Archive pour septembre, 2011

La porta del cielo [Dal libro della Genesi (28, 10-19)]

dal sito:

http://www.grupposhekinah.it/ita/news/1-per_pensare_e_pregare/39-la_porta_del_cielo.html

La porta del cielo

Dal libro della Genesi (28, 10-19)

Giacobbe partì da Bersabea e si diresse verso Carran. Capitò così in un luogo, dove passò la notte, perché il sole era tramontato; prese là una pietra, se la pose come guanciale e si coricò in quel luogo. Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco, gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa. Ecco, il Signore gli stava davanti e disse: «Io sono il Signore, il Dio di Abramo, tuo padre, e il Dio di Isacco. A te e alla tua discendenza darò la terra sulla quale sei coricato. La tua discendenza sarà innumerevole come la polvere della terra; perciò ti espanderai a occidente e a oriente, a settentrione e a mezzogiorno. E si diranno benedette, in te e nella tua discendenza, tutte le famiglie della terra. Ecco, io sono con te e ti proteggerò dovunque tu andrai; poi ti farò ritornare in questa terra, perché non ti abbandonerò senza aver fatto tutto quello che ti ho detto». Giacobbe si svegliò dal sonno e disse: «Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo». Ebbe timore e disse: «Quanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo». La mattina Giacobbe si alzò, prese la pietra che si era posta come guanciale, la eresse come una stele e versò olio sulla sua sommità. E chiamò quel luogo Betel, mentre prima di allora la città si chiamava Luz.

VIENI DI NOTTE (David Maria Turoldo)
Vieni di notte, ma nel nostro cuore è sempre notte:
e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni in silenzio, noi non sappiamo più cosa dirci:
e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni in solitudine, ma ognuno di noi è sempre più solo:
e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni, Figlio della pace, noi ignoriamo cosa sia la pace:
e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni a liberarci, noi siamo sempre più schiavi:
E dunque vieni sempre, Signore.
Vieni a consolarci, noi siamo sempre più tristi:
e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni a cercarci, noi siamo sempre più perduti,:
e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni, tu che ci ami:
nessuno è in comunione col fratello se prima non è con te, o Signore.
Noi siamo tutti lontani, smarriti, né sappiamo chi siamo,
cosa vogliamo. Vieni, Signore. Vieni sempre, Signore.

Le biciclette filano via lì accanto. Le vecchie
Si reggono ai margini del prato:
I loro pensieri sono terreni, ma la mente
Si invola a sognare della Vergine Maria,
Perché Uno a Betlemme ha messo al sicuro
Per loro i loro sogni.

(da: Ricordo della vigilia di Natale di Patrick Kavanagh)

Publié dans:APOCRIFI A.T., biblica |on 2 septembre, 2011 |Pas de commentaires »

CONFESSIONI TRA GLI ANNUNCI A NEW YORK

dal sito:

http://www.zenit.org/article-27804?l=italian

CONFESSIONI TRA GLI ANNUNCI A NEW YORK

di Elizabeth Lev


ROMA, giovedì, 1° settembre 2011 (ZENIT.org).- A New York la pubblicità è un’arte. In ogni via, venditori, pannelli luminosi e vetrine attirano i passanti con cibo, tecnologia e qualsiasi prodotto si possa desiderare. Dovrebbe allora sorprendere un grande striscione rosso in una chiesa cattolica che annuncia confessioni? Francamente sono rimasta esterrefatta. Correndo dal museo alla biblioteca, per cenare con gli amici, l’ultima cosa alla quale pensavo era il sacramento della riconciliazione.
La parrocchia di Sant’Agnese è un’elegante chiesa al numero 143 E della 43rd Street, che l’ex Sindaco di New York, Ed Koch, definì “la strada più transitata al mondo”. La chiesa offre tre ore di confessioni e sette Messe al giorno. Incuriosita, sono andata a visitarla. Sono stata ricevuta da Anna Megan, che amministra la chiesa e ha voluto per prima cosa sottolineare l’importante localizzazione del tempio. “A mezzo isolato dalla stazione Grand Central Terminal e dall’altro lato della strada rispetto al Chrysler Building, Sant’Agnese è al centro delle rotte di viaggiatori e turisti”.
I fedeli di Sant’Agnese non sono molti, circa 400, ma sono costanti. Possono però arrivare a più di 10.000 nei giorni di festa, quando molte persone assistono alle Messe e si confessano.
Sant’Agnese è stata costruita nel 1873 per i lavoratori del Grand Central Terminal, ma ha subito un incendio nel 1992. La chiesa attuale, ricostruita nel 1998, segue il modello della chiesa del Gesù, uno dei templi romani più noti per il sacramento della penitenza. Da 30 anni, Sant’Agnese offre un orario regolare di confessioni giornaliere, risultato di un’iniziativa pastorale ma anche dell’insistenza dei fedeli.
Ho visitato la parrocchia un pomeriggio, mentre iniziava l’adorazione eucaristica, con la chiesa piena per tre quarti della sua capacità. Ogni diversità etnica, economica ed estetica di New York si inginocchiava unita nei banchi. Giovani con anziani, tatuaggi e veli, borse griffate e sacchetti di carta.
Ovviamente molte altre chiese offrono confessioni regolari a New York. La Cattedrale di St. Patrick offre confessioni al mattino e all’ora di pranzo, e il santuario di Sant’Antonio ne offre con tale frequenza da essere conosciuto come il confessionale di New York.
Dopo aver visto tante chiese chiuse tutto il giorno negli Stati Uniti, con i bollettini parrocchiali che annunciavano discretamente gli orari delle confessioni (solo il sabato, dalle 15.15 alle 15.30, o per appuntamento), Sant’Agnese è però una meraviglia e un modello per tante di loro.
Ho chiesto delle difficoltà di tenere la chiesa aperta tutto il giorno e di assicurare sacerdoti per i sacramenti. Megan mi ha detto che i fedeli collaborano per far restare aperta la chiesa, custodendo il tabernacolo.
Anche se nella parrocchia c’è solo un sacerdote diocesano, padre Richard Adams, in genere cinque o sei presbiteri di luoghi come le Filippine, il Ghana o la Birmania aiutano ad amministrare i sacramenti.
Questa disponibilità è divenuta talmente popolare che ci sono sempre file nei due confessionali, e più di una volta è stato chiamato un sacerdote all’ora di pranzo o di cena per assistere qualcuno che era arrivato. San Giovanni Maria Vianney ne sarebbe molto orgoglioso.
In una città che offre in ogni angolo prodotti perché l’aspetto delle persone sia sempre pronto per una fotografia, Sant’Agnese promuove un trattamento di bellezza molto più profondo.

