PAOLO E I COLORI DELL’INFINITO
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PAOLO E I COLORI DELL’INFINITO
suor Maria Pia Giudici
Chi ha detto che l’icona è una finestra aperta sull’infinito sa bene quanto sia importante, oggi, cogliere il tralucere dell’infinito attraverso una narrazione che non è di parole, ma appunto d’icone. Perché la banalizzazione delle immagini, in una società dove il re denaro regola le leggi della vita subordinandole a quelle del supermercato, diventa anche spesso banalizzazione del sacro, del nostro stesso rapporto con Dio.
È dunque di grande importanza, in un anno dedicato a S. Paolo, comunicare quel che di folgorante è nella figura dell’apostolo delle genti, raccontando la sua stessa vita attraverso una serie d’icone in cui traluce l’infinito del Suo Amore per Dio e per quanti a Dio egli ha condotto.
Il racconto si snoda dentro lo stile dell’iconografia, che è profondo, spirituale e pacato nello stesso tempo. Il pathos del martirio di Stefano (a cui Paolo assiste come ebreo persuaso della necessità di perseguitare i cristiani), la drammaticità dell’episodio-fulcro della vita di Paolo che è il suo venir disarcionato da cavallo mentre è colpito da quella Parola «Io sono Gesù che tu perseguiti»: tutto questo le icone raccontano, lasciando tralucere la divina irruzione della “chiamata”. Essa fa, del persecutore Paolo, l’uomo nuovo, il “vaso d’elezione” colmo di Spirito Santo, colui che potrà dire di sé: «Il mio vivere è Cristo» ritmando i propri giorni dentro l’esperienza delle persecuzioni e di folle sempre più numerose da evangelizzare.
Davvero Paolo «vien posto come luce per le genti» e Dio stesso si compiace di rivelargli il mistero del Figlio Unigenito che egli, è chiamato ad annunciare ai pagani. Nel discorso forte e luminoso dell’icona, diventa eloquente questo aspetto della vita di Paolo.
Ebreo di nascita, raffinato cultore del Primo Testamento, non rinnega né la circoncisione né gli scritti di Mosè e dei Profeti, ma, quando è afferrato da Cristo Gesù, succede qualcosa che la luce, i colori, le forme dell’icona vengono esprimendo.
Un superamento (non una cancellazione!) è in atto. Come dice Andrè Choraqui, un grande pensatore ebreo dei nostri giorni: «In lui non c’è più né giudeo né greco, né uomo né donna, né libero né schiavo, né ricco né povero. Tutto, in lui, è “uno” per il miracolo dell’amore crocifisso di cui Gesù rappresenta la perfetta incarnazione»1.
Il susseguirsi delle icone scandisce un crescendo della vita di Paolo che diventa sempre più quella di un uomo capace di compiere prodigi (a Listra risana il paralitico) e di sopportare le sassate (pure a Listra viene colpito a sangue con pietre).
Anche l’itineranza apostolica di Paolo viene narrata dalle icone. Samotracia, la Macedonia e perfino Atene, la più rappresentativa sede della raffinata cultura greca, divengono tappa del percorso di evangelizzazione.
« Tralucere l’Infinito – Vita e Teologia dell’Apostolo Paolo »
Roma, Santuario del Divino Amore, 20-28 giugno 2009
Bovalino, 26 luglio – 2 agosto
Eremo di Montestella (Pazzano), 6-20 agosto
Caulonia, Chiesa S. Maria dei Minniti, 25-29 agosto
Un’esperienza d’arte e di fede
di suor Renata Bozzetto e suor Rossana Leone
Ringraziamenti
Dalla Calabria, una pastorale della bellezza
Il messaggio del Vescovo di Locri-Gerace
L’Icona e la gente di Calabria
tra storia e spiritualità
di Gianni Carteri
L’Icona e il riflesso dorato del Sud
di Diego Andreatta
L’Icona ‘dice’ la Parola
di Alessandra Trinca
PAOLO E I COLORI DELL’INFINITO
di suor Maria Pia Giudici
Traluce lo splendore di una vita permeata dall’amore di Cristo nella bellezza dell’icona che rivela un Paolo dove il lavoro è ancora a misura del suo essere uomo: un uomo dove l’evangelizzazione non cancella la comune fatica di chi si guadagna il pane con il proprio impegno lavorativo, e dove l’impegno artigianale non soffoca e avvilisce l’ardore dell’annunciare Cristo; anzi serve ad armonizzare le persone a misura dell’uomo vero, sano di mente e di cuore.
Nella casa Paolo spezza il pane eucaristico e quello che sostenta il corpo alimentando la fraternità.
A Troade Paolo risuscita un ragazzo, Eutico, rassicurando i parenti: «Non vi turbate, è ancora in vita».
L’invidia e la gelosia però sono in agguato contro l’operato di Paolo che, pure fra le lacrime, non cessa di esortare i neo-cristiani.
La vita gli è dura. I suoi avversari si presentano al governatore per accusarlo, ma un angelo, nottetempo, lo incoraggia a “non temere” esortandolo a «comparire davanti a Cesare».
L’apostolo delle genti affronta il mare e giunge a Roma, dove gli è concesso «di abitare per suo conto ma con i soldati di guardia».
Con l’icona che s’intitola «Ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede» gli splendidi colori proclamano quel tralucere d’infinito che irradia dalla consapevolezza di Paolo che, come dice l’ultima icona rappresentante il volto dell’apostolo, è l’uomo pienamente «conquistato da Gesù Cristo».
Il susseguirsi delle icone ci offre poi altri coinvolgimenti che portano in profondità la nostra riflessione sulla vita di Paolo.
La relazionalità di Paolo, che è una cosa sola con l’urgenza del suo ardere comunicando fuoco d’amore, viene espressa nel presentare Lidia, la donna ospitale, Iunia e Andronico, Barnaba suo collaboratore, Timoteo suo figlio spirituale e continuatore del suo operare.
E infine, il racconto iconografico, ci offre alcuni fondamentali aspetti della personalità di Paolo: il buon soldato di Cristo che come il Maestro deve lottare contro il male, l’atleta che entra fino in fondo nelle regole del giocarsi la vita per Cristo, l’agricoltore che si affatica perché la terra del suo evangelizzare porti frutto, ed infine ancora due altri traguardi di forme e colori per esaltare Paolo figlio di Dio nella fede di Cristo Crocifisso – Risorto; Paolo, la cui vita è la Parola di Cristo vivo.
Infine è nel fuoco e nel vento di Pentecoste che lo Spirito Santo stesso si fa garante di una santità che è tralucere d’infinito anche per noi, oggi, in cammini di autenticità umana e cristiana, su sentieri di comunione e di pace.

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