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«AMO PERCHÉ AMO, AMO PER AMARE»
SAN BERNARDO *
San Bernardo (1090-1153) si fece monaco a Citeaux e, tre anni dopo, divenne il primo Abate di Chiara valle. I doni di natura e di grazia hanno conferito a questo letterato, teologo e mistico, un fascino tutto particolare. La sua opera conserva ancora oggi un grande valore spirituale.
Nei suoi sermoni sul Cantico dei Cantici, grazie anche alla perfezione della forma letteraria, egli ci fa gustare i frutti di una lunga esperienza di vita spirituale.
L’amore basta a se stesso, piace per sé e a motivo di sé; è merito e ricompensa a se stesso. Non cerca all’infuori di sé nessuna causa e nessun frutto: suo frutto è appunto amare. Amo perché amo, amo per amare. Grande cosa è l’amore purché risalga al suo principio e, ritornato alla sua origine, riversatosi nella sua fonte, attinga sempre da essa per poter fluire perennemente. Di tutti i moti dell’anima, dei sentimenti e degli affetti, l’amore è il solo col quale la creatura può rispondere al suo Creatore, se non da pari a pari, almeno da simile a simile…
L’amore dello Sposo, o meglio lo Sposo che è amore, chiede solo reciprocità d’amore e fedeltà. L’amata dunque deve amari o a sua volta. Come potrebbe non amare lei che è sposa e sposa dell’Amore? Come potrebbe l’Amore non essere amato?
E’ giusto allora che, rinunziando a tutti gli altri affetti, si dia interamente ad un unico amore, lei a cui tocca rispondere all’Amore stesso ricambiando amore. Infatti anche se si effonde tutta in amore, che proporzione ci sarà tra questo suo amore e lo scorrere perenne di quella che è la fonte? Certamente il flusso dell’amore non sgorga con la stessa ricchezza da chi ama e da chi è l’Amore, dall’anima e dal Verbo, dalla sposa e dallo Sposo, dal Creatore e dalla creatura: l’abbondanza della fonte non è certo quella dell’assetato. E allora? Sarà quindi vano, sparirà completamente il desiderio di quella che aspetta le nozze? L’aspirazione di chi attende, l’ardore dell’amante, la fiducia di chi spera saranno delusi perché la sposa non può correre col passo di un gigante, contendere in dolcezza col miele, in mitezza con l’agnello, in candore col giglio, in luminosità col sole, in amore con colui che è Carità? No. Infatti, anche se la creatura ama di meno perché è più piccola, tuttavia può amare con tutta se stessa e dove c’è il tutto nulla manca. Perciò, come ho detto, amare così è una vera unione nuziale: non è infatti possibile volere tanto bene e non essere ricambiati nella stessa misura, in modo che il perfetto connubio consista nel reciproco consenso di due. A meno che qualcuno non obbietti che è l’anima ad essere amata dal Verbo, amata prima e di più. Perciò è prevenuta e superata nell’amore. Beata colei che ha meritato di essere prevenuta e benedetta con tanta tenerezza! Felice quella a cui è stato concesso di sperimentare un abbraccio così soave! Questo non è altro che amore santo e casto, dolce e delicato, amore tanto sereno quanto sincero, amore reciproco tutto intimo e forte, che congiunge due non in una sola carne, ma in un solo spirito e di due non fa più due ma uno solo, come dice Paolo: Chi aderisce a Dio, è un solo spirito con lui (1 Cor. 6, 17).
* Sermones super Cantica Canticorum, sermo LXXXIII, vol. II – Ed. Cist. Roma 1958 – pp. 300-302.