LA LIBERTÀ DEI FIGLI DI DIO – Daniel Rops *
http://www.atma-o-jibon.org/italiano6/letture_patristiche_o.htm#«QUANDO VERRÒ E VEDRÒ IL VOLTO DI DIO?»
LA LIBERTÀ DEI FIGLI DI DIO
Daniel Rops *
Nato a Epinal in Francia nel 1901, Henri Petiot, detto Daniel Rops, è morto il 27 luglio 1965. Storico e scrittore di valore è stato ammesso tra gli accademici di Francia nel 1955. Lavoratore infaticabile, ha saputo far fruttificare i suoi doni eccezionali, specialmente nella poderosa opera in otto volumi «Storia della Chiesa di Cristo». Abbiamo qui un vivace ritratto del fondatore dell’Oratorio san Filippo Neri.
In tutta la storia della Chiesa non vi è certamente nessun santo che come san Filippo Neri abbia dato una testimonianza tanto valida della libertà dei figli di Dio. Egli fondò l’Oratorio, uno degli istituti più singolari – almeno agli inizi – esistenti in seno alla Chiesa. Per le vie di Roma incontriamo, verso il 1590, questo brav’uomo dall’aspetto strano, calvo, con la barba incolta,la corporatura alta e dinoccolata, che si agita gesticolando e parla e ride con tutti. Nulla di artificioso in lui: questo è il meno che si possa dire. Gli piace moltissimo lanciare una battuta, fare qualche scherzo bonario e giungere fino a mettere in ridicolo se stesso: sa lui il perché. Si direbbe che ha deciso di non farsi prendere sul serio: ma è proprio questa umiltà che tocca le anime, questa delicata disinvoltura… la sua «continua ilarità di spirito» è comunicativa, e il suo umorismo, da cui non volle mai staccarsi, si situa al punto di incontro della tenerezza con l’ironia, del consiglio morale con lo scherzo, là dove esplode, nella gioia, la libertà del cristiano.
Ma, nello stesso tempo, questo personaggio così curioso, così sconcertante per molti aspetti, quest’uomo d’una meravigliosa purezza d’animo, è un grande mistico che il cielo ricolma di grazie visibili e di carismi. Come si racconta, il Cristo stesso l’ha segnato con il suo sigillo, in un misterioso colloquio di cui Filippo non parla mai, ma che certamente è stato determinante nella sua vita; si dice che in quell’istante il suo cuore si è rivelato troppo piccolo per contenere l’immensità del suo amore soprannaturale; perciò si è gonfiato tanto che le costole si sono sollevate per fargli posto. Quando Filippo prega si direbbe che non appartenga più alla terra, che stia per volare al cielo verso cui tende le sue mani scarne e diafane. E’ evidente che al capezzale dei malati – uno dei posti che egli predilige – Dio si serve di lui per guarigioni miracolose… I penitenti che si inginocchiano al suo confessionale, come più tardi quelli del curato d’Ars, non hanno bisogno di manifestare le proprie colpe: il santo legge nel loro cuore meglio di quanto lo facciano loro stessi. E se uno volesse chiedergli: «Padre da che cosa vede che ho commesso questa colpa?», si sentirebbe rispondere, in uno scoppio di risa: «Dal colore del tuo pelo!».
Questo era il Filippo che Firenze aveva visto nascere nel 1515 da una povera famiglia di bottegai e che a 17 anni, invece di andare a imparare i segreti del mestiere presso uno degli zii, si era improvvisamente messo al servizio di Cristo. Per anni, vivendo di espedienti, dormendo nelle chiese o sotto i portici, portando il suo pane nel cappuccio del mantello, era stato uno di quegli apostoli laici, uno di quei bizzarri testimoni della Parola, che oggi sembrano una cosa inconcepibile e che allora,invece, erano piuttosto numerosi. In tutti i quartieri, fossero anche i più malfamati, egli predicando all’aperto ad ascoltatori ben disposti, otteneva conversioni sorprendenti. Lo si vedeva spesso nelle catacombe, in preghiera davanti alla tomba di qualche martire; si recava regolarmente in pellegrinaggio alle «sette chiese», le più celebri e sante basiliche della città. La confraternita della Carità, che riuniva membri appartenenti a tutte le classi sociali, non aveva servitore più devoto, più dedito al prossimo, di quell’uomo eccentrico che aveva sempre Dio sulle labbra… Più tardi accettò di diventare sacerdote, anche se – come pare – non aveva compiuto studi di teologia molto regolari. Ma lo Spirito di Dio, per soffiare, non ha assoluto bisogno né della teologia, né dei teologi: ed era appunto questo Spirito che parlava per bocca sua.
* L’Eglise de la Renaissance et de la Réforme catholique, Fayard, Parigi 1955, pp. 160-162.

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