Archive pour le 30 novembre, 2012

Cappadocia Nativity Detail

Cappadocia Nativity Detail dans immagini sacre Tokali_Nativity
http://www.antiochian.org/node/21221

Publié dans:immagini sacre |on 30 novembre, 2012 |Pas de commentaires »

Omelia (commento) sulla prima lettura: Ger 33,15-16

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/16723.html

Omelia (29-11-2009)

Eremo San Biagio

Commento su Ger 33,15-16

Dalla Parola del giorno
In quei giorni farò germogliare un germoglio giusto, che eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra

Come vivere questa Parola?
Per riscoprire il Natale e riapprendere vitalmente in una gioia profonda che non è il mercantilismo dei regali, l’Avvento che oggi inizia è un periodo prezioso.
La prima lettura di oggi, tratta dal profeta Geremia, prospetta il realizzarsi in pienezza delle promesse di Dio. Esse convergono su un « germoglio giusto che eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra ». E chi è questo Germoglio se non il Messia promesso da secoli a Israele: quel Gesù di Nazareth che ha rivoluzionato i criteri della vita vera e felice col suo vangelo?
Ecco: Natale è il fare memoria del suo essere nato in terra dalla Vergine Maria. Ma è anche un proiettarsi nel futuro, quando non parzialmente ma in pienezza si realizzerà il trionfo di quella giustizia senza la quale non esiste la pace, e la carità è menzogna.
Avvento significa « venuta ». In attesa dunque di questa pienezza di giustizia che colmerà la storia e la farà straripare di veri beni, noi siamo chiamati a praticare anzitutto la giustizia. Non si può dirsi cattolici praticanti solo perché si va a Messa alla domenica e si ottempera a certe pratiche religiose, ma ci si appiattisce sulla mentalità affarista del tornaconto, del compromesso e dell’accumulo di beni per il benessere proprio e dei figli.
Devo vivere in casa e fuori la giustizia. Nella relazionalità con le persone e con le cose. Solo testimoniando coerenza con le parole e le azioni di Gesù che ho scelto come mio Signore, io potrò vivere un Avvento di luce e gioia nel cuore.

Tu, Signore Gesù, « Germoglio giusto » per eccellenza, aprimi a vie di rettitudine nel pensiero, nella volontà, nelle parole, e nelle azioni.

La voce di un arcivescovo
Siamo in attesa di una liberazione. Ed essa verrà. Già viene, nelle nostre stesse prove, perché passa attraverso le nostre sofferenze e le nostre prove… Ecco il Messia che aspettiamo. Anche l’Avvento, come ogni realtà cristiana, per condurre alla vera gioia del Natale deve passare per il venerdì santo
H. Teissier

PAPA BENEDETTO: « LA PIENA COMUNIONE ALLA QUALE ASPIRIAMO, È UN DONO CHE VIENE DA DIO »

http://www.zenit.org/article-34242?l=italian

« LA PIENA COMUNIONE ALLA QUALE ASPIRIAMO, È UN DONO CHE VIENE DA DIO »

Messaggio del Papa al patriarca ecumenico di Costantinopoli in occasione della festa di Sant’Andrea Apostolo

CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 30 novembre 2012 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito in traduzione italiana il testo del messaggio di papa Benedetto XVI al patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, per l’odierna festa di Sant’Andrea apostolo.
***
A Sua Santità Bartolomeo i
Arcivescovo di Costantinopoli
Patriarca Ecumenico
«Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori» (Ef 3, 17)
Animato da sentimenti di gioia profonda e di vicinanza fraterna, vorrei oggi fare mio questo auspicio, che san Paolo rivolge alla comunità cristiana di Efeso, per formularlo a lei, Santità, ai membri del Santo Sinodo, al clero e a tutti i fedeli, riuniti in questo giorno di festa per celebrare la grande solennità di sant’Andrea. Seguendo l’esempio dell’Apostolo, anche io, in quanto vostro fratello nella fede, «piego le ginocchia davanti al Padre» (Ef 3, 14), per chiedere che vi conceda «di essere potentemente rafforzati dal suo Spirito» (Ef 3, 16) e di «conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza» (Ef 3, 19).
Lo scambio di Delegazioni tra la Chiesa di Roma e la Chiesa di Costantinopoli, che si rinnova ogni anno in occasione delle rispettive feste patronali di sant’Andrea al Fanar e dei santi Pietro e Paolo a Roma, testimonia in modo concreto il legame di vicinanza fraterna che ci unisce. È una comunione profonda e reale, sebbene ancora imperfetta, che si fonda non su ragioni umane di cortesia e di convenienza, ma sulla fede comune nel Signore Gesù Cristo, il cui Vangelo di salvezza ci è pervenuto grazie alla predicazione e alla testimonianza degli apostoli, suggellato dal sangue del martirio. Potendo contare su questo solido fondamento, possiamo procedere insieme con fiducia nel cammino che conduce verso il ripristino della piena comunione. In questo cammino, grazie anche al sostegno assiduo e attivo di Vostra Santità, abbiamo compiuto tanti progressi, per i quali le sono molto riconoscente. Anche se la strada da percorrere può sembrare ancora lunga e difficile, la nostra intenzione di proseguire in questa direzione resta immutata, confortati dalla preghiera che nostro Signore Gesù Cristo ha rivolto al Padre: «siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda» (Gv 17, 21).
Santità, in questo momento desidero rinnovarle l’espressione della mia viva riconoscenza per le parole pronunciate al termine della celebrazione per il cinquantesimo anniversario dell’apertura del concilio Vaticano II e per l’apertura dell’Anno della fede, che si è tenuta a Roma a ottobre, parole mediante le quali lei ha saputo farsi interprete dei sentimenti di tutti i presenti. Conservo vivi ricordi della sua visita a Roma in quella circostanza, durante la quale abbiamo avuto l’opportunità di rinnovare i vincoli della nostra sincera e autentica amicizia. Questa amicizia sincera che è nata tra di noi, con una grande visione comune delle responsabilità alle quali siamo chiamati come cristiani e come pastori del gregge che Dio ci ha affidato, è motivo di grande speranza affinché si sviluppi una collaborazione sempre più intensa, nel compito urgente di rendere, con rinnovato vigore, testimonianza del messaggio evangelico al mondo contemporaneo. Ringrazio inoltre di tutto cuore lei, Santità, e il Santo Sinodo del Patriarcato Ecumenico per aver voluto inviare un delegato fraterno affinché partecipasse all’Assemblea ordinaria generale del Sinodo de vescovi sul tema: «La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana». La sfida più urgente, sulla quale ci siamo sempre trovati in totale accordo con Vostra Santità, è oggi quella di come far giungere l’annuncio dell’amore misericordioso di Dio all’uomo del nostro tempo, così spesso distratto, più o meno incapace di una riflessione profonda sul senso stesso della sua esistenza, preso come tale a partire da progetti e da utopie che non possono che deluderlo. La Chiesa non ha altro messaggio oltre al «Vangelo di Dio» (Rm 1, 1) e non ha altro metodo oltre all’annuncio apostolico, sostenuto e garantito dalla testimonianza di santità della vita dei pastori e del popolo di Dio. Il Signore Gesù ci ha detto che «la messe è molta» (Lc 10, 2), e non possiamo accettare che vada perduta a causa delle nostre debolezze e delle nostre divisioni.
Santità, nella Divina liturgia odierna che avete celebrato in onore di sant’Andrea, patrono del Patriarcato ecumenico, avete pregato «per la pace nel mondo intero, per la prosperità delle sante Chiese di Dio e per l’unione di tutti». Con tutti i fratelli e le sorelle cattolici, mi unisco alla vostra preghiera. La piena comunione alla quale aspiriamo, è un dono che viene da Dio. A Lui, «che in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che già opera in noi» (Ef 3, 20), rivolgiamo con fiducia la nostra supplica, per intercessione di sant’Andrea e di san Pietro, suo fratello.
Con questi sentimenti di sincero affetto in Cristo Signore, rinnovo i miei cordiali auguri e scambio con lei, Santità, un abbraccio fraterno.
Dal Vaticano, 23 novembre 2012

