San Nicola di Bari (di Myra)

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Chanukkah
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Significato Festa dell’Inaugurazione
Inizio 25 di kislev
Fine 2 o 3 di tevet
(8-16 dicembre per il 2012)
Oggetti liturgici Hanukkiah, Sevivon, Sufganiot
Festività ebraiche
Per approfondire, vedi la voce Berakhah.
Chanukkah o Chanukkà (in ebraico …….anukkah) è una festività ebraica, conosciuta anche con il nome di Festa delle Luci. In ebraico la parola chanukkah significa « inaugurazione » o « dedica » e infatti la festa commemora la consacrazione di un nuovo altare nel Tempio di Gerusalemme dopo la libertà conquistata ai Greci. Al regno dei quali apparteneva Eretz Israel nel II secolo a.C.. Il dominatore greco riteneva di far scomparire la specificità giudaica proibendo la pratica della Legge, ma una rivolta armata guidata da Mattatia, un anziano sacerdote della famiglia degli Asmonei, di Modin, cittadina a nord-ovest di Gerusalemme, permise – secondo Zc 4,6 – la vittoria dello spirito sulla forza brutale che minaccia Israele nella sua vita religiosa e spirituale. La festività dura 8 giorni e la prima sera, chiamata Erev Chanukah, inizia al tramonto del 24 del mese di kislev. Secondo il procedere del calendario ebraico, quindi, il primo giorno della festa cade il 25 di kislev. È l’unica festività religiosa ebraica che si svolge a cavallo di due mesi, inizia a kislev e finisce in tevet. In particolare se kislev dura 29 giorni finisce il 3 tevet, mentre quando kislev ha 30 giorni finisce il 2 tevet. È, assieme a Purim, la seconda delle feste stabilite per decreto rabbinico, ovvero delle feste stabilite dopo il dono della Torah.
La storia di Chanukkà non è inclusa nel libro del Tanach, ma appare nel primo e nel secondo libro dei Maccabei. I libri, sebbene non facciano parte della Torah, sono parte del complesso deuterocanonico. Questo complesso pur non essendo stato codificato per l’ebraismo come parte del testo sacro, lo divenne per la Chiesa cattolica e per la Chiesa ortodossa.
Storia
Seconda notte di Hannukah, mura ovest di Gerusalemme
Intorno al 200 a.C., Gli ebrei vivevano in terra di Israele, in quel tempo sotto il controllo della dinastia seleucide stabilitasi in Siria. Il popolo ebraico pagava le tasse alla Siria e ne accettava l’autorità legale e per lungo tempo fu libero di seguire la propria fede, di mantenere i propri lavori e di prendere parte ai commerci.
Nel 180 a.C. Antioco IV Epifane ascese al trono succedendo al fratello Seleuco IV, assassinato. Sotto il suo regno, gli ebrei vennero gradualmente forzati a violare i precetti della propria fede. Il Tempio di Gerusalemme fu profanato, spogliato delle sue ricchezze, e utilizzato per il culto pagano e le cerimonie ellenizzanti che Antioco fece organizzare in tutto il suo impero. La forzatura alla trasgressione dei precetti, le profanazioni e la pretesa di ellenizzare la cultura dell’intero impero portò alla rivolta di una parte della popolazione ebraica.
Nel 167 a.C., in particolare, Antioco consacrò a Zeus Nikeforos Keraunios, la divinità protettrice dinastica di Antioco IV Epifane-Nikeforos, un altare costruito nel Tempio di Gerusalemme. Mattatia, un Cohen, e i suoi cinque figli Giovanni, Simone, Giuda, Elazar e Gionata guidò la ribellione contro Antioco. Giuda divenne noto come Giuda Maccabeo (in ebraico significa Giuda il martello). Nel 166 a.C. Mattatia muore lasciando la guida al figlio Giuda. Nel 165 a.C. la rivolta ebraica contro la monarchia seleucide giunse a successo. Il Tempio di Gerusalemme venne liberato e riconsacrato.
La festa di Chanukkà venne istituita proprio da Giuda Maccabeo e dai suoi fratelli per celebrare questo evento (Maccabei I, 4;59). Dopo la riconquista di Gerusalemme e del Tempio, Giuda ordinò che il Tempio fosse ripulito, fosse costruito un nuovo tempio e che le luci del Candelabro venissero riaccese, venne ripristinata l’Arca dell’alleanza. Quando la luce venne riaccesa sul Candelabro, la riconsacrazione dell’altare venne celebrata per otto giorni con sacrifici e canti (Maccabei I 4;36).
