Annonciation du Seigneur, cette année 2013: sur 8 Avril

http://www.donbosco-torino.it/ita/Maria/feste/2000-2001/Sull’esempio%20di%20Maria.html
SULL’ESEMPIO DI MARIA
ANNUNCIAZIONE DEL SIGNORE -25 MARZO (2013: 8 aprile)
Enrico dal Covolo SDB
Nei suoi primi inizi l’Incarnazione si è realizzata nel grembo di Maria, quando l’umile ancella del Signore ha formulato liberamente il suo assenso dinanzi al misterioso piano di Dio, che le veniva svelato.
Grazie a quel fiat di Maria, scrive san Leone Magno, “il Figlio di Dio fa il suo ingresso in mezzo alle miserie di questo mondo, scendendo dal suo trono celeste, ma senza lasciare la gloria del Padre. Entra in una condizione nuova. Nasce in un modo nuovo”. Proprio con quel fiat ha avuto inizio la nuova storia dell’umanità, di cui abbiamo celebrati i duemila anni.
Con il racconto dell’Annunciazione Luca illustra in maniera efficace l’intera storia della vocazione di Maria, utilizzando uno schema a cinque punti (che in verità ritorna di norma nelle storie bibliche di vocazione). I cinque punti sono i seguenti:
– la chiamata-elezione da parte di Dio;
– la risposta di Maria;
– la missione, che Dio stesso le affida;
– il turbamento di Maria;
– infine, la conferma rassicurante da parte di Dio.
Riflettendo su ognuno di questi momenti potremo avviare un utile confronto tra la storia della vocazione di Maria e la storia della nostra vocazione, così da renderci sempre più disponibili e generosi alla chiamata del Signore e conformare più decisamente a Cristo la nostra vita.
Scriveva nel XII secolo un monaco famoso, sant’Isacco, abate del Monastero della Stella: “Ciò che la Bibbia dice di Maria va riferito singolarmente a ogni anima credente”.
Non è dunque una presunzione confrontare la nostra storia di vocazione con quella di Maria: è invece una precisa esigenza della vita spirituale di ogni cristiano.
La chiamata-elezione da parte di Dio
“L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea di nome Nazaret, da una vergine chiamata Maria”.
Ecco il primo tratto di questa splendida storia, la storia della vocazione di Maria: è la chiamata-elezione da parte di Dio.
È lui il vero protagonista del racconto. A ben guardare, anche la storia della vocazione di Maria, come ogni storia di vocazione, è anzitutto dono e mistero (per usare una suggestiva espressione del Papa, allorché, nel cinquantesimo della sua ordinazione sacerdotale, ha inteso rileggere con sguardo di fede la storia della propria vocazione).
È Dio che manda Gabriele, è Dio che riempie di grazia… Così l’umile ancella, vuota di sé, è piena di grazia, e in lei si compiono le “grandi cose” di Dio.
È una lezione per tutti noi. Solo alla luce della grazia, solo assicurando il primato di Dio nella nostra vita potremo capire noi stessi, e decifrare la storia della nostra vocazione. “Che io conosca te, che io conosca me”, implorava sant’Agostino nei Soliloqui, alla vigilia del suo Battesimo.
LA RISPOSTA DI MARIA
Davanti all’intervento gratuito di Dio, Maria conclude il proprio discernimento con una parola di totale disponibilità: “Eccomi, sono la serva del Signore. Dio faccia con me come tu hai detto”. Ha conosciuto Dio e ha riconosciuto se stessa, umile serva nella quale la grazia viene ad operare grandi cose.
Ecco il secondo tratto dei racconti biblici di vocazione: la risposta del chiamato.
Si tratta di una risposta che in Maria è totalmente positiva: vuota di sé, la vergine è piena di grazia. Ma la risposta del chiamato può essere anche negativa: si pensi al giovane ricco. Non ha voluto svuotarsi delle sue ricchezze, non ha lasciato spazio alla grazia, e se n’è andato via triste.
