Archive pour le 10 mai, 2013

Ascensione del Signore

Ascensione del Signore dans immagini sacre Icona%20Ascensione

http://www.santaoliva.diocesipa.it/Ascensione%20del%20Signore.htm

Publié dans:immagini sacre |on 10 mai, 2013 |Pas de commentaires »

San Pacomio

San Pacomio dans immagini sacre pachomius

http://greatlent.wordpress.com/page/2/

Publié dans:immagini sacre |on 10 mai, 2013 |Pas de commentaires »

9 MAGGIO: SAN PACOMIO ABATE (mf)

http://www.santiebeati.it/dettaglio/52450

9 MAGGIO: SAN PACOMIO ABATE (mf)

ALTO EGITTO, 287 – 347

Nacque nell’Alto Egitto, nel 287, da genitori pagani. Arruolato a forza nell’esercito imperiale all’età di vent’anni, finì in prigione a Tebe con tutte le reclute. Protetti dall’oscurità, la sera alcuni cristiani recarono loro un po’ di cibo. Il gesto degli sconosciuti commosse Pacomio, che domandò loro chi li spingesse a far questo. «Il Dio del cielo» fu la risposta dei cristiani. Quella notte Pacomio pregò il Dio dei cristiani di liberarlo dalle catene, promettendogli in cambio di dedicare la propria vita al suo servizio. Tornato in libertà, adempì al voto aggregandosi a una comunità cristiana di un villaggio del sud, l’attuale Kasr-es-Sayad, dove ebbe l’istruzione necessaria per ricevere il battesimo. Per qualche tempo condusse vita da asceta, dedicandosi al servizio della gente del luogo, poi si mise per sette anni sotto la guida di un vecchio monaco, Palamone. Durante una parentesi di solitudine nel deserto, una voce misteriosa lo invitò a fissare la sua dimora in quel luogo, al quale presto sarebbero convenuti numerosi discepoli. Alla morte dell’abate Pacomio, i monasteri maschili erano nove, più uno femminile. Del santo restò sconosciuto il luogo della sepoltura. (Avvenire)

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: Nella Tebaide, in Egitto, san Pacomio, abate, che, ancora pagano, spinto da un gesto di carità cristiana nei confronti dei soldati suoi compagni con lui detenuti, si convertì al cristianesimo, ricevendo dall’anacoreta Palémone l’abito monastico; dopo sette anni, per divina ispirazione, istituì molti cenobi per accogliere fratelli e scrisse per i monaci una regola divenuta famosa.
Come ti converto uno che non crede? Con l’esempio di una carità viva. Prendete un giovanotto pagano, arruolato a forza nell’esercito imperiale e subito fatto prigioniero insieme a tutte le reclute. Pensate allo sconcerto, alla delusione e alla sofferenza dei giorni di prigionia, insieme all’incertezza di quella che sarà la sua sorte. Immaginate l’incontro furtivo nella notte con alcuni uomini, che di nascosto vengono a confortarlo, sfamarlo e incoraggiarlo e che, insieme all’aiuto materiale, gli sussurrano parole di Cielo e dicono di fare tutto ciò in nome del “Dio dei cristiani”. Il giovanotto ne resta così colpito ed ammirato da rivolgersi all’ancora ignoto “Dio dei cristiani”, promettendo di dedicare a lui tutta la sua vita se riuscirà a liberarsi da quelle catene. E quando ciò avviene, al giovanotto restando solo due cose da fare: imparare a credere in quel Dio che lo ha liberato e, poi, studiare il modo per sciogliere il suo voto. E’ questa, in sintesi, l’origine dell’esperienza religiosa di San Pacomio, nato nell’Alto Egitto nel 287 e convertitosi al cristianesimo come abbiamo appena descritto. Dopo il battesimo, la vita spirituale di Pacomio cerca modi per esprimersi: prima all’interno di una comunità cristiana di cui si mette a servizio, quasi a voler subito mettere in pratica l’insegnamento di carità che quegli sconosciuti cristiani gli avevano trasmesso in carcere; poi attraverso l’esperienza eremitica, cioè l’incontro con Dio nella solitudine del deserto, di cui il grande Antonio è stato maestro un secolo prima. Pacomio, però, apre una strada nuova: all’imitazione di Gesù, solo nel deserto, in un rapporto esclusivo con il Padre e alle prese con le tentazioni del demonio, egli preferisce imitare Gesù che vive con i suoi discepoli ed insegna loro a pregare. Ecco nascere così attorno a lui un’interessante ed inedita esperienza di monachesimo: il cenobitismo o vita comune, dove la disciplina e l’autorità sostituiscono l’anarchia degli anacoreti. Quindi, non più e non solo la solitudine degli eremiti precedenti,con le astinenze, i digiuni e le penitenze corporali che li caratterizzano ma che possono anche nascondere l’insidia della bizzarria e dell’orgoglio; piuttosto, una comunità cristiana sul modello di quella fondata da Gesù con gli apostoli, basata sulla comunione nella preghiera, nel lavoro e nella refezione e concretizzata nel servizio reciproco. Il documento su cui Pacomio vuole regolare la vita della comunità è la Sacra Scrittura, che i monaci imparano a memoria e recitano a bassa voce mentre svolgono il loro lavoro: un contatto diretto con Dio attraverso il “sacramento della Parola”. Pacomio muore il 14 maggio 346, lasciando in eredità una decina di monasteri, di cui un paio anche femminili. Il luogo della sua sepoltura è sempre stato sconosciuto, perché un punto di morte aveva raccomandato al discepolo più fedele di seppellirlo in un posto segreto, per evitare la venerazione dei suoi seguaci.

