriva dal fatto che risiedono in Sion, cioè in Gerusalemme, dove si trova il tempio di JHWH. In parallelismo sono menzionati «coloro che si considerano sicuri», cioè confidano, sono fiduciosi. Anche questo atteggiamento ha un significato negativo, quando si tratta di persone che pongono la loro fiducia in se stesse, oppure negli alleati militari o negli idoli (cfr. Is 32,9; 36,4-9; Mi 2,8; 7,5).  Qui si tratta di persone che si sentono sicure sulla montagna di Samaria, confidando nelle fortificazioni che difendono la città dai nemici. La denunzia del profeta cade dunque su una certa categoria di abitanti sia del regno di Giuda che di quello di Israele. Essi si ingannano volutamente pensando di evitare un grave danno per il paese. La stessa falsa sicurezza viene loro rimproverata nuovamente nei vv. 1b-3 omessi dalla liturgia. Si introducono così i vv. 4-6 nei quali si descrive il loro modo di vivere.
Il primo rimprovero riguarda i festini a cui partecipano: «Distesi su letti d’avorio e sdraiati sui loro divani mangiano gli agnelli del gregge e i vitelli cresciuti nella stalla» (v. 4). Si tratta dunque di persone che appartengono alle classi più abbienti e politicamente influenti. I due verbi «distendersi» e «sdraiarsi» indicano il loro modo di vita «sciolto» «dissoluto» di vivere (cfr. v. 7). La descrizione dei cibi insiste sul fatto che essi li prendono direttamente dal meglio del gregge e della stalla. La « stalla» è menzionata per indicare i vitelli da ingrasso (cfr. 1Sam 28,24; Ger 46,21; Ml 3,20).
 Oltre che sdraiarsi pigramente nei loro banchetti, coloro a cui si rivolge Amos «canterellano al suono dell’arpa, come Davide improvvisano su strumenti musicali» (v. 5). Il verbo tradotto «canterellare» è interpretato abitualmente in riferimento al suonare o al cantare, forse in modo inetto (vociare, urlare, schiamazzare), probabilmente sotto l’effetto del vino. Tale traduzione è congetturale e si basa sulla presenza del termine «arpa». In questo contesto, l’espressione «improvvisare su strumenti musicali come Davide» assume un senso ironico. Forse si tratta semplicemente di utilizzare posate e piatti per accompagnare, come se fosse musica, i loro discorsi di ubriachi.
Infine le persone in questione «bevono il vino in larghe coppe e si ungono con gli unguenti più raffinati, ma della rovina di Giuseppe non si preoccupano» (v. 6). Le coppe del vino sono ampi «crateri», un termine frequente nella descrizione delle offerte (Nm 7) e degli arredi del tempio (1Re 7; Ger 52,18-19) per indicare recipienti assai grandi. L’impiego di questo termine in Amos sottolinea l’abbondanza del vino consumato. Nonostante l’allusione all’unzione  evochi l’unzione di Davide, (cfr. 1Sam 16,12-13; Sal 89,21), di Ieu (2Re 9,3.6), di Aronne e dei suoi figli (Lv 8,12.30), è evidente che qui si tratti semplicemente dei cosmetici usati dai partecipanti alla celebrazione. Il vero rimprovero arriva solamente nel v. 6b: «Non si dolgono per la distruzione di Giuseppe». Il verbo «dolersi» in forma riflessiva esprime non lo stare male fisicamente, ma l’affliggersi interiormente (cfr. Is 17,11; Ger 12,13). «Giuseppe» (cfr. «casa di Giuseppe» in Am 5,6, e «resto di Giuseppe» in Am 5,15), senza alcun’altra determinazione e in chiara contrapposizione ai benestanti («la casa d’Israele» del v. 1b), si riferisce a tutti coloro che sono esclusi da quei banchetti.
Dopo la descrizione del comportamento dei benestanti in Sion e a Samaria, il profeta pronunzia la condanna: «Perciò ora andranno in esilio in testa ai deportati e cesserà l’orgia dei dissoluti» (v. 7). Introdotta dal minaccioso «perciò» la conclusione è l’annunzio dell’esilio d’Israele (cfr. Am 5,27; 7,11.17). Gli esiliati che vanno in testa sono infatti i «notabili». Il popolo minuto era probabilmente in buona parte risparmiato dall’esilio, per ragioni non certo umanitarie ma tecniche ed economiche. Anche in Am 4,2 si distingue implicitamente tra coloro che vanno in testa e coloro che li seguono nel corteo degli imprigionati. Questa lettura è confermata dal v. 7b che annunzia la fine delle baldorie, alle quali solo partecipavano i notabili (cfr. vv. 3-6). Il termine tradotto con «orgia» appare altrove solamente in Ger 16,5, dove, dal contesto, significa «casa dei banchetti » (di cordoglio). La traduzione «orgia» per Am 6,7 è favorita dalla presenza, per la seconda volta nel testo, dei dissoluti, cioè di «coloro che si sdraiano per i banchetti» (cfr. v. 4).

LINEE INTERPRETATIVE
In questo testo il profeta critica aspramente la corruzione di una classe dirigente che trae vantaggio dalla propria posizione sociale e non si cura del bene comune. Ciò che al profeta sta a cuore non è tanto la giusta distribuzione del benessere economico, ma il senso di responsabilità che dovrebbero avere coloro che sono a capo di una nazione. Essi invece sottovalutano i pericoli, si godono la vita e pongono le premesse di una catastrofe che colpirà tutta la nazione.
Di fronte a questa superficialità dettata dall’egoismo, il profeta annunzia come castigo la conquista nemica e l’esilio. Si tratta proprio del disastro che i notabili di Israele non hanno saputo o voluto prevenire. Quando questo evento capiterà, proprio loro saranno i primi a essere colpiti. Si può dire che essi hanno procurato da se stessi la propria rovina. Su questo sfondo il messaggio del profeta è un invito a cambiare mentalità e ad assumere fino in fondo le proprie responsabilità.

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