Archive pour le 27 mai, 2013

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27 MAGGIO: SANT’ AGOSTINO DI CANTERBURY VESCOVO

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SANT’ AGOSTINO DI CANTERBURY VESCOVO

27 MAGGIO – MEMORIA FACOLTATIVA

m. 26 maggio 604

Abate benedettino a Roma, fu invitato da San Gregorio Magno ad evangelizzare l’Inghilterra, ricaduta nell’idolatria sotto i Sassoni. Qui fu ricevuto da Etelberto, re di Kent che aveva sposato la cattolica Berta, di origine franca. Etelberto si convertì, aiutò Agostino e gli permise di predicare in piena libertà. Nel Natale successivo al suo arrivo in Inghilterra, più di diecimila Sassoni ricevettero il battesimo. Il Papa inviò altri missionari e nominò arcivescovo e primate d’Inghilterra Agostino, che cercò di riunire la Chiesa bretone a quella sassone senza riuscirci perché troppo forte era il rancore dei bretoni contro gli invasori sassoni. Suo merito però è stato quello di aver convertito quasi tutto il regno di Kent.

Etimologia: Agostino = piccolo venerabile, dal latino

Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: Sant’Agostino, vescovo di Canterbury in Inghilterra, che fu mandato dal papa san Gregorio Magno insieme ad altri monaci a predicare la parola di Dio agli Angli: accolto con benevolenza da Edilberto re del Kent, imitò la vita apostolica della Chiesa delle origini, convertì il re e molti altri alla fede cristiana e istituì in questa terra numerose sedi episcopali. Morì il 26 maggio.
(26 maggio: A Canterbury in Inghilterra, deposizione di sant’Agostino, vescovo, la cui memoria si celebra domani)
  La Gran Bretagna, evangelizzata fin dai tempi apostolici (il primo missionario a sbarcarvi sarebbe stato, secondo la leggenda, Giuseppe di Arimatea), era ricaduta nell’idolatria in seguito all’invasione dei Sassoni nel quinto e nel sesto secolo. Quando il re del Kent, Etelberto, sposò la principessa cristiana Berta, figlia del re di Parigi, questa domandò che fosse eretta una chiesa e che alcuni sacerdoti cristiani vi celebrassero i santi riti. Appresa la notizia, il papa S. Gregorio Magno giudicò maturi i tempi per l’evangelizzazione dell’isola. La missione fu affidata al priore del monastero benedettino di S. Andrea sul Celio, Agostino, la cui dote precipua non doveva essere il coraggio, ma in compenso era tanto umile e docile.
Partito da Roma alla testa di quaranta monaci nel 597, fece tappa nell’isola di Lerino. Le notizie sul temperamento bellicoso dei Sassoni lo spaventarono al punto che se ne tornò a Roma a pregare il papa di mutargli programma. Per incoraggiarlo, Gregorio lo nominò abate e poco dopo, quasi ad invogliarlo al passo decisivo, appena giunto in Gallia, lo fece consacrare vescovo. Il viaggio procedette ugualmente a brevi tappe. Finalmente, con l’arrivo della primavera, presero il largo e raggiunsero l’isola britannica di Thenet, dove il re in persona, spintovi dalla buona consorte, andò ad incontrarli.
I missionari avanzavano verso il corteo regale in processione al canto delle litanie, secondo il rituale appena introdotto a Roma. Fu per tutti una felice sorpresa. Il re accompagnò i monaci fino alla residenza già fissata, a Canterbury, a mezza strada tra Londra e il mare, dove sorse la celebre abbazia che prenderà il nome di Agostino, cuore e sacrario del cristianesimo inglese. L’opera missionaria dei monaci ebbe un esito insperato, poiché lo stesso re domandò il battesimo, spingendo col suo esempio migliaia di sudditi ad abbracciare la religione cristiana.
A Roma la notizia venne accolta con gioia dal papa, che espresse la sua soddisfazione nelle lettere scritte ad Agostino e alla regina. Insieme con un gruppo di nuovi collaboratori, il santo pontefice inviò ad Agostino il pallio e la nomina ad arcivescovo primate d’Inghilterra, ma al tempo stesso lo ammoniva paternamente a non insuperbirsi per i successi ottenuti e per l’onore che l’alta carica gli conferiva. Seguendo le indicazioni del papa per la ripartizione in territori ecclesiastici, Agostino eresse altre due sedi vescovili, quella di Londra e quella di Rochester, consacrando vescovi Mellito e Giusto. Il santo missionario morì il 26 maggio del 604 e fu sepolto a Canterbury nella chiesa che porta il suo nome.

Autore: Piero Bargellini

MARIA « AUXILIUM CHRISTIANORUM » – RIFLESSIONI A MARGINE DI UNA « MEMORIA » MARIANA

http://www.zenit.org/it/articles/maria-auxilium-christianorum

MARIA « AUXILIUM CHRISTIANORUM »

RIFLESSIONI A MARGINE DI UNA « MEMORIA » MARIANA

Roma, 25 Maggio 2013 (Zenit.org) Mario Piatti, ICMS

Il 24 del corrente mese di maggio la Chiesa ha ricordato la memoria di Maria “auxilium christianorum”. Il titolo, attribuito alla Vergine e confluito nelle “litanie lauretane” risale, come si sa, alla battaglia di Lepanto, dell’ottobre 1571. San Pio V, in quella occasione, istituì la festa della Madonna del Rosario, mentre alcuni combattenti cristiani, di passaggio da Loreto, elevarono a Maria Santissima, come attestato di filiale gratitudine, questa bella espressione.

