MICHEA 5, 1-4 – MEDITAZIONE

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MICHEA 5, 1-4

MEDITAZIONE

In questo passo si delinea qualche altra caratteristica del Messia. Egli sarà il dominatore d’Israele, ovvero colui che regnerà. Egli introdurrà un regno di pace che si estenderà oltre i confini della nazione d’Israele ed egli pascerà i suoi nella forza di Yahweh. Sotto il suo regno tutti vivranno nella sicurezza. Si evidenziano, dunque, tre funzioni importanti di colui che deve venire: il suo ruolo di re, il suo ruolo di portatore di pace e il ruolo di chi guida, nutre e protegge. In contrasto con queste funzioni è l’umiltà del luogo di nascita: Betlemme.          
La Parola di Dio afferma spesso che le vie e i pensieri di Dio non sono quelli dell’uomo, anzi, molto spesso sono l’opposto: « i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie » (Isaia 55, 8). Gesù, l’arrivo del quale viene preannunciato in questo passo, rivela le vie del Padre e i suoi pensieri dall’inizio alla fine della sua vita terrena. Pur essendo uguale al Padre (Filp. 2, 6) non esitò a rinunciare alla sua gloria presso il Padre, per diventare uomo uguale a noi in tutto, tranne nel peccato. Non solo divenne uomo ma anche servo (Fil. 2, 7) perché noi potessimo partecipare alla sua gloria. Egli dunque rivela che la via di Dio va in direzione contraria a quella dell’uomo naturale che mira all’affermazione di sé stesso. Gesù non affermò mai sé stesso, ma ribadì la sottomissione alla volontà del Padre: « non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato » (Giov. 5, 30). La volontà del Padre fu che Cristo nascesse non nella città prestigiosa di Gerusalemme, bensì a Betlemme di Efrata, il più piccolo capoluogo della Giudea. Era rinomata perché aveva precedentemente dato alla luce l’inizio della dinastia davidica, dalla quale doveva provenire il Messia « farò germogliare per Davide un germoglio di giustizia » (Ger. 33, 15). Cristo è nato nella città di Davide: « Non dice forse la Scrittura che il Cristo verrà dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide? » (Giov. 7, 42). Le origini terrene del Messia risalgono dunque ai tempi remoti dell’inizio della dinastia davidica: « le sue origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti » (v. 1). Le origini umane, regali del Messia sono menzionate spesso nelle pagine del Nuovo Testamento. Matteo, ad esempio, inizia il suo vangelo dicendo: « genealogia di Gesù Cristo, figlio di Davide » (Matt. 1, 1).
Gesù nacque, dunque, a Betlemme come fu profetizzato anche se la sua famiglia risiedeva a Nazaret (Matt. 2, 23) luogo che non godeva di una buona reputazione: « Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono? » (Giov.1, 46). Se poi pensiamo in quali condizioni egli sia nato dobbiamo concludere che secondo il modo di pensare umano non si tratta di un debutto eclatante. È un modo del tutto insolito per introdurre il « Re dei re » e il « Signore dei signori ». Abbiamo la dimostrazione viva di quanto affermò Paolo: « Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla » (1 Cor. 1, 27, 28). Ma anche tutta la vita di Gesù rivela la stessa umiltà. Egli si mise in fila tra i peccatori per essere battezzato da Giovanni, fu accusato di essere amico dei peccatori, predilisse gli emarginati, morì come un criminale tra due ladri, dopo che la folla gli preferì l’omicida Barabba. Sulla croce strumento di morte per i criminali fu posto lo scritto « questi è Gesù, il re dei Giudei » (Matt. 27, 27). I capi religiosi schernendolo dissero: « E il re d’Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo » (Matt. 27, 42). Questo è  »il dominatore in Israele » (v. 1) a cui allude il profeta Michea. Ma non dimentichiamo che secondo il pensiero di Dio, secondo il pensiero di Cristo, colui che è più forte, colui che domina, è in realtà, colui che serve, come fece Cristo: « I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non cosi dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti » (Matt. 20, 25-28). Per mezzo della risurrezione Gesù è diventato il Signore della vita e della morte. La logica umana è saltata completamente. Quella saggezza, conseguenza del primo peccato di Eva e trasmesso a tutti in seguito, è rivelata inferiore alla stoltezza di Dio:  »ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini » (1 Cor. 1, 25). Sono due modi di pensare opposti e irreconciliabili ed è per questo che, per poter beneficiare pienamente della vita nuova di Cristo, occorre morire a sé stessi. Dal trono di Dio Cristo continua a servire e ad attirare a sé tutti, lasciando a ciascuno la libertà di accettarlo o di respingerlo. A ciascuno la sua scelta.
La profezia di Michea evidenzia un altro ruolo del Messia: quello di pastore. Afferma che pascerà i suoi. In Ezechiele il Signore si lamentava che il suo popolo era disorientato e senza pastore: « Per colpa del pastore si sono disperse e son preda di tutte le bestie selvatiche: sono sbandate. Vanno errando tutte le mie pecore in tutto il paese e nessuno va in cerca di loro e se ne cura » (Ezech. 34, 5). La situazione non era meglio ai tempi di Gesù che « vedendo le folle ne senti compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore » (Matteo 9, 36). Egli disse di essere il buon pastore che ha cura delle pecore (Giov. 10, 11). Il buon Pastore ha promesso la massima protezione ai suoi, perché fondata su una reciproca conoscenza nonché sulla sequela: « le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono » (Giov. 10, 27). La reciproca conoscenza che induce le pecore a seguire la voce del Pastore garantisce la protezione perché si è custoditi dall’onnipotenza di Dio: « Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano. Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio. Io e il Padre siamo una cosa sola » (Giov. 10, 28, 29). Chiunque può decidere se accettare la protezione della mano onnipotente di Dio o meno, accettando che Cristo diventi per lui Salvatore e Signore.
Chi si sottomette alla sua signoria scoprirà la sicurezza eterna del suo regno sia in questa vita che in quella a venire: « abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande fino agli estremi confini della terra » (v. 3). Da questa sicurezza nasce la pace, una delle caratteristiche fondamentali del regno di Dio:  »Il regno di Dio … è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo » (Rom. 14, 17). Accetti che Cristo ti custodisca e ti pasca  »con la forza di Yahweh » (v. 3)? allora rispondi alla chiamata del Padre, di accogliere suo Figlio, donato per questo motivo.

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