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MARTIRI COREANI, ANDREA KIM TAEGON

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20 SETTTEMBRE: SANTI MARTIRI COREANI (ANDREA KIM TAEGON, PAOLO CHONG HASANG E 101 COMPAGNI)

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SANTI MARTIRI COREANI (ANDREA KIM TAEGON, PAOLO CHONG HASANG E 101 COMPAGNI)

20 settembre

L’azione dello Spirito, che soffia dove vuole, con l’apostolato di un generoso manipolo di laici è alla radice della santa Chiesa di Dio in terra coreana. Il primo germe della fede cattolica, portato da un laico coreano nel 1784 al suo ritorno in Patria da Pechino, fu fecondato sulla meta del secolo XIX dal martirio che vide associati 103 membri della giovane comunità. Fra essi si segnalano Andrea Kim Taegon, il primo presbitero coreano e l’apostolo laico Paolo Chong Hasang. Le persecuzioni che infuriarono in ondate successive dal 1839 al 1867, anziché soffocare la fede dei neofiti, suscitarono una primavera dello Spirito a immagine della Chiesa nascente. L’impronta apostolica di questa comunità dell’Estremo Oriente fu resa, con linguaggio semplice ed efficace, ispirato alla parabola del buon seminatore, del presbitero Andrea alla vigilia del martirio. Nel suo viaggio pastorale in quella terra lontana il Papa Giovanni Paolo II, il 6 maggio 1984, iscrisse i martiri coreani nel calendario dei santi. La loro memoria si celebra nella data odierna, perché un gruppo di essi subì il martirio in questo mese, alcuni il 20 e il 21 settembre. (Mess. Rom.)

Etimologia: Andrea = virile, gagliardo, dal greco

Emblema: Palma
Martirologio Romano: Memoria dei santi Andrea Kim Tae-gon, sacerdote, Paolo Chong Ha-sang e compagni, martiri in Corea. In questo giorno in un’unica celebrazione si venerano anche tutti i centotrè martiri, che testimoniarono coraggiosamente la fede cristiana, introdotta la prima volta con fervore in questo regno da alcuni laici e poi alimentata e consolidata dalla predicazione dei missionari e dalla celebrazione dei sacramenti. Tutti questi atleti di Cristo, di cui tre vescovi, otto sacerdoti e tutti gli altri laici, tra i quali alcuni coniugati altri no, vecchi, giovani e fanciulli, sottoposti al supplizio, consacrarono con il loro prezioso sangue gli inizi della Chiesa in Corea.
La Chiesa coreana ha la caratteristica forse unica, di essere stata fondata e sostenuta da laici; infatti agli inizi del 1600 la fede cristiana comparve in Corea tramite le delegazioni che ogni anno visitavano Pechino in Cina, per uno scambio culturale con questa Nazione, molto stimata in tutto l’Estremo Oriente.
E in Cina i coreani vennero in contatto con la fede cristiana, portando in patria il libro del grande padre Matteo Ricci “La vera dottrina di Dio”; e un laico, Lee Byeok grande pensatore, ispirandosi al libro del famoso missionario gesuita, fondò una prima comunità cristiana molto attiva.
Intorno al 1780, Lee Byeok pregò un suo amico Lee-sunghoon, che faceva parte della solita delegazione culturale in partenza per la Cina, di farsi battezzare e al ritorno portare con sé libri e scritti religiosi adatti ad approfondire la nuova fede.
Nella primavera del 1784 l’amico ritornò con il nome di Pietro, dando alla comunità un forte impulso; non conoscendo bene la natura della Chiesa, il gruppo si organizzò con una gerarchia propria celebrando il battesimo e non solo, ma anche la cresima e l’eucaristia.
Informati dal vescovo di Pechino che per avere una gerarchia occorreva una successione apostolica, lo pregarono di inviare al più presto dei sacerdoti; furono accontentati con l’invio di un prete Chu-mun-mo, così la comunità coreana crebbe in poco tempo a varie migliaia di fedeli.
Purtroppo anche in Corea si scatenò ben presto una persecuzione fin dal 1785, che si incrudeliva sempre più, finché nel 1801 anche l’unico prete venne ucciso, ma questo non bloccò affatto la crescita della comunità cristiana.
Il re nel 1802 emanò un editto di stato, in cui si ordinava addirittura lo sterminio dei cristiani, come unica soluzione per soffocare il germe di quella “follia”, ritenuta tale dal suo governo. Rimasti soli e senza guida spirituale, i cristiani coreani chiedevano continuamente al vescovo di Pechino e anche al papa di avere dei sacerdoti; ma le condizioni locali lo permisero solo nel 1837, quando furono inviati un vescovo e due sacerdoti delle Missioni Estere di Parigi; i quali penetrati clandestinamente in Corea furono martirizzati due anni dopo.
Un secondo tentativo operato da Andrea Kim Taegon, riuscì a fare entrare un vescovo e un sacerdote, da quel momento la presenza di una gerarchia cattolica in Corea non mancherà più, nonostante che nel 1866 si ebbe la persecuzione più accanita; nel 1882 il governo decretò la libertà religiosa.
Nelle persecuzioni coreane perirono, secondo fonti locali, più di 10.000 martiri, di questi 103 furono beatificati in due gruppi distinti nel 1925 e nel 1968 e poi canonizzati tutti insieme il 6 maggio 1984 a Seul in Corea da papa Giovanni Paolo II; di questi solo 10 sono stranieri, 3 vescovi e 7 sacerdoti, gli altri tutti coreani, catechisti e fedeli.
Di seguito diamo un breve tratto biografico dei due capoelenco liturgico del gruppo dei 103 santi martiri: Andrea Kim Taegon e Paolo Chong Hasang.
Andrea nato nel 1821 da una nobile famiglia cristiana, crebbe in un ambiente decisamente ispirato ai principi cristiani, il padre in particolare aveva trasformato la sua casa in una ‘chiesa domestica’, ove affluivano i cristiani ed i neofiti della nuova fede, per ricevere il battesimo, scoperto tenne con forza la sua fede, morendo a 44 anni martire.
Aveva 15 anni quando uno dei primi missionari francesi arrivati in Corea nel 1836, lo inviò a Macao per prepararlo al sacerdozio. Ritornò come diacono nel 1844 per preparare l’entrata del vescovo mons. Ferréol, organizzando una imbarcazione con marinai tutti cristiani, andando a prenderlo a Shanghai, qui fu ordinato sacerdote e insieme, di nascosto con un viaggio avventuroso, penetrarono in Corea, dove lavorarono insieme sempre in un clima di persecuzione.
Con la nobiltà del suo atteggiamento, con la capacità di comprendere la mentalità locale, riuscì ad ottenere ottimi risultati d’apostolato. Nel 1846 il vescovo Ferréol lo incaricò di far pervenire delle lettere in Europa, tramite il vescovo di Pechino, ma durante il suo incontro con le barche cinesi, fu casualmente scoperto ed arrestato.
Subì gli interrogatori e gli spostamenti di carcere prima con il mandarino, poi con il governatore e giacché era un nobile, alla fine con il re e a tutti manifestò la fedeltà al suo Dio, rifiutando i tentativi di farlo apostatare, nonostante le atroci torture; alla fine venne decapitato il 16 settembre del 1846 a Seul; primo sacerdote martire della nascente Chiesa coreana.
Paolo Chong Hasang. Eroico laico coreano, era nato nel 1795 a Mahyan, il padre Agostino e il fratello Carlo vennero martirizzati nel 1801, la sua famiglia composta da lui, la madre Cecilia e la sorella Elisabetta, venne imprigionata e privata di ogni bene, furono costretti ad andare ospiti di un parente, ma appena gli fu possibile si trasferì a Seul aggregandosi alla comunità cristiana; perlomeno quindici volte andò in Cina a Pechino in viaggi difficilissimi fatti a piedi, spinto dall’eroismo di una fede genuina, professata nonostante i gravi pericoli.
Collaborò alacremente affinché il primo sacerdote Yan arrivasse in Corea e poi dopo di lui i missionari francesi: il vescovo Imbert ed i sacerdoti Maubant e Chastan.
Fu accolto con la madre e la sorella dal vescovo Imbert, il quale desiderava farlo diventare sacerdote, ma la persecuzione infuriava e un apostata li tradì, facendoli imprigionare.
Paolo Chong Hasang venne interrogato e torturato per fargli abbandonare la religione straniera a cui si era associato, ma visto la sua grande fermezza, venne condannato e decapitato il 22 settembre 1839, insieme al suo caro amico Agostino Nyon, anche lui firmatario di una petizione al papa per l’invio di un vescovo in Corea. Anche la madre e la sorella vennero uccise dopo alcuni mesi.
Il vescovo e i due sacerdoti delle Missioni Estere di Parigi, vennero decapitati anche loro nel 1839.

