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Gennadios Zervos*
LA RIVELAZIONE DELL’AMORE DI DIO NELLA CROCE SECONDO LA TEOLOGIA ORTODOSSA ORIENTALE
(SONO 4 CAPITOLI METTO OGGI I PRIMI 4 E DOMANI GLI ALTRI)
INTRODUZIONE
Sulla base delle parole di S. Paolo «siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità e conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio»[1]. Giustamente diversi Padri della Chiesa Indivisa hanno interpretato questi versetti come il «mistero della croce», della rivelazione dell’amore ineffabile di Dio nella Croce, particolarmente i grandi teologi S. Gregorio di Nissa[2] e S. Giovanni Crisostomo[3].
In realtà questa rivelazione dell’amore di Dio nella Croce, che, come afferma Teofilatto «è grande e supera ogni conoscenza» è di una enorme magnificenza ed illimitata, rassomigliando ad un oceano che non ha né profondità, né lidi: è un amore che è più alto del cielo, più profondo dell’Ade, più lungo della terra e più ampio del mare[4].
Vediamo che la Croce, ove Gesù Cristo Dio-Uomo «ha disteso le sue braccia ed ha unito ciò che prima era separato»[5], come scrive l’Innografo della Chiesa Ortodossa, rivela quattro cose meravigliose, quattro verità preziosissime:
1) La Croce è la più grande rivelazione della sommità dell’amore di Cristo, come uomo, verso Dio Padre, rivelazione che è stata fatta nel mondo per l’uomo.
2) La Croce è l’amore che si rivela dal fatto che considera il mondo come una realtà per trovare, vedere e conoscere Dio.
3) Ed ancora la Croce è la rivelazione dell’amore ineffabile di Cristo come Dio-Uomo verso la sua creatura: l’uomo.
4) Infine nella Croce abbiamo la più potente rivelazione dell’amore del Dio-Trino, mai sentito come questo, perché non si trattava di qualsiasi dio-liberatore, il quale, secondo la profezia di Eschilo, doveva succedere allo sfortunato Prometeo nel suo dolore, nelle sue sofferenze e torture, né si trattava dei sacrifici degli Ebrei o di quella ecatombe di Omero ed infine nemmeno dei sacrifici umani di Baal, i quali potevano espiare la giustizia divina, perché come esclamava S. Gregorio vescovo di Nissa «essendo ammalata, la nostra natura aveva bisogno di un medico per curarla; l’uomo che si trovava nel “cadavere” del peccato aveva bisogno di un restauratore».
Sarebbe una mancanza se non ricordassimo qui quello che con vera sapienza scrive a proposito il Metropolita di Mosca Filaret nella sua meditazione sul Santo e Grande Venerdì. Nella Croce si è manifestato «l’amore del Padre che crocifigge, l’amore del Figlio che viene crocifisso, l’amore dello Spirito, che trionfa per la potenza della Croce. Tanto Dio ha amato il mondo… Ecco, cristiano, l’inizio, il mezzo ed il termine della Croce di Cristo: tutto e solo l’amore di Dio»[6].
CAPITOLO I – DIO AMORE E LA GRANDEZZA DEL SUO AMORE
Dopo queste importanti particolarità le quali dimostrano la grande verità della rivelazione dell’incomparabile ed unico amore di Dio-Trino nella Croce per l’acquisto della salvezza e della vita eterna, a favore sempre dell’uomo, è possibile comprendere il perché è stata manifestata da parte di Dio questa insuperabile, amorosa, azione a favore della sua creatura, la più perfetta, caduta, però, nel peccato e condannata in eternità a morte, in quanto il discepolo dell’amore San Giovanni evangelista dichiara con fermezza che «Dio è amore»[7].
È importante continuare per spiegarmi meglio non soltanto per la suddetta verità, ma anche per le sue meravigliose manifestazioni d’amore verso l’uomo per prepararlo, senza violenza da ambedue le parti (Dio e uomo), ad abolire la sua volontaria schiavitù al diavolo e riuscire ad allontanarlo dal peccato, ritornando liberamente a Dio e così, collaborando con Lui, l’uomo potrà acquisire la sua salvezza e la sua vita eterna, per la quale è stato creato.
La dichiarazione: “Dio è amore” non solo è la più alta dichiarazione morale, ma è anche la più dolce e consolatrice affermazione per il peccatore ed umile uomo.
