Archive pour le 18 avril, 2013

« Io sono il pane disceso dal cielo », dal vangelo di oggi

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AMORE PER LA CREAZIONE IN FRANCESCO D’ASSISI

http://www.gliscritti.it/preg_lett/antologia/amore_creazione.htm

AMORE PER LA CREAZIONE IN FRANCESCO D’ASSISI

DA CERCATE LE COSE DI LASSÙ, DI JOSEPH RATZINGER (EDIZIONI PAOLINE, MILANO, 2005, PAGG.143-146)

Tra i nomi presenti nel calendario dei santi della Chiesa cattolica, Francesco d’Assisi ha un posto di primo piano. Cristiani e non cristiani, credenti e non credenti amano quest’uomo. Da lui emana una gioia, una pace che lo pongono al di là di molti contrasti altrimenti insanabili. Naturalmente le varie generazioni hanno anche voluto vedere in lui, in modi diversi, il sogno dell’uomo buono. In un tempo che cominciava a non poterne più delle dispute confessionali, apparve come il portavoce di un cristianesimo sovraconfessionale, che si lasciava alle spalle il peso opprimente di una storia dolorosa e ricominciava semplicemente dal Gesù biblico. In seguito se ne impadronì il Romanticismo, facendone una sorta di sognatore fanatico della natura. Il fatto che oggi Francesco sia visto ancora sotto un’altra forma dipende da due situazioni che condizionano largamente la coscienza degli uomini nelle nazioni industrializzate: da una parte la paura delle conseguenze incontrollabili del progresso tecnico, e dall’altra la nostra cattiva coscienza nei confronti della fame nel mondo a causa del nostro benessere. Perciò ci affascina in Francesco il deciso rifiuto del mondo del possesso e l’amore semplice per la creazione, per gli uccelli, i pesci, il fuoco, l’acqua, la terra. Egli ci appare come il patrono dei protettori dell’ambiente, il capo della protesta contro un’ideologia che mira solo alla produzione e alla crescita, come propugnatore della vita semplice.
In tutte queste immagini di Francesco c’è qualcosa di vero; in tutte si affrontano dei problemi che toccano punti nevralgici delle creature umane. Ma se si considera Francesco attentamente, dovremmo anche correggere in ogni caso i nostri atteggiamenti. Egli non ci dà semplicemente ragione; pretende molto più di quello che vorremmo riconoscere, e con le sue esigenze ci porta alla pretesa della verità stessa. Per esempio, non possiamo risolvere il problema della separazione dei cristiani cercando semplicemente di sfuggire alla storia e creandoci un nostro Gesù personale. Lo stesso vale per le altre questioni. Prendiamo il problema dell’ambiente. Desidero raccontarvi innanzitutto una storiella. Francesco una volta pregò il frate che si occupava del giardino di “non coltivare tutto il terreno a orto, ma di lasciare una parte del giardino per i fiori perché in ogni periodo dell’anno produca i nostri fratelli fiori per amore di colui che viene chiamato “fiore dei campi e giglio della valle” (Ct 2,1)”. Analogamente voleva che fosse coltivata sempre un’aiuola particolarmente bella, di modo che in tutte le stagioni le persone, guardando i fiori, levassero lodi entusiaste a Dio, “perché ogni creatura ci grida: Dio mi ha creato per te, o uomo” (Specchio della Perfezione 11,118). In questa storia non si può lasciare da parte l’aspetto religioso come anticaglia, per riprendere solo il rifiuto del meschino utilitarismo e la conservazione della ricchezza della specie. Se è questo che si vuole, si fa qualcosa di completamente diverso da ciò che ha fatto e voluto Francesco. Ma soprattutto in questo racconto non si avverte affatto quel risentimento contro l’uomo come presunto disturbatore della natura presente oggi in così tante arringhe a favore della natura. Se l’uomo si perde e non si piace più, ciò non può giovare alla natura. Anzi: egli deve essere in accordo con se stesso; solo così può essere in accordo con la creazione ed essa con lui. E questo, di nuovo, gli è possibile solo se è in accordo con il Creatore che ha voluto la natura e noi. Il rispetto per l’essere umano e il rispetto per la natura sono un tutto unico, ma entrambi possono prosperare e trovare la propria misura solo se rispettiamo nella creatura umana e nella natura il Creatore e la sua creazione. Solo lui può unirli. Non potremo ritrovare l’equilibrio perduto se ci rifiutiamo di arrivare a questo punto. Abbiamo perciò tutte le ragioni perché Francesco d’Assisi ci renda pensierosi e ci conduca con sé sulla via giusta.

