Pellegrini del nuovo millennio. Un’indagine rivelatrice – di Sandro Magister
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Pellegrini del nuovo millennio. Un’indagine rivelatrice
È giovane, attivo, istruito. Va poco a messa ma ammira i santi e crede fermamente nella risurrezione. È il profilo del moderno devoto di sant’Antonio da Padova
di Sandro Magister
ROMA, 29 ottobre 2012 – In Italia « esiste nel popolo cristiano un diffuso tesoro di eroismo umile e quotidiano, che non fa notizia ma costruisce la storia ». Questo ha detto in sinodo il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della conferenza episcopale italiana. Aggiungendo che comunque « la gente che incontriamo nelle nostre comunità spesso deve riscoprire la fede o scoprirla ».
È stata pubblicata in questi giorni un’indagine sociologica che dice molto su questo cristianesimo diffuso e dalle forme molteplici che caratterizza « l’eccezione italiana », ma non solo.
L’indagine ha per soggetto i pellegrini che si recano in uno dei santuari più visitati al mondo: la basilica di sant’Antonio a Padova.
Nell’arco di un anno sono circa quattro milioni i visitatori di questo santuario. Ma l’indagine ne ha preso in esame una precisa porzione. Si è concentrata su quei 200 mila pellegrini che sono sfilati davanti al corpo del santo nei sei giorni del febbraio del 2010, da lunedì 15 a sabato 20, nei quali esso è stato reso eccezionalmente visibile.
Erano freddi giorni d’inverno. Ma la fila d’ingresso alla basilica era lunghissima e il cammino durava ore. Accorrevano persone in numero molto maggiore rispetto a quello della precedente ostensione del corpo del santo, nel 1981. Allora erano stati 22 mila al giorno, ora 33 mila.
Il profilo socioreligioso di questi pellegrini rivela tratti sorprendenti.
Il primo di questi riguarda l’età. A prevalere non sono gli anziani ma l’età di mezzo, tra i 45 e i 59 anni, il 36,6 per cento del totale. Ma soprattutto vi sono forti presenze di età più bassa, tra i 30 e i 44 anni, il 26,4 per cento, e giovane, tra i 16 e i 29 anni, il 14,1 per cento.
Rispetto ai cattolici praticanti che vanno a messa ogni domenica in Italia, d’età medio-alta e con due donne su tre, i pellegrini di sant’Antonio appaiono quindi decisamente più giovani. E senza differenze di rilievo tra i sessi.
Il secondo dato sorprendente è l’istruzione. I visitatori del santo risultano più istruiti sia rispetto alla media della popolazione italiana, sia, e in misura ancor più marcata, rispetto ai praticanti regolari. Uno su quattro è laureato e quattro su dieci sono diplomati. Inoltre, sono quasi tutti impegnati in un’attività lavorativa.
Terzo dato. Una larga parte dei pellegrini, circa la metà, vanno a messa solo saltuariamente: a Natale, a Pasqua e in altre rare occasioni.
Ma nello stesso tempo – quarto dato, il più impressionante – mostrano di credere nelle verità centrali del cristianesimo in misura molto maggiore dei praticanti regolari. Ben l’83,4 per cento credono nella risurrezione di Gesù e di tutti. Quando invece nella confinante diocesi di Rovigo un’analoga inchiesta ha riscontrato che credono nella risurrezione solo il 31,4 per cento della popolazione, e solo il 58,5 per cento dei cattolici che vanno a messa tutte le domeniche.
Quinto dato di rilievo, i pellegrini si accostano a sant’Antonio non tanto per implorare una grazia o un miracolo, ma semplicemente per ringraziare, oppure perché cercano in lui una protezione spirituale.
L’inchiesta è più ricca. Ma bastano questi cinque tratti per configurare un profilo di pellegrino che riflette una condizione molto moderna del credere, quella messa in luce dall’opera capitale del canadese Charles Taylor, « L’età secolare ».
È la condizione del credente in una società in cui la fede in Dio è solo una possibilità tra le altre, e in cui tale libertà di scelta non diminuisce la fragilità e precarietà dell’umano.
« In un’epoca in cui vi è una crescente individualizzazione del credere – commenta il professor Alessandro Castegnaro, curatore della ricerca –, non sorprende che si sviluppi una religiosità che forse non è senza Chiesa, ma certamente è con poca Chiesa ».
È una religiosità che viene definita « popolare », ma che non è un residuo del passato. Ha tratti nuovi e moderni. Forse poco elaborati ma semplici e forti, come la fede nella risurrezione e la ricerca nel santo di un faro nel cammino della vita, più che di un taumaturgo.
È una fede semplice, fatta di un contatto diretto col divino, con epicentro i santuari, alla quale le istituzioni territoriali della Chiesa cattolica, le diocesi, le parrocchie, si rapportano con fatica.
Ma è una sfida che obbliga l’intera Chiesa a una capacità inventiva nuova, perché di fenomeni in parte nuovi si tratta. Castegnaro conclude così la sua analisi, nel volume a più voci che presenta i risultati dell’inchiesta:
« È assai probabile che queste forme di religiosità, come hanno avuto un passato, abbiano anche un futuro. Ma esse, per la loro configurazione antropologica e perché Taylor ha fondamentalmente ragione, nei paesi occidentali sono destinate a interessare delle minoranze, sia pur rilevanti e sempre in grado di dar vita a fenomeni di massa. Ben difficilmente sarà ‘la religione del popolo’, come Paolo VI consigliava di chiamare la religione popolare. Essa piuttosto sarà la religione di una parte del popolo, una delle molte figure che assume la religiosità all’interno del più generale processo di pluralizzazione delle forme del credere ».
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Il libro:
« Toccare il divino. Lo strano caso del pellegrinaggio antoniano », a cura di Alessandro Castegnaro e Ugo Sartorio, Edizioni Messaggero, Padova, 2012,
Il 19 ottobre questa inchiesta è stata presentata e discussa in un convegno a Padova su « La religione popolare nella società post-secolare ».
L’inchiesta nella sintesi di Lorenzo Fazzini su « Avvenire » del 12 ottobre 2012:
> In cosa credono i pellegrini del Santo?
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La religiosità « popolare », negli anni del dopoconcilio, è stata largamente oggetto di rifiuto e di condanna in campo teologico e pastorale. Ma già in quegli anni si levarono in sua difesa voci autorevoli come quelle di Joseph Ratzinger e Karl Rahner.
Di recente è intervenuto sull’argomento, con una severa critica di quell’ondata contestatrice, il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti:
> Loreto ovvero la pietà popolare. I fendenti del cardinale Vegliò
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