Ecco l’elenco completo dei 103 martiri in Corea:

79110
Pietro Yi Ho-yong, laico
+ 25 novembre 1838 in una prigione di Seoul (Corea del Sud)

54185
Protasio Chong Kuk-bo, laico sposato
+ 20 maggio 1839 in una prigione di Seoul (Corea del Sud)

54610
Maddalena Kim Ob-i, laica sposata
Anna Pak A-gi, laica sposata
Agata Yi So-sa, laica sposata e sorella di Pietro Yi Ho-Yong
Agata Kim A-gi, laica sposata
Agostino Yi Kwang-hon, laico sposato e catechista
Barbara Han A-gi, laica sposata
Lucia Pak Hui-sun, laica
Damiano Nam Myong-hyok, laico sposato e catechista
Pietro Kwon Tug-in, laico sposato
+ 24 maggio 1839 presso la Piccola Porta Occidentale, Seoul (Corea del Sud)

54810
Giuseppe Chang Song-jib, laico sposato
+ 27 maggio 1839 in una prigione di Seoul (Corea del Sud)

54890
Barbara Kim, laica sposata
Barbara Yi, adolescente
+ 27 maggio 1839 a Seoul (Corea del Sud)

63720
Rosa Kim No-sa, laica sposata
Marta Kim Song-im, laica sposata
Teresa Yi Mae-im, laica
Anna Kim Chang-gum, laica sposata
Giovanni Battista Yi Kwang-hon, laico e catechista
Maddalena Yi Yong-hui, laica
Lucia Kim Nu-sia, giovane laica
Maria Won Kwi-im, giovane laica
+ 20 luglio 1839 a Seoul

68960
Maria Pak K’un-agi, laica
Barbara Kwon Hui, laica sposata
Giovanni Pak Hu-Jae, laico sposato
Barbara Yi Chong-Hui, laica sposata
Maria Yi Yon-Hui, laica sposata
Agnese Kim Hyo-Ch’u, giovane laica
+ 3 settembre 1839 a Seoul

70020
Francesco Ch’Oe Kyong-hwan, laico e catechista
+ 12 settembre 1839 a Seoul
93415
Lorenzo Maria Giuseppe Imbert, sacerdote della Società Parigina per le Missioni Esteree Vicario apostolico di Corea
Pietro Filiberto Maubant, sacerdote della Società Parigina per le Missioni Estere
Giacomo Onorato Chastan, sacerdote della Società Parigina per le Missioni Estere
+ 21 settembre 1839 a Sai-Nam-Hte

