L’APOSTOLO IDEALE
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L’APOSTOLO IDEALE
La lettera, « scritta tra molte lacrime », evidenzia la piena configurazione di Paolo a Cristo nella persecuzione subita dai suoi avversari, facendone una esperienza esemplare.
Nei 13 capitoli che compongono la seconda lettera di Paolo ai Corinzi è tratteggiata l’identità dell’apostolo di ogni tempo e viene presentata la sua missione nei confronti delle comunità a cui egli è inviato. Paolo ha potuto scrivere questa lettera perché egli, per primo, ha incarnato l’ideale dell’apostolo e per primo ha sperimentato le difficoltà, le crisi, le gioie e le delusioni della missione.
Il contenuto detta lettera. I capitoli 1-7 descrivono la figura del vero apostolo, come è delineata nel Vangelo e come appare dalla testimonianza di Gesù, l’apostolo del Padre. All’origine della missione dell’apostolo vi è la chiamata da parte del Signore Gesù (Paolo ama definirsi « apostolo di Gesù Cristo »). È una chiamata che rende l’apostolo obbediente alla Parola che annuncia e fedele al suo Signore che lo invia. Per questo sono frequenti in Paolo le espressioni « in Cristo » e « con Cristo », mediante le quali egli sottolinea la sua piena comunione con il Signore e la piena condivisione della sua stessa sorte (persecuzione, incomprensione, rifiuto, avversione). In questi capitoli, infatti, Paolo si sofferma spesso sulle vicende dolorose che hanno caratterizzato la sua missione, fino a definire questa lettera come « la lettera scritta tra molte lacrime » (1,24) e come quella in cui pone in evidenza la sua piena configurazione a Cristo nella persecuzione e nel rifiuto subìti a causa dei molti.
I capitoli 8-9 contengono una stupenda pagina di comunione fraterna e di condivisione dei beni tra le prime comunità cristiane. Paolo esorta i Corinzi a proseguire nella raccolta di fondi per la comunità di Gerusalemme che versava nella necessità (forse a motivo di una carestia). Probabilmente i Corinzi erano più propensi a incoraggiare a parole questa raccolta, che non a contribuire di persona, con le loro risorse. Per questo Paolo li sollecita a condividere i loro beni con le comunità più povere e bisognose, scrivendo così essi pure una pagina autentica di Vangelo.
I capitoli 10-13 costituiscono un piccolo trattato autobiografico, in cui Paolo presenta la sua persona di apostolo e la sua attività di missionario alla luce della chiamata ricevuta dal Signore Gesù. Qui Paolo si esprime con tutta franchezza contro i suoi nemici, che non esita a chiamare ironicamente, « superapostoli » (11,5 e 12,11). Ma il cuore di questo trattato autobiografico è l’esigenza di verità e di fedeltà che caratterizza ogni apostolo del Vangelo. L’apostolo, infatti, raggiunge la pienezza della sua vocazione grazie alla verità e alla fedeltà, mediante le quali compie il suo itinerario di fede e di servizio che può raggiungere anche il più alto grado della vita cristiana, che è l’esperienza mistica (vedi 12,1-10; « Conosco un uomo che quattordici anni fa – se con il corpo o senza il corpo non so, lo sa Dio – fu rapito fino al terzo cielo… in paradiso e udì parole indicibili che non è lecito ad alcuno pronunziare »).
Attualità di questa Lettera. Ogni predicatore e ogni evangelizzatore trova in questo scritto di Paolo lo specchio della propria identità e della propria attività di chiamato e di inviato. Di fronte ai facili fondamentalismi del nostro tempo, è sempre attuale il monito di Paolo: « La lettera uccide, lo spirito dà vita » (3,6). Di fronte alle tensioni che possono sorgere nelle comunità cristiane, è ancora attuale il richiamo di Paolo: « Voi siete la nostra lettera » (3,8). Di fronte alla tentazione di strumentalizzare il in montagnaangelo per propri scopi personali o per emergere nella Chiesa e nella società, ecco la risposta di Paolo: « Noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta » (4,7). Infine, di fronte alla tentazione di lasciare tutto e di abbandonare l’impegno dell’evangelizzazione a motivo dell’insuccesso, del rifiuto, della stanchezza e della stessa indifferenza con cui il nostro tempo guarda al Vangelo e alla fede, ecco la parola di Paolo, sempre attuale: « Ti basta la mia grazia; la mia potenza si manifesta infatti pienamente nella debolezza » (12,9).

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