Archive pour le 31 mai, 2013

Feast of the Visitation of the Blessed Virgin Mary (mosaic)

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31 MAGGIO: VISITAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA (f) – UFFICIO DELLE LETTURE

31 MAGGIO: VISITAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA (f)

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dal Cantico dei cantici 2, 8-14; 8, 6-7

La visita del Diletto
Una voce! Il mio diletto!
Eccolo, viene
saltando per i monti,
balzando per le colline.
Somiglia il mio diletto a un capriolo
o ad un cerbiatto.
Eccolo, egli sta
dietro il nostro muro;
guarda dalla finestra,
spia attraverso le inferriate.
Ora parla il mio diletto e mi dice:
«Alzati, amica mia,
mia tutta bella, e vieni!
Perché, ecco, l’inverno è passato,
è cessata la pioggia, se n’è andata;
i fiori sono apparsi nei campi,
il tempo del canto è tornato
e la voce della tortora ancora si fa sentire
nella nostra campagna.
Il fico ha messo fuori i primi frutti
e le viti fiorite spandono fragranza.
Alzati, amica mia,
mia tutta bella, e vieni!
O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia,
nei nascondigli dei dirupi,
mostrami il tuo viso,
fammi sentire la tua voce,
perché la tua voce è soave,
il tuo viso è leggiadro.
Mettimi come sigillo sul tuo cuore,
come sigillo sul tuo braccio;
perché forte come la morte è l’amore,
tenace come gli inferi è la gelosia:
le sue vampe sono vampe di fuoco,
una fiamma del Signore!
Le grandi acque non possono spegnere l’amore
né i fiumi travolgerlo.
Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa
in cambio dell’amore, non ne avrebbe che dispregio».

Seconda Lettura
Dalle «Omelie» di san Beda il Venerabile, sacerdote
(Lib. 1, 4; CCL 122, 25-26, 30)

Maria magnifica il Signore che opera in lei
«L’anima mia magnifica il Signore ed il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore» (Lc 1, 46). Con queste parole Maria per prima cosa proclama i doni speciali a lei concessi, poi enumera i benefici universali con i quali Dio non cessò di provvedere al genere umano per l’eternità.
Magnifica il Signore l’anima di colui che volge a lode e gloria del Signore tutto ciò che passa nel suo mondo interiore, di colui che, osservando i precetti di Dio, dimostra di pensare sempre alla potenza della sua maestà.
Esulta in Dio suo salvatore, lo spirito di colui che solo si diletta nel ricordo del suo creatore dal quale spera la salvezza eterna.
Queste parole, che stanno bene sulle labbra di tutte le anime perfette, erano adatte soprattutto alla beata Madre di Dio. Per un privilegio unico essa ardeva d’amore spirituale per colui della cui concezione corporale ella si rallegrava. A buon diritto ella poté esultare più di tutti gli altri santi di gioia straordinaria in Gesù suo salvatore. Sapeva infatti che l’autore eterno della salvezza, sarebbe nato dalla sua carne, con una nascita temporale e in quanto unica e medesima persona, sarebbe stato nello stesso tempo suo figlio e suo Signore.
«Cose grandi ha fatto a me l’onnipotente e santo è il suo nome».
Niente dunque viene dai suoi meriti, dal momento che ella riferisce tutta la sua grandezza al dono di lui, il quale essendo essenzialmente potente e grande, è solito rendere forti e grandi i suoi fedeli da piccoli e deboli quali sono. Bene poi aggiunse: «E Santo è il suo nome», per avvertire gli ascoltatori, anzi per insegnare a tutti coloro ai quali sarebbero arrivate le sue parole ad aver fiducia nel suo nome e a invocarlo. Così essi pure avrebbero potuto godere della santità eterna e della vera salvezza, secondo il detto profetico: «Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato» (Gl 3, 5).
Infatti è questo stesso il nome di cui sopra si dice: «Ed esultò il mio spirito in Dio, mio salvatore».
Perciò nella santa Chiesa è invalsa la consuetudine bellissima ed utilissima di cantare l’inno di Maria ogni giorno nella salmodia vespertina. Così la memoria abituale dell’incarnazione del Signore accende di amore i fedeli, e la meditazione frequente degli esempi di sua Madre, li conferma saldamente nella virtù. Ed è parso bene che ciò avvenisse di sera, perché la nostra mente stanca e distratta in tante cose, con il sopraggiungere del tempo del riposo si concentrasse tutta in se medesima.

