Archive pour le 16 novembre, 2012

Icon of the Last Judgment (17th Century)

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« MARIA, MODELLO DI FEDE » (PRIMA PARTE) (Catechesi del cardinale Comastri)

 http://www.zenit.org/article-33854?l=italian

« MARIA, MODELLO DI FEDE » (PRIMA PARTE)

Catechesi del cardinale Comastri presso la comunità pastorale di Dugnano-Incirano

CITTA’ DEL VATICANO, martedì, 13 novembre 2012 (ZENIT.org).- Riprendiamo la prima parte della catechesi tenuta il 20 ottobre scorso presso la comunità pastorale di Dugnano-Incirano dal cardinale Angelo Comastri, vicario generale di Sua Santità per la Città del Vaticano.
***
Sia lodato Gesù Cristo, “Sempre sia lodato”.
Vi parlerò della fede stasera, guardando l’esempio della più grande che è Maria! Per noi che ci chiamiamo credenti e che vogliamo essere credenti, non è facile avere la consapevolezza della preziosità della fede, … perché è un po’ scontato! Quando ero parroco a Porto Santo Stefano, io ricordo di aver conosciuto una signora ucraina di nome Sascia, la quale era vissuta in Ucraina nel tempo della dittatura. Dittatura marxista, quando la fede era rigorosamente proibita, anzi perseguitata, ed era cresciuta in famiglia nella totale assenza di ogni riferimento religioso!   Nominare Dio era nominare qualcosa di pornografico. Lei scappò! Venne in Italia, si è sposata in Italia. In Italia ha trovato la fede! 
Ricordo che in un colloquio, in una conversazione, mi disse: “Voi non avete sperimentato il buio della mancanza di Dio, voi non avete sperimentato il buio di una vita che non abbia senso!  Per questo non apprezzate la fede e la cosa che mi fa più impressione in Italia – diceva lei -, è vedere che la gente non capisce il privilegio che ha: il privilegio di CREDERE !!”.
Però, per capire meglio del valore della fede, vorrei sottolineare alcune testimonianze, alcuni esempi, che ci fanno toccare con mano come cambia la vita quando si passa dalla incredulità alla fede:
Giovanni Papini !! Giovanni Papini è stato fino ad oltre trent’anni non solo ateo, ma “ferocemente ateo”. Pensate, nel 1911, lui era dell’81, quindi aveva 30 anni esatti, scrisse un libro. Un libro che lo potremmo definire una specie di proclama dell’ateismo che terminava così: “Uomini diventate atei tutti! Subito !  Dio stesso – attenti – il vostro Dio, il Dio vostro figlio – cioè che avete inventato voi – è lui che ve lo chiede con tutta l’anima! Atei subito !!”. Era il 1911.
L’anno dopo scrisse un libro intitolato “Un uomo finito”, che ancora oggi si legge con curiosità, perché è un libro che fa pensare.  Ebbene in questo libro sentite cosa viene a dichiarare Giovanni Papini: …“Ormai tutto è finito! – riprende un po’ il tema del titolo – tutto è perduto! Tutto è chiuso, non c’è più nulla da fare. Consolarsi? Neppure! Piangere? Ma per piangere ci vuole ancora dell’energia! Ci vuole un po’ di speranza! Io non sono più nulla, non conto più nulla, io non voglio niente. Io sono una COSA! Non sono un uomo!! Toccatemi, sono freddo come una pietra, freddo come un sepolcro. Qui, dietro il mio sterno, è sotterrato un uomo che non è riuscito a spodestare Dio!!!”. Impressionante !  Era il 1912 !
Nel 1921, Papini pubblica “La storia di Cristo”, ormai era credente !! Sentite cosa scrive nell’introduzione: “L’autore di questo libro ne scrisse un altro anni fa per raccontare la malinconica storia di un uomo che volle, per un momento, diventare Dio. L’orgoglio è la vera infezione dell’umanità!  L’ORGOGLIO !!!  Ora  – continua Papini – nella maturità degli anni e della coscienza, lo stesso autore che scrisse contro Dio, ha tentato di scrivere la vita di Dio che si fece uomo. Il rovescio !! In quel tempo di febbre e di orgoglio, quegli che scrisse offese a Cristo, come pochi altri prima di lui avevano fatto, eppure dopo 6 anni appena, ma sei anni che furono di gran travaglio e devastazione, fuori di lui e dentro di lui, dopo lunghi mesi di concitati ripensamenti, ad un tratto, interrompendo un altro lavoro, quasi sollecitato e sospinto da una forza più forte di lui: quell’uomo che scrisse quel libro dell’ateismo, cominciò a scrivere questo libro di Cristo che ora gli sembra insufficiente espiazione di quella colpa.  E inizia così la storia di un altro Papini”.
