Murillo, Nascita di Maria

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8 SETTEMBRE : NATIVITA’ DELLA BEATA VERGINE MARIA
1. Dalla Esortazione apostolica sul culto mariano di papa Paolo VI. – Marialis cultus,16-23. AAS 66(1974)128-134.
Vogliamo approfondire un aspetto particolare dei rapporti intercorrenti tra Matria e la liturgia, vale a dire: Maria quale modello dell’atteggiamento spirituale con cui la Chiesa celebra e vive i divini misteri. L’esemplarità della beata Vergine in questo campo deriva dal fatto che ella è riconosciuta eccellentissimo modello della Chiesa nell’ordine della fede, della carità e della perfetta unione con Cristo, cioè di quella disposizione interiore con cui la Chiesa, sposa amatissima, strettamente associata al suo Signore, lo invoca e, per mezzo di lui, rende il culto all’eterno Padre.
Maria è la Vergine in ascolto, che accoglie la parola di Dio con fede; e questa fu per lei premessa e via alla maternità divina poiché, come intuì sant’Agostino, « la beata Maria colui che partorì credendo, credendo concepì ». La fede fu per lei causa di beatitudine e fonte di certezza circa l’adempimento della promessa: E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore. ( Sal 49,14 ) Con la fede, Maria, protagonista e testimone singolare dell’incarnazione, ritornava sugli avvenimenti dell’infanzia di Cristo, raffrontandoli tra loro nell’intimo del suo cuore.
Questo fa anche la Chiesa, soprattutto nella sacra liturgia: con fede ascolta, accoglie, proclama, venera la parola di Dio, la dispensa ai fedeli come pane di vita e alla sua luce scruta i segni dei tempi, interpreta e vive gli eventi della storia.
2. Maria è, altresì, la Vergine in preghiera. Cosi ella appare nella visita alla madre del Precursore, in cui effonde il suo spirito in espressioni di glorificazione a Dio, di umiltà, di fede, di speranza: tale è il Magnificat, preghiera per eccellenza di Maria, il canto dei tempi messianici, nel quale confluiscono l’esultanza dell’antico e del nuovo Israele.
Come infatti sembra suggerire sant’Ireneo,nel cantico di Maria confluì il tripudio di Abramo che presentiva il Messia e risuonò, profeticamente anticipata, la voce della Chiesa: « Nella sua esultanza Maria proclamava profeticamente a nome della Chiesa: L’anima mia magnifica il Signore ( Lc1,46-55 ) Infatti, il cantico della Vergine, dilatandosi, è divenuto preghiera di tutta la Chiesa in tutti i tempi.
Vergine in preghiera appare Maria a Cana dove, manifestando al Figlio con delicata implorazione una necessità temporale, ottiene anche un effetto di grazia: che Gesù, compiendo il primo dei suoi « segni », confermi i discepoli nella fede in lui.
3. Anche l’ultimo tratto biografico su Maria ce la presenta orante: gli Apostoli erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui ( At 1,146.): presenza orante di Maria nella Chiesa nascente e nella Chiesa di ogni tempo, poiché ella, assunta in cielo, non ha deposto la sua missione di intercessione e di salvezza.
Vergine in preghiera è anche la Chiesa, che ogni giorno
presenta al Padre le necessità dei suoi figli, loda il Signore incessantemente e intercede per la salvezza del mondo.
Maria è ancora la Vergine Madre, cioè colei che per la sua fede e la sua obbedienza generò sulla terra lo stesso Figlio del Padre, senza contatto con uomo, ma adombrata dallo Spirito Santo: prodigiosa maternità, costituita da Dio quale tipo e modello della fecondità della Vergine Chiesa la quale diventa anch’essa madre, poiché con la predicazione e con il battesimo genera a vita nuova e immortale i figli, concepiti per opera dello Spirito Santo e nati da Dio.
4. Giustamente gli antichi Padri insegnavano che la Chiesa prolunga nel sacramento del battesimo la maternità verginale di Maria.
Tra le loro testimonianze ci piace ricordare quella di san Leone Magno, il quale afferma: « L’origine che Cristo ha preso nel grembo della Vergine, l’ha posta nel fonte battesimale: ha dato all’acqua quel che aveva dato alla Madre; difatti la virtù dell’Altissimo e l’adombramento dello Spirito Santo, che fece si che Maria desse alla luce il Salvato re, fa anche si che l’acqua rigeneri il credente ».