S. Agostino afferma su questa dichiarazione: «E se ancora niente altro ci fosse stato detto come elogio per l’amore per mezzo delle pagine dell’Epistola e dell’intera Scrittura; se su questo unico «Dio è amore» consistesse tutto quello che è stato detto per mezzo della voce dello Spirito Santo, l’uomo non dovrebbe chiedere niente di più».
“Dio è amore” non certamente nel senso che la sostanza di Dio è amore. La sostanza di Dio è in verità “Spirito”, l’Assoluto, Eterno e Immenso. «Dio è Spirito e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità»[8]. La dichiarazione che “Dio è Spirito” è definizione ontologica di Dio. La dichiarazione che “Dio è amore” è definizione morale di Dio.
“Dio è amore” nel senso che Dio per sua natura ha la prerogativa morale di amare e l’amore è la sua dominante prerogativa morale.
Dio ha dimostrato il suo amore verso l’uomo in tanti modi.
Dio onnipotente ed eterno ha amato l’uomo prima della sua esistenza. Nel tempo ha creato l’uomo dal nulla; ha creato l’uomo con particolare energia creatrice per dare all’uomo un valore particolare, perciò è la più perfetta creatura dell’universo.
In verità, l’uomo è opera dell’amore Trinitario: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza…»[9].
Dio dichiara con amore: «Voi siete dei e figli tutti dell’Eccelso»[10].
Dio prepara con amore per l’uomo una vita spirituale superiore alle cose materiali, regno e paradiso[11].
Mentre Dio Trinitario con tanto amore ha pensato ed ha operato per il bene dell’uomo, questi si è manifestato contrario, rivoluzionario ed ingrato a questo amore del suo Padre-Creatore.
Dio non ha abbandonato e non ha distrutto l’uomo, ma al contrario ha continuato ad amarlo e si è rivelato a lui per mezzo di tante beneficenze.
Lo scrittore degli Atti afferma ai gentili: «Ma non ha cessato di dar prova di sé beneficando, concedendovi dal cielo piogge, stagioni ricche di frutti, fornendovi di cibo e riempiendo di letizia i vostri cuori»[12].
Preparando Dio, sempre con amore, la riparazione e la salvezza dell’uomo caduto, e di conseguenza aiutando l’uomo a trovare la sua libertà e la sua unità con il suo unico Signore e con il suo unico Dio, ha scelto una nazione, la quale viene preparata, per mezzo della legge e dei profeti ed ancora per mezzo di tanti avvenimenti e miracoli straordinari, a diventare il mezzo di trasmissione della verità e della salvezza in tutto il mondo.
Questi esempi di amore di Dio verso l’uomo, benché siano grandi e molti, di fronte ad un’altra sua manifestazione di amore, sono piccoli.
L’apostolo ed evangelista Giovanni, il teologo particolarmente, presenta questa manifestazione di amore speciale: «In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui»[13].
Ecco la magnificenza dell’amore!
Dio ha mandato e ha donato al mondo il suo Figlio unigenito, nato da Lui prima di tutti i secoli; Dio vero da Dio vero; generato, non creato, della stessa sostanza del Padre, per mezzo di lui tutte le cose sono state create; tutto questo per ottenere all’uomo la salvezza e la gloria eterna.
Il Padre ama il Figlio e il Figlio è il riposo e la gioia del Padre.
Degni d’importanza sono i seguenti versetti: «Da tutta l’eternità io fui costituito, in principio, prima dell’origine della terra. Quando l’abisso ancora non esisteva, io fui concepito, quando ancora non zampillavano le fonti. Prima che sorgessero le maestose montagne, prima dei colli, io fui generato; quando ancor non aveva fatto né terra, né campi, né creato i primi elementi della materia del mondo. Quando stabiliva i cieli io ero presente, quando tracciava un cerchio sulla faccia dell’abisso; quando condensava in alto le nubi, quando distribuiva le sorgenti nel cuor della terra, quando circondava d’un termine il mare – e le sue acque non ne varcheranno la sponda – quando gettava le fondamenta della terra, io ero a suo fianco, quale architetto mi compiacevo giorno per giorno, gioivo di continuo in sua presenza; mi dilettavo sul globo della terra, deliziandomi nei figli dell’uomo. Or dunque, o figli miei, ascoltate me: felici quelli che seguono le mie vie! Date retta ai miei insegnamenti e siate saggi: non disprezzateli!»[14].
