Archive pour le 4 décembre, 2012

St. John Damascene, pray for us!

St. John Damascene, pray for us! dans immagini sacre ag-Ioannis-Dam-Peristeri-2010

http://thesaurostesekklesias.blogspot.it/2011/12/iconic-icons-trojerucica.html

 

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Cos’è la Preghiera (sul tema San Giovanni Damasceno)

http://www.ilprofetadelvento.it/LA%20PREGHIERA.htm

Cos’è la Preghiera

(cit. : Pregare è riporre la propria vita in Dio. San Giovanni Damasceno, VII sec.)

Che cos’è la preghiera? E, in particolare, che cos’è la preghiera cristiana? E’ atto dell’uomo o è atto di Dio? In verità, nessun uomo può pregare se ciò non è suscitato da Dio; recitare formule è un conto, essere nella preghiera è un altro. E questo perché la preghiera, prima di ogni altra cosa, prima ancora che si esprima nelle sue varie modalità, di lode o di ringraziamento, di supplica o di intercessione, è uno stato d’essere. Pregare è riporre la propria vita in Dio. San Giovanni Damasceno (VII sec.) scriveva: “La preghiera è elevazione dell’anima a Dio”. Pregare è quindi un atteggiamento del cuore, in particolare un atteggiamento di umiltà: una rinuncia al proprio orgoglio, per porre la propria fiducia in Dio. Quanto a noi, “nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare”, diceva San Paolo (Rm 8,26). L’umiltà è dunque il fondamento della preghiera, “la disposizione necessaria per ricevere gratuitamente il dono della preghiera” (CCC 2559). La preghiera, più che esprimere la nostra ricerca di Dio, esprime la ricerca di Dio verso di noi. Più che esprimere la nostra sete, esprime la sete che Dio ha di noi: “Egli ci cerca per primo ed è lui che ci chiede da bere. Gesù ha sete; la sua domanda sale dalle profondità di Dio che ci desidera. Che lo sappiamo o no, la preghiera è l’incontro della sete di Dio con la nostra sete. Dio ha sete che noi abbiamo sete di lui” (CCC 2560). La nostra preghiera di domanda è, in realtà, già una risposta. Qualunque sia il linguaggio della preghiera, è tutto l’uomo che prega. Ma da dove viene la preghiera? Per più di mille volte, nella Sacra Scrittura è detto che la preghiera viene dal cuore: è il cuore che prega. Dicendo questo ci indica che la preghiera viene dallo spirito, viene da Dio, perché il nostro cuore è la dimora di Dio in noi. E’ anche la dimora dove io sto (o dovrei stare), dove io abito, o, semiticamente parlando, da cui discendo. “E’ il nostro centro nascosto, irraggiungibile dalla nostra ragione e dagli altri; solo lo Spirito di Dio può scrutarlo e conoscerlo. E’ il luogo della decisione, che sta nel più profondo delle nostre facoltà psichiche. E’ il luogo della verità, là dove scegliamo la vita o la morte. E’ il luogo dell’incontro, poiché, ad immagine di Dio, viviamo in relazione: è il luogo dell’Alleanza” (CCC 2563). La preghiera cristiana è dunque relazione d’alleanza, un’alleanza fra Dio e l’uomo, realizzata in Cristo. E’ sia azione di Dio sia azione dell’uomo. Sgorga sia dallo Spirito Santo sia da noi. Nella nostra vita è, di fatto, la fedele compagna, l’amica sincera, l’alleata continua. Possiamo dire che la preghiera è la prua alta con cui affrontiamo i marosi della vita. Pregare è fidarsi, è posarsi in Dio, anziché nelle cose e nelle creature. Pregare è scegliere Dio: sceglierlo al posto della propria fragilità. La preghiera è una consegna totale, è lasciare agire Dio perché è il Signore. Lasciare che compia lui le nostre opere. Pregare non è dire parole, ma lasciare che il Verbo dialoghi attraverso di noi. E’ parlare con le parole di Dio, lasciare fluire dall’anima un linguaggio di segni arcani che racchiudono tutta l’efficacia della Grazia. Pregare è amare, perché a esprimersi non sono le nostre parole, ma il Verbo dell’Amore.
La preghiera, dunque, è la Vita. E’ la Via. E’ l’Essere.
E’ il ritorno alla propria origine; al proprio senso; alla propria storia. E’ ripercorrere il cammino della storia della salvezza, posare i nostri passi sulle orme dei Padri, dei Profeti, dei Patriarchi, dei Santi. Pregare è, come nella metafora del figliol prodigo, un ritorno al Padre. Un abbandono alla sua volontà.
Pregare è esaudire i desideri di Dio. Nella preghiera, quando è vera, non ci s’incontra con ciò che vogliamo, ma con ciò che Dio vuole da noi.
La preghiera è dunque figliolanza perfetta.
E’ un viaggio interiore in cui ci si arrende all’amore.
Inoltre la preghiera è tempio dello Spirito Santo, realizzazione dei suoi carismi.
In particolare la preghiera cristiana non è mai atto solitario; esprime comunione anche quando si prega da soli, perché tramite l’amore si coabita insieme nell’universale comunione dei cuori.
“Nella Nuova Alleanza la preghiera è la relazione vivente dei figli di Dio con il loro Padre infinitamente buono, con il Figlio suo Gesù Cristo e con lo Spirito Santo” (CCC 2565), nell’unico corpo mistico che è la Chiesa