OMELIA PER IL CORPUS DOMINI – T’ADORIAMO OSTIA DIVINA, T’ADORIAMO OSTIA D’AMORE

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/18659.html

OMELIA – PADRE ANTONIO RUNGI

T’ADORIAMO OSTIA DIVINA, T’ADORIAMO OSTIA D’AMORE

Celebriamo oggi la Solennità del Corpus Domini che per antica tradizione è la festa più importante e sentita della cristianità circa il culto eucaristico. Il centro della vita di ogni cristiano è la SS.Eucaristia, sia come celebrazione del memoria della pasqua del Signore, sia come partecipazione alla mensa eucaristica ed al banchetto del cielo che la SS.Eucaristia anticipa sacramentalmente.
Intorno a questa festa si sono sviluppate importanti manifestazioni di culto e di fede, che, soprattutto in alcune comunità conservano la loro freschezza, validità, incisività nella vita spirituale dei cristiani. Parliamo della Processione del Corpus Domini che in questa giornata si svolge in tutte le nostre comunità, ove la solennità la si festeggia di Domenica. Alla scuola della SS.Eucaristia si sono formati i santi che oggi vengono riproposti come modelli di vita per quanti sentono nel loro cuore l’urgenza di una vera comunione con il Signore e nel Signore con tutti i nostri fratelli nella fede e nell’umanità. I bellissimi canti religiosi e liturgici dedicati all’Eucaristia costituiscono per se stessi una catechesi ed una lezione di spiritualità eucaristica. Tutti i santi attratti dal grande mistero della fede, che racchiude in sé la presenza in corpo, sangue, anima e divinità di nostro Signore Gesù Cristo, hanno scritto ed hanno composto canti in onore di Gesù Sacramentato. Dai Padri della Chiesa, ai grandi teologi, ai santi di ieri e di oggi. Ascoltando loro e leggendo i testi composti da chi davvero è stato attratto dall’Amore Eucaristico noi possiamo capire il senso di questa odierna celebrazione. Il classico canto che conosciamo tutti quanti « T’adoriamo, ostia divina » ci invita a rinnovare la nostra lode a Dio, il nostro grazie verso colui che ha dato la vita per noi, Gesù Cristo Redentore. Rinnoveremo questa lode al Signore anche quest’anno con il partecipare prima di tutto alla liturgia eucaristica e poi alla solenne processione del Corpus Domini, che è la madre di tutte le processioni che si svolgono nelle nostre città e nei nostri quartieri, in quanto a camminare per le strade della nostra vita quotidiana è lo stesso Cristo nel santissimo sacramento dell’altare. Non è l’immagine della Madonna e neppure di santi, non sono le icone del Cristo, della Vergine Santa e dei Santi, ma è Gesù stesso che passa per le nostre strade a benedire, confortare e consolare, ma anche a chiedere un impegno di vita cristiana che parta proprio dal culto eucaristico e che si sviluppi in questo orizzonte.