Morning Trinity Throne Of GOD

Morning Trinity Throne Of GOD dans immagini sacre

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Publié dans:immagini sacre |on 1 septembre, 2011 |Pas de commentaires »

SULLE ORME DI SAN PAOLO APOSTOLO (Chiesa Ortodossa)

dal sito:

http://www.ortodossia.it/LA%20CHIESA%20ORTODOSSA%20SULLE%20ORME%20DI%20S.htm

LA CHIESA ORTODOSSA

SULLE ORME DI SAN PAOLO APOSTOLO

(Pensieri di un Metropolita Ortodosso)

1. Introduzione
Ringrazio particolarmente per l’invito fraterno a partecipare a questo Convegno, importante dal punto di vista ecumenico, pastorale e sociale.
Ogni Convegno, di conseguenza anche questo, il nostro, costituisce una riflessione sulla responsabilità per il percorso della testimonianza cristiana e del suo ruolo nel mondo di oggi, angosciato e travagliato, bisognoso di modelli e soluzioni per i propri gravi problemi.
Sono lieto e mi congratulo con il Professore Farrugia e con il Prof. Busattil della Fondazione di Malta, per l’invito che tocca anche la Chiesa dell’Oriente, la Chiesa di Costantinopoli, il Patriarcato Ecumenico, in quanto la mia umile persona, è Metropolita della Chiesa di Costantinopoli.
Il gentile pensiero degli organizzatori di invitare anche la Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia e Malta del Patriarcato Ecumenico, nella persona del suo Metropolita in questo significativo incontro è per essa un sostegno morale ed un riconoscimento di un prestigio particolare per continuare la sua peculiare missione: testimoniare e trasmettere la sua ricchissima Spiritualità, fare conoscere ai suoi fedeli la sua fede, il suo culto e la sua Tradizione; costruire Ponti di amore e di pace, di rispetto e fratellanza, di unità e di speranza, indispensabile per la sincera collaborazione, per rafforzare il “Dialogo della Carità” che è la base del “Dialogo Teologico”, per pregare ed affrontare la volontà di Dio: “Che tutti siano una cosa sola”; creare, cosi, un popolo di Dio cosciente; preparare la coscienza per la realizzazione dell’unità, in quanto l’unità sarà dono di Dio; ma (anche) si realizzerà quando l’ideale diventerà coscienza del popolo, cioè vita con preghiera quotidiana, con interessamento morale ed ardente desiderio per il cambiamento della mentalità e del cuore, affinchè l’uomo possa comprendere la sua responsabilità di fronte a Dio ed al suo prossimo.