Publié dans:San Francesco d'Assisi |on 18 avril, 2013 |Pas de commentaires »

PAPA FRANCESCO: DOPO L’ASCENSIONE, GESÙ NON SCOMPARE, ANZI È PIÙ PRESENTE DI PRIMA

http://www.zenit.org/it/articles/dopo-l-ascensione-gesu-non-scompare-anzi-e-piu-presente-di-prima

DOPO L’ASCENSIONE, GESÙ NON SCOMPARE, ANZI È PIÙ PRESENTE DI PRIMA

DURANTE L’UDIENZA GENERALE, PAPA FRANCESCO ESORTA A NON AVER PAURA DI CHIEDERE MISERICORDIA A CRISTO

CITTA’ DEL VATICANO, 17 APRILE 2013 (ZENIT.ORG) LUCA MARCOLIVIO

Nell’ambito delle catechesi dedicate all’Anno della Fede, papa Francesco, in occasione dell’Udienza Generale di stamattina, ha trattato, con qualche settimana d’anticipo sul calendario liturgico, il tema dell’Ascensione di Nostro Signore.
Già nel Credo di Nicea troviamo scritto che Gesù “è salito al cielo, siede alla destra del Padre”. Questo evento, ha spiegato il Santo Padre, rappresenta il momento culminante dell’esistenza terrena di Cristo, il quale, quando sente vicino il momento dell’estremo sacrificio, compie una prima “ascensione” verso Gerusalemme.
Recandosi alla Città Santa, “Gesù vede già la meta, il Cielo, ma sa bene che la via che lo riporta alla gloria del Padre passa attraverso la Croce, attraverso l’obbedienza al disegno divino di amore per l’umanità”, ha detto il Papa. Per usare le parole del Catechismo della Chiesa Cattolica, “l’elevazione sulla croce significa e annuncia l’elevazione dell’ascensione al cielo” (n° 661).
Allo stesso modo, anche nella nostra vita quotidiana di cristiani, dobbiamo ricordare che l’ingresso “nella gloria di Dio esige la fedeltà quotidiana alla sua volontà, anche quando richiede sacrificio” e ci costringe a “cambiare i nostri programmi”.
È significativo, ha osservato il Pontefice, che l’Ascensione sia avvenuta sul Monte degli Ulivi, lo stesso luogo in cui Gesù “si era ritirato in preghiera prima della passione per rimanere in profonda unione con il Padre”.
Durante l’Ascensione, inoltre, il Risorto dà la sua benedizione ai discepoli, i quali “si inginocchiano chinando il capo”, riconoscendolo come “l’unico ed eterno Sacerdote che, con la sua passione, ha attraversato la morte e il sepolcro ed è risorto e asceso al Cielo”.
Come afferma San Giovanni nella sua Prima Lettera, Gesù è il “nostro avvocato”, è colui che “ci difende sempre, ci difende dalle insidie del diavolo, ci difende da noi stessi, dai nostri peccati”. Per questo motivo non dobbiamo avere paura di “andare da Lui a chiedere perdono, a chiedere benedizione, a chiedere misericordia”, ha detto il Santo Padre.
L’Ascensione ci mostra una realtà “consolante per il nostro cammino: in Cristo, vero Dio e vero uomo, la nostra umanità è stata portata presso Dio”. Affidandoci al Signore siamo sempre “in mani sicure”, ha aggiunto il Papa. Gesù è come un “capo-cordata” che ci conduce alla scalata verso la vetta della montagna, dove c’è Dio.
Nonostante la definitiva separazione terrena dal Maestro, dopo l’Ascensione, i discepoli tornano a Gerusalemme “con grande gioia”. Hanno infatti compreso che “sebbene sottratto ai loro occhi, Gesù resta per sempre con loro, non li abbandona e, nella gloria del Padre, li sostiene, li guida e intercede per loro”, ha proseguito Francesco.
Narrando dell’Ascensione anche all’inizio degli Atti degli Apostoli, San Luca ci fa capire che questo evento “è come l’anello che aggancia e collega la vita terrena di Gesù a quella della Chiesa”.
Quando poi Gesù ascende al cielo, seminascosto da una nube, appaiono “due uomini in vesti bianche che li invitano a non restare immobili a guardare il cielo, ma a nutrire la loro vita e la loro testimonianza della certezza che Gesù tornerà nello stesso modo con cui lo hanno visto salire al cielo (cfr At 1,10-11)”.
È nella “contemplazione della Signoria di Cristo”, quindi, che possiamo trarre “la forza di portare e testimoniare il Vangelo nella vita di ogni giorno – ha spiegato il Santo Padre -. Contemplare e agire, ora et labora insegna san Benedetto, sono entrambi necessari nella nostra vita di cristiani”.
L’Ascensione, in definitiva, non indica “l’assenza di Gesù” ma ci rivela che “Egli è vivo in mezzo a noi in modo nuovo”, presente ovunque, “in ogni spazio e tempo, vicino ad ognuno di noi”.
Papa Francesco ha concluso la catechesi, ricordando la felice presenza di “tanti fratelli e sorelle che nel silenzio e nel nascondimento, nella loro vita di famiglia e di lavoro, nei loro problemi e difficoltà, nelle loro gioie e speranze, vivono quotidianamente la fede e portano, insieme a noi, al mondo la signoria dell’amore di Dio”.

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