Il testo della sequenza che leggeremo oggi nella liturgia della santa messa ci immette nei contenuti teologici della SS.Eucaristia. « Questa è la festa solenne nella quale celebriamo la prima sacra cena. È il banchetto del nuovo Re, nuova Pasqua, nuova legge; e l’antico è giunto a termine. Cede al nuovo il rito antico, la realtà disperde l’ombra: luce, non più tenebra. Cristo lascia in sua memoria ciò che ha fatto nella cena: noi lo rinnoviamo. Obbedienti al suo comando, consacriamo il pane e il vino, ostia di salvezza. È certezza a noi cristiani: si trasforma il pane in carne, si fa sangue il vino. Tu non vedi, non comprendi, ma la fede ti conferma, oltre la natura. È un segno ciò che appare: nasconde nel mistero realtà sublimi. Mangi carne, bevi sangue; ma rimane Cristo intero in ciascuna specie. Chi ne mangia non lo spezza, né separa, né divide: intatto lo riceve. Siano uno, siano mille, ugualmente lo ricevono: mai è consumato. Vanno i buoni, vanno gli empi; ma diversa ne è la sorte: vita o morte provoca. Vita ai buoni, morte agli empi: nella stessa comunione ben diverso è l’esito! Quando spezzi il sacramento non temere, ma ricorda: Cristo è tanto in ogni parte, quanto nell’intero. È diviso solo il segno non si tocca la sostanza; nulla è diminuito della sua persona ».
La liturgia della parola è chiaramente tutta improntata ai testi eucaristici, a partire dalla prima lettura tratta dal libro della Gènesi, nella quale si parla del sacrificio offerto al Signore dal sacerdote Melkisedek. Testo di chiaro riferimento al mistero dell’eucaristia, che è sacrificio di lode e di ringraziamento.
La seconda lettura, tratta dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi, ci presenta il momento dell’istituzione dell’eucaristia e la trasmissione orale di questo grande avvenimento alla vigilia della passione di Cristo che si celebra nel cenacolo, alla quale anche Giuda, il traditore, prende parte. Forte richiamo a quale tipo di approccio spirituale abbiamo noi con l’Eucaristia. Con la sensibilità di Giovanni o l’indifferenza di Giuda? A vedere come ci si accosta alla SS.Eucaristia in molte chiese e soprattutto a livello personale dovremmo pensare davvero che l’Euacristia sta diventando la grande sconosciuta nella vita dei cristiani, a partire dagli stessi bambini che hanno fatto la prima comunione e dopo le feste e festiccine si domenticano facilmente dell’eucaristia e l’abbandonano immediatamente. Come è triste sapere che tanti bambini e giovani una volta ricevuto il sacramento vi si accostano raramente o per niente. I frutti di un approccio più positivo all’Eucaristia difficilmente lo recuperiamo. Giustamente allora l’Apostolo Paolo rammenta ai cristiani di Corinto questo fatto speciale: l’istituzione dell’eucaristia e del sacerdozio cattolico in quell’ultima memorabile cena di Dio tra noi.

Ma è soprattutto il Vangelo a far convergere l’attenzione sul mistero dell’eucaristia con il presentarsi la moltiplicazione dei pani che, come si sa nel Vangelo dice chiaro riferimento al mistero eucaristico. Dal Vangelo secondo Luca, ascoltiamo, infatti, il racconto della moltiplicazione dei pani e dei pesci.

Chiudiamo questa nostra riflessione sul Corpus Domini con quanto diremo nel Prefazio dell’Eucaristia che ci introduce nel mistero della transustanziazione del pane e del vino nel corpo e sangue di Gesù. Chi mangia questo cibo e beve questa bevanda ha la vita eterna e non va incontro al giudizio di condanna. « Nell’ultima cena con i suoi Apostoli, egli volle perpetuare nei secoli il memoriale della sua passione e si offrì a te, Agnello senza macchia, lode perfetta e sacrificio a te gradito. In questo grande mistero tu nutri e santifichi i tuoi fedeli, perché una sola fede illumini e una sola carità riunisca l’umanità diffusa su tutta la terra. E noi ci accostiamo a questo sacro convito, perché l’effusione del tuo Spirito ci trasformi a immagine della tua gloria ».

Accostiamoci spesso a questo sacro convinto soprattutto di domenica, nei tempi forti dell’anno liturgico e in tutte le feste e ricorrenze. Saremo felici davvero e per l’eternità, in quanto ricevendo il corpo del Signore noi siamo intimamente legati a Lui e lo amiamo davvero più della nostra stessa vita.