93403
Paolo Chong Ha-Sang, laico e catechista
Agostino Yu Chin-Kil, laico sposato
+ 22 settembre 1839 a Seoul

72090
Maddalena Ho Kye-Im, laica sposata
Sebastiano Nam I-Gwan, laico e catechista
Giulitta Kim, laica
Agata Chon Kyong-Hyob, laica
Carlo Cho Shin Ch’ol, laico
Ignazio Kim Che-Jun, laico sposato
Maddalena Pak Pong-Son, laica sposata
Perpetua Hong Kum-Ju, laica sposata
Colomba Kim Hyo-im, laica
+ 26 settembre 1839 a Seoul
Lucia Kim, laica sposata
+ un giorno ignoto di settembre 1839 a Seoul (ricordata con Sebastiano Nam-I-Gwan e compagni)
Caterina Yi, vedova laica
Maddalena Cho, laica, figlia di Caterina Yi
+ un giorno ignoto di settembre 1839 a Seoul (ricordate con Sebastiano Nam-I-Gwan e compagni)

92968
Pietro Yu Tae-Ch’ol, adolescente
+ 21 ottobre 1839 in una prigione di Seoul (Corea del Sud)

92974
Cecilia Yu So-sa, laica sposata
+ 23 novembre 1839, Seoul

83360
Barbara Cho Chung-i, laica sposata
Maddalena Han Yong-i, laica sposata
Pietro Ch’oe Ch’ang-hub, laico sposato e catechista
Benedetta Hyong Kyong-nyon, laica sposata e catechista
Elisabetta Chong Chong-hye, laica
Barbara Ko Sun-i, laica sposata
Maddalena Yi Yong-dok, laica
+ 29 dicembre 1839 a Seoul

36755
Teresa Kim, vedova laica
Agata Yi, giovane laica
+ 9 gennaio 1840 a Seoul

36755
Stefano Min Kuk-Ka, vedovo laico e catechista
+ 20 gennaio 1840 a Seoul

38560
Andrea Chong Hwa-Gyong, laico e catechista
+ 23 gennaio 1840 a Seoul

39130
Paolo Ho Hyob, laico
+ 30 gennaio 1840 a Seoul

39230
Agostino Pak Chong-won, laico sposato e catechista
Pietro Hong Pyong-ju, laico e catechista
Maddalena Son So-byok, laica sposata
Agata Yi Kyong-i, laica
Maria Yi In-dok, giovane laica
Agata Kwon Chin-i, giovane laica sposata
+ 31 gennaio 1840 a Dangkogae

39340
Paolo Hong Yong-ju, laico e catechista
Giovanni Yi Mun-u, laico sposato
Barbara Ch’oe Yong-i, giovane laica sposata
+ 01 febbraio 1840 a Seoul

51230
Antonio Kim Song-u, laico sposato e catechista
+ 29 aprile 1841 a Tangkogae

93402
Andrea Kim Tae-gon, sacerdote
+ 16 settembre 1846 a Sai-Nam-Hte

93408
Carlo Hyon Song-mun, laico e catechista
+ 19 settembre 1846 a Sai-Nam-Hte

70880
Pietro Nam Kyong-mun, laico sposato e catechista
Lorenzo Han I-hyong, laico sposato e catechista
Susanna U Sur-im, vedova laica
Giuseppe Im Ch’i-p’ek, laico sposato
Teresa Kim Im-i, laica
Agata Yi Kan-nan, vedova laica
Caterina Chong Ch’or-yom, laica sposata
+ 20 settembre 1846 a Seoul

41430
Pietro Yu Chong-Nyul, laico sposato
+ 17 febbraio 1866 a Pyongyang

92284
Simeone Francesco Berneux, sacerdote della Società Parigina per le Missioni Estere e Vicario apostolico di Corea
Simone Maria Giusto Ranfer de Bretenières, sacerdote della Società Parigina per le Missioni Estere
Pietro Enrico Dorie, sacerdote della Società Parigina per le Missioni Estere
Bernardo Luigi Beaulieu, sacerdote della Società Parigina per le Missioni Estere
+ 7 marzo 1866 a Sai-Nam-Hte

44210
Giovanni Battista Nam Chong-Sam, laico
+ 7 marzo 1866 a Seoul

44360
Giovanni Battista Chon Chang-Un, laico
Pietro Ch’oe Hyong, laico e catechista
+ 9 marzo 1866 a Nei-Ko-Ri

44610
Marco Chong Ui-Bae, laico, vedovo e catechista
Alessio U Se-Yong, giovane laico
+ 11 marzo 1866 a Seoul

47770
Antonio Daveluy, sacerdote della Società Parigina per le Missioni Estere e coadiutore del vicario apostolico di Corea
Martino Luca Huin, sacerdote della Società Parigina per le Missioni Estere
Pietro Aumaître, sacerdote della Società Parigina per le Missioni Estere
Giuseppe Chang Chu-Gi, laico e catechista
Luca Hwang Sok-Tu, laico sposato e catechista
Tommaso Son Cha-Son, laico
+ 30 marzo 1866 a Su-Ryong

81230
Bartolomeo Chong Mun-ho, laico
Pietro Cho Hwa-so, laico sposato, padre di Giuseppe Cho Yun-ho
Pietro Son Son-j, laico sposato e catechista
Pietro Yi Myong-so, laico sposato
Giuseppe Han Won-so, laico e catechista
Pietro Chong Won-ji, giovane laico sposato
+ 13 dicembre 1866 a Tiyen-Tiyon

