PADRI APOSTOLICI : POLICARPO DI SMIRNE – 23 FEBBRAIO
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PADRI APOSTOLICI > POLICARPO DI SMIRNE - 23 FEBBRAIO
I contenuti dell’epistola di Clemente I Romano sono riportati e citati nella Lettera ai Filippesi di san Policarpo, vescovo di Smirne (attuale Izmir, Turchia), che si configura come risposta alla richiesta della comunità cristiana della città macedone di Filippi – fondata da san Paolo nel 49 – di avere la copia delle lettere che sant’Ignazio di Antiochia aveva scritto durante il suo viaggio verso il martirio. La Lettera ai Filippesi, unico scritto autentico rimasto di Policarpo e tramadatoci nella sua versione latina, dà molte direttive e costituisce una narrazione importante sotto il profilo storico, agiografico e liturgico. Dal punto di vista dottrinale, viene detto che Cristo ha Dio per Padre e, di conseguenza, è Figlio di Dio, ma è anche uomo e per noi morì e fu da Dio resuscitato.
E’ possibile che Policarpo abbia scritto numerose altre lettere alle comunità vicine alla sua, ma non si sono conservate.
Della vita di Policarpo, si ipotizza che nacque intorno all’anno 69 e che, secondo gli scritti di Ireneo ed Eusebio di Cesarea, fu educato dagli apostoli che lo ordinarono vescovo di Smirne, forse lo nominò Giovanni che viveva a Efeso ma è difficile dimostrare se si trattava dell’evangelista o di un suo omonimo.
Nel 107 incontrò, a Smirne, sant’Ignazio di Antiochia, durante il suo viaggio a Roma per essere martirizzato, di cui raccolse gli scritti e scrisse a sua volta la Lettera ai Filippesi esortando quei cristiani a servire Dio nel timore, credere in Lui, sperare nella resurrezione, camminare nella via della giustizia, secondo l’esempio di Ignazio, di cui egli univa le lettere in suo possesso.
Verso la fine del 154, molto anziano, Policarpo si recò a Roma da papa Aniceto per discutere, tra l’altro, della data della celebrazione della Pasqua, che in Occidente si celebrava la domenica seguente al plenilunio di primavera, mentre in Oriente era fissata, secondo il computo ebraico, per il 14 del mese di Nisan (marzo-aprile). L’accordo non fu raggiunto, ma ciò non mise in alcun modo in discussione l’unità fondamentale della Chiesa cristiana, dimostrando la possibile pacifica convivenza di pareri diversi.
Tornando a Smirne, Policarpo andò incontro al martirio, come si narra in un documento coevo, il Martyrium Polycarpi, che è il più antico esempio autentico di Acta Martyrum. Al proconsole Stazio Quadrato che lo esortava a rinnegare Cristo, rispose: “Sono ottantasei anni che lo servo e non mi ha fatto nessun torto. Come potrei bestemmiare il mio re, il mio salvatore?” e si lasciò condurre sul rogo, dove recitò questa preghiera: “Signore Dio Onnipotente… Ti benedico perché mi hai fatto degno di questo giorno, di quest’ora; di prendere parte, nel numero dei martiri, al calice del Tuo Cristo, per la risurrezione, anima e corpo, alla vita eterna, nella incorrutibilità dello Spirito Santo”.
E’ da notare che l’affermazione “Sono 86 anni che lo servo…” fa presumere che Policarpo sia nato da genitori cristiani.
Il momento della morte è raccontato nel Martyrium: il fuoco non riuscì a toccare Policarpo, che, quindi, fu trafitto con un pugnale. Era il 23 febbraio 155 e, insieme a Policarpo, subirono il martirio altri cristiani provenienti dalla città di Filadelfia.
L’immagine di Policarpo è riprodotta nei mosaici della basilica di S. Apollinare in Classe (V secolo) a Ravenna nella teoria dei martiri che offrono a Dio la preziosa corona del martirio.
Dionisio da Furnà, nella sua Ermeneutica della pittura, indica Policarpo di Smirne in due modi (un vecchio dalla barba rotonda o dalla lunga barba dipartita), ne ricorda la morte nel fuoco e lo celebra il 23 febbraio. Non è impossibile che le diverse raffigurazioni si riferiscano a due santi omonimi. Infatti, il nome Policarpo (che significa « molti frutti », fruttuoso) era piuttosto comune nelle regioni orientali di lingua greca, ma lo si trova anche tra i primi cristiani romani. Un Policarpo, martire, è sepolto nelle catacombe di San Callisto a Roma, un altro, prete e confessore, è venerato a Roma anch’egli il 23 febbraio (da qui poté forse nascere l’equivoco, se così si tratta, di Dionisio). Sono annoverati tra i santi anche altri due martiri di nome Policarpo di origini orientali (Nicea e Antiochia) ma molto incerte sono le notizie.
Il culto è tuttora molto vivo in tutto il mondo cristiano. A Smirne è dedicata al santo patrono una parrocchia, sul cui altare maggiore troneggia una statua. A Roma sono conservati frammenti di ossa nella Chiesa di S. Maria in Campo Marzio, sede del patriarca di Antiochia di Siria. Da alcuni decenni gli è stata dedicata una grande parrocchia nel quartiere Tuscolano. Nella basilica di S. Clemente a Roma, nella prima metà del 1700, il pittore romano Giacomo Triga (1710-46) ha rappresentato l’incontro di Policarpo con S. Ignazio di Antiochia, ambedue rivestiti di solenni paramenti vescovili orientali. Altri luoghi di culto sono nell’isola di Malta e a Lione in Francia, dove fu vescovo e martire il suo discepolo sant’Ireneo.

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