2. San Paolo e la sua predicazione
Entriamo nel nostro importantissimo tema: “La Chiesa Ortodossa sulle orme di san Paolo apostolo”. Per iniziare dobbiamo sottolineare che san Paolo è per eccellenza il maestro e la guida spirituale, morale e sociale dei santi Padri Greci, i quali hanno conservato nella Chiesa Ortodossa inalterata la dottrina degli Apostoli e dei Concili Ecumenici.
Approfondiamo in alcuni rilevanti temi teologici, pastorali e sociali, che san Paolo sottolinea prioritamente, dando risposte che influenzano i Padri dell’Oriente, e di conseguenza la Chiesa Ortodossa Orientale, che segue la dottrina e le orme di san Paolo.
Secondo san Paolo, Dio non è lontano dall’uomo, al contrario lo ha conosciuto lui stesso ed è stato da lui illuminato e liberato dai limiti del giudaismo, quando ha visto ed ha incontrato la luce della salvezza; ha sentito il mistero, ha compresso il divino intervento, perciò, accompagnato dalla vigilanza e disponibilità a predicare Cristo, è riuscito, lontano dalle passioni della pigrizia e dalla superbia, a trasformare, coll’assistenza della grazia di Dio, il mondo già colpito e travagliato da grandi problemi morali, spirituali e sociali, cambiandone il suo percorso.
È verità indiscutibile che il Vangelo di Cristo, predicato da san Paolo, ha percorso e toccato tutto l’impero Romano. La sua, era una predica di amore, di pace e di unità, nonchè di giustizia, di libertà e di uguaglianza. La sua predicazione ha dato conforto, riposo e solievo spirituale ad ogni uomo stanco e disperato, che si è redento dai suoi peccati, provocando così una rivoluzione interiore, pacifica e salvifica.
San Paolo è l’apostolo della spiritualità greca, è il predicatore della fede in Cristo, che si è affaticato grandemente affinché il seme della fede si diffondesse in tutto il mondo, è il convertitore delle nazioni alla fede in Cristo.
Così, la predicazione di san Paolo (????? t?? ?a????) è chiara, pura, precisa, è ????? di salvezza; è lo stesso “?????” di Cristo che è la predicazione della verità, della vita, della pace e dell’unità. La sostanza di tutto ciò conferma con chiarezza san Paolo, quando dice: “ieri ed oggi lo stesso e nei secoli”.
È diacronico, immutabile nei secoli, acquista oggi un particolare significato, di fronte a questi tremendi tempi di crisi spirituale, morale e sociale, la conoscenza di Cristo che è per la Chiesa Ortodossa il punto di partenza di un percorso di redenzione e di una nuova brillante civiltà, ove la sua base, il suo centro ed il fine unico è la fede cristiana. Da qui si comprende l’importanza della predicazione di san Paolo per la salvezza del fedele Ortodosso che è in sostanza “? ?????”, cioè la predicazione di Cristo che con chiarezza mette in evidenza: “noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio” .
In quella epoca, in cui si è rivelato “il mistero del Vangelo, taciuto per secoli eterni” , l’umanità era sotto l’Impero Romano ed aveva come lingua comune quella greca. San Paolo nelle sue predicazioni ha proclamato il “????? di Cristo” e sulle sue orme il popolo si è nutrito e trasformato, diventando popolo fedele di Dio, che è l’Alfa e l’Omega, “? ?? ?a? ? ?? ?a? ? ????µe???”.
Solo il Pantocratore può fermare la distruzione e può rendere possibile la salvezza di tutti coloro che parteciperanno ed ascolteranno la Parola del Signore, espressa da San Paolo.
Scrive ai Galati: “Figlioli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché non sia formato Cristo in noi” .
L’apostolo Paolo vive la sua relazione con Cristo sostanzialmente e realmente, anzi con parole vivissime e persuasive:
“Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me” .
Anche la lettera ai Filippesi proclama questa verità in modo straordinario: “Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno”; ho “il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo” .
Ma, pure, il messaggio: “Fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo” dichiara la sua assoluta interiore identificazione con Cristo che presuppone non la sua superiorità, ma sottolinea la sua indegnità e la sua minimizzazione: “Io infatti sono l’ultimo degli apostoli, e non sono degno neppure di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio”.
La verità incontestabile che lui professa è la grandezza della grazia di Dio, che, malgrado noi fossimo “ancora peccatori e Cristo è morto per noi” , e ci ha fatto diventare “concittadini dei santi e familiari di Dio” , nominandoci altressi “eredi di Dio e coeredi di Cristo” .
Questa spiritualità di san Paolo costituisce per la Chiesa Ortodossa Orientale un modello ed una norma riguardo i grandi e profondi temi, dal punto di vista spirituale, morale e sociale, dei suoi membri per la loro esistenza, per la loro relazione e comunione secondo la sua parola “cercando di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati quella della vostra vocazione” .
La dottrina della Chiesa Ortodossa Orientale è basata sulle Orme di San Paolo che promuove la lotta per rendere i suoi membri uniti nello stesso Spirito ed i quali, “s??a?????ta?” lottando per la fede di Cristo e costituiscono il corpo della Chiesa stessa, così come si canta durante la liturgia della Pentecoste, che lo Spirito Santo “costituisce tutta l’istituzione della Chiesa” quale Suo donatore.

3. La Cristologia di san Paolo e l’Ortodossia
San Paolo non ha scritto un trattato di Cristologia, però nelle sue lettere, che costituiscono i più antichi testi catechetici e pastorali della Chiesa, c’è la dottrina che ha riasuto ed ha consegnato: “Vi rendo noto, fratelli, il Vangelo che vi ho annunziato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi; e dal quale anche ricevete la salvezza, se lo mantenete in quella forma in cui ve l’ho annunziato. Altrimenti, avreste creduto invano! Vi ho trasmesso, dunque, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo la scrittura … fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno … che apparve a Cefa e quindi ai Dodici … e non sono degno neppure di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Cristo” .
La Cristologia di san Paolo sulla persona di Cristo, e sul Vangelo, è stata consegnata alla Chiesa ed è diventata un vero tesoro. L’Agiorita san Filoteo (dopo Metropolita di Iraklias e Patriarca di Costantinopoli) espone la Cristologia Ortodossa sulla base dei relativi versi di san Paolo . Dunque osserva: “l’enipostatos e l’immutata immagine del Padre e di sapienza, “la predica (?????) viva ed efficace” e il figlio omoousios di Dio … perfetto lui stesso nella divinità e perfetto nell’umanità, doppio per la natura, unico per l’ipostasi. È lo stesso unico Cristo unigenito e omoousios figlio di Dio … e omoousios figlio della santa Vergine…”
I monaci del Monte Athos vivono in modo particolare questa cristologia, perché loro, guardando nelle profondità del mare desideran trovare la preziosa perla, secondo tutto quello che proclama Abba Isacco: si spogliano dai loro vestiti, cioè, dalle loro passioni, dalle loro cattive abitudini e le loro dipendenze mondane e si gettano nel mare, per trovare la perla, Cristo, il loro Salvatore.
È attuale ricordare il detto di san Gregorio il Teologo, che riferisce che i santi Padri interpretano la teologia in modo particolare e specifico, imitando i pescatori e negando ogni teoria aristotelica .
Fede e pietà cristocentrica, ma contemporaneamente Triadocentrica, come scrive l’Archimandrita Kapsanis Georgios .
Sua Eminenza il Metropolita di Montenegro Amfilochio, che ha studiato profondamente san Gregorio Palamas, osserva: “… L’incarnazione del Verbo di Dio ha dimostrato l’esistenza delle persone della Santissima Trinità …”. .
La preghiera dei Padri Agioriti con la supplica “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbia pietà di me il peccatore”, ripetuta da loro quotidianamente, è conforme al messaggio di san Paolo. “pregate continuamente”, parole divine di preghiera con le quali gli Agioriti sono aiutati per avere come centro della loro vita Cristo e che Lui soltanto può abitare per sempre nella loro anima, per avere “cuore –intelletto di Cristo” , come san Paolo.