A ciascuno di noi, in ogni giorno della nostra vita, è data la possibilità di rispondere come Maria o come il giovane ricco.
E io, che cosa devo ancora lasciare, per seguire Gesù?
LA MISSIONE
“Tu hai trovato grazia presso Dio”, prosegue l’Angelo. “Avrai un figlio, e gli darai nome Gesù”.
È questo il terzo tratto dei racconti biblici di vocazione: la missione. Maria è chiamata ad essere madre, madre di quel Figlio, e in lui di tutti gli uomini. Ma è una missione che essa scoprirà gradualmente nel corso della sua vita, fino ad afferrarne completamente il senso solo ai piedi della croce di Gesù.
Sta qui un insegnamento importante per la nostra vita: anche noi dilateremo gli spazi della missione e ne scopriremo i risvolti più fecondi, se ci disporremo – come Maria – a un pellegrinaggio di fede, che è insieme via della croce.
Solo se siamo disposti ad abbracciare ogni giorno la croce e a seguire Gesù, scopriremo in profondità la missione che ci è affidata.
IL TURBAMENTO DI MARIA
“Maria fu turbata da queste parole… «Come è possibile tutto questo?»”.
Siamo al quarto tratto dei racconti di vocazione: le resistenze, i turbamenti, le tentazioni del chiamato. Il fatto che perplessità e interrogativi ricorrano di norma nei racconti biblici di vocazione significa che il dubbio in se stesso non è deviazione colpevole, ma è una tappa di discernimento necessaria.
Il fatto è che Dio interpella una libertà, e una libertà responsabile. Tuttavia, il dubbio non deve restare la nostra ultima parola: il dubbio permanente finisce per tarpare le ali della fede e paralizza le possibilità di una risposta generosa al Signore.
LA CONFERMA DI DIO
“Non temere, Maria!”. Ed ecco finalmente l’ultimo atto della storia: la conferma rassicurante da parte di Dio.
Soltanto che, ordinariamente, questa conferma sulla storia di vocazione non la si può sperimentare in forma previa, come una garanzia, un’assicurazione preliminare, mentre ce ne stiamo a braccia incrociate a guardare.
La conferma di Dio la si esperimenta all’interno del cammino di un’esistenza donata a Gesù e agli altri.
Allora, in un’esistenza impostata così, non verranno a mancare i segni di Dio, e, volgendoci indietro a guardare, scopriremo che alla fine tutto è grazia.
“Non temere, Maria…”. Non temere, tu che ascolti la chiamata del Signore! Egli è con te.
La storia è finita… Ma è una storia che si propone a noi in ogni giorno della nostra vita.
Riferiremo alla nostra storia la storia di Maria: e se sapremo svuotarci di noi stessi e dei nostri egoismi, ci scopriremo anche noi “pieni di grazia”.
http://www.zenit.org/it/articles/dio-sempre-ci-aspetta-non-si-stanca
« DIO SEMPRE CI ASPETTA, NON SI STANCA »
OMELIA DI PAPA FRANCESCO NELLINSEDIAMENTO SULLA CATTEDRA DI VESCOVO DI ROMA
CITTA’ DEL VATICANO, 07 APRILE 2013 (ZENIT.ORG)
Riportiamo di seguito l’omelia tenuta questo pomeriggio da papa Francesco nella Basilica di San Giovanni in Laterano, in occasione dell’insediamento sulla Cattedra di Vescovo di Roma.
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Cari fratelli e sorelle!
con gioia celebro per la prima volta l’Eucaristia in questa Basilica Lateranense, Cattedrale del Vescovo di Roma. Vi saluto tutti con grande affetto: il Cardinale Vicario, i Vescovi Ausiliari, il Presbiterio diocesano, i Diaconi, le Religiose e i Religiosi e tutti i fedeli laici. Camminiamo insieme nella luce del Signore Risorto.
Celebriamo oggi la Seconda Domenica di Pasqua, denominata anche «della Divina Misericordia». Com’è bella questa realtà della fede per la nostra vita: la misericordia di Dio! Un amore così grande, così profondo quello di Dio verso di noi, un amore che non viene meno, sempre afferra la nostra mano e ci sorregge, ci rialza, ci guida.
