Le scale di Darwin e Giacobbe secondo Schönborn
dal sito:
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Le scale di Darwin e Giacobbe secondo Schönborn
di Giulio Meotti
Tratto da del 24 agosto 2006
Rimini. La “scala di Darwin” ha reso possibile lo sguardo nell’ascesa della vita, la “scala di Giacobbe” ha permesso agli angeli, quindi al Logos, di scendere sulla terra. E’ la doppia suggestiva metafora con la quale l’arcivescovo di Vienna, il cardinale Christoph Schönborn, interpreta al Meeting di Comunione e liberazione di Rimini il rapporto fra ragione ed evoluzione, a pochi giorni dal seminario a porte chiuse sulla creazione che Papa Benedetto XVI terrà dall’1 al 3 di settembre prossimi a Castel Gandolfo con i suoi ex allievi. Ci saranno anche Herbert Mang, presidente dell’Accademia austriaca delle scienze, e il filosofo tedesco nonché amico di Joseph Ratzinger, Robert Spaemann.
L’arcivescovo di Vienna ha spiegato che sull’evoluzione non è in corso un dibattito fra scienza e fede, ma fra ragione, scienza e fede. Il cardinale Schönborn, che di evoluzione si è occupato per anni in qualità di docente di teologia, ha parlato di un “disegno divino nella realtà” e del bisogno dell’uomo di raccontare storie. “La storia della Genesi è la storia dell’origine della vita”. Non per affermare un “ismo” della creazione – accusa rivoltagli dopo la pubblicazione, nel luglio del 2005, di un suo articolo sul New York Times in cui sosteneva che la vita non può essere ricondotta a “un processo non guidato e non pianificato di variazioni casuali e di selezione naturale” – ma per ribadire che da parte della chiesa cattolica “non verrà alcun amen all’evoluzionismo ideologico”. E’ la ripresa di un’affermazione che Benedetto XVI ha fatto il 6 aprile scorso: “La scienza suppone la struttura affidabile, intelligente della materia, il ‘disegno’ della creazione”. Per Schönborn vi è una “paura di discutere ciò che manca nella teoria di Darwin”, a cominciare dagli anelli, appunto, mancanti.
Si deve “leggere la creazione come un libro” perché “le tracce dell’intelligenza devono essere leggibili nella creazione”. Se è vero che “la domanda sull’origine del disegno intelligente evidente nel metodo vivente è del tutto legittima” e che “l’aggressività con la quale si sono scatenati gli attacchi a un gruppo di scienziati americani che si dedica al tema ‘intelligent design’ non ha molto a che fare con la scienza”, è anche vero che la risposta ultima non ce la dà la scienza, ma “l’uomo in quanto essere interrogante, pensante, capace di stupirsi”. Stupore di fronte non a un astratto assoluto, ma alla creazione di ogni giorno. “L’interrogativo centrale a cui trovare risposta è in fondo il tema di tutto il dibattito intorno all’evoluzione: il mondo nel quale viviamo, la nostra vita in questo mondo ha un senso? Senza ragione non vi è orientamento, non vi è progetto, non vi è disegno”.
Secondo il prelato viennese, il darwinismo, grazie all’innumerevole serie di scoperte scientifiche sull’origine e la natura del vivente, si è potuto ammantare dell’“alone estremamente affascinante della scientificità che tutto trasfigura”. L’evoluzione domina oggi testi scolastici, media, caricature, dibattito pubblico, pubblicità, mentre “al racconto biblico rimane nel migliore dei casi uno spazio limitato per dire qualcosa sul senso della vita umana”. L’alternativa alla “storia darwiniana” non è il creazionismo, ma la sintesi fra la scala di Giacobbe e la scala di Darwin. “All’inizio era il Verbo, non il caso. E’ insensato e irragionevole vedere questo grandioso percorso della vita fino all’uomo come un processo guidato dal puro caso”.
Schönborn critica poi duramente chi, come padre George Coyne, “arriva perfino ad affermare che Dio stesso non poteva sapere con sicurezza che il risultato dell’evoluzione sarebbe stato l’uomo”. Il caso è cosa diversa dal fatum: “Esiste il caso nel senso del non programmato, ma non è il grande principio creativo che ne vorrebbe fare il darwinismo ideologico. E’ legittimo e giustificabile in termini metodologici escludere da una determinata visione della natura la domanda ‘qual è il fine?’, la ricerca della finalità. Non è legittimo ed è addirittura irragionevole trarre da ciò la conclusione che non vi sia finalità”. Il libro della Genesi non è un testo di biologia, ma non è forse vero che la creazione comincia con quella della luce che la scienza ha poi chiamato Big Bang? Non è forse vero che nella Genesi appaiono prima gli animali marini, poi quelli volanti e terrestri, infine l’uomo, con l’ordine che vediamo negli strati geologici? Schönborn parla di “linguaggio della creazione” e di “un ordine eticamente vincolante della creazione”. Un ordine e un linguaggio che vanno contro “il ‘disegno intelligente’ di questa biotecnologia che prende essa stessa nelle proprie mani l’evoluzione”. Insomma, l’intelligenza del disegno del mondo e dell’uomo va scoperta, non creata ex post in laboratorio.

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