Publié dans:PAPA BENEDETTO - MESSAGGI |on 30 novembre, 2012 |Pas de commentaires »

Omelia I Domenica di Avvento (Anno C): Alzatevi e levate il capo

http://www.qumran2.net/parolenuove/commenti.php?mostra_id=16743

Alzatevi e levate il capo

mons. Gianfranco Poma

I Domenica di Avvento (Anno C)

Vangelo: Lc 21,25-28.34-36  

Iniziamo il nuovo anno liturgico nel quale la Chiesa ci invita a leggere il Vangelo di Luca, il Vangelo dell’evangelizzatore, cioè del discepolo di Gesù che, affascinato da Lui, non può non partire immediatamente per portare agli altri la gioia che ha cambiato la sua vita. L’opera di Luca è più che mai un « lieto annuncio » che riempie di gioia chi lo ascolta e il Gesù di Luca è così « bello » che non può non suscitare stupore e fascino in chi lo incontra. La tradizione fa di San Luca un artista e se pure la tradizione non corrisponde alla verità storica, interpreta molto bene la realtà: il Cristo di Luca è bello. Questa bellezza dipende dallo stile di Luca: dal racconto dell’annuncio a Maria, alle parabole del buon samaritano, del figlio prodigo, alla pagina finale dei discepoli di Emmaus, è tutto un susseguirsi di pagine che fanno vibrare in noi le corde della bellezza.
Lungo il corso dei secoli gli artisti si sono impegnati ad interpretare in modo sempre nuovo i racconti della nascita di Gesù, la figura della donna ai suoi piedi, del Padre che accoglie il figlio che ritorna a lui, dei discepoli che riconoscono Gesù nello spezzare il pane e lo pregano: « Rimani con noi perché scende la sera ». Certo, la bellezza del libro di Luca dipende anche dal posto occupato dalle donne: Maria, Elisabetta, Maria di Magdala, Marta e Maria, il gruppo delle donne che accompagnano Gesù e i discepoli. Una grande attenzione Luca riserva pure ai poveri e ai peccatori. Ma non è a causa del modo di scrivere di Luca che Gesù è bello: per Luca Gesù è bello, e per questo ne scrive in modo bello. Eppure neppure una riga è dedicata da Luca alla descrizione della figura fisica di Gesù: egli ci testimonia che uomini e donne erano conquistati da Lui, dalla sua persona emanava una luce e una forza interiore che doveva generare relazioni perfettamente realizzanti. In realtà, la bellezza di Gesù è lo splendore del suo amore: Gesù è l’incarnazione dell’amore del Padre, per questo è lo specchio della bellezza di Dio. Gesù è il volto umano di Dio che si piega sui piccoli, come su Maria, che si invita presso Zaccheo, che perdona ai peccatori e alle peccatrici. La sua non è una bellezza fredda che allontana, ma è piena di un calore che attrae, per questo risplende anche sulla croce: Padre, perdona loro…In verità, oggi tu sarai con me, nel Paradiso. La bellezza di Gesù è lo splendore della sua comunione continua con il Padre: Luca ce lo mostra frequentemente in preghiera, animato dallo Spirito, solo, con il Padre.
La Liturgia, in questo anno liturgico, ci invita, rileggendo il vangelo di Luca, ad avere il coraggio, prima di tutto tra di noi, nella Chiesa, di comunicarci quanto siamo stati affascinati dalla bellezza di Colui nel quale crediamo. Forse il nostro mondo aspetta proprio di sentirsi annunciare il Vangelo in termini di bellezza.