Un certo numero di storici ritiene che il motivo per gli 8 giorni di durata della festa sia da riferirsi ad un tardivo festeggiamento dei Sukkot. Durante la guerra gli ebrei non furono in condizioni di celebrare Sukkot come prescritto. Anche Sukkot dura otto giorni ed è una festività nella quale l’uso delle luci ha un ruolo preminente durante l’era del Secondo Tempio. Le luci venivano accese anche nelle abitazioni e da qui la festa viene spesso indicata con il nome Festa delle Luci.
Nel Talmud
Il miracolo di Chanukkà è narrato nel Talmud, ma non nel libro dei Maccabei. La festa celebra la sconfitta, per mano di Giuda Maccabeo, dei Seleucidi e la successiva riconsacrazione del Tempio. La festività, durante gli otto giorni, è caratterizzata dall’accensione dei lumi di un particolare candelabro ad otto braccia chiamato chanukiah.
La storia, riportata nel Talmud, racconta che dopo la riconquista del Tempio, i Maccabei lo spogliarono di tutte le statue pagane e lo sistemarono secondo gli usi ebraici. Scoprirono, inoltre, che la gran parte degli oggetti rituali era stata profanata. Secondo il rituale, la menorà del Tempio doveva essere illuminata in permanenza con olio di oliva puro. Nel Tempio però trovarono olio sufficiente solamente per una giornata. Lo accesero comunque mentre si apprestavano a produrne dell’altro. Miracolosamente, quel poco olio durò il tempo necessario a produrre l’olio puro: otto giorni. Per questo motivo gli ebrei accendono ogni giorno della festa una candela in più rispetto al giorno precedente.
Nel Talmud sono presentati due pareri. Uno indica come nel primo giorno si accendano tutte le otto luci della chanukiah e ogni giorno se ne accenda una in meno rispetto al precedente. L’altro parere, al contrario, prescrive di accendere solo la prima candela nel primo giorno e aumentare di una candela ogni giorno successivo. I seguaci di Shammai seguono il primo parere, quelli di Hillel il secondo (Talmud, trattato dello Shabbath 21b). Giuseppe ritenne che le luci fossero simbolo della libertà ottenuta dal popolo ebraico nei giorni che Chanukkà commemora.
Origine del « Dreidell »
Il Dreidell, in lingua italiana trottola, veniva utilizzato dai bimbi ebrei che, quando studiavano nascostamente la Bibbia ebraica della tradizione, non appena colti dai soldati ellenici (cfr Ghiur) che ne avevano impedito in parte l’adempimento, improvvisamente fingevano di giocarvi per non essere catturati.
Chanukkà oggi
La vetrina di una pasticceria con le sufganiot esposte
Prima del XX secolo questa veniva considerata una festa minore. Con la crescente popolarità del Natale come maggiore festività del mondo occidentale e l’istituzione delle accensioni pubbliche della chanukkià, Chanukkà cominciò a rappresentare sia una celebrazione della volontà di sopravvivere del popolo ebraico, sia una festività che marchi il dominio della luce sull’oscurità, ciò che acquista un significato particolare in corrispondenza con l’inizio dell’inverno e durante il periodo dell’anno in cui le giornate sono più corte.
Al giorno d’oggi, durante le sere di Chanukkà, c’è l’uso promosso dal movimento Chabad, presso numerose comunità in tutto il mondo, di celebrare l’accensione delle candele in maniera pubblica. Numerose persone si ritrovano in una piazza centrale della città dove è stata installata una grande chanukkià. Il presidente della comunità o il rabbino capo, tengono un breve discorso, recitano la beracha (benedizione) sulle candele e inaugurano la festa. I presenti solitamente intonano inni gioiosi ed eseguono tipici balli ebraici. Dolce tipico della festa è una sorta di bombolone chiamato sufgagnà che, essendo fritto nell’olio, vuole ricordare l’olio consacrato che tenne in vita la luce del Tempio.
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San Nicola di Mira (di Bari) Vescovo
6 dicembre – Memoria Facoltativa
Pàtara, Asia Minore (attuale Turchia), ca. 250 – Mira, Asia Minore, ca. 326
Proveniva da una famiglia nobile. Fu eletto vescovo per le sue doti di pietà e di carità molto esplicite fin da bambino. Fu considerato santo anche da vivo. Durante la persecuzione di Diocleziano, pare sia stato imprigionato fino all’epoca dell’Editto di Costantino. Fu nominato patrono di Bari, e la basilica che porta il suo nome è tuttora meta di parecchi pellegrinaggi. San Nicola è il leggendario Santa Claus dei paesi anglosassoni, e il NiKolaus della Germania che a Natale porta i doni a bambini.