Autore: Gianpiero Pettiti

SANTA MESSA DELL’ASCENSIONE DEL SIGNORE – PAPA PAOLO VI 1975

http://www.vatican.va/holy_father/paul_vi/homilies/1975/documents/hf_p-vi_hom_19750508_it.html

SANTA MESSA DELL’ASCENSIONE DEL SIGNORE

OMELIA DEL SANTO PADRE PAOLO VI

8 maggio 1975

Fratelli venerati e Figli carissimi,

Fedeli alla norma liturgica, noi sospendiamo per un breve momento il sacro rito, che stiamo celebrando, e cerchiamo di fissare la nostra attenzione sul mistero che oggi mette in festa la Chiesa: il mistero dell’Ascensione di nostro Signor Gesù Cristo al cielo, dove Egli siede nella gloria alla destra del Padre. Mistero dell’Ascensione! oh! veramente mistero! mistero per ciò che si riferisce a Cristo; mistero per il modo con cui a noi è dato ancora di pensare e di avere presente la sua divina ed umana figura, e mistero per il riflesso che questo estremo e supremo destino di Cristo ha su quello dell’umanità, sulla Chiesa da lui fondata, sulla terra e su ciascuna delle nostre esistenze.
Oh! veramente mistero, sia nel senso ontologico e teologico che questo avvenimento ultimo e conclusivo della vita di Gesù sulla terra ha nel disegno divino dell’Incarnazione e della Redenzione: quale nuova rivelazione ci è data dalla sua scomparsa dalla scena sensibile e storica di questo mondo! E sia nel senso fenomenico per cui Cristo è sottratto alla nostra terrena conversazione, e misteriosamente scompare dal nostro sguardo sensibile. Ricordiamo la brevissima, ma sorprendente narrazione del fatto, quale ci è data da San Luca nel primo capitolo degli «Atti degli Apostoli», della quale abbiamo testé ascoltata la laconica, ma scultorea lettura: dopo l’ultimo saluto agli Apostoli, con la profetica promessa della missione dello Spirito Santo e della diffusione del Vangelo fra i popoli, Gesù, «mentre essi guardavano, si levò in alto e una nuvola lo nascose ai loro occhi» (Act. 1, 8-9).
Primo aspetto dell’avvenimento, il solo sperimentale: Gesù si innalza, cioè si distacca dalla terra, e scompare, si nasconde: i nostri occhi bruceranno di insonne desiderio di rivederlo, di vederlo ancora; ma fino alla sua «parusia», cioè fino alla sua ultima e apocalittica apparizione, in un mondo totalmente diverso da quello nostro presente, non lo vedremo più! la generazione degli Apostoli scomparirà, senza che la tensione della loro attesa sia soddisfatta; così per le altre generazioni successive, così per la nostra presente generazione, che ancora vive del suo ricordo e ancora aspetta la sua trionfale e finale ricomparsa, Gesù rimane invisibile. Facciamo attenzione, Fratelli e Figli! Invisibile, ma non assente! Innanzi tutto: questo distacco escatologico, cioè ultimo e definitivo, di Gesù dalla umana conversazione è già di per sé una conferma della sua divinità, e un avallo del suo disegno salvifico nella storia universale dell’umanità. Gesù, nei discorsi della notte imminente alla sua passione e alla sua morte, dichiarò: «Io vi rivedrò e il vostro cuore esulterà, e nessuno potrà rapirvi la vostra gioia . . . Io sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; di nuovo lascio il mondo e vado al Padre» (Io. 16, 22. 28); «è un bene per voi ch’io me ne vada, perché se non vado, il Paraclito (quale annuncio!) non verrà a voi» (Ibid. 7).
