Discesa agli inferi

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AL SEPOLCRO IN ATTESA DELLA VITA VERA
Il giorno della sepoltura di Cristo la Chiesa si astiene dall’Eucaristia, fonte della sua stessa identità. Nelle parole di monsignor Vito Angiuli teologo del Congresso di Bari il significato di questo digiuno.
Il masso che sigilla il sepolcro è l’ultimo rumore che risuona dopo la morte di Gesù. Eppure il silenzio che regna tra il Venerdì santo e il Sabato santo è abitato dall’attesa di qualcosa di nuovo e più grande. Monsignor Vito Angiuli, direttore dell’Istituto di scienze religiose di Bari e presidente della Commissione teologica del Congresso eucaristico nazionale di Bari, spiega il valore teologico e liturgico di questi due giorni in cui la Chiesa conserva e consuma solo il pane eucaristico consacrato il Giovedì santo. Oggi il digiuno eucaristico terminerà con la grande Veglia pasquale.
Monsignor Angiuli, qual è il significato di questo silenzio di riflessione?
«In questo giorno accostarsi alla tomba di Cristo vuol dire riconoscere che tutta la rivelazione del Dio-Amore si muove nella dialettica tra svelamento e velamento, tra manifestazione e nascondimento. Il silenzio del Sabato santo custodisce la Parola rivelata: se la croce è la manifestazione pubblica dell’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito santo, il sepolcro di Cristo è il luogo in cui l’amore si ‘nasconde’ in un silenzio che è carico di tutta la profondità del mistero di Dio e dell’uomo».
Un silenzio che comunica, quindi.
«Certo, esso è anche la risposta di Dio alle domande fondamentali che l’uomo si pone sul senso della vita e della storia. A chi, come André Malraux, è ancora in attesa ‘del profeta che oserà gridare: non c’è il nulla’, il credente deve annunciare con tutta la sua vita che il male, il dolore e la morte sono stati definitivamente sconfitti e che l’amore di Dio circonda tutta la vita. Questo annuncio cristiano contiene il segreto desiderio di ogni uomo».
Ciò significa che non si tratta di un messaggio per pochi privilegiati?
«Infatti. Va interpretato in tal senso il ‘fremito di Dio’, il ‘desiderio dello Spirito’ che serpeggia e, talvolta, divampa nel mondo contemporaneo e dà voce a quella ‘preghiera laica’ di Heideggger: ‘Solo un Dio può salvarci’. Ma quale Dio? Il Dio Pan che ‘ rinasce’ (per morire e rinascere ancora) o il Crocifisso-Risorto che risorge e non muore più, perché la morte non ha più alcun potere su di Lui?».
Se la Chiesa si costituisce attorno alla mensa eucaristica, quali sono i riferimenti in questo giorno in cui l’Eucaristia viene a mancare?
«A questo proposito vorrei richiamare un’osservazione del cardinale Ratzinger. Il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ricordando una pratica esistente fin dall’epoca apostolica, nel suo ‘La comunione nella Chiesa’, scrive che ‘il digiuno eucaristico era frutto della spiritualità comunionale della Chiesa. È proprio la rinuncia alla comunione in uno dei giorni più santi dell’anno liturgico, trascorso senza Messa e senza comunione ai fedeli. Era un modo profondo di partecipare alla Passione del Signore: il lutto della sposa alla quale è tolto lo sposo’. Ci sono, infatti, momenti nei quali l’astenersi dalla mensa del Signore non implica un’esclusione dall’amore di Dio, ma è il segno di un desiderio della sua presenza più intenso».
Come vivere questa esperienza di digiuno?
«Rispondo ancora con le parole di Ratzinger: ‘Esso potrebbe favorire un approfondimento del rapporto personale col Signore nel sacramento; potrebbe essere anche un atto di solidarietà con chi ha desiderio del sacramento, ma non lo può ricevere. Mi sembra che il problema dei divorziati risposati, ma anche quello dell’intercomunione (per esempio, nei matrimoni misti) risulterebbe molto meno gravoso se tale volontario digiuno spirituale riconoscesse ed esprimesse visibilmente che noi tutti dipendiamo da quel salvataggio dell’amore che il Signore ha compiuto nell’estrema solitudine della croce’».
Sullo sfondo dell’Anno dell’Eucaristia, che valore aggiunto per il Sabato santo?
«Varrebbe la pena oggi di meditare in particolare su alcuni passaggi dell’enciclica Ecclesia de Eucharistia. In essa il Papa sottolinea che ‘quando si celebra l’Eucaristia presso la tomba di Gesù si torna in modo quasi tangibi le all’ora della croce e della glorificazione’. La celebrazione eucaristica riconduce il tempo all’evento della redenzione, al mistero della Croce e del sepolcro vuoto, a quel fatto che ha un valore storico e cosmico».
E in vista del Congresso eucaristico di Bari?
«A questo proposito il riferimento al Sabato santo acquista un particolare significato anche in vista del dialogo interconfessionale. La scelta della città di Bari come sede del Congresso è dovuta alla sua naturale vocazione ecumenica. Motivi storico-geografici e soprattutto la presenza delle reliquie di san Nicola, vescovo di Myra, nella Basilica a lui dedicata, fanno della città e della Puglia un punto di incontro tra la tradizione bizantina e quella latina».