4. L’Ecumenicità di san Paolo e la Chiesa Ortodossa
La Chiesa Ortodossa promuove in modo straordinario lo spirito di amore, di libertà e di ecumenicità, che “ha lasciato a noi questo divino iniziatore di Cristo”, per mezzo di molti suoi scritti e delle dure lotte spirituali, risolte alla cura e alla preghiera incessante “affinché si formi Cristo in noi”. .
San Giovanni Crisostomo, il padre dell’amore e del dialogo, era commosso dalla prostrazione che tutta la vita di san Paolo dimostrava sul suo viso la (sinergia) cooperazione tra Dio e l’uomo, la sua immensa ammirazione per la sua missione apostolica; certamente, ha abbandonato tutto per Cristo, ha sofferto, è stato carcerato; è diventato bastione di Cristo fino alla sua morte nella Città Eterna.
Questi preziosi e chiari messaggi sono stati trasmessi nel seno dell’Oriente Ortodosso e questa spiritualità costituisce il duraturo orientamento per vivere in Cristo, come ritorno al vero centro, al Cristo Dio e Uomo.
Infatti, quando Dio ha considerato il tempo conveniente per rivelare a Paolo il suo Figlio Unigenito con la meta di portare al mondo pagano il gioioso messaggio della salvezza; lui “distinto” , (?f???sµ????), segnalato per l’opera della missione alle nazioni; Theofilaktos di Bulgaria riferisce: “è stato distinto non dal punto di vista di diseredazione, ma dal punto di vista pronostico per la sua dignità”.
I Padri dell’Oriente Ortodosso ammettono la missione ecumenica di Paolo, anzi Theofilaktos di Bulgaria rivela: “Mi ha rivelato il Figlio, non soltanto per vedere lui, ma per portare lui anche agli altri. Non soltanto il credere, ma anche l’ordinare, da Dio ha l’esistenza. Come, dunque, dite che io sono stato istituito dagli uomini? Non soltanto, semplicemente, annunziare Cristo, ma “alle nazioni” .
Tutto questo è allineato con la corrispondente missione che il nostro Signore risorto ha affidato ai suoi discepoli, come meravigliosamente descrive l’evangelista Luca: “Ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi della terra”. .
Sappiamo benissimo che, quando Saulo, sulla via di Damasco ha visto la rivelazione di Dio, l’ordine era che egli divenisse servitore e testimone di Cristo per quello che ha visto e che il nostro Signore ha mostrato a lui: “per questo ti libererò dal popolo e dai pagani, ai quali ti mando ad aprire loro gli occhi, perché passino dalle tenebre alla luce e dal potere di satana a Dio e ottengano la remissione dei peccati e l’eredità in mezzo a coloro che sono stati santificati per la fede in me” .
Degna di menzione è anche la sua allocuzione al re Agrippa, la quale conferma la missione ecumenica di Paolo. “Pertanto, o re Agrippa, io non ho disobbedito alla visione celeste; ma prima a quelli di Damasco, poi a quelli di Gerusalemme e in tutta la regione della Giudea e in fine ai pagani, predicavo di convertirsi e di rivolgersi a Dio comportandosi in maniera degna della conversione” .
Anche su questo punto della missione ecumenica di san Paolo, la Chiesa Ortodossa guarda non soltanto al materiale d’Archivio per una discussione accademica e ricerca poco utile, ma alla sostanza del risultato a cui la Chiesa deve giungere nel corso della sua missione ecumenica nel mondo. Ecco la linea direttiva verso la quale deve camminare la Chiesa, avendo come base e fondamenta la missione ecumenica di Paolo. In questo modo si spiegano la viva potenza e l’illuminata linea della Chiesa, che dialoga con tutto il mondo, tanto con le Chiese Cristiane, quanto con i non Cristiani e con ogni uomo di buona volontà.
Colgo, pertanto, l’occasione per sottolineare un termine, noto oggi a tutti, la globalizzazione. Di solito con esso intendiamo il movimento libero dei prodotti in tutto il mondo, come anche la possibilità degli uomini di recarsi dall’una all’altra città, in qualunque parte che si trovino, basta che abbiamo la possibilità economica; ancora essa significa il rapido movimento degli uomini dall’una città all’altra, la veloce diffusione delle informazioni tramite internet ecc.
La globalizzazione, da una parte, è positiva, utile; dall’altra è negativa, distruttiva. Alcuni sono a favore di essa ed altri sono contro. La maggioranza guarda alla globalizzazione come antidoto alle diverse forme di nazionalismo, razzismo; come antidoto alla xenofobia ecc. Come tutti i principi portati all’accesso diventano degeneranti e nocivi all’umanità intera.
La globalizzazione (?a???sµ??p???s??) deve distinguere dalla Pancosmiotita, che è collegata coll’ordine del Cristo Risorto ai suoi discepoli “Andate e ammaestrate tutte le nazioni”; ovviamente, discutere su questa realtà, dal punto di vista teologico, richiede l’attenta lettura di tutto il pensiero paolino.
Sarebbe più opportuno sostituire il termine Pancosmiotita con il termine più ampio che è Ecumenicità.
Vediamo, dunque, che con l’Ecumenicità Evangelica l’uomo e la sua morale, spirituale e sociale esistenza, si trova al suo centro, contrariamente a quanto scaturito dal termine negativo e soggettivo della ?a???sµ??p???s?? – Globalizzazione nella quale l’uomo si mette a margine, soffre, si annienta con un duro metodo, con diverse modalità e scopi, che usa per servire, per fare guadagnare alcuni; ma il peggiore distrugge popoli e civiltà, sfiducia la libertà, anzi abolisce i principi del diritto e della morale.
Sua Santità il Patriarca Ecumenico Bartolomeo, parlando a Davos, in Svizzera, si è riferito particolarmente alla priorità della persona umana contro la ricchezza, che caratterizza la globalizzazione come “segno promettendo molto a pochi e poco a molti” per sottolineare che “la Chiesa Ortodossa vive e coltiva l’ideale dell’Ecumenicità spirituale (Icumenicotita), che è una evoluzione della Pancosmiotita, perché proclama che tutti gli uomini, di ogni tribù e lingua e di ogni civiltà, devono essere collegati con i legami dell’amore, della fratellanza e della cooperazione”.