82920
Giuseppe Cho Yun-ho, giovane laico e catechista, figlio di Pietro Cho Hwa-so
+ 23 dicembre 1866 a Tiyen-Tiyon

38425
Giovanni Yi Yun-Il, laico sposato
+ 21 gennaio 1867 a Daegu

Autore: Antonio Borrelli ed Emilia Flocchini

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Aggiunto il 2012-09-10

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SPIRITUALITA’ EUCARISTICHE

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SPIRITUALITA’ EUCARISTICHE

Il 18 ottobre, del 2009, ci siamo trovati a casa S. Paolo per il ritiro spirituale annuale della nostra Associazione L’Ora di Gesù, insieme al nostro assistente spirituale don Pasquale La Porta, con il nostro arcivescovo Mons. Benigno Luigi Papa, che ci ha offerto una meditazione per la nostra spiritualità. E’ stata una meditazione molto interessante che certamente rafforzerà il nostro spirito e darà nuovo respiro e nuova strada da percorrere alla nostra anima. Riportiamo integralmente la prima parte di queste riflessioni, non una sintesi, così da poterlo leggere e rivedere anche in futuro; non ci fidiamo molto della nostra memoria. E vogliamo offrire anche a chi non non è potuto venire la possibilità di essere messo al corrente del dono che ci ha fatto il nostro vescovo. Faremo tesoro delle sue parole. Lo ringraziamo per le tracce che ci ha lasciato e per i percorsi che ci ha suggerito, per meglio sviluppare la spiritualità eucaristica che è patrimonio e ricchezza della nostra associazione. Se non l’avevamo bene individuata, ora ciò è possibile.
Grazie per la vostra presenza e per la vostra adesione all’associazione L’Ora di Gesù, per la quale vorrei davvero che veramente ci fosse una partecipazione sempre più numerosa dei nostri fedeli. Mi è stato chiesto di tenere una meditazione in questa giornata di ritiro che voi fate a casa S. Paolo, sapendo che la meditazione insieme alla preghiera, alla lettura della sacra scrittura, alla liturgia, in modo particolare all’Eucarestia, sono le più urgenti della nostra vita spirituale. Per ravvivare la nostra vita secondo lo Spirito, abbiamo bisogno di meditare, di riflettere cioè, sulla richiesta della fede che noi possediamo. Ho scelto come tema di meditazione suggerirvi alcune indicazioni di spiritualità eucaristiche, dal momento che voi siete delle persone che vi riunite intorno all’Eucarestia, dal momento che fate dell’Eucarestia l’oggetto della vostra co-preghiera, a volte della stessa preghiera contemplativa, credo che sia congeniale alla vostra associazione denominata Ora di Gesù, di vivere una spiritualità che sia appunto segnata dalla dimensione eucaristica.
Ho scelto come meditazione l’offerta di alcune linee, di alcune indicazioni di spiritualità eucaristiche. Questa riflessione non soltanto è utile, ma ritengo che sia doverosa, perché come ci insegna la scrittura, come ci dicono i Santi Padri, come ci ha insegnato recentemente il Santo Padre Giovanni Paolo II, con una sua ultima enciclica Ecclesia de Eucharestia, l’Eucarestia edifica la Chiesa. L’Eucarestia costruisce la Chiesa; in altri termini il mistero della Chiesa è presente nel mistero dell’Eucarestia, tutto ciò che la Chiesa è, tutto ciò che la Chiesa è chiamata a fare può essere realizzato proprio per la grazia che ci viene dall’Eucarestia. Dunque, vogliamo alimentare una spiritualità eucaristica, un contatto continuo con la Santa Eucarestia. A questo proposito stasera voglio darvi 5 indicazioni di spiritualità, 5 motivi di spiritualità specificatamente eucaristiche.

