PAPA FRANCESCO CHIEDE LA PREGHIERA ALLA FOLLA RACCOLTA A SAN PIETRO

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LA SPERANZA
LA SPERANZA NELLE LETTERE APOSTOLICHE (parte I)
L’insegnamento sul ritorno di Cristo e la restaurazione di tutte le cose ritorna più volte nelle lettere degli Apostoli. La prima generazione dei cristiani, è caratterizzata da un’attesa della parusia a breve termine. E ne abbiamo tante prove nel NT. In uno dei suoi primi discorsi, Pietro dice che Gesù rimarrà in cielo « fino ai tempi della restaurazione di tutte le cose » (At 3,21). Il suo ritorno comporterà quindi la realizzazione dell’ultimo atto creativo di Dio, che avrà due obiettivi: Egli condurrà la creazione a nuovi e definitivi ordinamenti e l’umanità verso la rinascita della risurrezione corporea. I cristiani del primo secolo pensavano però che tutto ciò dovesse compiersi nel giro di pochi anni. L’Apostolo Paolo dice a chiare lettere, a proposito della risurrezione: « Vi annuncio un mistero: non tutti moriremo, ma tutti saremo trasformati… i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati » (1 Cor 15,51-52). Pensando al ritorno di Cristo e alla risurrezione concomitante, Paolo associa a sé la comunità di Corinto mettendola tra coloro che saranno vivi in quel momento: « i morti risorgeranno, noi saremo trasformati ». Solo alla fine del primo secolo, al tempo in cui Luca scrive il suo vangelo, comincia a farsi strada l’idea che i tempi di Dio non sono i nostri; e mentre la prima generazione concepiva l’opera della Redenzione in due tempi: Morte – Risurrezione e ritorno di Cristo nella gloria, col vangelo di Luca si comincia a capire che i tempi sono tre: Morte – Risurrezione, Missione della Chiesa, ritorno di Cristo nella gloria. Luca, infatti, sente il bisogno di aggiungere al suo vangelo il libro degli Atti, come una sezione integrante del suo servizio alla Parola.La lettera più antica tra quelle apostoliche è la prima ai Tessalonicesi. Essa ci riporta al tema del raduno degli eletti, già discusso nella prospettiva dei Sinottici. In particolare va menzionata la pericope in cui l’Apostolo parla esplicitamente della speranza teologale, che suscita nell’animo del cristiano dei sentimenti del tutto diversi da quelli di chi non ha speranza: « Non vogliamo lasciarvi nell’ignoranza, fratelli, circa quelli che sono morti, perché non continuiate ad affliggervi come quelli che non hanno speranza » (1 Ts 4,13). La conoscenza del disegno di Dio libera la persona dalle sue afflizioni, specialmente dagli enigmi legati al problema della morte. L’Apostolo dice che il disegno di Dio è quello di radunare intorno a Cristo, nel giorno della sua venuta, coloro che sono morti. E’ evidente che Paolo si mette anche qui dalla parte di coloro che, nel giorno della parusia, saranno ancora vivi: « Prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro tra le nuvole, per andare incontro al Signore nell’aria » (1 Ts 4,16-17). Il raduno degli eletti è dunque presentato dall’Apostolo nella forma di un rapimento. Questa immagine va accostata a quella di Luca 17,34-35? Si parla infatti di qualcosa che richiama un rapimento o un sollevamento: « in quella notte due si troveranno in un letto: l’uno verrà preso e l’altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l’una verrà presa e l’altra lasciata ». Potrebbe essere senz’altro. Ciò significherebbe che la terra come pianeta abitabile, nel momento della parusia, avrebbe concluso il suo ciclo e la sua esistenza. Alla luce di questo potremo leggere anche la promessa di cieli nuovi e terra nuova, dopo la dissoluzione di questo cielo e di questa terra, della seconda di Pietro: « Il giorno del Signore verrà come un ladro; allora i cieli con fragore passeranno, gli elementi consumati dal calore si dissolveranno e la terra con quanto c’è in essa sarà distrutta » (3,16). Poco più avanti si ha la grande promessa: « Noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova » (v. 13). I risorti abiteranno dunque una creazione che non è quella che noi conosciamo attualmente.Nella prima ai Tessalonicesi, l’Apostolo enuncia anche talune circostanze che caratterizzeranno il giorno del Signore: « Quando si dirà: Pace e sicurezza, allora d’improvviso li colpirà la rovina » (1 Ts 4,3). Il versetto va accostato al discorso escatologico di Gesù, dove uno degli aspetti dell’umanità che sarà destinataria dell’ultima epifania di Cristo è la « superficializzazione ». Gesù paragona, infatti, l’umanità degli ultimi tempi a quella contemporanea a Noè e Lot: mangiavano e bevevano, si maritavano, vendevano e compravano.
