L’EUCARISTIA E MARIA
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di SALVATORE M. PERRELLA osm
L’EUCARISTIA E MARIA
«Lo stesso Dio Padre che donò la manna nel deserto e ci donò il Figlio, oggi dona il Pane del cielo che dà la vita».
Il Sacramento dell’Eucaristia coinvolge, come nell’evento dell’incarnazione del Verbo, l’intera Trinità Santissima, la quale, a sua volta, chiama e abilita la Chiesa ministeriale a perpetuare nei secoli il prodigio della presenza, ora sacramentale, del Figlio dell’Altissimo nato dalla Vergine.
È la Chiesa che fa l’Eucaristia, ed è l’Eucaristia che fa la Chiesa, nel senso che entrambe sono strettamente connesse: l’Eucaristia fa la Chiesa, collegandosi in un certo parallelismo con il dono dello Spirito a Pentecoste in cui la Chiesa è venuta alla luce (cf Ecclesia de Eucharistia 5); il Sacramento della Cena fa la Chiesa poiché fu istituita da Cristo nell’ultima Cena con gli Apostoli, i quali a loro volta, per volontà dello stesso Signore, costituirono l’inizio della Chiesa (cf Ecclesia de Eucharistia 21-22).
Per cui l’Eucaristia fa ed edifica la comunità dei discepoli. Reciprocamente la Chiesa fa l’Eucaristia. Dalla Chiesa di Cristo infatti viene invocato lo Spirito per trasformare i doni del pane e del vino nel Corpo e Sangue di Cristo, presenza reale del Signore, suo sacramento di vita. Così lo Spirito Santo, come rende presente il Corpo reale sacramentale di Cristo nell’azione liturgica, opera anche alla costituzione del Corpo (mistico) di Cristo che è la Chiesa.
«Cristo consegnava alla Chiesa l’attualizzazione perenne del mistero pasquale. Con esso istituiva una misteriosa contemporaneità tra quel Triduum e lo scorrere dei secoli» (cf Ecclesia de Eucharistia 5). La Chiesa di Cristo e degli Apostoli, quindi, è ufficialmente incaricata e abilitata, attraverso il ministero ordinato, a rendere presente fino alla fine del tempo il mistero eucaristico nella sua pienezza di realizzazione.
Nell’enciclica vengono più volte menzionate le Persone divine nell’intreccio delle loro relazioni reciproche e delle loro relazioni con i credenti nell’opera della salvezza; viene nominata esplicitamente la Trinità, così che appaia ben chiaro l’intimo nesso dei misteri divini. L’Eucaristia, infatti, ha nel mistero trinitario la sua origine, il suo mezzo e il suo fine, essendo l’azione eucaristica l’atto supremo del culto cristiano celebrato dalla Chiesa (cf Ecclesia de Eucharistia 8.22.30.34.36.43.50.60).
« TOPOS »
L’Eucaristia perciò è il topos, cioè il luogo, reale e peculiare della presenza agente del Dio trinitario, che rende possibile la compresenza di altri protagonisti della Chiesa celeste e della Chiesa pellegrinante. Per cui la linea della continuità storico-sacramentale ci conduce all’identità degli agenti dell’azione eucaristica. Il modo con cui ieri si compì l’evento è lo stesso con cui viene oggi celebrato il memoriale (l’hodie liturgico!): lo stesso Dio Padre che donò la manna nel deserto e ci donò il Figlio, oggi dona il Pane del cielo che dà la vita; lo stesso identico Gesù Cristo, nella persona dei suoi ministri, presiede e celebra l’Eucaristia per noi e con noi, come ieri per e con gli Apostoli; lo stesso Spirito Santo, artefice dell’incarnazione, fuoco divino che consumò in olocausto la vittima sulla croce e fu effuso a Pentecoste sui discepoli, è nel cuore della actio liturgica e della adoratio; come scese su Maria a Nazaret, oggi lo stesso Spirito discende e si posa sui celebranti; come in Maria presso la croce, così oggi nella comunità che celebra, perché diventi offerta pura e santa; come a Pentecoste sui credenti con una profusione copiosa di doni e carismi, così oggi – con una molteplicità di grazie – sui fedeli, per farne il Corpo di Cristo, inviandoli e poi sostenendoli nella missione ad gentes.
Vi è dunque una profonda consonanza tra ciò che si compì ieri in Maria e ciò che si compie oggi in noi.
FUTURO IN DIO
Come nel Magnificat di Maria, canto grato, ricco di memoria (cf Lc 1,46-55), così nell’Eucaristia di Gesù, azione salvifica per eccellenza, anche se in modo essenzialmente diverso, è presente il richiamo a un futuro che non tramonta, per cui, anche se di diversa natura, autori e portata, entrambi declinano, uno liricamente, il cantico di Maria, e uno sacramentalmente, il gesto eucaristico di Gesù, il nostro futuro in Dio; il primo rievoca, il Magnificat, con l’affetto e la gratitudine della fede il passato misericorde ed eterno di Dio; il secondo attualizza, l’Eucaristia di Gesù, la misericordia salvifica del Padre mediante il sacrificio compiuto una volta per tutte dal suo Figlio, pro nobis. Giovanni Paolo II insiste su questo diverso ma convergente richiamo escatologico; ma è ben attento a non far minimamente balenare un’indebita e improponibile simmetria tra le due così diverse realtà storico-salvifiche, per cui è l’Eucaristia il topos, l’azione, il sacramento, la liturgia, il segno, il mezzo divino-ecclesiale che realizza la nostra salvezza.
Detto questo, è legittimo anche asserire, come fa Papa Wojtyla, che nel Magnificat è «presente la tensione escatologica dell’Eucaristia… Maria canta quei « cieli nuovi » e quella « terra nuova » che nell’Eucaristia trovano la loro anticipazione e in un certo senso il loro « disegno » programmatico» (Ecclesia de Eucharistia 58).
Salvatore M. Perrella

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