E l’anno liturgico inizia con il tempo dell’ « Avvento », momento densissimo di significati e di valori che danno senso alla nostra esistenza: l’Avvento è tutta la nostra vita o, meglio, la nostra vita è tutta Avvento. Che cos’è la nostra vita, se non desiderio di qualcosa o di qualcuno che ci manca, che ci doni la gioia, la pace, la felicità? Che cos’è la nostra vita se non l’attesa che venga chi ci porti il supplemento di qualcosa che, mancandoci, ci inquieta e ci tormenta? Che cos’è la nostra vita se non il continuo interrogarci, aspettando che venga una risposta alle inesauribili domande che salgono dal profondo del nostro cuore? Che cos’è la nostra vita se non l’attesa di un Dio che « squarci i cieli e discenda ». L’Avvento è il coraggio di scendere nel profondo di noi stessi e di percepire che il desiderio, la domanda, l’attesa, costituiscono la nostra umanità più vera: la lettura dell’Antico Testamento, con la sua tensione profetica, è la compagnia più adeguata per l’uomo che ha il coraggio di non porre limiti alla propria ricerca.
Ma la nostra vita sarebbe l’esperienza più assurda e disperante se alla nostra attesa non venisse una risposta, al nostro desiderio di amore non rispondesse un incontro: l’Avvento è l’esperienza che nel profondo della nostra ricerca c’è sempre una luce misteriosa che ci illumina e pure ci spinge verso orizzonti sempre più vasti. Il nostro non è un cammino nel buio, ma in un cono di luce che diventa sempre grande quanto più vi entriamo, in un amore che quanto più lo sperimentiamo, tanto più lo desideriamo. Il nostro Avvento è l’esperienza che la nostra vita è un dialogo, un incontro con Colui che viene, quando non siamo ripiegati su noi stessi, quando « siamo svegli », attenti alla ricchezza interiore della nostra umanità, alla densità del mondo e della storia, quando trasformiamo le nostre domande, inquietudini, in una preghiera, un dialogo orante con Colui che ci parla, ci ama, e, suscitando la nostra libertà, rende la nostra vita affascinante pur nella sua complessa fragilità. Il nostro Avvento è l’incontro con Cristo, Gesù di Nazareth, Colui che è venuto, per percorrere tutto il cammino umano, condividere tutta la domanda, il desiderio, l’angoscia, il dramma, la morte, e per mostrare che proprio questa è la via per arrivare alla pienezza di ciò a cui l’uomo aspira, perché nessun uomo si senta solo, abbia paura della propria umanità, ma la viva fino in fondo sentendo che essa è il luogo dove si può cominciare a percepire l’inesauribilità di Colui che la storia non può contenere.
Così l’Avvento è la percezione che la nostra esperienza è solo l’inizio di un compimento che deve venire, il « già » di un « non ancora », è il vivere nel tempo il frammento che ci fa pregustare e ci dà la nostalgia di una eternità che deve venire.
Il brano del Vangelo di Luca che oggi leggiamo (Lc.21,25-36), a questo nostro tempo stanco e rassegnato, così potente per le sue scoperte scientifiche e così incapace di gustarne la ricchezza, che rischia di non avere più la forza di porsi domande, di desiderare, di attendere, che si lascia avvolgere dalla paura liquida che lo paralizza, rivolge le sue splendide parole: costruisce una scenario terribile, parla di uomini che muoiono « per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra », ma con la forza che gli viene dal suo incontro con Cristo che con il suo Amore ha vinto il male del mondo, afferma che il momento della grande paura e della morte può diventare quello della rinascita e della grande speranza. E’ il momento del « lieto annuncio », della gioia, perché è ora che l’Amore di Cristo vince: al nostro mondo Luca chiede di non lasciare che « i cuori si appesantiscano in dissipazioni, ubriacature, affanni della vita »; rivolge l’invito ad « alzarsi levare lo sguardo, perché è vicina la liberazione »; indica l’atteggiamento vigilante e la preghiera continua come via per entrare in una nuova esperienza di libertà che solo l’incontro con Colui che ha fatto proprie le grandi attese dell’uomo, può offrire

PUERI CANTORES SACRE' ... |
FIER D'ÊTRE CHRETIEN EN 2010 |
Annonce des évènements à ve... |
Unblog.fr | Annuaire | Signaler un abus | Vie et Bible
| Free Life
| elmuslima31