Nel Vangelo di oggi, l’apostolo Tommaso fa esperienza proprio della misericordia di Dio, che ha un volto concreto, quello di Gesù, di Gesù Risorto. Tommaso non si fida di ciò che gli dicono gli altri Apostoli: «Abbiamo visto il Signore»; non gli basta la promessa di Gesù, che aveva annunciato: il terzo giorno risorgerò. Vuole vedere, vuole mettere la sua mano nel segno dei chiodi e nel costato. E qual è la reazione di Gesù? La pazienza: Gesù non abbandona il testardo Tommaso nella sua incredulità; gli dona una settimana di tempo, non chiude la porta, attende. E Tommaso riconosce la propria povertà, la poca fede. «Mio Signore e mio Dio»: con questa invocazione semplice ma piena di fede risponde alla pazienza di Gesù. Si lascia avvolgere dalla misericordia divina, la vede davanti a sé, nelle ferite delle mani e dei piedi, nel costato aperto, e ritrova la fiducia: è un uomo nuovo, non più incredulo, ma credente.
E ricordiamo anche Pietro: per tre volte rinnega Gesù proprio quando doveva essergli più vicino; e quando tocca il fondo incontra lo sguardo di Gesù che, con pazienza, senza parole gli dice: «Pietro, non avere paura della tua debolezza, confida in me»; e Pietro comprende, sente lo sguardo d’amore di Gesù e piange. Che bello è questo sguardo di Gesù – quanta tenerezza! Fratelli e sorelle, non perdiamo mai la fiducia nella misericordia paziente di Dio!
Pensiamo ai due discepoli di Emmaus: il volto triste, un camminare vuoto, senza speranza. Ma Gesù non li abbandona: percorre insieme la strada, e non solo! Con pazienza spiega le Scritture che si riferivano a Lui e si ferma a condividere con loro il pasto. Questo è lo stile di Dio: non è impaziente come noi, che spesso vogliamo tutto e subito, anche con le persone. Dio è paziente con noi perché ci ama, e chi ama comprende, spera, dà fiducia, non abbandona, non taglia i ponti, sa perdonare. Ricordiamolo nella nostra vita di cristiani: Dio ci aspetta sempre, anche quando ci siamo allontanati! Lui non è mai lontano, e se torniamo a Lui, è pronto ad abbracciarci.
A me fa sempre una grande impressione rileggere la parabola del Padre misericordioso, mi fa impressione perché mi dà sempre una grande speranza. Pensate a quel figlio minore che era nella casa del Padre, era amato; eppure vuole la sua parte di eredità; se ne va via, spende tutto, arriva al livello più basso, più lontano dal Padre; e quando ha toccato il fondo, sente la nostalgia del calore della casa paterna e ritorna. E il Padre? Aveva dimenticato il figlio? No, mai. É lì, lo vede da lontano, lo stava aspettando ogni giorno, ogni momento: è sempre stato nel suo cuore come figlio, anche se lo aveva lasciato, anche se aveva sperperato tutto il patrimonio, cioè la sua libertà; il Padre con pazienza e amore, con speranza e misericordia non aveva smesso un attimo di pensare a lui, e appena lo vede ancora lontano gli corre incontro e lo abbraccia con tenerezza, la tenerezza di Dio, senza una parola di rimprovero: è tornato! Dio sempre ci aspetta, non si stanca. Gesù ci mostra questa pazienza misericordiosa di Dio perché ritroviamo fiducia, speranza, sempre! Romano Guardini diceva che Dio risponde alla nostra debolezza con la sua pazienza e questo è il motivo della nostra fiducia, della nostra speranza (cfr Glabenserkenntnis, Wurzburg 1949, p. 28).