5. L’uomo e la donna nella Chiesa Ortodossa secondo san Paolo
I complicati versetti sul matrimonio e il celibato, scritti da San Paolo si sono comprensibili a san Giovanni Crisostomo, la cui esperienza e spiritualità diventano stabile linea e tradizione nella Chiesa Ortodossa Orientale, nella quale si ascoltano e si commentano con chiarezza e precisione le interpretazioni dei grandi ermeneuti dell’Oriente, come Teodoreto di Ciro , Giovanni Damasceno , Ecumenio Trikis , Teofilatto di Bulgaria ed Eutimio Zigabinos .
San Paolo ha posto le fondamenta teologiche e in modo meraviglioso ha composto ed ha approfondito l’importantissimo capitolo uomo e donna, attribuendo il giusto valore e soprattutto dimostrando il suo ruolo e la sua contestualizzazione nella società di ieri e di oggi.
È di grande significato il suo capitolo sull’esistenza umana, anzi è la vera colonna spirituale e morale sulla quale si basano la vita e la tradizione Ortodossa, non distingue l’uomo dalla donna riguardo alla loro salvezza.
La donna, insegna la dottrina della Chiesa Ortodossa, è stata creata a immagine di Dio, che è “essere indipendente ed esistenza libera … nella sua perfezione … La sua posizione nel percorso del genere umano si ristabilisce nella persona della sempre Vergine Maria”, “… Dio mandò il suo figlio, nato da donna, nato sotto la legge per riscattare coloro che erano sotto la legge; perché ricevessero l’adozione a figli”. .
L’apostolo Paolo annunzia l’uguaglianza fra l’uomo e donna: “Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù”. infatti: “Quando venne la pienezza del tempo”. Maria ha partorito il Figlio e Verbo di Dio, il nostro Salvatore Gesù Cristo.
Simbolizza la donna come sposa di Cristo, il quale vince il male e la sua sposa è glorificata. Questa donna è la Chiesa, la nuova Eva, che vivifica il corpo di Cristo, e l’unione fra l’uomo e la donna verrà definita: “Grande Mistero” (Sacramento), e la metterà in relazione con l’unione fra Cristo e la Chiesa.
Ricordiamo la prima donna Cristiana su terreno Europeo Lidia, nella città di Filippi. Evodia e Sintica , Prisca , Damaris in Atene , le quattro figlie di Filippo , come anche Mariam, Trifena, Trifossa, Persida, la madre di Rufo, Giulia , particolarmente Febe; già citata nella Sua la lettera: “Vi raccomando Febe, nostra sorella, diaconessa della Chiesa di Cristo; ricevetela nel Signore, come si conviene ai credenti e assistetela in qualunque cosa abbia bisogno; anch’essa, infatti, ha protetto molti, e anche me stesso. “Salutate Prisca e Aquila, miei collaboratori in Cristo Gesù;…”. .
Tra le donne è riferita anche la discepola di Paolo Tecla, in Iconio, (festa 24 settembre), la quale è onorata “come protomartire e campione tra le donne”, “la quale ha illuminato con la parola di Dio”, e “ha annunziato, in diverse città, il nostro Signore Gesù Cristo ed ha attirato molti verso la fede in Cristo”.
La Chiesa Ortodossa, con la sua tradizione rileva la verità di san Gregorio il Teologo: “un creatore per l’uomo e la donna, una terra per ambedue, una immagine, una legge, una resurrezione”.
6. Il monachesimo secondo San Paolo e la sua influenza sulla Chiesa Ortodossa.
Diversi momenti della vita religiosa e sociale dell’uomo rivestono particolare importanza per la chiesa Ortodossa. In particolare per la sua vita spirituale e morale San Paolo ne rileva altri punti con particolare profondità, influenzando decisamente in tal modo i Santi Padri del mondo orientale, che lo hanno costantemente come bussola e modello di riferimento anche quando parlano del monachesimo.
Concretamente secondo San Paolo, come già riferito, “Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero, non c’è più uomo né donna, poiché tutti siete uno in Cristo Gesù” . Sant’Atanasio il Grande, indirizzandosi alla vergine Sinklitikì, consigliandole serietà e forma morale, afferma: “Rigetta il proprio pensiero di donna, prendi coraggio e diventa forte, poiché nel regno dei cieli non c’è né maschio né femmina, ma tutte le donne che hanno compiaciuto Dio saranno annoverate nell’ordine degli uomini” . San Basilio chiama il monachesimo “theian strateian”, vale a dire “esercito divino”. Dice, allora: “la parola non riguarda solo gli uomini, perché anche la femmina, accanto a Cristo, con la sua forza d’animo si piò annoverare nell’esercito. Il servizio divino è effettuato con ambedue, uomini e donne” .
Pure, l’allontanamento del monaco dal mondo comincia con San Paolo che lo fa allontanare dai suoi parenti, dai suoi amici, dalle circostanze mondane e dalle precedenti abitudini.
Il monaco, secondo San Paolo, non ha città e patria, guarda verso l’invisibile e la patria celeste, è soldato del buon esercito, testimone di messaggi vitali, base e meta del monachesimo.
Esso è stato indicato dal nostro Salvatore Gesù Cristo, nato dalla Santissima Semprevergine Madre di Dio, ha vissuto nella verginità, la castità (purezza), il digiuno, la preghiera, la povertà e l’umiltà.
Gli Apostoli vivono l’ideale del monachesimo e l’insegnamento di San Paolo fu alla base di tutti i principi e delle regole della vita monastica, concretizzatesi durante l’epoca di Basilio Magno, il vero organizzatore del monachesimo della Chiesa Ortodossa Orientale.
San Basilio nel suo famoso libro “oroi kata platos kai kat’ epitomin” come anche nei suoi Discorsi Ascetici, afferma che il monachesimo si presenta come vita d’immensa importanza per conquistare il regno dei Cieli e la salvezza. Per questo i suoi canoni (regole) sono considerati autentici ed autorevoli, di grande valore e prestigio sociale per il valore del monachesimo. Allo stesso criterio di valutazione si giunge per quanto ottiene i Concili Ecumenici, i quali hanno confermato (approvato) i suoi canoni sul monachesimo.