4 dicembre: San Giovanni Damasceno, mf

http://liturgia.silvestrini.org/santo/292.html

4 dicembre San Giovanni Damasceno, mf

Sacerdote e Dottore della Chiesa

BIOGRAFIA
Nacque a Damasco nella seconda metà del secolo VII, da una famiglia di cristiani. Dopo aver ricevuto un’ottima istruzione filosofica, divenne monaco nel monastero di San Saba a Gerusalemme e fu ordinato sacerdote. Scrisse molte opere di dottrina teologica, in particolare contro gli iconoclasti. Morì verso la metà del secolo VIII.

MARTIROLOGIO
San Giovanni Damasceno, sacerdote e dottore della Chiesa, che rifulse per santità e dottrina e lottò strenuamente con la parola e con gli scritti contro l’imperatore Leone l’Isaurico in difesa del culto delle sacre immagini. Divenuto monaco nel monastero di Mar Saba vicino a Gerusalemme, si dedicò qui alla composizione di inni sacri fino alla morte. Il suo corpo fu deposto in questo giorno.

DAGLI SCRITTI…
Dalla «Dichiarazione di fede» di san Giovanni Damasceno, dottore della Chiesa
Tu mi hai chiamato, Signore, a servire i tuoi discepoli
Tu, Signore, mi hai tratto dai fianchi di mio padre; tu mi hai formato nel grembo di mia madre; tu mi hai portato alla luce, nudo bambino, perché le leggi della nostra natura obbediscono costantemente ai tuoi precetti. Tu hai preparato con la benedizione dello Spirito Santo la mia creazione e la mia esistenza, non secondo volontà d’uomo o desiderio della carne, ma secondo la tua ineffabile grazia. Hai preparato la mia nascita con una preparazione che trascende le leggi della nostra natura, mi hai tratto alla luce adottandomi come figlio, mi hai iscritto fra i discepoli della tua Chiesa santa e immacolata.
Tu mi hai nutrito di latte spirituale, del latte delle tue divine parole. mi hai sostentato con il solido cibo del Corpo di Gesù Cristo nostro Dio, Unigenito tuo santissimo, e mi hai inebriato con il calice divino del suo Sangue vivificante, che egli ha effuso per la salvezza di tutto il mondo.
Tutto questo, Signore, perché ci hai amati e hai scelto come vittima, invece nostra, il tuo diletto Figlio unigenito per la nostra redenzione, ed egli accettò spontaneamente; senza resistere, anzi come uno che era destinato al sacrificio, quale agnello innocente si avviò alla morte da se stesso, perché, essendo Dio, si fece uomo e si sottomise, di propria volontà, facendosi «obbediente fino alla morte e alla morte di croce» (Fil 2, 8).
E così, o Cristo mio Dio, tu hai umiliato te stesso per prendere sulle tue spalle me, pecorella smarrita, e farmi pascolare in pascolo verdeggiante e nutrirmi con le acque della retta dottrina per mezzo dei tuoi pastori, i quali, nutriti da te, han poi potuto pascere il tuo gregge eletto e nobile.
Ora, o Signore, tu mi hai chiamato per mezzo del tuo sacerdote a servire i tuoi discepoli. non so con quale disegno tu abbia fatto questo; tu solo lo sai. Tuttavia, Signore, alleggerisci il pesante fardello dei miei peccati, con i quali ho gravemente mancato; monda la mia mente e il mio cuore; guidami per la retta viva come una lampada luminosa; dammi una parola franca quando apro la bocca; donami una lingua chiara e spedita per mezzo della lingua di fuoco del tuo Spirito e la tua presenza sempre mi assista.
Pascimi, o Signore, e pasci tu con me gli altri, perché il mio cuore non mi pieghi né a destra né a sinistra, ma il tuo Spirito buono mi indirizzi sulla retta via perché le mie azioni siano secondo la tua volontà e lo siano veramente fino all’ultimo.
Tu poi, o nobile vertice di perfetta purità, o nobilissima assemblea della Chiesa, che attendi aiuto da Dio; tu in cui abita Dio, accogli da noi la dottrina della fede immune da errore; con essa si rafforzi la Chiesa, come ci fu trasmesso dai Padri.