Volendo attingere alle fonti liturgiche, potremmo citare la bella preghiera della liturgia ispanica: « Maria portò la Vita nel grembo, la Chiesa la porta nell’onda battesimale. Nelle membra di quella fu plasmato il Cristo, nelle acque di questa fu rivestito il Cristo ».
Maria è, infine, la Vergine offerente. Nell’episodio di Gesù presentato al tempio, la Chiesa guidata dallo Spirito ha scorto, al di la dell’adempimento delle leggi riguardanti l’oblazione della madre, un mistero salvifico, relativo appunto alla storia della salvezza.
5. Nell’episodio della presentazione di Gesù al tempio, la Chiesa ha rilevato la continuità dell’offerta fondamentale che il Verbo incarnato fece al Padre, entrando nel mondo; ha visto proclamata l’universalità della salvezza, poiché Simeone, salutando nel bambino la luce per illuminare le genti e la gloria di Israele, riconosceva in lui il Messia, il Salvatore di tutti; la Chiesa ha inteso il riferimento profetico alla passione di Cristo, giacché le parole di Simeone, le quali congiungevano in un unico vaticinio il Figlio, segno di contraddizione, e la Madre, a cui la spada avrebbe trafitto l’anima, si avverarono sul Calvario. Mistero di salvezza, dunque, che nei suoi vari aspetti orienta l’episodio della presentazione al tempio verso l’evento salvifico della croce. Ma la Chiesa stessa, soprattutto nel medioevo, ha intuito nel cuore della Vergine, che porta il Figlio a Gerusalemme per presentarlo al Signore, una volontà oblativa che superava il senso ordinario del rito.
Di tale intuizione abbiamo testimonianza nell’affettuosa apostrofe di san Bernardo: « Offri il tuo Figlio, o Vergine santa, e presenta al Signore il frutto benedetto del tuo seno. Offri per la riconciliazione di noi tutti la vittima santa, a Dio gradita ».
6. Quest’unione della Madre con il Figlio nell’opera della redenzione raggiunge il culmine sul Calvario, dove Cristo offri se stesso senza macchia a Dio. ( Eb 9,14 ) e dove Maria stette presso la croce soffrendo profondamente con il suo unico Figlio e associandosi con animo materno al sacrificio di lui, amorosamente consenziente all’immolazione della vittima da lei generata e offrendola anch’ella all’eterno Padre.
Al fine di perpetuare nei secoli il sacrificio della croce il divin Salvatore istitui il Sacrificio eucaristico, memoriale della sua morte e risurrezione, e lo affidò alla Chiesa, sua sposa. La Chiesa, soprattutto la domenica, convoca i fedeli per celebrare la pasqua del Signore, finché egli ritorni. La Chiesa compie ciò in comunione con i santi del cielo, e prima di tutto con la beata Vergine, della quale imita la carità ardente e la fede incrollabile.
7. Modello di tutta la Chiesa nell’esercizio del culto divino, Maria è anche evidentemente maestra di vita spirituale per i singoli cristiani.
Ben presto i fedeli cominciarono a guardare a Maria per fare, come lei, della propria vita un culto a Dio e del loro culto un impegno di vita. Già nel IV secolo sant’Ambrogio parlando ai fedeli auspicava che in ognuno di essi fosse l’anima di Maria per glorificare Dio: « Dev’essere in ciascuno dei cristiani l’anima di Maria per magnificare il Signore; dev’essere in ciascuno il suo spirito per esultare in Dio ».
Maria, però, è soprattutto modello di quel culto che consiste nel fare della propria vita un’offerta a Dio: dottrina antica, perenne, che ognuno può riascoltare, ponendo mente all’insegnamento della Chiesa, ma anche porgendo l’orecchio alla voce stessa della Vergine, allorché ella, anticipando in se la stupenda domanda della preghiera del Signore Sia fatta la tua volontà »( Mt 6,10 ) rispose al messaggero di Dio: Sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto. ( Lc 1,38 )
E il « si » di Maria è per tutti i cristiani lezione ed esempio per fare dell’obbedienza alla volontà del Padre la via e il mezzo della propria santificazione.