2 GIUGNO 2013 – CORPUS DOMINI – LECTIO DIVINA: LC 9,11B-17

http://www.donbosco-torino.it/ita/Domenica/03-annoC/annoC/12-13/05-Ordinario/Omelie/09-Corpus-Domini-2013/09-Corpus-Domini-2013_C-JB.html

2 GIUGNO 2013  | 9A DOM. : CORPUS DOMINI – T. ORDINARIO C  |  PROPOSTA DI LECTIO DIVINA

LECTIO DIVINA: LC 9,11B-17

Durante il suo ministero pubblico Gesù è stato, spesso, ospite e commensale: ha condiviso la fame dell’uomo e la sua sete di stare insieme. Dando da mangiare alle folle che lo avevano ascoltato, ha moltiplicato il poco pane e ha saziato il bisogno di quanti hanno creduto in Lui. Prima di saziare la loro fame di pane, aveva colmato il loro bisogno di Dio; ha solo dato ascolto al bisogno di chi lo aveva ascoltato. Il miracolo è una conseguenza dell’ascolto della Parola. Ed è significativo che per operare il portento Gesù facesse ricorso all’aiuto, piccolo ma non insignificante, dei suoi discepoli; per aver messo a sua disposizione il poco che avevano, videro come Gesù riusciva a soddisfare una moltitudine.
I cristiani devono apprendere dai gesti che ripetono, se vogliono realizzare il mandato del loro Signore, poiché nell’Eucaristia dovranno ripetere il suo gesto di prendersi cura della fame degli uomini dividendo loro il pane di Dio che è Cristo Gesù; e nessuno, che si riconosce discepolo, ha poco da dare, poiché basterà che offra ciò che ha.