Un’altra testimonianza:  5 Novembre 1954, a Stoccolma viene trovato suicida nel suo appartamento, Stig Dagerman, uno scrittore che era molto noto in Svezia, ancora oggi è molto noto Stig Dagerman, ha scritto romanzi direi affascinanti. Si suicida a 31 anni al culmine della sua carriera. Viene trovato un foglio tra i suoi scritti, dove troviamo questi pensieri: “Mi manca la fede e non potrò mai quindi essere un uomo felice, perché un uomo felice non può avere il timore che la propria vita sia solo  – attenti! – un vagare insensato verso una morte certa”.
Guardate che questo è quello che pensa tanta gente oggi. … Tanta gente! La disperazione di oggi parte da qui! Tutto il subbuglio che c’è in giro, anche economico, parte da una crisi spirituale!  Si è smarrito il senso della vita!!!  E quando la vita non ha più senso, può accadere tutto! Non può essere felice un uomo che pensa che la vita sia un vagare insensato verso una morte certa. … 1954 !
1973, Augusto Guerriero, noto come Ricciardetto: chi ricorda l’epoca di quei tempi, ricorderà anche l’articolo che settimanalmente scriveva Ricciardetto e quasi sempre erano articoli che irridevano la fede.   Ebbene, ad un certo punto Ricciardetto viene interpellato da una ragazza che gli scrive e dice: “Ma lei con i suoi articoli ha messo in crisi la fede del mio fidanzato. La smetta di scrivere queste cose!!”   Sentite cosa risponde: “Lei ha ragione, ma la mancanza di fede, non è come la mancanza di qualsiasi bene morale o materiale.  Per me è un dramma!!  Un dramma intimo e doloroso, che mi ha colpito alla vigilia della mia morte:  quando l’anima non ha più la forza di recupero e di rinnovamento.  Sa – dice a quella ragazza – che a volte se ci penso mi commuovo?! Si proprio mi commuovo e piango,  piango su me stesso, sulla mia miseria”. E l’anno dopo pubblicò un libro intitolato: “Ho cercato e non ho trovato”.  In quel libro scrive: “Questo è un libro di un uomo che giunto alla sera della vita, ha perduto la pace. Quella pace di cui godei per tanti e tanti anni e che tutti mi invidiavano, era INCOSCIENZA!  Ora non ho più la pace, ma sono cosciente del mio dramma intimo! – e aggiunge – Ma quanti – attenti bene – quanti di coloro che predicano la fede, quanti di essi, sentono la fede come io sento la mancanza della fede!”. … Impressionano queste parole!! Pare che è un rimprovero rivolto a noi, perché molte persone che ci avvicinano talvolta vorrebbero avvertire in noi il profumo del Vangelo. Il profumo di Dio!
Madre Teresa diceva: “Io non voglio sentir parlare di lontani, – e precisava – non sono lontani, sono allontanati!”. …  E’ ben diverso, … è ben diverso!!
Indro Montanelli, 1996.  … Viene intervistato dal Corriere della Sera e Montanelli dichiara:  “Sebbene debbo chiudere gli occhi, senza sapere da dove vengo e dove vado e che cosa sono venuto a fare in questa terra, valeva la pena che aprissi gli occhi. La mia – conclude Montanelli – è una dichiarazione di fallimento!”.
Anno 2000, Norberto Bobbio: un pensatore di grande rispetto, non c’è dubbio! Sulla rivista degli atei Micromedia, fa questa dichiarazione: “Giunto al termine della vita, debbo dichiarare che non ho trovato la risposta alla domanda fondamentale della vita, CHE SENSO HA?!“. E’ una domanda che ha fatto a 90 anni, si è dato la risposta a questa domanda. Conclude, attenti bene: “La mia intelligenza è umiliata, però non mi piego alla fede!”. … Attenti bene che l’umiliazione è ben diversa dall’umiltà. Si può essere umiliati e non umili. “La mia intelligenza è umiliata, però non mi piego alla fede”.