Noi siamo qui in un’atmosfera, che potremmo dire surreale. Ma questa rivelazione ci introduce finalmente nel disegno supercosmico dell’economia soprannaturale: «noi aspettiamo, scriverà l’Apostolo Pietro, nuovi cieli e nuova terra» (2 Petr. 3, 13). Solo che noi, diciamo noi moderni specialmente, educati alla conoscenza scientifica del mondo, e soddisfatti e fieri della sovrabbondante ricchezza delle nostre conquiste sperimentali e culturali, non siamo facilmente predisposti ad ammettere un ordine diverso da quello che costituisce il quadro della nostra presente esplorazione; e sebbene esso ci sveli, ad ogni indagine, una ordinatrice sapienza polivalente, anzi staremmo per dire, una libera fantasia creatrice divina in ogni suo aspetto, noi siamo forse assaliti dal dubbio circa la possibilità, circa la futura realtà d’un ordine soprannaturale, e facilmente mormoriamo col servo cattivo della parabola: «tarda ormai il mio padrone a venire . . . » (Matth. 24, 28); per concludere, circa la dottrina escatologica del Vangelo: sarà vera? non manca forse di prove razionali? Dimenticando così, come dicevamo, che Gesù, – ora invisibile, e tollerante che la vicenda della natura e del tempo proceda col suo inesorabile ritmo, mentr’e il dramma della libertà umana svolge il suo gioco, docile o temerario, – Gesù non è assente, anzi Egli è ancora con noi; sì, con noi, per chi è attento a cogliere nel segno, cioè nel sacramento della sua parola (Io. 8, 25) ovvero della sua immagine riflessa nell’umanità sofferente (Matth. 25, 40), oppure nella sua Chiesa vivente e testimoniante (Cfr. Lumen Gentium, 1; Act. 9, 4), e finalmente nella realtà sacramentale e sacrificale eucaristica la sua multiforme presenza. Come, del resto, Egli, all’ultimo congedo, aveva asserito: «Ecco, Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo» (Matth. 28, 20).
Ma come, come vederlo, come riconoscerlo, come riascoltare la sua voce, come aprirgli il nostro cuore, se le vie naturali della nostra conversazione sono incapaci di superare l’abisso, che il mistero dell’Ascensione ha scavato fra Lui e noi? Lo sappiamo. Gesù si è nascosto, affinché noi lo cercassimo; e noi sappiamo qual è l’arte, qual è la virtù, che ci abilita a questa ricerca, anzi a questa scienza superrazionale della misteriosa presenza di Cristo fra noi. È la fede, che nel battesimo ci è infusa, e che ex auditu si determina (Cfr. S. THOMAE In IV Sent. 4, 2, 2, sol. 3), accogliendo cioè la parola di Cristo insegnata dalla Chiesa; la fede, che nel suo esercizio, come c’insegna S. Agostino, ha pure i suoi occhi, habet namque fides oculos suos (Cfr. S. AUGUSTINI Ep. 120: PL 33, 456; et En. in Ps. 146: PL 4, 1897); esercitata con amore e per amore alla divina verità, con gli «occhi del cuore», cresce nella sua certezza, approfondisce la sua visione, e diventa un’esigenza d’azione (Cfr. Gal. 3, 11).
Festa perciò della fede questa nostra dell’Ascensione; una fede che spalanca la finestra sull’oltretempo riguardo a Cristo risorto, lasciandoci intravedere qualche cosa della sua gloria immortale: e sull’oltretomba riguardo a noi morituri, ma destinati, alla fine dei nostri giorni nel tempo, alla sopravvivenza nella comunione dei Santi e alla risurrezione dell’ultimo giorno per l’eternità. La fede allora diventa speranza (Hebr. 11, 1); una speranza vittoriosa emana dal mistero dell’Ascensione, fonte ed esempio del nostro futuro destino, e che può e deve sorreggere il faticoso cammino del nostro pellegrinaggio terrestre. E la speranza, ci è assicurato, non delude: spes autem non confundit (Rom. 5, 5). Amen!

PUERI CANTORES SACRE' ... |
FIER D'ÊTRE CHRETIEN EN 2010 |
Annonce des évènements à ve... |
Unblog.fr | Annuaire | Signaler un abus | Vie et Bible
| Free Life
| elmuslima31