Patronato: Bambini, Ragazzi e ragazze, Scolari, Farmacisti, Mercanti, Naviganti, Pescatori,
Etimologia: Nicola = vincidore del popolo, dal greco
Emblema: Bastone pastorale, tre sacchetti di monete (tre palle d’oro)
Martirologio Romano: San Nicola, vescovo di Mira in Licia nell’odierna Turchia, celebre per la sua santità e la sua intercessione presso il trono della grazia divina.
La sua fama è universale, documentata da chiese e opere d’arte, da istituzioni e tradizioni legate al suo nome. Ma sulla sua vita le notizie certe sono pochissime. Nato probabilmente a Pàtara di Licia, in Asia Minore (attuale Turchia), è poi eletto vescovo di Mira, nella stessa Licia. E qui, dicono alcune leggende, compie un miracolo dopo l’altro. Come accade alle personalità forti, quasi ogni suo gesto è trasfigurato in prodigio: strappa miracolosamente tre ufficiali al supplizio; preserva Mira da una carestia, con altri portenti… Qui può trattarsi di fatti autentici, abbelliti da scrittori entusiasti. Forse per gli ufficiali egli ha ottenuto la grazia dell’imperatore Costantino (al quale chiederà anche sgravi d’imposta per Mira); e contro la carestia può aver organizzato rifornimenti tempestivi. Ma si racconta pure che abbia placato una tempesta in mare, e resuscitato tre giovani uccisi da un oste rapinatore… Un “Passionarium” del VI secolo dice che ha sofferto per la fede nelle ultime persecuzioni antecedenti Costantino, e che è intervenuto nel 325 al Concilio di Nicea.
Nicola muore il 6 dicembre di un anno incerto e il suo culto si diffonde dapprima in Asia Minore (25 chiese dedicate a lui a Costantinopoli nel VI secolo). Ci sono pellegrinaggi alla sua tomba, posta fuori dell’abitato di Mira. Moltissimi scritti in greco e in latino lo fanno via via conoscere nel mondo bizantino-slavo e in Occidente, cominciando da Roma e dal Sud d’Italia, soggetto a Bisanzio.
Ma oltre sette secoli dopo la sua morte, quando in Puglia è subentrato il dominio normanno, “Nicola di Mira” diventa “Nicola di Bari”. Sessantadue marinai baresi, sbarcati nell’Asia Minore già soggetta ai Turchi, arrivano al sepolcro di Nicola e s’impadroniscono dei suoi resti, che il 9 maggio 1087 giungono a Bari accolti in trionfo: ora la città ha un suo patrono. E forse ha impedito ad altri di arrivare alle reliquie. Dopo la collocazione provvisoria in una chiesa cittadina, il 29 settembre 1089 esse trovano sistemazione definitiva nella cripta, già pronta, della basilica che si sta innalzando in suo onore. E’ il Papa in persona, Urbano II, a deporle sotto l’altare. Nel 1098 lo stesso Urbano II presiede nella basilica un concilio di vescovi, tra i quali alcuni “greci” dell’Italia settentrionale: c’è già stato lo scisma d’Oriente.
Alla fine del XX secolo la basilica, affidata da Pio XII ai domenicani, è luogo d’incontro tra le Chiese d’Oriente e d’Occidente, e sede dell’Istituto di Teologia Ecumenica San Nicola. Nella cripta c’è anche una cappella orientale, dove i cristiani ancora “separati” dal 1054 possono celebrare la loro liturgia. Scrive Gerardo Cioffari, del Centro Studi San Nicola: « In tal modo la basilica si presenta… come una realtà che vive il futuro ecumenico della Chiesa ». Nicola di Mira e di Bari, un santo per tutti i millenni.
Nell’iconografia San Nicolaè facilmente riconoscibile perché tiene in mano tresacchetti (talvolta riassunti in uno solo) di monete d’oro, spesso resi più visibili sotto forma di tre palle d’oro.
Racconta la leggenda che nella città dove si trovava il vescovo Nicola, un padre, non avendo i soldi per costituire la dote alle sue tre figlie e farle così sposare convenientemente, avesse deciso di mandarle a prostituirsi.Nicola, venuto a conoscenza di questa idea, fornì tre sacchietti di monete d’oro che costituirono quindi la dote delle fanciulle, salvandone la purezza.