E la sua missione si è compiuta «quando venne la pienezza del tempo»[15]; Dio ha mandato il suo Figlio nel mondo in modo del tutto speciale «nato da donna, nato sotto la legge»[16]. E questa speciale missione dell’unigenito Figlio di Dio fattasi con amore paterno avviene coll’incarnazione.
Il Figlio e Verbo, Dio e Signore, come il Padre, tutta la sostanza divina, si è fatta uomo.
Questa incarnazione è svuotamento, diminuzione e umiliazione[17].
E la sua manifestazione nel mondo per la salvezza dell’uomo è il mistero della Divina Economia che è strettamente legato con la creazione o per dir meglio è l’allungamento della creazione e questa “nuova creazione” era necessaria per la riconciliazione dell’uomo con Dio, avendo per questo come unica forza motrice l’amore e la bontà, come dice S. Gregorio di Nissa[18].
Così l’amore di Dio Trino rimane come l’unica causa tanto per la creazione quanto per la salvezza; e, come affermano con tanta chiarezza i Padri della Chiesa, la salvezza è la “seconda creazione”, “il grande mistero”, tanto grande «che nessuno può dire, né descrivere con parole»[19].
È verità indiscutibile che questa decisione per la salvezza del genere umano era comune volontà del Dio Trino e, secondo i detti dei Padri che si basano sulla Scrittura, si chiama «il disegno eterno della Trinità»[20] e manifesta la grandezza della sua bontà, del suo amore, e muovendosi da esso, come medico unico che opera in un momento opportuno e giusto, aspetta con longanimità che la malattia venga al colmo e poi intervenire[21], perché come dice il teologo bizantino Giuseppe Vriennios «le grandi malattie hanno necessità per la loro guarigione anche di molto tempo, di grande dieta e di molti mezzi di aiuto»[22].
Certamente Dio Onnipotente poteva realizzare la salvezza del genere umano in un altro modo, come per esempio con uno sguardo o con un ordine. Poteva anche vincere il diavolo, il quale ha messo in schiavitù l’uomo e salvare l’umanità intera dalle mani di satana e dalla distruzione[23].
Senz’altro questo modo era contrario non soltanto alla filantropia e alla giustizia di Dio, ma anche alla libertà dell’uomo, cose importantissime che l’incarnazione manifesta e che sono preziosissime verità della dottrina dei Padri e della tradizione Ecclesiastica.
Certamente ci sono anche uomini i quali si domandano perché Dio è diventato uomo.
Senz’altro sarebbe più facile rispondere con il noto versetto: «Non è venuto per essere servito, ma per servire».
Principalmente il nostro Signore Dio è venuto sulla terra, come è stato detto sopra, per subire, per amore a noi, tutte le sofferenze-passioni, nonché la tremenda condanna della croce.
L’incorporeo ha avuto carne per crocifiggersi: per provare il dolore della più indegna condanna per la nostra salvezza; perché noi ritrovassimo la nostra libertà da satana; per la nostra unità con Dio; perché acquistassimo la primiera beatitudine, la vita eterna, il regno di Dio.
Non è possibile non ricordare le parole del discepolo dell’amore S. Giovanni evangelista, che dice con sicurezza e fedeltà: «In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati»[24].
In questo precisamente consiste l’ineffabilità dell’amore di Dio; in questo in verità consiste la grandezza dell’amore di Dio: Lui ha amato per primo l’uomo; ha insegnato per primo l’amore; Dio ama senza nessun interesse; ama la sua creatura peccatrice ed indegna; ama con amore soprannaturale, con amore che diventa “mistero”, perché ama «fino alla morte e alla morte di croce»[25]; perciò l’uomo non può capire questo mistero: come è possibile a Dio amare l’uomo, il quale si dimostra peccatore, disubbidiente, ingrato, traditore del primo amore di Dio verso lui, indegno della divina origine?
La risposta a questa domanda che risolve il problema è: l’ineffabilità dell’amore di Dio, “l’Amore Crocifisso” che libera, salva, santifica e unisce l’uomo con Dio, suo unico Padre e suo unico Creatore, per cui l’uomo guadagna così la sua primiera beatitudine, la vita eterna e il regno di Dio, facendo la volontà di Dio.
CAPITOLO II – L’AMORE DI DIO NEL SACRIFICIO DI CRISTO SULLA CROCE
A questo punto sarebbe utile esporre alcuni aspetti riguardo il sacrificio dell’amore del nostro Signore Gesù Cristo sulla Croce; sarà una precisa ricapitolazione veramente preziosa, particolarmente per coloro che approfondiscono il mistero dell’amore di Dio.