In quel tempo, 11 b Gesu parlava alla folla del regno di Dio e guariva coloro che ne avevano bisogno.
12 Giunti a sera, i dodici vennero a lui e gli dissero:
« Congeda la folla, perché vada nei villaggi e nelle fattorie dei dintorni a trovare cibo e alloggio, perché siamo allo scoperto ».
13 Rispose: « Date loro voi stessi da mangiare ».
Essi gli dissero:
« Noi non abbiamo altro che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo a comprare i viveri per tutta questa gente » [15 Poiché essi erano circa cinquemila uomini]
Gesù disse ai suoi discepoli: « Dite loro di mettersi in gruppi di cinquanta »
Lo fecero, e tutti si sistemarono.
16 Gesù prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione su di loro, li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero alla gente. 17 Tutti mangiarono a sazietà, e raccolsero gli avanzi: dodici canestri.
 1. LEGGERE: capire quello che dice il testo facendo attenzione a come lo dice
Anche se il testo narra di un miracolo, il racconto è centrato su un dialogo tra Gesù e i suoi discepoli. Il miracolo avrà la folla come beneficiaria, ma questa non lo aveva chiesto: si era solo, innanzitutto, lasciata annunciare il Regno e si era fatta guarire da Gesù; poi sarà servita dai discepoli. Gesù soddisfa la fame solo di quanti hanno ascoltato il suo messaggio. E il pane che non era stato nemmeno desiderato, diventa puro dono, e in abbondanza.
Gesù mantiene l’iniziativa per tutto l’episodio, meno che all’inizio della conversazione con i suoi discepoli. Loro avrebbero voluto sbarazzarsi delle persone, una volta evangelizzate. E per una buona ragione: avevano cibo solo per loro. Avevano, sì, buoni sentimenti: avevano preso in considerazione la possibilità di acquistare per tante persone. Con quali soldi? Qui la loro obbedienza, più che la loro povertà, è il « supporto » del miracolo: più che mettere a disposizione quel poco che avevano, si sono messi loro a disposizione di Gesù e della folla. Senza questo cambiamento di atteggiamento non ci sarebbe stato alcun miracolo.
Il prodigio si accentua soltanto alla fine. Il cibo miracoloso è narrato come un pasto eucaristico. Per il narratore esiste un alimento che sazia veramente e non si può perdere: il pane benedetto da Gesù e distribuito dai suoi discepoli.
 2. MEDITARE: applicare alla vita quello che dice il testo!
Il mistero che oggi motiva la nostra festa è, senza dubbio, fondamentale per la nostra vita di fede. Come ogni mistero della fede, nasconde una straordinaria storia d’amore: Cristo Gesù non si limitò a dare la sua vita per noi, oltre ad aver vissuto in mezzo a noi; cercò, in più, il modo di rimanere, in sua assenza, in corpo e anima, a nostra disposizione. Solo un amore divino giunge ad essere così fantasioso! Solo la potenza di Dio può essere così onnipotente! Chi ci aveva amato tanto da dare la vita per noi, continua ad amarci tanto da rimanere a nostra disposizione; nel pane e nel vino eucaristico Cristo è a disposizione della nostra fame e del nostro bisogno.
Oggi, Corpus Domini, celebriamo e ringraziamo questa volontà di Gesù di fare l’impossibile – e questo è quello che ha fatto – riuscendo a diventare il nostro cibo normale, solo per esserci di aiuto e di sostegno nella vita quotidiana.
E’ proprio questo sforzo di Gesù per soddisfare il nostro bisogno ciò che vuole oggi ricordare il Vangelo; moltiplicando pani e pesci, Gesù ha saziato il bisogno assillante di una folla che era venuta ad ascoltarlo, con grande stupore dei suoi discepoli. La scena continua ad essere significativa per noi: le persone che hanno ricevuto il pane erano andate da Gesù solo per soddisfare la loro fame di Dio; ascoltandolo parlare del Regno, avevano dimenticato la loro fame; e avevano ritardato di andare a mangiare, per sentire Gesù più a lungo. Coloro che lo accompagnavano lo fecero capire: né Gesù né la folla lo avevano notato; entrambi erano impegnati per Dio e per il suo regno. Gesù non ha seguito il consiglio dei suoi discepoli che lo spingevano a liberarsi da una folla senza alloggio e senza cibo; i discepoli, consapevoli della loro povertà, non sapevano cosa fare con così tante persone all’aperto con due pesci e cinque pani; non sapevano ancora che avere Gesù significa contare sui miracoli che si verificano solo per chi ama al di là di ogni immaginazione.
In questo caso, nel comportamento dei suoi protagonisti siamo coinvolti tutti. Rivediamo brevemente con quale di loro ci identifichiamo di più e capiremo cosa ci manca ancora perché la nostra pratica eucaristica finalmente sazi il nostro bisogno di Dio e il nostro bisogno di vita. Le persone erano andate per ascoltare Gesù e alcune più bisognose, a chiedere la guarigione; rimaste ad ascoltarlo parlare del Regno e vedendolo guarire i malati, hanno perso la cognizione del tempo e la sensazione della fame; sono stati i discepoli che, preoccupati dalla scarsità dei mezzi, hanno fatto prendere coscienza a Gesù della responsabilità che si sarebbero addossati. La folla, che si vide sorpresa per il miracolo, non aveva pensato a questo; con Gesù, che parlava loro di Dio e del suo regno, non poteva sentire il bisogno più vitale, la fame di pane; con Gesù, che curava quanti avevano bisogno di lui, non avevano bisogno di alloggio né di cibo.