7. La comunione nell’attività missionaria di San Paolo e la Chiesa.
San Paolo combatte una grande battaglia per conservare l’unità dei cristiani, ma anche la comunione tra loro. Essa si manifesta con ciò che egli stesso dice ai Filippesi “rendete piena la mia gioia con l’unione dei vostri spiriti, con la stessa carità, con i medesimi sentimenti” .
D’altra parte la città di Filippi riveste una particolare importanza per l’Europa in quanto è stata la prima città a ricevere il messaggio della salvezza.
L’opera che compiono i Filippesi con San Paolo, “dal primo giorno fino ad oggi, non è né di loro, né di lui”. Senza dubbio, l’ha cominciato un altro che lo condurrà all’integrazione escatologica, fino al giorno del suo ritorno.
I Filippesi, in comunione con San Paolo sono in comunione anche con Cristo, che compie la salvezza dell’uomo. Grazie a San Paolo abbiamo conquistato la nostra comunione. Suo risultato è quello di rendere i Filippesi partecipi della grazia di San Paolo, perchè egli è partecipe della grazia di Dio: “Ringrazio il mio Dio ogni volta che io mi ricordo di voi, pregando sempre con gioia per voi in ogni mia preghiera a motivo della vostra cooperazione alla diffusione del Vangelo dal primo giorno fino al presente e sono persuaso che colui che ha iniziato in voi questa opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù. E’ giusto, del resto, che io pensi questo di tutti voi, perché vi porto nel cuore, voi che siete tutti partecipi della grazia che mi è stata concessa, sia nelle catene, sia nella difesa e nel consolidamento del Vangelo. Infatti dio mi è testimone del profondo affetto che ho per tutti voi nell’amore di cristo Gesù. E perciò prego che la vostra carità si arricchisca sempre più in conoscenza e in ogni genere di discernimento, perché possiate distinguere sempre il meglio ed essere integri ed irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di quei frutti di giustizia che si ottengono per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio” .
Parole, queste, che dimostrano il profondo senso di comunione e di unità tra San Paolo ed i Filippesi, esprimendosi con frasi di tenerezza. Perciò grida con sicurezza: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” .
E questa comunione e unità con Cristo daranno a San Paolo la forza e l’esultanza per gridare, pieno di gioia e coraggio: “Dio mi è testimone”.
L’unità ontologica si manifesta nella Chiesa quando i fedeli e il clero sono uniti con Cristo costituendo un corpo indivisibile, indissolubile, unito dal legame dell’amore reciproco con il riferimento a Cristo. E’ indiscutibile che l’apostolo affronti le grandi difficoltà ed i problemi, come anche la divisione e le separazioni con umiltà e comprensione, ma anche con vera gioia, perché alla fine in un modo o nell’altro si deve annunziare Cristo, salvatore dell’umanità: “purchè in ogni maniera, per ipocrisia o per sincerità, Cristo venga annunziato, io me ne rallegro e continuerò a rallegrarmene” .
Ancora sottolineiamo: l’unità della fede e l’amore reciproco conducono all’attività dei fedeli il cui cuore ed anima sono miei, caratteristica principale della comunità cristiana. L’umiltà di Cristo, come si esprime nell’inno cristologico, è il modello per i cristiani e l’unità. E’ lo stesso Cristo che, “pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò sé stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò sé stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte in croce. Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome: Perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” .
Oggi esiste una grande realtà: l’unità dell’Europa. Questa verità rende più possibile la necessità dell’unità della cristianità divisa.
Il dialogo è il più prezioso mezzo per arrivare all’unità. Esso riveste il carattere di priorità ed i Santi Padri teologi del mondo ortodosso orientale lo hanno esercitato con sincerità e fraternità, sperando nella pace e nella prosperità. Essi l’hanno accettato, credendo nella sua forza spirituale, morale e sociale. Così come hanno fatto Crisostomo, Basilio, Gregorio, salvando così la cristianità e la sua spiritualità teologica e culturale dalle eresie e dagli scismi di quell’epoca, influenzati, senza dubbio, dal profondo messaggio dottrinale di San Paolo.
8. San Paolo e la sua eredità per l’Europa.
La predicazione di San Paolo riguardo al desiderio di Cristo per l’unità dei discepoli, come anche di coloro che hanno creduto alla sua parola ed, in generale, di coloro che costituiscono la Chiesa, è curata da lui stesso con amore, dedizione e speranza.
La sua dottrina ed i suoi messaggi sono, in verità, per le Chiese e le confessioni cristiane di oggi, ma anche per ogni uomo di buona volontà per il quale Gesù Cristo è nato, è stato crocifisso ed è resuscitato, una preziosissima regola di vita.
Le lettere di San Paolo ai Romani, ai Corinzi, ai Filippesi, ai Tessalonicesi, costituiscono testi importantissimi anche per l’Europa. Sono testi di cultura che hanno sviluppato la civiltà e creato in genere le basi per una vita sociale migliore in tutti gli aspetti spirituali e morali.
Le sue lettere sono state riconosciute come preziose testimonianze non solo sotto l’aspetto letterario, ma anche contenutistico, e costituiscono un esempio di verità e di luce indirizzato non solo alla comunità religiosa, ma anche alla società e rappresentano un modello di evangelizzazione per la trasmissione del messaggio dell’amore e della pace, dell’unità e della speranza.