Secondo la dottrina della Scrittura, il sacrificio del nostro Signore sulla Croce è “mistero”, come molte volte viene definito dalla tradizione patristica.
Mistero viene anche detto nella Innologia della Chiesa Ortodossa Orientale (nella quale si nota la presenza e la voce dei Padri), che lo definisce incomprensibile, inesplicabile e straordinario mistero della Divina Economia, «come Lui ha voluto», mistero che non si spiega, ma viene creduto soltanto con la fede, come canta l’innografo Sant’Andrea Gerusalemmitano, vescovo di Creta, durante la funzione panegirica del mattutino nel santo giorno della Natività del nostro Salvatore Gesù Cristo.
Ecco che cosa dice San Giovanni Damasceno: «Venite tutte le Nazioni a conoscere la potenza del mistero straordinario; perché il nostro Salvatore Cristo, che in principio era il Verbo, si è crocifisso per noi e volontariamente si è seppellito ed è risuscitato dai morti per salvare il mondo. Lui dobbiamo adorare»[26].
In Paraklitiki, nello stesso suo libro liturgico, che è di grandissima importanza per la Chiesa Ortodossa, leggiamo: «È veramente incomprensibile la crocifissione, e la resurrezione inesplicabile; i fedeli teologizziamo che è segreto istero»[27].
«Questo mistero è segreto da secoli e sconosciuto agli angeli; però per mezzo di te, o Madre di Dio, si è rivelato agli abitanti della terra. Dio si è incarnato in unione non confusa e volontariamente ha portato per noi la croce, con la quale è risorto il primo creato e ha salvato le nostre anime dalla morte»[28].
Sarebbe una grande mancanza se non ricordassimo qui il capolavoro dell’inno liturgico, scritto da Giustiniano:
«O Figlio unigenito e Verbo di Dio, che essendo immortale, ti sei degnato per la nostra salvezza di incarnarti nel seno della Santa Madre di Dio e sempre Vergine Maria; che senza subire mutazioni ti facesti uomo e fosti crocifisso, o Cristo Dio, conculcando la morte con la tua morte, Tu uno della Santa Trinità, glorificato con il Padre e con lo Spirito Santo, salvaci».
È verità indiscutibile che presupposizione di questo mistero è il peccato di Adamo e di Eva, dei due nostri antenati, nel Paradiso.
Questo peccato nel pensiero ecclesiastico-teologico è noto come “peccato originale”.
Che cosa è il “peccato originale” secondo la teologia Ortodossa?
Il celebre professore di teologia Ortodossa Christos Andrutsos dà la seguente risposta:
«Secondo la materia, peccato originale è la perdita della giustizia e la corruzione della natura fisica e spirituale dell’uomo; secondo la forma è la colpevolezza, cioè la relazione dell’uomo con la giustizia divina, Dio». Continua così: «L’uomo che pecca rompe la legge divina e turba l’ordine divino[29].
I risultati del peccato originale, senza dubbio, erano tremendi per l’umanità, perché in primo luogo a causa del peccato si è alzato il muro divisorio dell’inimicizia fra Dio e l’uomo, cosa che impediva la diretta comunicazione dell’uomo con Dio; in secondo luogo ha portato come immediato esito la tendenza dell’uomo al peccato e, di conseguenza, il suo allontanamento dal suo Creatore, perché ha trasgredito la divina volontà; e in terzo luogo è seguito l’indebolimento delle forze dell’anima dell’uomo, il quale peccava continuamente. L’uomo peccatore doveva essere punito con la morte, come richiedeva la giustizia e la santità di Dio.
S. Paolo nella sua lettera ai Romani riferisce: «Quindi, come per colpa di un uomo solo il peccato entrò nel mondo e, a causa del peccato, la morte, così la morte si è estesa a tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato»[30].
Di questa colpevolezza del peccato originale l’uomo peccatore si è liberato con il sacrificio del Signore sulla croce secondo la sua eterna volontà.
San Paolo agli Efesini dice precisamente: «…e di mettere in luce di fronte a tutti quale sia il piano di questo mistero, tenuto celato sin dalle origini dei secoli, in Dio, che ha creato ogni cosa»[31].
Al contrario della giustizia e della santità di Dio, che richiedeva la condanna dell’uomo peccatore, l’amore di Dio richiedeva la salvezza dell’uomo e il ristabilimento della sua comunicazione con Dio, portando via così la colpevolezza e l’eterna condanna.