8. E’ importante, d’altra parte, osservare come la Chiesa traduca i molteplici rapporti che la uniscono a Maria in vari ed efficaci atteggiamenti cultuali: in venerazione profonda, quando riflette sulla singolare dignità della Vergine, divenuta, per opera dello Spirito, Madre del Verbo incarnato; in amore ardente, quando considera la maternità spirituale di Maria verso tutte le membra del Corpo mistico; in fiduciosa invocazione, quando esperimenta l’intercessione della sua avvocata e ausiliatrice; in servizio di amore, quando scorge nell’umile serva del Signore la regina di misericordia e la madre di grazia; in operosa imitazione, quando contempla la santità e le virtù della piena di grazia; ( Lc 1,28) in commosso stupore, quando vede in lei, come in un’immagine purissima, ciò che essa tutta desidera e spera di essere; in attento studio, quando ravvisa nella cooperatrice del Redentore, ormai pienamente partecipe dei frutti del mistero pasquale, il compimento profetico del suo stesso avvenire, fino al giorno in cui, purificata da ogni ruga e da ogni macchia, diverrà come una sposa ornata per lo sposo, Gesù Cristo.
9. dal vangelo secondo matteo. 1,1-16
Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo.
DAI DISCORSI DI UGO DI SAN VITTORE.
SERMO 34. PL 177,980-981.
Chi è costei che sorge come I’aurora .( Ct 6,10 ) Fratelli, la Vergine Maria può essere paragonata all’aurora che mette fine alla notte, perché i secoli che l’avevano preceduta erano stati tenebrosi. Maria è la vera precorritrice della luce della grazia, è l’astro che annunzia il sole di giustizia, il quale nascerà dal suo grembo.
Tutto il tempo che intercorse dalla caduta di Adamo alla nascita di Maria fu proprio un interminabile buio, una lunga, fonda, gelida notte. Tuttavia, a volte un astro sorgeva a rischiarare quei tempi: furono i santi patriarchi e profeti, che illuminarono con le loro virtù l’ignoranza di quel popolo.
Ma quei raggi svanirono al sorgere dell’aurora, perché rispetto alla beata Vergine, i santi che la precedono sono poveri barlumi. Che cosa valgono in confronto della santità di Maria l’innocenza di Abele, la giustizia di Noè, la fede di Abramo, la pazienza di Isacco, il coraggio di Giacobbe? La continenza di Giuseppe, la mansuetudine di Mosè, la forza di Giosué, la carità di Samuele, l’umiltà di Davide, lo zelo di Elia, l’astinenza di Daniele, l’eminente santità di Giovanni e le virtù degli altri santi impallidiscono di fronte alla Madre di Dio.
La Vergine Maria è l’aurora fulgidissima, il cui splendore magnifico oscura quello degli antichi padri.
10. Poco dopo la venuta al mondo di Maria, aurora lucentissima, nacque da lei il sole di giustizia, Cristo nostro Dio, che scacciò le tenebre e illuminò l’universo. Allora il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce. ( Is 9,1)
Cristo ha illuminato il mondo con la sua nascita, il suo vangelo, i suoi miracoli, la sua passione e risurrezione, le apparizioni, l’ascensione e l’invio dello Spirito Santo.
Fratelli, la notte è avanzata.. il giorno e vicino. Gettiamo via perciò le opere delle tenebre. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno. ( Rm 13,12.13 )
Non dimentichiamo di invocare l’intercessione di Maria, perché i suoi meriti e le sue preghiere ci ottengano la luce perenne del Sole di giustizia. Esso brilli su di noi senza conoscere tramonto, così come il sole materiale che si fermò a Gabaon, finché Giosué non si fu vendicato dei nemici. Cristo sia sempre con noi, come ci ha promesso, sino alla fine dei tempi, per debellare tutti i nostri nemici e donarci troni nel cielo.
11. SULLA NATIVITÀ DELIA MADRE DI DIO DI SAN TEODORO STUDITA.
HOMILIA II IN NATIVITATEM B.V.MARIAE,4.7. PG 96,683-686.690.
Che c’è di più puro e di più irreprensibile della Vergine Maria? Dio amo talmente questa luce cosi intensa e cosi pura, da unirsi sostanzialmente a lei, per opera dello Spirito Santo e da lei nascere, come uomo perfetto, senza ne mutamenti ne confusione delle proprietà.
Quale prodigio! Nel suo immenso amore per gli uomini, Dio non si è vergognato di prendere come Madre la propria ancella. Inaudita condiscendenza del Signore! Nella sua sconfinata bontà, egli non esitò a diventare figlio di colei che lui stesso aveva modellato.
