Rosh haShana 5773 (Capodanno ebraico, domani vigilia, 17-19)
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Rosh haShana 5773 (Capodanno ebraico, domani vigilia, 17-19)
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Rosh haShana (in ebraico …, letteralmente capo dell’anno) è il capodanno religioso, uno dei tre previsti nel calendario ebraico.
Rosh haShana è il capodanno cui fanno riferimento i contratti legali, per la cura degli animali e per il popolo ebraico. La Mishnah indica in questo capodanno quello in base al quale calcolare la progressione degli anni e quindi anche per il calcolo dell’anno sabbatico e del giubileo.
Nella Torah vi si fa riferimento definendolo « il giorno del suono dello Shofar » (Yom Terua, Levitico 23:24). La letteratura rabbinica e la liturgia descrivono Rosh haShana come il « Giorno del giudizio » (Yom ha-Din) ed il « Giorno del ricordo » (Yom ha-Zikkaron).
Nei midrashim si racconta di Dio che si siede sul trono, di fronte a lui i libri che raccolgono la storia dell’umanità (non solo del popolo ebraico). Ogni singola persona viene presa in esame per decidere se meriti il perdono o meno.
La decisione, però, verrà ratificata solo in occasione di Yom Kippur. È per questo che i 10 giorni che separano queste due festività sono chiamate i 10 giorni penitenziali. In questi 10 giorni è dovere di ogni ebreo compiere un’analisi del proprio anno ed individuare tutte le trasgressioni compiute nei confronti dei precetti ebraici. Ma l’uomo è rispettoso anche verso il proprio prossimo. Ancora più importante, allora, è l’analisi dei torti che si sono fatti nei confronti dei propri conoscenti. Una volta riconosciuto con se stessi di aver agito in maniera scorretta, occorre chiedere il perdono del danneggiato. Quest’ultimo ha il dovere di offrire il proprio perdono. Solo in casi particolari ha la facoltà di negarlo. È con l’anima del penitente che si affronta lo Yom Kippur.
La festa dura 2 giorni sia in Israele che in diaspora, ma è una tradizione recente. Esistono infatti testimonianze di come a Gerusalemme si festeggiasse solo il primo giorno ancora nel XIII secolo. Le scritture recano il precetto dell’osservanza di un solo giorno. È per questo che alcune correnti dell’ebraismo, tra le quali i Karaiti, festeggiano solo il primo. L’ebraismo ortodosso e quello conservativo, invece, li festeggiano entrambi.
La tradizione
Una delle caratteristiche peculiari di Rosh haShana è il suono dello shofar. In alcune comunità viene suonato tutte le mattine del mese di Elul, l’ultimo prima del nuovo anno. Il significato di questa usanza è quello di risvegliare il popolo ebraico dal torpore e ricordargli che sta per avvicinarsi il giorno in cui verrà giudicato (Maimonide, Yad, Leggi della penitenza 3:4).
Nei giorni precedenti, vengono recitate le selichot (preghiere penitenziali). A seconda della tradizione delle varie correnti, la recitazione delle selichot inizia in momenti diversi, dai 30 ai 10 giorni prima della festività di Rosh haShana.
Queste composizioni poetiche sono talmente importanti che nel giorno stesso della festività, alcune di queste, chiamate piutim, sono inserite all’interno della normale liturgia.
Nel pomeriggio che precede l’inizio della festività si usa fare il tashlich, un lancio di oggetti presso uno specchio d’acqua (anche una fontana va bene) per liberarsi di ogni residuo di peccato.
Il Seder
La cena della prima sera di Rosh haShana è detta Seder di Rosh haShanà; durante questa cena, assieme alla recitazione di piccole formule di preghiera, si usa consumare sia qualcosa di dolce (tipica la mela intinta nel miele), sia cibi che diano l’idea di molteplicità, come il melograno, per augurarsi un anno dolce e prospero.
Tra i vari piatti che si servono durante questa cena, differenti nelle varie tradizioni, è una costante la presenza di qualche parte di animale che faccia parte della testa, a simboleggiare il capo dell’anno. Solitamente viene portata in tavola anche una forma di pane (challa) tonda, a simboleggiare la circolarità dell’anno.
Nel pasto della seconda sera, col secondo Seder come il primo, vengono servite più varietà possibili di frutta, perché vengano incluse nella benedizione di shehecheyanu (la benedizione che si recita la prima volta che si assaggia qualcosa nell’anno).
Nella Bibbia ebraica
Nell’antichità, l’anno ebraico aveva inizio in autunno seguendo il ciclo dei campi: semina-crescita-raccolto. Seguendo questo stesso ordine, si presentano le principali festività ebraiche: la festa del pane azimo; la festa della mietitura (primizie dei cereali), sette settimane più tardi, e la festa del raccolto o dell’immagazzinamento al termine della stagione, che segna anche il termine del calendario ebraico (Esodo 23:14-17, Deuteronomio 16:1-16). È probabile che quest’ultima festa sia stata celebrata nell’antichità in modi particolari.
Il primo riferimento agli usi della festa è, probabilmente, di Ezechiele (Ezechiele, XL 1). Nel Levitico (23:9) si dice che il giubileo, che inizia nello stesso giorni di Rosh haShana, venne accolto con il suono di trombe. Secondo la traduzione dei settanta del libro di Ezechiele, sacrifici specifici venivano offerti sia nel primo giorno del primo mese (Nisan), sia il primo giorno del settimo mese (Tishri). Il primo giorno del settimo mese viene indicato come « giorno del suono delle trombe ». Si teneva una convocazione sacra. Nessun lavoro doveva essere eseguito e speciali sacrifici dovevano essere offerti (Levitico, 23:23-25; Numeri 29:1-6). Non viene ancora chiamato espressamente capodanno, ma veniva già osservato come tale dagli ebrei del tempo.
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