L’uomo, essendo peccatore, non poteva salvare se stesso, quanto meno il genere umano.
La sapienza di Dio, mettendo alla pari giustizia e amore, trova il mezzo della salvezza, il quale è la volontaria incarnazione del Verbo di Dio[32].
In realtà, «Gesù Cristo, prendendo in sé la natura umana senza peccato, controbilancia da una parte la colpevolezza e le punizioni del peccato di Adamo, per cui soffre il nostro posto; dall’altra parte la sua morte di Dio-Uomo è il contrappeso della morte eterna, che doveva subire il genere umano»[33].
CAPITOLO III – IL SACRIFICIO DI CRISTO COME ATTO ESPIATORIO E DI AMORE ALL’UOMO
È noto a noi che il sacrificio di Cristo Dio-Uomo sulla croce è stato preannunziato come espiatorio dal Vecchio Testamento con simboli e profezie.
Il serpente di bronzo, salvando tutti quelli che, morsi dai serpenti mortiferi, guardavano fissamente a lui, in verità significava: «Come Mosè innalzò nel deserto il serpente, così è necessario che sia innalzato il Figlio dell’uomo, affinché chiunque crede in lui, abbia la vita eterna»[34].
Il sangue degli animali «che venivano sacrificati per la purificazione degli uomini dai peccati; e particolarmente il sangue dell’agnello Pasquale, il quale in Egitto ha protetto i primogeniti degli Israeliti dalla spada dell’angelo della morte; il sangue dei capri e dei vitelli, a causa del quale il Sommo Sacerdote entrava una volta all’anno nel Santo dei Santi e lo spargeva sull’altare per i peccati di tutto il popolo»; tutti questi avvenimenti mostravano chiaramente al popolo di Dio che per la vera purificazione di tutto il genere umano dai peccati doveva essere offerto «il sangue dell’agnello immolato[35] sin dalla creazione del mondo»[36].
Ricordiamo qui la chiarissima profezia di Isaia riguardo il Messia: «Egli fu piegato dalle nostre iniquità, fu calpestato per i nostri peccati. Il castigo, che è salvezza per noi, pesò su di lui e le sue piaghe ci hanno guariti. Tutti noi andavamo come pecore erranti, ciascuno deviava per la sua strada, ma il Signore ha posto su di lui l’iniquità di noi tutti. Era maltrattato e si rassegnava, non diceva una parola, come un agnello che si porta ad essere ucciso; come la pecora muta dinanzi a chi la tosa, egli non apriva la bocca»[37].
Un altro profeta, San Giovanni il precursore e battista, vide Gesù venire a lui e disse: «Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo»[38].
È noto a tutti lo scopo della venuta di Cristo sulla terra: «Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto di molti»[39].
Caratteristiche sono le parole di Cristo: «Io sono il buon Pastore… per le mie pecore do la mia vita»[40]; «Sono io il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane, vivrà in eterno; e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo»[41].
Questa grande verità è stata annunziata dai Santi Apostoli. S. Giovanni apostolo e evangelista nella sua prima lettera dice: «Il sangue di Gesù Cristo ci purifica da ogni peccato»[42].
San Pietro Apostolo nella sua prima lettera comanda ai cristiani: «Comportatevi con timore durante il tempo del vostro pellegrinaggio. Voi sapete che non per mezzo di cose corruttibili, come l’oro e l’argento, siete stati riscattati dalla vana maniera di vivere ereditata dai vostri padri, ma dal sangue prezioso di Cristo, l’agnello senza difetto e senza macchia»[43].
Questa realtà ripete anche S. Paolo nelle sue diverse lettere:
a) «Vi ho infatti trasmesso, in primo luogo, quello che io stesso ho ricevuto, cioè che Cristo è morto per i nostri peccati, secondo le scritture»[44].
b) «Vivete nell’amore, sull’esempio di come Cristo ci ha amati e per noi ha sacrificato se stesso a Dio, quale oblazione e sacrificio di soave odore»[45].
c) «Il quale fu sacrificato per i nostri peccati ed è resuscitato per la nostra giustificazione»[46].
CAPITOLO IV – SACRIFICIO E AMORE SECONDO ALCUNI PADRI E VESCOVI DELLA CHIESA ORTODOSSA
Il nostro redentore Gesù Cristo «per mezzo delle sofferenze e della sua morte ha offerto alla divina giustizia per noi il prezzo di quello che dovevamo, non soltanto perfettamente pieno e sufficiente, ma superfluamente; perciò non soltanto ci ha riscattati dal peccato, ma ha dato a noi la possibilità di acquistare i beni eterni»[47].