Dio era talmente invaghito della più incantevole fra le sue creature che abbracciò colei che supera in dignità le stesse potenze del cielo. Di lei il profeta Zaccaria afferma: Gioisci, esulta, figlia di Sion, perché, ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te. ( Zc 2,14 )
Ma anche il beato Gioele mi sembra che proclami più o meno la stessa cosa di Maria: Non temere, terra, ma rallegrati e gioisci, poiché cose grandi ha fatto il Signore.( GI 2,21 )
12. Maria è la terra sulla quale colui che ha fondato la terra sulle sue basi ( Sal 103,5 ) viene plasmato nella carne, per opera dello Spirito Santo. Maria è la terra che, senza essere stata seminata, fa schiudere il frutto che da a ognuno il nutrimento.
Maria è la terra dalla quale non è nata la spina del peccato; al contrario, questo è stato da lei espulso grazie al suo germoglio. Maria non è la terra che fu maledetta come la prima, i cui frutti sono pieni di triboli e spine; su di lei invece si è posata la benedizione del Signore e il frutto del suo seno è benedetto.
Ave, o luogo del Signore, terra che Dio ha sfiorato con i suoi passi. Tu hai contenuto nella tua carne colui che come Dio sfugge a ogni limite spaziale. Da te quegli che è semplice è nato composto; l’eterno è entrato nel tempo, l’infinito si è lasciato circoscrivere. Ave, casa di Dio, dimora che brilla di splendori divini.
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IL PANE E LA BIBBIA: IL PANE È LA PACE
Nell’ambito del Festival del Pane di Prato, domenica 9 giugno, alle ore 10,30, nella Sala rossa del Palazzo vescovile, Elena Giannarelli (docente di Letteratura cristiana antica all’Università di Firenze) terrà una conferenza su «Il pane nella Bibbia»: «’Presto, prendi la farina e impastala’. Dall’Antico al Nuovo Testamento, dalla focaccia al pane». All’incontro, organizzato da Toscana Oggi, parteciperà anche Pasquale Mauro, del Forno del Ponte (nella zona di San Giusto a Prato) che da qualche anno propone il « Pan biblico » di cui farà omaggio ai partecipanti. Ecco un’anticipazione dei temi che verranno trattati nell’incontro.
I grandi poeti e gli storici dell’antichità classica hanno spesso sottolineato l’importanza del pane, alimento la cui presenza si perde davvero nella notte dei tempi, come l’archeologia ha poi confermato. Nei miti dei greci e dei latini, addirittura gli dei avrebbero insegnato agli uomini come fabbricarlo: per gli Elleni Demetra, madre della terra feconda e delle messi, ne era alle origini; secondo i Romani ci vollero addirittura due abitanti dell’Olimpo per inventarlo: Cerere, divinità del frumento e Pan che insegnò a cuocerlo. Il pane si chiama panis in latino e quindi pane da noi, pain in francese e pan in spagnolo proprio per la sua origine legata al dio di questo nome. E’ una significativa paraetimologia.
In realtà, il sostantivo greco che vale pane «artos» è da mettersi in relazione con la radice «ard», «farina» in persiano e con «arta», dallo stesso significato in iraniano. La farina di cereali cotta appartiene dunque a civiltà antichissime; inoltre per il latino panis gli studiosi pensano ad una connessione con il verbo pasco, «nutrire, mantenere, alimentare».
In ebraico, lehem significa «nutrimento»: i figli di Adamo chiamavano così il pane, l’alimento per eccellenza e il più comune, indispensabile alla vita. Da spezzare, non da tagliarsi, per il rispetto di cui doveva essere oggetto.
Nella Bibbia appare strettamente legato alla fatica del lavoro, in seguito al peccato dell’uomo: «Mangerai il pane col sudore del tuo volto» (Genesi 3,19). Da quel momento abbondanza o penuria di questo alimento saranno segno della benedizione o del castigo di Dio: in Esodo 16, 1-36 il cammino del popolo ebraico nel deserto sarà scandito dalla pioggia di manna, il pane dal cielo, in quantità sufficiente per ciascuno: quanta ognuno ne potrà mangiare.
In Deuteronomio 8,3 si legge: «Dio ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca di Dio».