La lettera ai Tessalonicesi costituisce un modello di fede. I cristiani della città sono esempi di fede, di amore e di speranza.
Oggi l’Europa ha bisogno di questa eredità, perché soltanto così la sua confusione, la sua ansia, la sua indifferenza e la sua secolarizzazione saranno sconfitte, e sarà superata la crisi che devasta il mondo intero. L’Europa deve accogliere la parola del Vangelo con tutto il cuore e l’anima.
Dall’isola paolina, Malta, inviamo quel messaggio che è stato ascoltato 20 secoli fa; il messaggio dell’Apostolo Paolo il cui forte sentimento di fede, il cui zelo, la cui disposizione, il cui sacrificio e martirio sono grandi spinte ed occasioni per accogliere la parola di Dio: “Infatti, la parola del Signore rieccheggia per mezzo vostro non soltanto in Macedonia e nell’Acaia, ma la fama della vostra fede in Dio si è diffusa dappertutto, di modo che non abbiamo più bisogno di parlarne”
Ai tempi dei Padri Cappadoci, anche in questo punto San Paolo ha influenzato il mondo orientale, perché sua particolare caratteristica è quella di presentare non tanto una buona comunità ecclesiastica, ma, qualcosa di più, un modello per quanti credono. “Chi, infatti, se non proprio voi, potrebbe essere la nostra speranza, la nostra gioia e la corona di cui ci possiamo vantare davanti al Signore nostro Gesù, nel momento della sua venuta; siete voi la nostra gloria e la nostra gioia” .
9. L’influenza di San Paolo sulla civiltà europea.
San Paolo commuove l’Oriente ortodosso come anche il mondo occidentale per le affermazioni sulla libertà e l’ecumenicità. Il grande pericolo contro la verità e la sapienza di Dio proveniva dalla non comprensione da parte dei capi spirituali e politici.
Lui stesso ha affrontato durante i suoi primi anni questa realtà. La lettera ai Corinzi è testimone di questa situazione.
L’idea del progresso, come anche la storicità dell’uomo, sono due concetti fondamentali introdotti ed affermati grazie al Cristianesimo.
Per i Greci, la natura è il valore, e di conseguenza la scienza è visibile e salvifica.
San Paolo con le sue lettere: (liberazione dalla schiavitù degli elementi del mondo per mezzo di Cristo . Sappiamo molto bene che tutte queste potenze ed autorità note a San Paolo, sono state intese come divinità da parte di alcune correnti gnostiche: “i corpi di questo secolo” .
L’uomo vive sottomesso alla materia, schiavo degli elementi. L’uomo è incapace di trovare sostegno e protezione in sé stesso.
L’influenza di Paolo sulla civiltà europea si è realizzata in modo diretto ed immediato.
L’adorazione di Cristo è creatura non di Paolo, ma della Chiesa di Gerusalemme.
Il misticismo cristiano di Paolo, collegato con Cristo, costituisce il cuore della Cristianità Europea.
Paolo ha potuto realizzare, per la prima volta, una realtà in maniera ammirevole, cioè ha collegato la spiritualità con il modello di Gesù Cristo: un avvenimento storico, di importanza universale, anzi, per la storia dell’Europa un avvenimento unico.
Paolo non era un moralista, non ha creato un sistema di morale. Certamente, tutti i problemi morali della sua epoca, come anche tutti gli argomenti affrontati, non corrispondono pienamente ai nostri, o alle necessità di oggi.
La libertà secondo San Paolo (Pauleia eleutheria) è raggiunta con la liberazione dalla schiavitù ai diversi elementi del mondo. Si crea con l’Apostolo Paolo una nuova situazione, che è veramente un dono divino: l’adozione divina. Però questa libertà non esiste senza l’amore e la comunione con gli altri uomini, con il prossimo: “Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati alla libertà. Perché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità, siate al servizio gli uni degli altri” . La libertà ha come obiettivo la carità, l’amore verso l’uomo che è “icona di Dio”.
La libertà è un bene prezioso che per il quale l’Europa lotta.  Domina l’uomo o domina la tecnologia? Secondo San Paolo la nostra libertà in Cristo dipende dalla carità, dall’amore tra di noi.
L’uomo deve abbandonare il proprio IO, abbandonare la sua avidità, svuotare sé stesso, diventare povero per arricchirsi; soltanto così, seguendo l’Apostolo missionario, l’Apostolo dell’amore e del dialogo, l’Apostolo della pace e della libertà, l’Europa diventerà una potenza utilissima non solo per le nazioni europee, ma anche per le altre nazioni non europee. L’Europa libera insegnerà la libertà con la carità, che dona la vera prosperità e il benessere giusto e duraturo.
D’altra parte gli insegnamenti riguardanti il rispetto del “corpo”, delle sue funzioni, dei suoi organi, costituiscono un faro di indirizzo per l’Europa di oggi, perché vengono in modo meraviglioso manifestati la libertà, l’amore e l’unità che costituiscono forza, prosperità, pace e speranza.
Conclusione: l’Apostolo delle Genti Paolo è l’Apostolo della Chiesa Ortodossa.
La sua influenza è una verità incontestabile.
I Padri dell’Oriente Ortodosso trovano in San Paolo la vera dottrina, e, grazie ad essa, salvano diverse situazioni pericolose dal punto di vista ecclesiastico, spirituale, morale e culturale.
Il monachesimo è forza indispensabile e propulsiva per l’unità e la diffusione del Vangelo, però deve essere libero, senza complessi e senza dubbi, ma solo ed unicamente rivolto alla protezione della Chiesa con amore, pace e speranza.
Il monachesimo è una garanzia ed una sicurezza per la Chiesa e la società civile, inquanto la sua Spiritualità è fonte di vita e di ricchezza culturale e cultuale per la cristianità intera e per ogni uomo di buona volontà.
E solo, seguendo le orme di San Paolo, diventiamo veri fratelli, collaboratori necessari per realizzare la volontà di Dio: “che tutti siano una cosa sola”.