Dell’argomento sopra detto parlano in particolare S. Cirillo di Gerusalemme, S. Procolo, patriarca di Costantinopoli e Nicola vescovo di Metone.
1. S. Cirillo si esprime con maestria nelle sue famose opere di “Catechesi”. «Il Salvatore ha sofferto tutte queste cose unendo con il suo sangue sulla croce tutto quello che si trovava in cielo e tutto quello che si trovava sulla terra»[48].
«Eravamo, veramente, nemici di Dio a causa del peccato. Dio ha ordinato che morisse il peccatore. Era necessario, dunque, che avvenisse una delle due cose: o come Dio giusto doveva distruggere tutti, o come Dio filantropo doveva abbandonare la sua decisione. Però, vedi la sapienza di Dio. Ha mantenuto la verità nella decisione e l’azione nella filantropia. Cristo ha portato i nostri peccati nel suo corpo sulla croce affinché noi, morti ai peccati, vivessimo per la giustizia»[49].
«Non era piccolo lui che è morto per noi… Non era un uomo comune. Non era soltanto angelo. Era Dio che si è incarnato»[50]. Non era tanto grande il peccato dei peccatori, quanto grande la giustizia di Dio morto per noi. Non abbiamo peccato tanto quanto ha operato per la nostra salvezza lui che ha dato la sua vita per noi…[51].
2. Gli stessi pensieri incontriamo anche nell’importantissima Omologia di S. Procolo, Patriarca di Costantinopoli.
Egli, nel primo e nel sesto discorso, dice così: «In primo luogo impara l’economia e la ragione della presenza (del Signore) ed allora glorifica la potenza dell’incarnato, perché molte cose doveva la natura degli uomini a causa del peccato; e, veramente, stupisci per il debito, perché tutti per mezzo di Adamo siamo sottomessi al peccato. Il diavolo ci ha come suoi schiavi… chiedendo la nostra condanna. Era necessario fare una delle due cose: o sottometterci integralmente (al diavolo), o pagare un così grande prezzo come riscatto… L’uomo da un parte non poteva salvare nessuno, perché era egli stesso sottomesso al debito del peccato. L’angelo dall’altra parte non poteva riscattare l’umanità, perché era stupito del prezzo di tale riscatto… Un uomo comune non poteva salvare, un Dio comune non poteva soffrire…»[52].
«È venuto il “sempre presente” e ha pagato per noi il prezzo del riscatto con il suo sangue e ha dato alla morte, come prezzo per la salvezza del genere umano, la sua carne avuta dalla Vergine. Così ha riscattato il mondo dalla maledizione della legge»[53].
«È venuto per salvare, però doveva anche soffrire. Dunque, come era possibile fare l’uno e l’altro? Un uomo semplice non poteva salvare. Un Dio comune non poteva soffrire. Che cosa allora doveva accadere? Lui, essendo Dio, l’Emanuele, si è fatto uomo. Per quello che era ha salvato; per quello che si è fatto ha sofferto»[54]. «Ammiro il mistero. Vedo i miracoli e annunzio la divinità. Vedo le sofferenze e non nego l’umanità»[55]. «…Così il Signore… da una parte come sacerdote ha placato il Padre per noi, dall’altra come re ha vinto il diavolo che si è armato contro tutti»[56].
3. Il terzo rappresentativo esponente della Chiesa Ortodossa, come abbiamo detto sopra, è il Vescovo di Metone Nicola[57].
Secondo lui «gli uomini come peccatori sono sottomessi alla morte e al suo capo, il diavolo. Può riuscire a liberarsi per mezzo della morte, non di un uomo, perché lui come colpevole sacrificherà se stesso per se stesso, ma non per un altro.
Questo uomo, però, deve essere impeccabile. Di questo uomo impeccabile l’amore di Dio, cioè Dio, (il quale con la sua vera sapienza e con la sua filantropia regge tutto l’universo), secondo i suoi disegni eterni, ha previsto che il Figlio di Dio, fattosi uomo, si sarebbe sacrificato per liberare gli uomini dalla schiavitù di satana e del peccato. Questo redentore doveva essere Dio-Uomo, cioè da una parte Dio per essere il suo sacrificio efficace, dall’altra uomo per poter soffrire e per servire agli uomini come modello della lotta contro il male e della vittoria di sé»[58].