Vorrei sottolineare un altro elemento: la pazienza di Dio deve trovare in noi il coraggio di ritornare a Lui, qualunque errore, qualunque peccato ci sia nella nostra vita. Gesù invita Tommaso a mettere la mano nelle sue piaghe delle mani e dei piedi e nella ferita del costato. Anche noi possiamo entrare nelle piaghe di Gesù, possiamo toccarlo realmente; e questo accade ogni volta che riceviamo con fede i Sacramenti. San Bernardo in una bella Omelia dice: «Attraverso … le ferite [di Gesù] io posso succhiare miele dalla rupe e olio dai ciottoli della roccia (cfr Dt 32,13), cioè gustare e sperimentare quanto è buono il Signore» (Sul Cantico dei Cantici 61, 4). É proprio nelle ferite di Gesù che noi siamo sicuri, lì si manifesta l’amore immenso del suo cuore. Tommaso lo aveva capito. San Bernardo si domanda: su che cosa posso contare? Sui miei meriti? Ma «mio merito è la misericordia di Dio. Non sono certamente povero di meriti finché lui sarà ricco di misericordia. Che se le misericordie del Signore sono molte, io pure abbonderò nei meriti» (ivi, 5). Questo è importante: il coraggio di affidarmi alla misericordia di Gesù, di confidare nella sua pazienza, di rifugiarmi sempre nelle ferite del suo amore. San Bernardo arriva ad affermare: «Ma che dire se la coscienza mi morde per i molti peccati? « Dove è abbondato il peccato è sovrabbondata la grazia » (Rm 5,20)» (ibid.). Forse qualcuno potrebbe pensare: il mio peccato è così grande, la mia lontananza da Dio è come quella del figlio minore della parabola, la mia incredulità è come quella di Tommaso; non ho il coraggio di tornare, di pensare che Dio possa accogliermi e che stia aspettando proprio me. Ma Dio aspetta proprio te, ti chiede solo il coraggio di andare a Lui. Quante volte nel mio ministero pastorale mi sono sentito ripetere: «Padre, ho molti peccati»; e l’invito che ho sempre fatto è: «Non temere, va’ da Lui, ti sta aspettando, Lui farà tutto». Quante proposte mondane sentiamo attorno a noi, ma lasciamoci afferrare dalla proposta di Dio, la sua è una carezza di amore. Per Dio noi non siamo numeri, siamo importanti, anzi siamo quanto di più importante Egli abbia; anche se peccatori, siamo ciò che gli sta più a cuore.
Adamo dopo il peccato prova vergogna, si sente nudo, sente il peso di quello che ha fatto; eppure Dio non abbandona: se in quel momento inizia l’esilio da Dio, con il peccato, c’è già la promessa del ritorno, la possibilità di ritornare a Lui. Dio chiede subito: «Adamo, dove sei?», lo cerca. Gesù è diventato nudo per noi, si è caricato della vergogna di Adamo, della nudità del suo peccato per lavare il nostro peccato: dalle sue piaghe siamo stati guariti. Ricordatevi quello di san Paolo: di che cosa mi vanterò se non della mia debolezza, della mia povertà? Proprio nel sentire il mio peccato, nel guardare il mio peccato io posso vedere e incontrare la misericordia di Dio, il suo amore e andare da Lui per ricevere il perdono.
Nella mia vita personale ho visto tante volte il volto misericordioso di Dio, la sua pazienza; ho visto anche in tante persone il coraggio di entrare nelle piaghe di Gesù dicendogli: Signore sono qui, accetta la mia povertà, nascondi nelle tue piaghe il mio peccato, lavalo col tuo sangue. E ho sempre visto che Dio l’ha fatto, ha accolto, consolato, lavato, amato.
Cari fratelli e sorelle, lasciamoci avvolgere dalla misericordia di Dio; confidiamo nella sua pazienza che sempre ci dà tempo; abbiamo il coraggio di tornare nella sua casa, di dimorare nelle ferite del suo amore, lasciandoci amare da Lui, di incontrare la sua misericordia nei Sacramenti. Sentiremo la sua tenerezza, sentiremo il suo abbraccio e saremo anche noi più capaci di misericordia, di pazienza, di perdono, di amore.