Colletta
Signore, che in san Giovanni Damasceno hai dato alla tua Chiesa un insigne maestro della sapienza dei padri, fà che la vera fede, che egli insegnò con gli scritti e con la vita, sia sempre nostra forza e nostra luce. Per il nostro Signore…

L’APOSTOLO IDEALE

http://www.stpauls.it/coopera/0807cp/0807cp04.htm

L’APOSTOLO IDEALE

La lettera, « scritta tra molte lacrime », evidenzia la piena configurazione di Paolo a Cristo nella persecuzione subita dai suoi avversari, facendone una esperienza esemplare.
 Nei 13 capitoli che compongono la seconda lettera di Paolo ai Corinzi è tratteggiata l’identità dell’apostolo di ogni tempo e viene presentata la sua missione nei confronti delle comunità a cui egli è inviato. Paolo ha potuto scrivere questa lettera perché egli, per primo, ha incarnato l’ideale dell’apostolo e per primo ha sperimentato le difficoltà, le crisi, le gioie e le delusioni della missione.
Il contenuto detta lettera. I capitoli 1-7 descrivono la figura del vero apostolo, come è delineata nel Vangelo e come appare dalla testimonianza di Gesù, l’apostolo del Padre. All’origine della missione dell’apostolo vi è la chiamata da parte del Signore Gesù (Paolo ama definirsi « apostolo di Gesù Cristo »). È una chiamata che rende l’apostolo obbediente alla Parola che annuncia e fedele al suo Signore che lo invia. Per questo sono frequenti in Paolo le espressioni « in Cristo » e « con Cristo », mediante le quali egli sottolinea la sua piena comunione con il Signore e la piena condivisione della sua stessa sorte (persecuzione, incomprensione, rifiuto, avversione). In questi capitoli, infatti, Paolo si sofferma spesso sulle vicende dolorose che hanno caratterizzato la sua missione, fino a definire questa lettera come « la lettera scritta tra molte lacrime » (1,24) e come quella in cui pone in evidenza la sua piena configurazione a Cristo nella persecuzione e nel rifiuto subìti a causa dei molti.
I capitoli 8-9 contengono una stupenda pagina di comunione fraterna e di condivisione dei beni tra le prime comunità cristiane. Paolo esorta i Corinzi a proseguire nella raccolta di fondi per la comunità di Gerusalemme che versava nella necessità (forse a motivo di una carestia). Probabilmente i Corinzi erano più propensi a incoraggiare a parole questa raccolta, che non a contribuire di persona, con le loro risorse. Per questo Paolo li sollecita a condividere i loro beni con le comunità più povere e bisognose, scrivendo così essi pure una pagina autentica di Vangelo.
I capitoli 10-13 costituiscono un piccolo trattato autobiografico, in cui Paolo presenta la sua persona di apostolo e la sua attività di missionario alla luce della chiamata ricevuta dal Signore Gesù. Qui Paolo si esprime con tutta franchezza contro i suoi nemici, che non esita a chiamare ironicamente, « superapostoli » (11,5 e 12,11). Ma il cuore di questo trattato autobiografico è l’esigenza di verità e di fedeltà che caratterizza ogni apostolo del Vangelo. L’apostolo, infatti, raggiunge la pienezza della sua vocazione grazie alla verità e alla fedeltà, mediante le quali compie il suo itinerario di fede e di servizio che può raggiungere anche il più alto grado della vita cristiana, che è l’esperienza mistica (vedi 12,1-10; « Conosco un uomo che quattordici anni fa – se con il corpo o senza il corpo non so, lo sa Dio – fu rapito fino al terzo cielo… in paradiso e udì parole indicibili che non è lecito ad alcuno pronunziare »).
Attualità di questa Lettera. Ogni predicatore e ogni evangelizzatore trova in questo scritto di Paolo lo specchio della propria identità e della propria attività di chiamato e di inviato. Di fronte ai facili fondamentalismi del nostro tempo, è sempre attuale il monito di Paolo: « La lettera uccide, lo spirito dà vita » (3,6). Di fronte alle tensioni che possono sorgere nelle comunità cristiane, è ancora attuale il richiamo di Paolo: « Voi siete la nostra lettera » (3,8). Di fronte alla tentazione di strumentalizzare il in montagnaangelo per propri scopi personali o per emergere nella Chiesa e nella società, ecco la risposta di Paolo: « Noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta » (4,7). Infine, di fronte alla tentazione di lasciare tutto e di abbandonare l’impegno dell’evangelizzazione a motivo dell’insuccesso, del rifiuto, della stanchezza e della stessa indifferenza con cui il nostro tempo guarda al Vangelo e alla fede, ecco la parola di Paolo, sempre attuale: « Ti basta la mia grazia; la mia potenza si manifesta infatti pienamente nella debolezza » (12,9).

Publié dans:San Paolo |on 4 décembre, 2012 |Pas de commentaires »

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