SAPER RICONOSCERE I DONI
1) Cominciamo dalla prima indicazione. Sappiamo tutti cosa è l’Eucarestia. L’Eucarestia è il sacramento della presenza in mezzo a noi del Signore Gesù in corpo sangue e anima e divinità. E’ il segno dell’amore grande che Dio ha fatto all’umanità. E’ segno di un dono che viene a noi concesso: la presenza permanente di Dio tra noi. Prima di congedarsi da questo mondo Gesù ai suoi discepoli ha detto- Io sono tra voi tutti i giorni fino alla fine dei tempi-. Ci sono diverse presenze di Dio tra noi, quella eucaristica è la presenza, direi più eccelsa, la presenza per antonomasia, perché è la presenza reale del Verbo di Dio, vero Dio e vero Uomo. Questa presenza ci suggerisce una verità di fede molto importante , e cioè, che Dio che si rende presente fra noi nella persona di Gesù, sacramentalmente presente nell’Eucarestia, Dio è colui che si dona, è colui che non soltanto comunica con gli uomini, ma si dona si rende presente tra gli uomini, e si rende presente con tutta la sua identità. E la sua è una presenza di amore. Nessuno di noi avrebbe diritto ad avere un Dio così vicino, così oggetto della nostra contemplazione.
Questa presenza ci dice , che a Dio che si è manifestato nella persona di Gesù, ciò che gli sta particolarmente a cuore è donare. Se dunque il sacramento dell’Eucarestia, è il sacramento di un dono; il più grande dono che Dio abbia potuto fare agli uomini. Credo che sia giusto, che sia conveniente sviluppare in noi una spiritualità del dono, credo che sia utile cioè che noi, nelle impostazioni della nostra vita, nella modalità della nostra presenza, nel nostro modo di vedere, giudicare, agire, facciamo più attenzione ai doni che abbiamo ricevuto nella nostra vita, così come la vita viene da noi storicamente vissuta. Ai doni che abbiamo ricevuto dal Creato, ai doni che abbiamo ricevuto nella nostra vita umana, ai doni che abbiamo ricevuto nella nostra vita cristiana, familiare. Questa modalità di saper cogliere tutto ciò che ci viene donato, non è tanto diffusa, come dovrebbe essere, perché ho l’impressione che la nostra tendenza , il nostro modo abituale di vedere le cose è quella di vederlo sotto l’angolo dei diritti.
Siamo talmente abituati a vivere nella cultura delle rivendicazioni dei diritti che ci sembra che tutto sia dovuto, e tutto quello che noi abbiamo, non so perché, è a noi dovuto. E non sappiamo cogliere a sufficienza le manifestazioni di amore gratuito, le manifestazioni di dono che ci vengono offerte e che sono presenti nella vita. Proviamo a vedere le cose sotto l’ottica del dono e ci rendiamo conto che la nostra vita appare diversa.
Per noi cristiani, che sappiamo che il mondo è stato liberamente creato da Dio, che il mondo non è il risultato di una evoluzione meccanica che per caso è avvenuta in questo nostro pianeta, ma che il mondo è un dono, che il Signore ci ha fatto.
E’ un dono la capacità che gli uomini hanno con la loro scienza e tecnica di migliorare e trasformare le cose. E’ un dono la bellezza del creato. E’ un dono la vita. E’ un dono la parrocchia, è un dono avere nella parrocchia un sacerdote. E’ un dono la famiglia è un dono avere un coniuge che mi vuole bene. Sono un dono i figli. Non pensiamo sovente a questa cosa, siamo abituati, invece, a pensare a tutta questa nostra realtà umana, personale e sociale sotto l’angolo del dovuto.
Invece, come cristiani sappiamo che tutto è posto sotto la Provvidenza di Dio, e che molteplici sono le testimonianze del suo amore nel mondo. Dovremmo abituarci di più a sviluppare una cultura che sappia valorizzare i doni che noi riceviamo. C’è un bellissimo salmo,135,136 in cui il salmista invita tutti a lodare il Signore perché è buono perché eterna è la sua misericordia,
Egli che ha creato i Cieli,
perché eterna è la sua misericordia.
Anche la provvidenza quotidiana, tutto viene visto nella misericordia di Dio, nella bontà di Dio
Avere una anima eucaristica significa saper coglier i doni che sono presenti nella vita mia personale e familiare e di conseguenza, una volta che si è allenati a saper cogliere le espressioni molteplici di amore che ci sono offerte, di conseguenza essere capaci di dire grazie, Signore Ti rendo grazie, sono riconoscente nei tuoi confronti. Il verbo più diffuso nelle lettere di S. Paolo è questo: ringraziamo, ringraziamo Dio, per i molteplici doni che Egli ci ha concesso. Nei confronti di Dio non dobbiamo rivendicare diritti, come lo facciamo con gli uomini, nei confronti di Dio non possiamo avere un atteggiamento di rivendicazione perché Lui è la fonte della bontà.
Nella parabola dei vignaioli il Signore si comporta con liberalità, e distribuisce i meriti secondo la sua misericordia e la sua bontà. Dunque il primo elemento di spiritualità che io vorrei fosse diffuso fra di voi è quella tendenza, quell’atteggiamento a saper cogliere tanti ordinari segni di bontà che sono presenti nella nostra vita. Sia nella nostra vita naturale che nella vita soprannaturale, sia nella nostra vita umana che cristiana, sia nella vita cristiana personale che nella vita ecclesiale, sia nella famiglia che nella società.
Abituiamoci a saper cogliere nella vita i frammenti di bontà che sono presenti nel mondo. Non dobbiamo essere persone pessimiste che vedono tutto sotto l’aspetto negativo, che contestano sempre, che si lamentano sempre. Dobbiamo essere capaci di individuare nella nostra vita, e ci sono, tanti, tanti segni di bontà. La persona che mi è accanto non è un mio nemico, ma un dono che il Signore mi ha fatto, e così si può dire di tutti voi. Abituiamoci a saper cogliere questa prima e fondamentale dimensione.