Nel suo significato concreto e simbolico, allora, il pane è un dono dall’alto, da chiedere con umiltà e da aspettare con fiducia: proprio per questo suo stretto rapporto con Dio diventa immagine della sapienza: in Proverbi 9,5 essa invita: «Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che vi ho preparato». Nello stesso libro al cap. 17,1 si afferma: «Un tozzo di pan secco con tranquillità è meglio di una casa piena di banchetti festosi e di disordine». Il Siracide 29,28 afferma: «Indispensabili alla vita sono l’acqua, il pane, il vestito, una casa che serva da riparo».
Il tutto però non deve rimanere legato alla dimensione egoistica del singolo: in Deuteronomio 10,17-18 il Signore Dio di Israele è il «dio grande, forte, terribile, che non usa parzialità e non accetta regali, rende giustizia all’orfano e alla vedova, ama il forestiero e gli dà pane e vestito». Il viandante viene accolto e sfamato: alle querce di Mamre (Genesi 18,1-8) Abramo chiede a Sara di impastare la farina e farne focacce per i tre uomini appena arrivati.
Se il profeta Eliseo moltiplicò i pani per sfamare la gente (2Re 4,42ss), se Geremia 31,12 dipinge una dimensione escatologica caratterizzata dall’abbondanza di grano, mosto ed olio, il pane era parte integrante da sempre della liturgia ebraica. Si può richiamare Levitico 24, 5-9 , con le dodici focacce di fior di farina, a indicare le tribù di Israele, poste sulla tavola d’oro puro davanti al Signore; in Esodo 12,15-20 il pane della Pasqua, all’inizio del nuovo anno, sarà pane azzimo, in ricordo della liberazione, quando la fretta di uscire dall’Egitto aveva impedito di far fermentare la pasta.
Questo e molto altro ancora, per l’Antico Testamento. Il Nuovo fa sue molte di queste antiche idee, a cominciare dalla necessità della carità. Gesù di Nazaret moltiplica pani e pesci, per indicare agli apostoli, che volevano congedare la folla perché ognuno provvedesse a se stesso, quale fosse in realtà il loro dovere. «Date loro voi stessi da mangiare» (Matteo 14, 13-21). Non è un caso che la parola «compagno» sia etimologicamente legata alla fraterna condivisione del pane (cum+panis). Non meraviglia quindi che al padre comune si chieda «Dacci oggi il nostro pane quotidiano» e che sia Gesù stesso ad insegnare che i figli devono attendere tutto dal padre con fiducia (Matteo 6,11). Il dovere di lavorare per mangiare è ripresa dell’antica prescrizione di Genesi; la consapevolezza che il vero nutrimento sia la parola di Dio, vero pane, è affermato dallo stesso Signore nella prima delle tentazioni. Così diventa logico, sia pure nella sua sconvolgente realtà, che Gesù stesso si faccia e si dica «pane»: come parola (Logos) e come carne del sacrificio; e il vino si faccia sangue nella eucarestia. In Giovanni 6,48-51, dopo la moltiplicazione dei pani, si legge: «Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
E l’eucarestia sarà il sacramento dell’unità dei fedeli e dell’unità della Chiesa.
Gli scrittori ecclesiastici e i Padri della Chiesa rifletteranno a lungo sul pane e sulle sue valenze. Il martire Ignazio di Antiochia scrive ai Romani perché non facciano niente per evitargli il martirio: «Lasciate che io sia pasto per le belve, per mezzo delle quali mi è possibile raggiungere Dio. Sono il frumento di Dio e macinato dai denti delle fiere per diventare pane puro di Cristo» (Lettera ai Romani 4,1-2).
Il grande Agostino, dal canto suo, fa suoi tutti i significati del pane fin qui emersi. Nel De civitate Dei 17,4,4 lo identifica nella Scrittura, primo nutrimento dell’uomo. Fa tuttavia anche un passo ulteriore e in un Sermone (357,2) del maggio 411 istituisce un parallelismo fra la pace e il pane. «Basta che tu ami la pace ed essa istantaneamente è con te. La pace è un bene del cuore e si comunica agli amici, ma non come il pane. Se vuoi distribuire il pane, quanto più numerosi sono quelli per cui lo spezzi, tanto meno te ne resta da dare. La pace invece è simile al pane del miracolo, che cresceva nelle mani dei discepoli mentre lo spezzavano e lo distribuivano».
L’attualità della Bibbia e dei Padri non finirà mai di stupirci.
Elena Giannarelli