Archive pour le 9 novembre, 2012

Saint Leo the Great Pope

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10 novembre: San Leone Magno

Una volta per semprehttp://liturgia.silvestrini.org/santo/334.html

10 novembre: San Leone Magno

Papa e Dottore della Chiesa

BIOGRAFIA
Nato in Toscana e salito sulla cattedra di Pietro nel 440, fu vero pastore e autentico padre di anime. Cercò in ogni modo di mantenere salda e integra la fede, difese strenuamente l’unità della chiesa, arrestò, per quanto gli fu possibile, le incursioni dei barbari, e meritò a buon diritto di essere detto Leone “il Grande”. Morì nel 461.

MARTIROLOGIO
Memoria di san Leone I, papa e dottore della Chiesa: nato in Toscana, fu dapprima a Roma solerte diacono e poi, elevato alla cattedra di Pietro, meritò a buon diritto l’appellativo di Magno sia per aver nutrito il gregge a lui affidato con la sua parola raffinata e saggia, sia per aver sostenuto strenuamente attraverso i suoi legati nel Concilio Ecumenico di Calcedonia la retta dottrina sull’incarnazione di Dio. Riposò nel Signore a Roma, dove in questo giorno fu deposto presso san Pietro.

DAGLI SCRITTI…
Dai «Discorsi» di san Leone Magno, papa
Il servizio specifico del nostro ministero. Tutta la Chiesa di Dio é ordinata in gradi gerarchici distinti, in modo che l’intero sacro corpo sia formato da membra diverse. Ma, come dice l’Apostolo, tutti noi siamo uno in Cristo (cfr. Gal 3, 28). La divisione degli uffici non é tale da impedire che ogni parte, per quanto piccola, sia collegata con il capo. Per l’unità della fede e del battesimo c’é dunque fra noi, o carissimi, una comunione indissolubile sulla base di una comune dignità. Lo afferma l’apostolo Pietro: «Anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo» (1 Pt 2, 5), e più avanti: «Ma voi siete la stirpe eletta, il sacerdote regale, la nazione santa, il popolo che Dio si é acquistato» (1 Pt 2, 9).
Tutti quelli che sono rinati in Cristo conseguono dignità regale per il segno della croce. Con l’unzione dello Spirito Santo poi sono consacrati sacerdoti. Non c’é quindi solo quel servizio specifico proprio del nostro ministero, perché tutti i cristiani sono rivestiti di un carisma spirituale e soprannaturale, che li rende partecipi della stirpe regale e dell’ufficio sacerdotale. Non é forse funzione regale il fatto che un’anima, sottomessa a Dio, governi il suo corpo? Non é forse funzione sacerdotale consacrare al Signore una coscienza pura e offrirgli sull’altare del cuore i sacrifici immacolati del nostro culto? Per grazia di Dio queste funzioni sono comuni a tutti.
Ma da parte vostra é cosa santa e lodevole che vi rallegriate per il giorno della nostra elezione come di un vostro onore personale. Così tutto il corpo della Chiesa riconosce che il carattere sacro della dignità pontificia é unico. Mediante l’unzione santificatrice, esso rifluisce certamente con maggiore abbondanza nei gradi più alti della gerarchia, ma discende anche in considerevole misura in quelli più bassi. La comunione di tutti con questa nostra Sede é, quindi, o carissimi, il grande motivo della letizia. Ma gioia più genuina e più alta sarà per noi se non vi fermerete a considerare la nostr povera persona, ma piuttosto la gloria del beato Pietro apostolo.
Si celebri dunque in questo giorno venerando soprattutto colui che si trovò vicino alla sorgente stessa dei carismi e da essa ne fu riempito e come sommerso. Ecco perché molte prerogative erano esclusive della sua persona e, d’altro canto, niente é stato trasmesso ai successori che non si trovasse già in lui. Allora il Verbo fatto uomo abitava già in mezzo a noi. Cristo aveva già dato tutto se stesso per la redenzione del genere umano. (Disc. 4, 1-2; PL 54, 148-149)

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XXXII Domenica del Tempo Ordinario: Una volta per sempre

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Una volta per sempre

don Daniele Muraro 

XXXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (08/11/2009)