FARE DELLA PROPRIA VITA UN’OFFERTA
2) Il secondo elemento di spiritualità eucaristica, è il seguente. Sapete che il sacramento dell’Eucarestia è il sacramento dove si verifica la trasformazione radicale del pane nel corpo di Gesù e del vino nel sangue di Gesù.
Il sacramento che opera una trasformazione profonda del pane e del vino nel corpo e sangue di Gesù.
Perché nel sacramento avviene una cosa del genere?
Avviene per magia?
Come avviene questa trasformazione profonda?
C’è una esperienza esistenziale di Gesù il quale proprio nel brano evangelico che la Chiesa ci fa leggere oggi, ci dice che il figlio dell’uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti; poi continua il racconto dicendo che il figlio dell’Uomo non è venuto per essere servito ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti. Offre la sua vita per la salvezza del mondo.
Gesù è diventato sommo sacerdote, Gesù è diventato Buon Pastore, perché è stato capace di trasformare una situazione passiva in una situazione attiva, è stato capace di trasformare il progetto di Dio nel quale era scritto che il Signore Gesù doveva morire per la salvezza del mondo. Nella storia di Gesù c’erano anche presenti degli episodi umani che andavano in quella direzione.
Perché Gesù è stato tradito da Giuda , è stato rinnegato da Pietro. Gesù è stato colui che ha subito nel corso della sua vita tante angherie: arrestato, processato, condannato, maltrattato.
Si è trovato davvero in una situazione passiva. Ma Lui con la forza dello Spirito Santo ha saputo trasformare questa situazione passiva in una situazione attiva, in un atto di amore, in un atto di donazione, fatta con libertà assoluta, fatta con amore straordinario. Nel vangelo viene detto che Gesù viene consegnato, ma Gesù liberamente si consegna. Gesù ha vinto la morte, perché è stato capace di fare della morte un atto di amore. Perciò è risorto, perciò ha comunicato lo Spirito alla Chiesa.
Dietro quello che avviene nell’Eucarestia, dove c’è la trasformazione del pane e del vino, c’è stato come fondamento il gesto di Gesù che ha trasformato la situazione storica della sua esistenza in una offerta, nel dono di sé, nel sacrificio della sua vita per amore. Questo fatto che l’Eucarestia ci testimonia ci porta a evidenziare una seconda indicazione di carattere spirituale: fare della nostra vita un’offerta a Dio, fare della nostra vita un dono, a Dio. Prima dicevo, come prima indicazione, di saper cogliere i diversi doni di Dio che sono fuori di noi come testimonianza della bontà di Dio.
Alleniamoci a fare di tutta la nostra vita un atto di amore, un dono al Signore. A questo siamo chiamati in realtà in forza del battesimo. S. Paolo scriveva, nella lettera ai romani cap.12:” Vi esorto fratelli per la misericordia di Dio a offrire i vostri corpi come ostia santa vivente gradita a Dio”. Per corpo, S. Paolo intende la persona nella sua globalità. E poiché i cristiani costituiscono un popolo sacerdotale , con questa espressione teologica, i teologi vogliono dirci proprio questo che noi abbiamo la possibilità di fare anche noi, in possesso dello spirito di Cristo che abbiamo ricevuto al battesimo, quello che ha fatto Gesù nel corso della sua vita.
Anche noi possiamo operare una trasformazione delle vicende nelle quali siamo implicate. Anche noi possiamo della nostra vita un dono. Fare della vita un dono è molto facile quando le cose vanno bene. Quando le cose sono serene, quando le cose son tranquille, quando tutto è pacifico, quando si cammina sull’onda del successo. Molto più difficile, più arduo, ma proprio molto più opportuno il saper trasformare in dono, proprio quelle situazioni di vita che Gesù ha trasformato in dono, quelle situazioni di vita che lo hanno visto sofferente, perché arrestato, perché maltrattato, perché coronato di spine e crocifisso, tante situazioni ingiuste che Egli ha sofferto, ma che non ha subito in maniera passiva, ma che ha trasformato in maniera attiva, facendo di tutte queste esperienze un atto di amore da offrire a Dio.
Anche la malattia può essere un atto di amore, anche uno sgarbo che ricevo da un mio amico, anche qualche sofferenza fisica morale che può essere presente nella mia vita e per la quale sono turbato, sono depresso , se riesco a trasformarla diventa un atto d’amore. Trasformare la vita giorno per giorno in un atto d’amore gradito a Dio; allora siamo davvero persone che hanno una spiritualità eucaristica. Persone che si lasciano plasmare dall’Eucarestia. Persone che attraverso la contemplazione dell’Eucarestia riescono a trasformare la propria vita.
Vedete, lo conoscete tutti quell’episodio che ci viene raccontato nei vangeli sinottici, dove si parla di Gesù che sul monte viene trasfigurato, cambia figura. Questa trasfigurazione che sul monte Tabor è il preludio della Pasqua è qualcosa che può avvenire anche nella nostra vita, perché anche la nostra vita gradualmente può cambiare figura. Questo si verifica attraverso la trasformazione di tutte quelle vicende che, a prima vista ci opprimono, ci colpiscono, ci fanno soffrire, bisogna trasformarle in un atto d’amore, in un’offerta. Allora partecipiamo veramente , quando riusciamo a fare quell’operazione, noi partecipiamo veramente al sacrificio di Cristo.
Durante la S. Messa , dopo l’offertorio, il sacerdote dice: “Pregate ,fratelli perché il mio e vostro sacrificio( il sacrificio del prete e dell’assemblea) sia gradito a Dio Onnipotente ». E quando il nostro sacrificio è gradito a Dio? Quando noi sappiamo fare quella operazione di trasformazione delle situazioni di vita in atto d’ amore che ha fatto Gesù.
Questo è il significato della parola sacrificio. Sacrificio è un termine che ci spaventa che ci fa pensare a qualcosa di negativo di opprimente, attraverso il quale noi veniamo privati di non so quali valori. No, il significato vero di sacrificio è proprio questo: offerta, dono. Compiere un sacrificio significa compiere una azione sacra. Sacrum facere. Fare una cosa sacra. Si fa una cosa sacra, santa, quando io sono capace di amare, e di trasformare in amore tutte le azioni della mia vita. Dunque, riassumendo le prime due indicazioni: cogliere i doni che sono presenti nella propria vita, fare della propria vita un dono.