Ma Gesù glielo ha dato: aveva fornito ciò che era più importante, Dio, ciò che era necessario, il suo regno; non li avrebbe lasciati soli, a cielo aperto, senza soddisfare almeno il loro bisogno di cibo. Per ottenere da Dio il miracolo minore, si deve avere il coraggio di desiderare da Lui il miracolo più grande: Gesù ha moltiplicato il pane per una folla che ha preferito restare affamata piuttosto che far a meno di Dio, che ha trascorso il suo tempo a farsi guarire dentro, prima di procurarsi il cibo. Non sappiamo ciò che ci stiamo perdendo, come stiamo perdendo tempo nel soddisfare i nostri piccoli bisogni, senza alimentare la nostra fame di Dio, il profondo e radicale bisogno di Lui e il sentirci curati e guariti da Lui. Chi è dedicato all’ascolto di Dio, come la folla, lasciando per dopo il proprio bisogno, si vedrà sorpreso dalla preoccupazione che avrà Dio di saziare la sua necessità. Occuparsi delle cose di Dio coinvolgerà Dio nelle nostre cose.
Le Eucaristie alle quali partecipiamo, non hanno l’effetto desiderato per noi, il miracolo che ci serve, perché siamo soliti mettere le nostre esigenze al di sopra della volontà di Dio; siamo tanto occupati per quello che ancora ci manca, che non facciamo altro che presentare a Dio le nostre carenze; e non gli lasciamo il tempo perché Lui si presenti come la risposta al nostro bisogno. Andare da Gesù, come la folla perché ci parli di Dio e ce lo renda vicino, è il modo più efficace per vedere saziato il nostro bisogno, senza averlo sentito e senza neanche averlo chiesto! Il pane moltiplicato, il proprio bisogno esaudito, lo ottiene gratis chi mette Dio e il suo regno prima della sua fame e della sua necessità; dimenticarlo ci sta condannando a non sperimentare oggi i grandi miracoli; mettendo la nostra fame, per quanto sia insopportabile, e queste nostre esigenze, per quanto insaziabili possano apparirci, al di sopra e davanti a Dio e del suo regno, veniamo privati del pane di Dio e della sua vita. Ritorniamo, come la folla, ad ascoltare Gesù e a stare attenti a ciò che ci insegna; e lui tornerà a sentire il nostro bisogno e a fare in modo di soddisfarlo. Un Dio tenuto in conto è un Dio attento.
Consideriamo logico il comportamento dei discepoli, allarmati per la situazione creata in un campo, alla fine della giornata, con risorse limitate e una folla che non aveva ancora mangiato. Non ci scandalizza la loro poca fede o il loro tentativo di sbarazzarsi di coloro che avevano bisogno del loro aiuto. Nel loro atteggiamento possiamo identificarci tutti noi discepoli di Gesù: la loro paura di dover intraprendere qualcosa con così poche risorse è una mancanza di fiducia nel Signore, in colui che avevano ascoltato allo stesso modo della folla. Loro pensavano di avere il sufficiente per se stessi e credevano di doversi liberare della necessità degli altri; la loro mancanza di generosità ha impedito loro di prevedere la generosità del loro maestro: non potevano aspettarsi un miracolo così grande, perché tanto grande era il loro egoismo così come la loro mancanza di cibo; siccome avevano pochi pani nella cesta, non poteva contenersi nel cuore il bisogno di una folla; sono diventati tirchi, perché si credevano poveri; ma più che poveri di beni, erano mancanti di fede. Come noi.
Moltiplicando le loro scorte, Gesù mostrò ai suoi discepoli che quelli che vivono con lui devono aprire la propria esistenza, per quanto povera, al bisogno degli altri; non si può vivere con Gesù e non struggersi dinanzi alla fame di tanta gente. Avevano visto come curava i malati e li guariva, come accostava gli emarginati e li restituiva alla società, come accoglieva i peccatori e li ridava a Dio; ma non avevano imparato la lezione; ancora pensavano che erano poco buoni per potersi dedicare a fare del bene agli altri, che avevano poche cose per far fronte a tanti bisogni: la loro poca fede non poteva moltiplicare i loro pochi beni. Pur potendo contare su Gesù, non aspettavano da lui alcun miracolo.
Serve poco, ed è solo un esempio, che i cristiani si comunichino con il Corpo di Cristo, che affoghino il loro bisogno di Dio nel ricevere il pane eucaristico, se diventano insensibili dinanzi al bisogno di pane che oggi hanno tanti uomini. Come i discepoli di Gesù, continuiamo a pensare che i nostri pani e i nostri pesci sono pochi per le nostre esigenze e così ci disinteressiamo di quanti, molti più numerosi di noi, non hanno altro che bisogno e una vita povera. Il discepolo di Gesù, sapendo che della sua fame, di Dio e di pane, se ne occupa già il suo Maestro, deve impegnarsi a soddisfare la fame degli altri. Solo così diventa efficace e affidabile la nostra ricezione del suo Corpo e della sua Vita: chi ha Dio per cibo, deve nutrire gli affamati. Dimenticarlo sarebbe disprezzare il corpo di Cristo che riceviamo. Né più né meno.

JUAN JOSE BARTOLOME sdb

Publié dans:feste, feste del Signore, LECTIO |on 31 mai, 2013 |Pas de commentaires »

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