DIETRICH BONHOEFFER, UN ANNIVERSARIO

HTTP://WWW.GIOVANIEMISSIONE.IT/PUB/INDEX.PHP?OPTION=CONTENT&TASK=VIEW&ID=3108

DIETRICH BONHOEFFER, UN ANNIVERSARIO

DATA DI MORTE: 9 APRILE 1945, CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI FLOSSENBÜRG

DI XAVIER CHARPE

in “www.baptises.fr” del 23 aprile 2012 (traduzione: www.finesettimana.org)

«Widerstand und Ergebung», «Resistenza e resa», è questo il titolo della raccolta di lettere scritte dalla prigione militare di Tegel dal pastore Dietrich Bonhoeffer. Questo giovane teologo luterano, dallo spirito acuto, si è impegnato a servizio della sua Chiesa come pastore, poi nella lotta per difenderla dall’influenza dei cristiani filonazisti, infine nella resistenza politica contro Hitler. Dopo il fallimento del tentativo di assassinio del 22 luglio 1944, sarà trasferito dalla prigione militare di Berlino a quella della Gestapo. Sarà il silenzio. Nella disfatta tedesca, Hitler vigilerà personalmente affinché tutti i congiurati siano trovati e giustiziati. Dopo un processo sbrigativo, fatto solo per l’apparenza, Bonhoeffer e i suoi compagni saranno impiccati nella notte tra l’8 e il 9 aprile 1945. Quindi, quest’anno, il 67° anniversario della sua morte cadeva proprio il giorno di Pasqua. Impiccati, o più esattamente suppliziati: sono appesi in modo che la punta dei piedi tocchi il suolo; quando, estenuati, stanno per soccombere, li si rianima e si ricomincia. Un’agonia che viene fatta durare a lungo: come il sadismo della morte di coloro e di colui che è stato sospeso al legno della croce. Poi i corpi vengono bruciati, di modo che non ci sia sepoltura. Il vuoto di una non-tomba. I torturatori avevano la consapevolezza che, procedendo in quel modo, accomunavano Bonhoeffer e i suoi compagni ad un altro suppliziato, che Bonhoeffer aveva seguito, nel servizio e nell’obbedienza? Il giorno di Pasqua, quest’anno, mi è stato difficile non pensare a Dietrich e all’anniversario della sua “Pasqua”.
Tradurre «Widerstand und Ergebung» con «Resistenza e resa»*, è assolutamente corretto, poiché è il senso corrente di queste due parole. Ma vorrei far sentire le risonanze che vibrano dietro le parole tedesche. «Wider-stand». In «stand» sento la radice «stehen», che non significa solo stare, ma “stare in piedi”. «Donne e uomini in piedi», perché è Cristo che li fa stare in piedi. Cristo, colui che era morto, che la morte aveva disteso a terra, ma che Dio Padre aveva rialzato, rimesso in piedi. È la parola greca «anastasis», che noi traduciamo con resurrezione. Dopo la disfatta dell’arresto e della morte sulla croce, ecco che i suoi discepoli sono rimessi in piedi, e, di conseguenza, rimessi «in cammino» quando erano già «distesi, a terra»; sanno che è Cristo che li ha rimessi in piedi; nella fede, sanno che Cristo è vivo presso il Padre. La vera prova che Cristo è vivo e che possono riconoscerlo come loro «Signore», è che Cristo li ha rimessi in piedi e che li fa vivere della sua vita con il suo Spirito.
«wider»: di fronte, davanti a. Uomini e donne che stanno in piedi e che «fanno fronte». Affrontare, affrontare il reale, affrontare la propria responsabilità davanti alla chiamata di Dio, davanti alla vocazione che ha voluto per noi e davanti alla quale sarebbe bene non tirarsi indietro. Far fronte nell’impegno e nella solidarietà con i propri fratelli. «Ascolta la mia chiamata, impegnati alla mia sequela sulla via su cui ti condurrò e di cui tu non conosci lo sbocco». Credete che impegnandosi nell’obbedienza e tentando molto semplicemente di fare ciò che doveva fare, Dietrich Bonhoeffer conoscesse lo sbocco del cammino al termine del quale egli sarebbe stato, qualunque cosa accadesse, nelle mani di Dio? «Solo colui che crede obbedisce; solo colui che obbedisce, crede», scriveva in «Nachfolge» (seguire Cristo). Stare in piedi e far fronte, nella responsabilità e nella fede in Cristo. Affrontare il reale, non sfuggirlo, non credere che separandosi dalla vita si potrà incontrare Dio in non si sa quale “sacro”, affrontare la propria responsabilità davanti all’Altro e davanti a ciascuno degli altri che sono posti sul nostro cammino, affrontare la prova quando arriva, e come non potrebbe arrivare, un giorno o l’altro, a meno di prenderci per (o di pretenderci) dei privilegiati. Siamo «chiamati», certo, ma non a considerarci o a comportarci da privilegiati. Cristo si è fatto solidale con quelli che incontrava. Come potremmo noi sottrarci alla solidarietà? Far fronte, nella responsabilità.«Ergebung». In «gebung», c’è la radice su cui è costruito il verbo «geben»: «dare». Più che la resa, c’è «l’abbandono», a condizione di sentire il dono, che è nella parte finale della parola. È questione del dono, del dono di sé, del dono della propria vita. Quando si è tentato, con la grazia di Dio, di stare in piedi, da donne e da uomini responsabili, accettando di obbedire alla chiamata di Dio, alla propria «vocazione», insomma quando si è tentato di stare in piedi alla sequela di Cristo, quando ciò che doveva essere fatto è stato fatto, allora ci si può abbandonare a Dio, mettere la propria vita nelle mani di Dio: «Tra le tue mani, Signore, rimetto il mio spirito». «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza».
Far fronte, in piedi, poi, quando arriva il tempo della prova, abbandonarsi a Dio, nelle sue mani. Occupiamoci della nostra vita. Dio saprà come occuparsi della nostra morte; almeno, è ciò che noi crediamo, se pensiamo che la nostra vita è stata nelle mani di Dio e che è da lì che è venuta la fecondità.
Oso pensare che Dietrich Bonhoeffer abbia vissuto questa Pasqua. * Ndr.: la traduzione in francese è “Résistance et Soumission” (resistenza e sottomissione)

Publié dans : Dietrich Bonhoeffer |le 9 avril, 2013 |Pas de Commentaires »

Vous pouvez laisser une réponse.

Laisser un commentaire

PUERI CANTORES SACRE' ... |
FIER D'ÊTRE CHRETIEN EN 2010 |
Annonce des évènements à ve... |
Unblog.fr | Annuaire | Signaler un abus | Vie et Bible
| Free Life
| elmuslima31