Successivamente, Papa Pio VII, volendo ringraziare a sua volta la Madre del Signore per essere stato finalmente liberato, dopo lunghi anni, dalle mani di Napoleone, introdusse la omonima festa, il 24 maggio del 1815.

Come spesso accade, l’intreccio tra devozione e storia, tra gli avvenimenti drammatici di un’epoca e la fede semplice e umile della povera gente, ha generato nei secoli imprevedibili e originali risposte di Grazia, arricchendo il nostro comune patrimonio di tasselli sempre nuovi e variegati, innestati nel tronco vivo della Tradizione. Le parole “aiuto dei cristiani” richiamano inevitabilmente una delle prime preghiere rivolte alla Madonna, il “sub tuum praesidium”, che da secoli echeggia nel cuore e sulle labbra dei credenti e che ha ispirato molte simili invocazioni.

Don Bosco, in particolare, promosse questa efficace devozione, fino a intitolare proprio a Maria “auxilium christianorum” la basilica di Valdocco, dove riposano le sue venerate spoglie, insieme a quelle di altri Santi Salesiani.

Oggi, ai conflitti e alle guerre, che purtroppo hanno sempre accompagnato e insanguinato le vicende degli uomini in terra, si preferiscono e si incoraggiano – specialmente da parte della Chiesa – forme e strumenti concreti di dialogo; si auspicano la conoscenza reciproca e la stima vicendevole; si favoriscono il confronto sincero e l’incontro amichevole. I fatti del passato, d’altra parte, non possono essere ignorati o cancellati: se mai, vanno rivisti in rapporto alla sensibilità della loro epoca, nella luce di una progressiva maturazione verso forme di convivenza più pacifiche e meno bellicose. L’onestà morale e intellettuale, il rispetto e la gratitudine verso i nostri predecessori ci invitano a non condannare troppo facilmente il tempo trascorso, ma ad accoglierlo con uno sguardo ampio e positivo, che sappia dare ragione di tutto, secondo i criteri propri delle varie generazioni, senza certamente nascondere le immancabili povertà e miserie degli uomini.

La profondità e la fecondità spirituale di un titolo, come quello in questione, non si esauriscono comunque al solo livello e significato storico e politico: investono, come sempre, la vita in ogni suo aspetto, accompagnano e sostengono il cammino dei credenti, lungo le sofferte vie del mondo.

Le battaglie di oggi non sono meno cruente e impegnative del passato. Allora erano le armate nemiche a seminare il terrore e a risvegliare la coscienza della propria identità, da difendere, anche a costo della vita. Oggi sono minate le fondamenta stesse di una civiltà, si mettono in dubbio le colonne portanti di una corretta umanità; si distruggono, senza esitazione e senza rimorsi, i valori più veri, più santi ed essenziali: la persona, la famiglia, l’educazione, la vita.

Non si risparmiano le coscienze, assediate e condizionate da una incessante messe di dis-informazioni e di provocazioni di ogni genere. Il cuore dei piccoli è minacciato, fin dalla più tenera età; le attese e i desideri dei giovani sono spesso devastati da una sessualità priva di qualunque significato, dalla liberalizzazione della droga, dal cinismo, dalla indifferenza, dalla sfiducia nelle potenzialità dell’uomo.

Il carcere non sarà forse più quello di un Imperatore assoluto, che crudelmente segregava l’anziano Pontefice, ma ben altre schiavitù ci trattengono ancora prigionieri: la ignoranza, la infedeltà, la tiepidezza. Forse, proprio per non avere riconosciuto né affrontato in tempo “il nemico”, che avanzava, su tutti i fronti – sociale, politico, istituzionale -, ci ritroviamo in un clima di generale disfatta, con una crescente e inquietante proliferazione di “follie” e di incomprensibili aberrazioni morali, come l’equiparazione del matrimonio ad altre “forme” di convivenza, di ogni genere.

È proprio nei momenti di crisi e di fatica, però, che si manifesta la necessità di chiedere, di implorare luce, forza e benedizione dal Cielo. Dio non ci abbandona mai, nonostante tutto: ci dona mille prove della sua benevolenza, ancora ai giorni nostri, anche attraverso lo straordinario esordio di un Pontificato inatteso, che sta riaccendendo in molti cuori desideri e propositi di bene che sembravano ormai assopiti e dimenticati.

Maria, “aiuto dei cristiani”, intercede oggi per noi, se la invochiamo con fede, perché ritroviamo la via che riconduce a Cristo, alla verità, al bene. Le “forze avverse” sono forse prima di tutto dentro di noi, come con tanta semplicità richiama Papa Francesco, nella sua quotidiana incisiva riflessione mattutina. E dentro di noi vi sono insospettabili risorse di Grazia che attendono di venire alla luce, a beneficio di tutti. In noi bussa il Signore – come ci ha detto il Santo Padre nella Veglia di Pentecoste – perché ci apriamo ai nostri fratelli, verso le “periferie” spirituali e materiali del nostro tempo.

Maria, “auxilium christanorum” interceda per noi, perché siamo promotori di bene e protagonisti di quella “Nuova Evangelizzazione” che il beato Giovanni Paolo tanto auspicava e che il mondo ancora – forse inconsapevolmente – tanto attende.

Padre Mario Piatti icms è direttore del mensile “Maria di Fatima”

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