Vangelo: Mc 12,38-44  

Il Vangelo riferisce di Gesù a Gerusalemme che insegna dentro il cortile del tempio. Sedutosi davanti al luogo dove in tanti lasciano la loro offerta poi, unico fra tutti, Egli nota e loda il gesto di una povera vedova.
La seconda lettura propone invece un’istruzione sull’offerta di se medesimo da parte dello stesso Gesù. Essa fu perfetta e perciò unica. Senza dover entrare in un santuario umano, Gesù presentò il suo sacrificio direttamente al cospetto di Dio e continua ad intercedere a nostro favore.
Possiamo stabilire un paragone tra l’elemosina della vedova e la morte in croce di Gesù. Entrambe queste azioni portano a compimento una donazione totale, per la vedova delle sue misere risorse e quindi delle ultime speranze di sopravvivenza, della sua vita terrena nel caso di Gesù.
Gesù invita i suoi discepoli a stare alla larga dal modo di fare degli scribi. Dall’abbigliamento e dall’atteggiamento di questi tali traspare solo vanità, trasformano le uscite in pubblico in altrettante occasioni per accrescere prestigio sociale, nel loro intimo però sono avidi di soldi. Arrivano a sfidare il giudizio di Dio non esitando ad impadronirsi del patrimonio dei più sfortunati e nonostante questo pregano a lungo, come se l’Altissimo non conoscesse le loro malefatte o non fosse capace di intervenire.
Il quadro che esce dalle parole del Vangelo indurrebbe a giudizi poco benevoli sulla malvagità che regna nel mondo, se non fosse per l’apparizione del tutto inosservata ai più di una povera vedova riconoscibile come tale per il suo vestito logoro e per il suo aspetto deperito. Essa si dirige con fare dimesso verso il tesoro, ossia il luogo delle elemosine, dove i sacerdoti incaricati stavano ad aspettare.
Uno di loro controllava il valore delle monete e nel caso di oblazioni consistenti dichiarava, ad alta voce, l’entità e l’intenzione dell’offerta, gettandola nella cassa corrispondente. Le casse erano dodici. Nella tredicesima si gettavano le elemosine spontanee e di poco conto, quelle senza intenzione.
Presso quest’ultima si porta la donna, non può pretendere di più con il suo modesto gruzzoletto. Si tratta di due spiccioli, le più piccole monete aventi allora corso legale, pochi euro diremmo noi.
Mentre la povera vedova si allontana, le parole di Gesù arrivano come una sentenza inaspettata e sconcertante. « Questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere! » È il verdetto di Dio che si esprime sulle labbra di Gesù!
Non sappiamo come andò avanti la vicenda di quella donna sola. Nel caso raccontato nella prima lettura della vedova di Zarepta interviene la Provvidenza di Dio. Lei e suo figlio erano veramente allo stremo, ma viene premia la fiducia dimostrata verso il Dio di Elìa e la generosità nei confronti del profeta.
Considerata sotto il punto di vista di queste due ultime scene la vita dell’uomo appare fatta di stenti, o almeno di continue necessità.
Anche pregando spesso uno si accontenta della richiesta di tirare avanti, di poter ottenere quel che serve nell’immediato, ma nulla più, con in testa quella parola per cui ad ogni giorno basta la sua pena.
La possibilità di « una buona volta per tutte » non appartiene al deposito delle speranze ordinarie. Eppure il desiderio di una risoluzione « una volta per sempre » di ogni problema ritorna come istinto del cuore umano.
La lettera agli Ebrei incoraggia questa aspirazione, non come il risultato di uno sforzo personale, bensì come un dono proveniente da Gesù e che riceviamo da Lui: « Una volta sola, nella pienezza dei tempi, Cristo è apparso per annullare il peccato (e quindi il male) mediante il sacrificio di se stesso. »
Il senso della storia è già deciso: il bene ha vinto. Il senso pieno di ogni cosa è già a disposizione nel frammento di tempo che di volta in volta viviamo. Niente andrà perduto di quello che si è fatto per amore di Dio.
Noi siamo già fin d’ora in contatto con l’eternità e, se lo affidiamo nelle mani del Signore, ogni nostro atto può essere garantito contro la sparizione nell’oblìo del passato che non ritorna.
Il sacrificio di Cristo è stato sufficiente per realizzare la salvezza del mondo. Se per riparare il male dell’umanità avessimo dovuto presentare offerte tratte dal mondo materiale non sarebbe bastata l’intera creazione e questo vale per Gesù stesso. Gesù invece ha offerto se stesso.
La sua morte in croce è stata così piena di amore da colmare tutta l’eternità. Perciò essa rimane sempre valida e attuale. Questo dono di sé Gesù lo porta dopo la resurrezione nel cielo e tramite il ministero della Chiesa nel mondo.
Soprattutto con la celebrazione dell’Eucaristia Gesù continua a ripresentare a noi che ne abbiamo tanto bisogno la sua offerta per la nostra salvezza e guarigione spirituale.
Davanti al dono del Signore in questa Messa raccogliamo, per così dire, anche noi tutte le nostre forze. Domandiamo al Signore di confermare e rafforzare quello che c’è di buono nel nostro cuore non senza aver lasciato che Egli annulli ciò che vi può trovare di sbagliato e di cattivo.

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