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SANTA MARIA MAGGIORE: LA PRIMA META DI PAPA FRANCESCO
IL NUOVO PONTEFICE PORTA AL COLLO LA STESSA CROCE DI QUANDO ERA VESCOVO
CITTA’ DEL VATICANO, 14 MARZO 2013 (ZENIT.ORG) LUCA MARCOLIVIO
“Habemus Papam, evidentemente…”. Con queste parole, tra evidente emozione e sottile ironia, padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa Vaticana, ha esordito nel briefing di metà giornata con i giornalisti accreditati per l’evento del Conclave.
“Oggi viviamo una giornata diversa dalla altre, tutti abbiamo provato emozione e siamo stati colpiti da elementi nuovi: la provenienza del nuovo Pontefice, le sue parole, il nome scelto, il modo di porsi”, ha commentato Lombardi.
“Siamo stati tutti colti di sorpresa, me compreso”, ha aggiunto il portavoce vaticano che ha giudicato le sorprese di ieri sera come “molto positive”.
Lombardi ha poi rivelato alcuni particolari dell’atto di omaggio dei cardinali a papa Francesco, durante il quale il pontefice neoeletto è rimasto in piedi di fronte all’altare e non seduto come è consuetudine.
Durante la cerimonia, il Santo Padre ha indossato l’abito bianco senza mozzetta, portando la stessa croce che ha sempre usato da vescovo. “Ci ha colpito il suo atteggiamento pastorale da vescovo di Roma e il rapporto con la comunità”, ha detto Lombardi, sottolineando che la presenza del cardinale vicario della diocesi di Roma, Agostino Vallini, è “un aspetto nuovo e significativo rispetto al passato”.
Il nome di Francesco ha un “chiaro sapore evangelico”, ha aggiunto Lombardi, che ha definito la richiesta della preghiera del popolo, da parte del nuovo papa come un “atto significativo”.
Per il rientro a Santa Marta era stata preparata un’auto d’ordinanza SCV 1, tuttavia il Papa ha preferito rientrare con gli altri in pulmino. Al termine della cena, ha rivolto delle brevi parole di ringraziamento ai cardinali, dicendo loro con bonaria ironia: “Che Dio vi perdoni”.
In serata Francesco ha telefonato al suo predecessore Benedetto XVI. Un incontro a Castel Gandolfo tra il Papa e il Papa emerito dovrebbe avvenire nei prossimi giorni o settimane, tuttavia, ha precisato Lombardi, non è stata fissata ancora alcuna data per tale appuntamento.
La seconda giornata del pontificato di Francesco è iniziata con la visita a Santa Maria Maggiore. Giunto in basilica poco dopo le 8 del mattino, il Santo Padre è stato accompagnato dall’arciprete Santos Abril y Castrillon e dal cardinale vicario Agostino Vallini.
Il Papa è stato accolto dal capitolo della basilica, dai confessori e da tutto il personale. Presenti tra gli altri anche il cardinale Bernard Francis Law, arciprete emerito di Santa Maria Maggiore e monsignor Georg Gainswein, prefetto della Casa Pontificia.
Dopo aver deposto un piccolo mazzo di fiori davanti all’altare, il nuovo vescovo di Roma si è inginocchiato in preghiera per una decina di minuti. Francesco si è poi fermato davanti all’altar maggiore.
Si è poi recato nella Cappella Sistina della basilica mariana, dove sono presenti l’altare dove Sant’Ignazio di Loyola (papa Bergoglio appartiene alla Compagnia di Gesù) celebrò la sua prima messa nella notte di Natale del 1538 e una reliquia della mangiatoia di Betlemme.
L’ultima sosta di Francesco è stata davanti alla tomba di papa San Pio V.
Il Santo Padre, dopo essersi congedato con i presenti, ha lasciato Santa Maria Maggiore a bordo di una delle auto della gendarmeria vaticana: durante il percorso ha salutato una scolaresca di passaggio, in procinto di iniziare le lezioni.
Di seguito, ha avuto luogo una breve sosta alla Casa del Clero di via della Scrofa dove il cardinale Bergoglio ha alloggiato nei giorni immediatamente precedenti al Conclave: qui “ha preso i suoi bagagli, ha salutato il personale, ha pagato il conto per dare il buon esempio, poi è tornato a Santa Marta”, ha commentato padre Lombardi.
In serata – ha poi annunciato il portavoce vaticano – dopo aver presieduto la messa nella Cappella Sistina, che concelebrerà assieme ai cardinali elettori, il Santo Padre rimuoverà i sigilli dall’appartamento pontificio, apposti lo scorso 28 febbraio, all’inizio della Sede Vacante.
Francesco dimorerà ancora per alcuni giorni a Santa Marta, come è consuetudine per tutti gli inizi di pontificato. L’appartamento pontificio, dove sono in corso dei lavori di ristrutturazione, destinati a concludersi in tempi rapidi, sarà poi a disposizione del Papa.