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Omelia XXXIII Domenica del Tempo Ordinario : Passato, presente e futuro in Dio

http://www.qumran2.net/parolenuove/commenti.php?mostra_id=26855

Passato, presente e futuro in Dio

padre Gian Franco Scarpitta 

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (18/11/2012)

Vangelo: Mc 13,24-32  

Se nelle precedenti Domeniche ci si era soffermati sul tema dei defunti e sulla vita dopo la morte, oggi ci si intrattiene sul tema della « fine cosmica universale », sull’epilogo della storia presente. La Scrittura ce ne parla con immagini tipiche dell’apocalittica, che descrivono scene sconvolgenti e impressionanti, che vanno interpretate ovviamente in senso figurato: non possiamo immaginarci la « fine del mondo » attraverso elementi naturalistici. La nostra fede ci ragguaglia che Cristo tornerà nella gloria e noi lo riconosceremo, tuttavia non vanno considerate letteralmente le immagini cosmiche della Bibbia. Come concepire allora l’evento culmine della nostra storia? Che cosa avverrà effettivamente alla fine dei tempi, quando si verificherà il tanto atteso « Giudizio universale? »
Ratzinger suggerisce una risposta a queste domande mettendo in relazione la predetta morte del singolo soggetto umano con la fine universale: ciò che avverrà alla fine dei tempi sarà analogo a quanto avviene al momento del trapasso di ciascuno. Quando ciascuno di noi transita da questa all’altra vita avviene la fine del nostro corpo terreno e al contempo il « ritorno » immediato di Cristo, che ci viene incontro. Di conseguenza si realizza un incontro fra noi e il Signore che si esprime in termini di « giudizio particolare », nel quale mi troverà di fronte a Dio a seconda di come avrò vissuto la mia vita terrena.. Al momento della morte incontreremo un Giudice si, ma pur sempre un Dio Amore misericordioso che vorrà salvarci fino all’ultima istanza e il cui amore si mostrerà comunque trionfante. Anche se è previsto un giudizio di condanna (inferno) per quanti ostinatamente avranno voluto vivere nella lontananza da Dio, questo sarà solo conseguenza di tutto il male che ci saremo procurati noi stessi con il peccato: nelle intenzioni del Risorto vi sarà in ogni caso la volontà di un incontro nell’amore e nella misericordia, la quale comunque ha sempre la meglio sul giudizio (Gc 2, 13). Il momento della morte è insomma per ciascuno « l’ultimo giorno » nonché « giorno del giudizio » in quanto Cristo morto e Risorto « torna » per ciascuno di noi.
Parimenti, alla fine del tempi avverrà per tutti quanti la conclusione di questo mondo perverso. Esso sarà rinnovato e portato alla perfezione, in quanto Dio interverrà per debellare definitivamente il male, e tutti assisteremo all’incontro con Cristo che visibilmente ci verrà incontro nella gloria per il giudizio finale. Che avvengano o meno delle catastrofi cosmiche non lo sappiamo e non ci importa saperlo. Quello che sappiamo con certezza è che incontreremo il Signore che opererà non una fine ma una trasformazione, in quanto tutti vivremo la comunione con Cristo, la pienezza dell’amore di Dio e il rinnovamento definitivo della vita. Il mondo quindi finirà nel senso che la nostra vita sarà trasformata in pienezza.
Anche la Lettera agli Ebrei ci parla di questo secondo incontro che farà seguito al primo: « È stabilito per gli uomini che muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio. Cristo, dopo essersi offerto una volta sola allo scopo di togliere i peccati di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l’aspettano per la loro salvezza »  » (9,27 – 28).
Tutto questo ci sprona allora non alla paura ma alla speranza. Non allo scoramento, ma alla fiducia. Vivere il presente è indispensabile perché ogni momento della nostra esistenza è unico e irripetibile e non possiamo certo delapidare il tempo prezioso che ci viene concesso. Ma proprio per questo, il nostro « frattempo » storico va vissuto anche in proiezione del futuro, perché mentre ci impegniamo nel presente abbiamo la consapevolezza che tendiamo anche verso un avvenire. E Dio in effetti non è solo presente, altrimenti non sarebbe Dio: egli è il nostro passato, il presente e contemporaneamente anche nostro futuro.
Credo che questa sia una delle spiegazioni dell’esistenza del male, della cattiveria e del dolore attorno a noi nonostante sia avvenuta la risurrezione di Cristo che ha confermato l’idea di un Dio giusto e buono: se il regno delle tenebre non sussistesse, se non dovessimo vivere l’aberrazione del male e la lotta continua contro di esso, ebbene non potremmo avere modo di coltivare la speranza di un Signore Futuro. Come afferma Paolo, ciò che si spera se è visto non è più speranza (Rm 8, 24) e come possiamo sperare nel Cristo che ci viene incontro attendendone la visione ultima se vengono meno le sfide e le ansie della vita di tutti i giorni? Un premio si gusta meglio dopa la fatica e un cammino privo di ostacoli probabilmente non condurrà a nulla, quindi potremo gioire del Signore solo quando avremo perseverato sino alla fine.
Qualche autore inglese diceva che la storia dell’uomo è « una favola raccontata da un idiota, piena di rumore e di furore, che non significa nulla ». Noi diciamo che questa favola assume un significato in Dio, che la assume fino in fondo come la sua storia personale con gli uomini; riconosciamo anche che questa storia, com’è proprio di tutte le vicende, deve avere pure un termine,, ma nell’ottica della fede riconosciamo che se è vero che tutto finisce, è anche vero che in questa conclusione tutto si trasforma e ci si dischiude per la Verità. Passata, presente e futura.

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