LASCIARSI GUIDARE DALLO SPIRITO
3) Terza indicazione di spiritualità eucaristica , che è conseguente alla precedente. Perché Gesù è stato capace di trasformare tutte le vicende della sua passione dolorosa in un atto d’amore?
Perché Gesù si è lasciato guidare dalla potenza dello Spirito di Dio, che era presente nella sua umanità, sin dall’inizio della sua vita. Lo Spirito del Signore è sopra di me: perciò è stato docile all’azione dello Spirito. La sua umanità è stata resa capace di fare una cosa come quella che abbiamo illustrato prima, perché ha lasciato operare in Lui, in maniera libera la potenza dello Spirito di Dio.
Dobbiamo infatti , riconoscere che non è dell’uomo trasformare le vicende della vita in un dono, in un’offerta. Non è nella possibilità dell’uomo fare questa operazione; né il Signore Dio vuole da noi cristiani che siamo dei super uomini, siamo dei giganti dell’umanità.. Essere capaci di trasformare tutte le vicende personali della vita in un atto d’amore. E’ soltanto opera di Dio, frutto dell’azione del suo Spirito. D’altra parte l’Eucarestia è elemento dello Spirito, per eccellenza, il sacramento dove è presente lo Spirito. Le nuove anafore, cioè le nuove preghiere eucaristiche, che sono state composte dopo il Concilio Vaticano II , sottolineano in modo molto poco evidente la presenza dello Spirito, nella trasformazione del pane e del vino nel corpo e nel sangue di Gesù.
Allora se è così qual’è il terzo elemento di Spiritualità Eucaristiche?
E’ proprio questo, porre tutta la nostra esistenza sotto il segno dello Spirito, dello Spirito Santo. Essere convinti di quello che S. Paolo dice, scrivendo sempre ai cristiani di Roma, cap. 8 ,14, dove Paolo sembra quasi darci una definizione del cristiano , con queste parole:”Sono figli di Dio coloro che si lasciano guidare dallo Spirito di Dio”. Ecco una bella definizione del cristiano. Dunque per poter essere capaci di saper cogliere nella storia le diverse espressioni di Dio.
Per fare della nostra vita un dono, dobbiamo lasciarci guidare dallo Spirito Santo. Dobbiamo consentire che lo Spirito Santo sia la nostra guida. Non è facile, sapete. Allora dobbiamo allenarci, perché sono tanti gli elementi che vogliono entrare nella nostra vita e si propongono come leaders. C’è innanzitutto il nostro “ Io”, il nostro egoismo che vorrebbe avere la posizione principe e che vorrebbe dettare tutti i criteri di indirizzo, che vorrebbe essere alla base di tutte le decisioni che si prendono.
Poi c’è la cultura nella quale viviamo, la cultura diffusa , a cultura dei nostri paesi, la cultura dell’ambiente, da cui non è facile distaccarsi. Perché distaccarsi dal pensare comune può sembrare un atto di estraneità al mondo; a cui non siamo molte volte abituati. S. Paolo nelle sue lettere dice bene, che finché siamo su questa terra la vita secondo lo Spirito è sempre interetica con la vita secondo la carne, e per vita secondo la carne Paolo intendeva una vita vissuta in maniera umana, soggetta alle forze della nostra debolezza, a tutti quegli elementi che si oppongono a Dio, sempre, finché viviamo su questo mondo, fino all’ultimo istante della nostra vita dobbiamo ricordarci che c’è sempre in noi questa dialettica fra due forze che si contendono il primato della nostra vita: la forza che viene da Dio e la forza che si oppone a Dio, che ci trascina verso un’altra direzione.
Allora dice Paolo, ai cristiani della regione della Galazia:” Avete ricevuto lo Spirito Santo, lasciatevi guidare dallo Spirito Santo”.
Lasciatevi guidare dallo Spirito Santo, non ponete ostacoli, barriere alla sua luce, alla sua forza. Lo avevano capito molto bene S. Agostino, prima , e S. Tommaso poi, che parlando dello Spirito Santo, lo chiamavano il nostro maestro interiore, Colui che ci guarda dentro e che ci indica i sentieri di luce, i sentieri della vita che noi dobbiamo percorrere. Alimentare in noi una spiritualità eucaristica, significa quindi , alimentare in noi una vita secondo lo Spirito: una obbedienza costante allo Spirito Santo, che parla nella interiorità della nostra vita, ma parla anche a noi in tanti altri modi. Parla attraverso il vescovo, parla attraverso il Papa, parla attraverso la vita dei Santi, parla in tante maniere. Soltanto che dobbiamo avere l’antenna molto acuminata per saper cogliere la voce dello Spirito e lasciarci guidare da esso.

VIVERE PER L’UNITÀ
4) Quarta indicazione. L’Eucarestia è il Sacramento della unità. Nelle anafore eucaristiche si parla dello Spirito Santo che viene invocato per trasformare il pane e il vino nel corpo e sangue di Gesù, e poi subito dopo viene detto che quello Spirito che trasforma il pane e il vino , nel corpo e sangue di Gesù è lo stesso spirito che fa di noi un solo Corpo. Un solo Corpo Mistico.
Quello Spirito Santo che si rende presente e operante per trasformare il pane e il vino, nel corpo sacramentato di Gesù, è lo stesso Spirito che opera tra i credenti per fare di essi una sola Chiesa, un solo Corpo. L’Eucarestia, dunque, il sacramento della unità. Anche questa indicazione di spiritualità eucaristica è presente negli epistolari paolini. Stavolta faccio allusione alla lettera alla 1^ lettera ai Corinzi vers.17; dove troviamo una espressione del genere molto bella e incisiva.
Dice Paolo:” Poiché c’è un solo pane, noi pur essendo molti formiamo un corpo solo”. Dal momento che partecipiamo tutti dell’unico pane. Dal momento che tutti ci nutriamo della stessa Eucarestia, noi pur essendo molti formiamo un corpo solo.
La Chiesa è una realtà corporata, non è un aggregato di persone l’una accanto all’altra, ma la Chiesa è un corpo solo. A renderci un corpo solo è la partecipazione all’Eucarestia. L’Eucarestia è il segno, il Sacramento della unità della Chiesa. Vivere una spiritualità eucaristica significa dunque lavorare e cooperare per l’unità. Lavorare per l’unità, nel vostro caso , direi soprattutto lavorare per l’unità familiare, per l’unità coniugale. La contemplazione del mistero dell’Eucarestia, sacramento dell’unità, ci fa capire che l’unità da una parte è dono di Dio, dall’altra è oggetto del nostro impegno.
Con l’aiuto di Dio noi dobbiamo lavorare sempre per l’unità. Lavorare per l’unità non significa chiudere gli occhi e non vedere le diverse tensioni, le diverse conflittualità che sono presenti nella società e nella famiglia. Da che mondo è mondo la famiglia è sempre stata una realtà insieme unita e insieme conflittuale. Anche la famiglia è stata ed è una realtà conflittuale.
Pensate che il primo peccato, ce ne parla la Bibbia, che avviene in famiglia è il peccato tra Caino e Abele. Caino uccide Abele. Il primo peccato tra fratelli.
Il peccato è la forza disgregatrice della società. Laddove c’è il peccato, ivi non c’è solo la rottura verticale dell’uomo con Dio, ma si verifica anche la rottura di un rapporto orizzontale dell’uomo con l’uomo. Non appena Adamo ed Eva che sono la coppia che esprime simbolicamente l’umanità peccatrice, si rivela a Dio, come conseguenza deve rendersi conto che la ribellione contro Dio porta ad una lotta , ribellione verso i fratelli. Lavorare per l’unità non significa chiudere gli occhi, non vedere o far finta di non sapere che anche nelle buone famiglie ci sono dei conflitti. Ma proprio perché si riconosce che ci sono quelle conflittualità, che scaturiscono da motivi temperamentali, di carattere o da diverse visioni culturali della vita, proprio per queste ragioni, bisogna lavorare per l’unità, per la riconciliazione.
Non è possibile che tutte le tensioni che si verificano in famiglia debbano concludersi con le separazioni. Non è possibile poi che tutte le tensioni che si verificano in famiglia debbano poi trovare soluzione nel divorzio. Mi permetto di ricordare, a questo proposito nella mia prima lettera pastorale sulla famiglia aveva proprio come titolo: “Dalla Conflittualità alla Riconciliazione”. Venne scritta proprio in considerazione di questa convinzione: lavorare per l’unità familiare non significa chiudere gli occhi di fronte alle conflittualità, ma invece rendersi conto che esse possono e debbano essere superate con l’aiuto anche di consulenti e psicologi dei consultori familiari, ma direi soprattutto con l’aiuto di Dio, con la preghiera, con la grazia sacramentale, con il sacramento della riconciliazione.
Dal momento che siamo peccatori , l’unità passa sempre attraverso la riconciliazione. Non è possibile creare comunioni, non è possibile fare delle nostre parrocchie delle comunità animate dalla comunione, non è possibile fare delle nostre famiglie delle comunità di amore, se non sappiamo riconciliarci, se non sappiamo perdonarci, se non c’è il perdono. Lavorare per l’unità per fare della famiglia una comunità di amore, significa far sì che le tensioni si scarichino nella riconciliazione.