In cosa si differenziano queste due sensibilità?
«L’Ortodossia, nelle sue diverse espressioni teologiche, liturgiche e artistiche, pone in particolare rilievo il mistero del Sabato santo. ‘L’immagine della redenzione, in Occidente – ha recentemente scritto Olivier Clément –, è il Golgota. In Oriente, è la discesa di Cristo agli inferi’. Cristo spezza la porta di questo stato d’esistenza dove regnano la separazione e l’angoscia e stende la mano al primo Adamo».
Il sepolcro come condizione esistenziale?
«Nella visione orientale l’umanità decaduta si trova sepolta nell’inferno come modalità di esistenza, un inferno che non è creazione di Dio, ma espressione dello ‘stato di separazione’. Come ha sottolineato Hans Urs von Balthasar, è forse una lacuna della teologia occidentale quella di non considerare da che cosa Cristo ci ha riscattati. Questo ‘da che cosa’ per l’Ortodossia è semplicemente l’inferno».
Link utili:
http://www.avvenire.it
(Teologo Borèl) Marzo 2005 – autore: Matteo Liut
http://www.donbosco-torino.it/ita/Kairos/Vita%20Spirituale/2002-2003/Sabato_Santo.html
IL SILENZIO DEL SABATO SANTO
Il Sabato Santo, incastonato tra il dolore della Croce e la gioia della Pasqua, si colloca al centro della nostra fede. È un giorno denso di sofferenza, di attesa e di speranza; segnato da un profondo silenzio.
I discepoli hanno ancora nel cuore le immagini dolorose della morte di Gesù che segna la fine dei loro sogni messianici. In quel giorno sperimentano il silenzio di Dio, la pesantezza della sua apparente sconfitta, la disperazione dovuta all’assenza del Maestro prigioniero della morte.
C’è stato, a partire dalla cena pasquale, un succedersi vorticoso di fatti imprevedibili, che li ha sorpresi e ammutoliti. Le anticipazioni sulla sua passione più volte fatte da Gesù, i segni rassicuranti e miracolosi che le avevano sostenute, l’amore mostrato nell’Ultima Cena… tutto, in questo giorno, sembra svanito.
I discepoli hanno l’impressione che Dio sia divenuto muto e che non suggerisca più linee interpretative della storia.
A ciò si aggiunge la vergogna d’essere fuggiti e d’aver rinnegato il Signore: si sentono traditori, incapaci di far fronte al presente e senza prospettiva di futuro, non vedono come uscire da una situazione di crollo delle illusioni, mancando ancora quei segni che incominceranno a scuoterli a partire dal mattino della Domenica con il racconto del sepolcro vuoto e le apparizioni del Risorto.
Tuttavia, i discepoli, proprio attraverso la porta del Sabato Santo, ci aiutano a riflettere sul senso del nostro tempo e a leggere il passaggio dei nostri giorni, riconoscendo nel loro disorientamento, le nostalgie e le paure che caratterizzano la nostra vita di credenti nello scenario che s’appresta all’inizio di questo millennio.
La presenza di Maria
Ma questo giorno è anche il Sabato di Maria. Ella lo vive nelle lacrime unite alla forza della fede. Veglia nell’attesa fiduciosa e paziente; sa che le promesse di Dio si avverano per la potenza divina che risuscita i morti. Così Maria con la sua forza d’animo sorregge la fragile speranza dei discepoli amareggiati e delusi.
Con la Madonna del Sabato Santo, anche noi leggeremo la nostra attesa e le nostre speranze, la fede vissuta come continuo e faticoso cammino verso il mistero, per rispondere con verità, speranza ed amore alle domande che ci portiamo dentro: “Chi siamo e dove siamo diretti? Dove va il cristianesimo e la Chiesa che amiamo?”.
Anche nel sabato del tempo in cui ci troviamo è necessario riscoprire l’importanza dell’attesa. L’assenza di speranza è forse la malattia mortale delle coscienze di oggi.
Siamo nel sabato del tempo, è vero, un sabato che indica quasi assenza di direzione, tempo sospeso ma pur sempre un tempo santificato dall’azione di Dio, anche se un Dio silente, che tace e si nasconde.
Verrà quindi per tutti il giorno ottavo, il giorno del ritorno del Signore Gesù, non fuori, ma dentro le contraddizioni della storia. Per questo, dobbiamo lasciarci ispirare dalla Pasqua e riflettere sulla gioia degli apostoli quando incontrano Gesù vivente e risorto: “E i discepoli gioirono al vedere il Signore”.
All’indifferenza, alla frustrazione e alla delusione senza attese di futuro, deve opporsi come antidoto soltanto la speranza, non quella fondata su calcoli, ma sull’unico fondamento della promessa di Dio.
La Madonna del Sabato Santo getta luce sul compito che ci aspetta e che ci è reso possibile dal dono dello Spirito del Risorto. Si tratta di irradiare attorno a noi, con gli atti semplici della vita quotidiana, e senza forzature, la gioia interiore e la pace, frutti della consolazione dello Spirito. Perché credere in Cristo, morto e risorto, per noi significa essere testimoni, con la parola e con la vita, della speranza che non muore.
Corrado Bruno SDB