Angelo Card. Bagnasco – Omelia in occasione della Festa di San Francesco d’Assisi Patrono d’Italia

dal sito:

http://www.diocesi.genova.it/documenti.php?idd=3171

Il Crocifisso

Omelia in occasione della Festa di San Francesco d’Assisi Patrono d’Italia

Angelo Card. Bagnasco

Genova, Chiesa del Padre Santo,

4 ottobre 2011

Carissimi Fratelli e Sorelle nel Signore

È con gioia che saluto le tre Famiglie Francescane riunite per celebrare il loro unico ceppo spirituale, San Francesco: una radice antica e sempre viva che non cessa di originare nuovi germogli di bene e di santità. Saluto con stima Sua Eccellenza Mons. Panizza, i Ministri Provinciali, i Padri Guardiani e ciascuno di voi, cari religiosi qui presenti e, in voi, saluto con affetto tutti i membri delle vostre Famiglie Religiose a Genova e in Liguria, ma penso anche alla vostra presenza nelle Diocesi italiane.
Insieme con voi, esulta la Chiesa in Italia e nel mondo, sentendo San Francesco una ricchezza comune che va ben oltre i confini del nostro Paese, e questo è un onore per noi italiani, ma anche una grande responsabilità, quella di corrispondere all’esempio che Francesco ci ha dato di configurazione a Gesù, Signore e Maestro. Molte e note sono le evocazioni che salgono da colui che, insieme a Santa Caterina da Siena, è Patrono d’Italia. Vorrei richiamare la nostra attenzione sulla lettera di San Paolo ai Galati: « quanto a me, non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo del quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo ». La croce di Cristo è il cuore della fede cristiana, il luogo della nostra redenzione, la porta del cielo: è il riferimento originario di ogni santità. Ma San Francesco è stato scelto da Dio per essere, del Crocifisso, una particolare e commovente icona: a Lui si è configurato, Lui gli ha rapito il cuore, per Lui ha crocifisso il mondo nella sua carne.
La cultura occidentale sembra dimenticare il vero volto del crocifisso; o almeno sembra che faccia fatica a comprenderlo. Questa difficoltà può insidiare oggi anche i cristiani nel senso di affievolire il senso del peccato come cosa seria dell’esperienza umana: senza la coscienza del peccato, infatti, si svuota anche la realtà del Dio crocifisso. Si tende a pensare che, in fondo, tutti sbagliamo; si tende a confrontare i nostri peccati con le violenze e le ingiustizie che ci sono nel mondo, e allora i nostri comportamenti appaiono cose piccole, da poco, praticamente irrilevanti. Tutto, così, si giustifica, ma di conseguenza si svuota il Crocifisso: « la maggior parte della gente – diceva Benedetto XVI ai rappresentanti della Chiesa evangelica in Germania –, anche dei cristiani, oggi dà per scontato che Dio, in ultima analisi, non si interessa dei nostri peccati e delle nostre virtù. Egli sa che siamo soltanto carne (…) Ma sono veramente piccole le nostre mancanze? Non viene devastato il mondo a causa della corruzione dei grandi, ma anche dei piccoli (…)? No, il male non è un’ inezia » (23.9.2011). Il peccato è veramente il male dei mali perché ferisce o deturpa l’amicizia con Dio. L’uomo si ripiega su di sé, cerca la felicità nelle soddisfazioni e nei piaceri immediati, si illude di essere libero; ma si allontana dalla verità e quindi dalla sorgente della vita e della gioia. E’ Dio la verità dell’uomo, ed è l’obbedienza a Dio, alla sua Parola, che misura la umanità dell’uomo, che garantisce la sua dignità, che dona la vita vera. San Francesco aveva vivissimo il senso della sua piccolezza, del suo essere creatura, del peccato, e davanti al Crocifisso egli si è fatto obbedienza alla parola ascoltata e dipinta su quel legno benedetto, che si è inciso nelle sue membra e nella sua vita, facendo di Francesco uno « spettacolo per il mondo ». E’ ricuperando il senso del peccato dentro al rapporto d’amore con Dio, che recuperiamo tutta la serietà dell’amore di Cristo.
Un amore a volte ridotto a sentimentalismo dolciastro e inconcludente, a emozione superficiale, a poesia vaga, mentre l’amore di Gesù – sorgente e misura di ogni vero amore – è sostanzioso e drammatico, nasce e si alimenta di verità, diventa dedizione, fedeltà, sacrificio. E per questo gioia vera che riempie il cuore, sostanzia la vita, ispira rapporti.
Sì, San Francesco – nella ricchezza semplice e profonda del suo messaggio – ci ricorda la serietà e la bellezza dell’amore di Cristo che abbraccia il mondo, espia i nostri peccati e ci restituisce alla comunione del Padre. Perché, ben lo sappiamo, sulla croce è accaduto questo: Gesù ha deposto tutto il peccato del mondo nell’amore di Dio e lo ha sciolto in esso, elevando l’uomo fino al cuore della Trinità. Sull’altare della croce, il Cielo si è chinato sulla terra e si è ricongiunto a lei, e così è fluita dall’alto la vita vera. La vita vera per il cristiano non è solo la vita eterna – quella dopo la morte corporale – ma è la sua comunione con Dio Verità e Amore. E’ dunque un bene relazionale che Gesù ci offre qui e ora, e che nessuna vecchiaia, nessuna infermità, neppure la morte, può distruggere o diminuire. Per questa ragione il discepolo è sempre un vivente, anche quando declina e muore. Il Poverello d’Assisi ha contemplato nel crocifisso tutta la drammaticità del peccato fino a piangere di dolore, e tutta la serietà dell’amore di Dio, fino a vivere nella perfetta letizia. E’ questo, cari Figli di San Francesco, che sta all’origine della santità di quest’anima che non cessa di affascinare il nostro Paese e oltre. E che sta all’origine di ogni altro peculiare aspetto della sua esperienza di credente e di religioso. Siate messaggeri della sostanza cristiana come lui. La stessa vita fraterna, che tanto giustamente amate e auspicate nelle vostre comunità, ha lì – dalla croce – il suo principio, il criterio e la misura. E come lui ispirate la comunità cristiana con la linfa evangelica, con l’umile esempio e la fervente preghiera.
I Vescovi vi rinnovano la loro paterna stima e l’affettuosa gratitudine per la vostra presenza religiosa e per il vostro servizio, ricordando anche il grande amore e la cordiale obbedienza che San Francesco visse e predicò per la Chiesa e i suoi Pastori. Nessuna difficoltà ci scoraggi: le prove siano grazia per alimentare la fiducia nell’azione dello Spirito, per purificare il nostro agire e nutrire la speranza: per metterci tutti in ginocchio davanti a Gesù Eucaristia, stretti gli uni agli altri in un rinnovato vincolo di fraternità, e in un più convinto slancio missionario. Ne siamo debitori agli uomini d’oggi che, spesso smarriti, attendono una parola di luce e un gesto fraterno che apra l’anima verso l’alto, che indichi nel volto di Cristo crocifisso il volto misericordioso dell’amore e il volto vero dell’uomo. La Madonna Immacolata ci benedica e ci accompagni con il manto della sua maternità
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