Vivere l’unione con Dio
5) L’ultima indicazione di spiritualità eucaristica che mi permetto di suggerivi, e che prende le mosse dalla considerazione di comunione del sacramento con Dio. Non è soltanto, l’Eucarestia sacramento della comunione fra di noi, noi pur essendo molti formiamo un corpo solo perché ci nutriamo tutti dello stesso pane, ma prima di essere l’Eucarestia sacramento della nostra unione reciproca, per il fatto di costituire insieme un solo corpo, l’Eucarestia è il sacramento della unione nostra con Dio.
Capite perché ho messo questo ultimo elemento, questa ultima indicazione alla fine, perché mi sembra la più importante. La fondamentale. Noi ci nutriamo della Santa Eucarestia per alimentare la nostra comunione con Dio. E a questo proposito giova ricordare il pensiero di Sant’Agostino, che fa una analogia fra quello che accade nella nostra abituale alimentazione naturale e quello che accade nel banchetto eucaristico.
Nella nostra normale alimentazione naturale, accade che noi quando ci nutriamo, il cibo metabolizzato e trasformato nel nostro corpo, nel nostro sangue, per formare il tessuto umano. Trasformiamo il cibo in quello che noi siamo, delle persone umane; quando ci nutriamo, invece nell’Eucarestia avviene il contrario. Avviene che la nostra vita viene resa sempre più simile a quella di Gesù. Siamo noi che gradualmente ci trasformiamo in Gesù.
Non che ci identifichiamo con Lui , ma la nostra vita diventa sempre più simile a quella di Gesù: in questo c’è la santità.
In fondo cosa significa essere santi? Seguire Gesù, comportarci come si è comportato Gesù. Assumere i suoi criteri di giudizio, come criteri delle nostre scelte, fare nostre le sue scelte. Avere una spiritualità eucaristica significa avere una spiritualità che coltiva una perenne comunione con il Signore Gesù, nella consapevolezza che nell’amore di Dio, che ci viene a noi dato da Gesù, c’è tutta la nostra gioia, c’è tutta la nostra pace.
Mi rendo conto, che quello che vi ho detto stasera sono solo brevi accenni che ciascuno di questi 5 elementi di spiritualità eucaristica, che erano degni di essere trattati con più ampiezza, però voi siete persone molto sensibili. Avete capito con questi brevi tratti che vi ho donato, che davvero è importante alimentare una spiritualità proprio alla luce di quel elemento che caratterizza la vostra associazione.
Dal momento che la vostra associazione si ritrova intorno all’Eucarestia, ho pensato di proporvi una meditazione che facesse perno sull’Eucarestia, e che dalla contemplazione dell’Eucarestia facesse derivare alcune linee di comportamento corrispondente al mistero che viene adorato.
Per concludere alimentare una spiritualità eucaristica significa:
- Saper cogliere nelle vicende della vita personale, sociale, familiare le tantissime manifestazioni dell’amore di Dio, ed essere capaci di dire: Grazie Signore
- Essere capaci di trasformare le vicende della vita personale in un’offerta, in un dono, in un’offerta come Gesù l’ha fatto della sua vita. Il mio e vostro sacrificio sia gradito a Dio
- Mettersi sotto la Signoria dello Spirito Santo, lasciarsi guidare dallo Spirito di Dio non dalla cultura del nostro tempo, non da quel signorotto di turno, non da ideologie. Lo Spirito Santo parla attraverso la Chiesa, ma parla anche attraverso la nostra coscienza.
- Essere promotori di Unità, lavorare per l’unità che è opera di Dio. La separazione è diabolica.
(In greco , diavolo significa colui che divide. Noi che vogliamo essere persone di Dio dobbiamo essere persone che uniscono . Nell’unità c’è la pace).
- Vivere una vita di intesa e comunione con Dio, nel tentativo permanente, anche se passa attraverso le incertezze, assimilare la propria vita a quella di Gesù. In questo sta la santità.

Publié dans:immagini sacre |on 19 septembre, 2013 |Pas de commentaires »

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