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San Saba Archimandrita Abate
5 dicembre
Mutalasca, Cesarea di Cappadocia, 439 – Mar Saba, Palestina, 5 dicembre 532
Nasce nel 439 a Cesarea di Cappadocia. La sua famiglia, cristiana, lo indirizza verso gli studi presso il vicino monastero di Flavianae. Ne esce con un’istruzione e con il desiderio di farsi monaco. Attorno ai 18 anni arriva pellegrino in Terrasanta. Sul cammino sosta sempre in comunità monastiche di diverso tipo: di vita comune, anacoretiche, nelle loro grotte o capanne. È così che trova una guida nel monaco Eutimio detto «il grande», col quale condividerà la vita eremitica in Giordania. Dopo la morte del maestro si ritira verso Gerusalemme, nella valle del Cedron. Qui, col tempo, si forma intorno a lui un’aggregazione monastica frequente in Palestina: la laura. Una comunità destinata a crescere fino ad ospitare 150 monaci e far da guida ad altri «villaggi» monastici di questo tipo. Nel 492, Saba viene ordinato sacerdote, e il patriarca Elia di Gerusalemme lo nomina archimandrita, capo di tutti gli anacoreti di Palestina. Muore, ultranovantenne, nel 532. (Avvenire)
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: Vicino a Gerusalemme, san Saba, abate, che, nato in Cappadocia, raggiunse il deserto di Giuda in Palestina, dove istituì una nuova forma di vita eremitica in sette monasteri, che ebbero il nome di laure, nelle quali gli eremiti si riunivano sotto la guida di un unico superiore; passò lunghi anni nella Grande Laura, in seguito insignita del suo nome, rifulgendo come modello di santità e lottando strenuamente in difesa della fede calcedonese.
Nasce suddito dell’Impero romano d’Oriente, in una famiglia di cristiani, che da ragazzo lo mettono agli studi nel monastero di Flavianae, presso Cesarea di Cappadocia (attuale Kayseri in Turchia). Ne esce con un’istruzione e con il desiderio di farsi monaco. Si scontra con i suoi, che invece vorrebbero avviarlo alla carriera militare. E la spunta allontanandosi. Sui 18 anni arriva pellegrinoin Terrasanta, facendo sempre tappa e soggiorno tra i monaci: quelli di vita comune, e anche gli anacoreti, nelle loro grotte o capanne.Trova una guida decisiva nel monaco Eutimio detto “il grande”: ha convertito molti arabi nomadi, è stato consigliere spirituale dell’imperatrice Eudossia (la moglie di Teodosio II) nella prima metà del secolo.
Con Eutimio, Saba condivide la vita eremitica nei luoghi meno accoglienti: il deserto della Giordania, la regione del Mar Morto. Assiste poi fino all’ultimo questo suo maestro (morto intorno al473) e si ritira più tardi verso Gerusalemme, andando a stabilirsi in una grotta nel vallone del Cedron. Qui, col tempo, si forma intorno a lui un’aggregazione monastica frequente in Palestina: lalaura o lavra (“cammino stretto”, in greco), che è un misto di solitudine e di comunità, dove i monaci vivono isolati percinque giorni della settimana, e si riuniscono poi il sabato e la domenica per la celebrazione eucaristica in comune. Vivonosotto la guida di un superiore, e dal gennaio fino alla Domenicadelle palme sperimentano la solitudine totale in unaregione desertica.
Insieme a lui, nel vallone, i monaci raggiungono il numerodi 150, ma nuovi “villaggi” nascono in altre partidella Palestina, imitando il suo, che prende il nome diGrande Laura. Nel 492, Saba viene ordinato sacerdote,e il patriarca Elia di Gerusalemme lo nomina poi archimandrita, cioè capo di tutti gli anacoreti di Palestina.
Ma non è un capo dolce, Saba. Non fa sconti sulla disciplina e non tutti lo amano: tant’è che per qualche tempo lui si dovrà allontanare. E andrà a fondare un’altra laura a Gadara, presso il lago di Tiberiade. Poi il patriarca lo richiama, perché i monaci si sono moltiplicati: c’è bisogno della sua energia, per la disciplina e per la difesa della dottrina sulle due nature del Cristo, proclamatanel 451 dal concilio di Calcedonia, e contrastata dalla teologia “monofisita”, che nel Signore ammetteva una sola natura.Scontro teologico, con la politica di mezzo: c’è frattura a Costantinopoli tra l’imperatore Anastasio e il patriarca;e Saba accorre nella capitale, nel vano tentativo di riconciliarli.
Poi vi ritornerà altre volte. E l’ultima, nel 530 è per lui una fatica enorme: ha quasi novant’anni. Ma affronta il viaggioper difendere i palestinesi da una dura tassazione punitiva. La gente lo venera già da vivo come un santo.
E ancora da vivo gli si attribuisce un intervento miracoloso contro i danni di una durissima siccità. Canonizzato da subito, dunque. E sempre ricordato anche dal grande monastero che porta ilsuo nome: Mar Saba. È stato per lungo tempo centro di ascesi e di studio; ed esiste tuttora, dopo avere attraversato tempi di fioritura e di decadenza, di saccheggi e di devastazioni.
Autore: Domenico Agasso