Sua Eminenza Reverendissima
Il Metropolita d’Italia ed Esarca per l’Europa Meridionale
GENNADIOS ZERVOS

Publié dans:Ortodossia, San Paolo |on 1 septembre, 2011 |Pas de commentaires »

BACIO, da lontano da chi ? (Enzo Bianchi)

dal sito:

http://www.artcurel.it/ARTCUREL/RELIGIONE/TEOLOGIA%20SIMBOLICA/bacioenzobianchi.htm

 Enzo Bianchi

 BACIO, da lontano da chi ?

Il primo tema del Cantico è quello della genesi dell’amore: amore ancora sconosciuto ma invocato: « mi baci con i baci della sua bocca » o anche « Mi bacerà con i baci della sua bocca ». In queste parole che dominano l’inizio del canto e continuano a vibrare nei versi seguenti, vi è un desiderio, un impeto di passione, un grido istintivo: l’amata chiede dei baci: « Io chiedo, io supplico, io insisto, mi baci con i baci della bocca » (S.Bernardo, Sermone IX,2 sul Cantico). Questo grido è una preghiera a Dio che mandi finalmente il Messia: « Ti scongiuro – pare dire la sposa – perché finalmente tu lo mandi a me, sì che egli non mi parli più per mezzo dei suoi servi, angeli o profeti, ma venga proprio lui e mi baci con i baci della sua bocca, cioè infonda nella mia bocca le parole della sua bocca ed io lo ascolti parlare o lo veda insegnare – in che modo si compia la profezia di Isaia: Non un inviato né un angelo, ma il Signore stesso salva » (Origene, Commento al Cantico dei Cantici).
Ma c’è anche un atto di fede, una confessione, una certezza proclamata: l’amore è già una realtà presente e l’Amata è sicura che l’Amante la bacerà col bacio della sua bocca. Il trionfo finale dell’amore è così assicurato ed è frutto della fede: solo la fede infatti genera l’amore e l’amore è un atto di fede. In questo versetto c’è la chiave per capire la prima dinamica del Cantico: la genesi dell’ amore. Il tema del bacio che qui ricorre è un tema importante nella Scrittura e nella tradizione biblica. Il midrash dice che quando il Santo – benedetto egli sia – terminò di dialogare con l’anima di Mosè che si rifiutava di lasciare il servo di Dio, egli allora prese l’anima di Mosè « con un bacio della sua bocca ». Sicché « Mosè, servo del Signore, morì la nel paese di Moab sulla bocca del Signore ».
Mosè non era morto quando aveva visto Dio faccia a faccia (Es 33,11), ma muore quando Dio lo bacia. Il bacio è infatti il massimo della comunicazione, è il segno della massima comunione ed esprime un amore senza fine. La sposa del Cantico invoca i baci di Dio, dello sposo, del Messia, perché sa che essi possono farla rimanere per sempre con lui in un amore eterno: non confesserà forse che l’amore è più forte della morte, più inflessibile dello Sheol? (8,5-7): il bacio allora è l’introduzione all’ »al di là » e il mezzo per appartenere a Dio anche nella morte.
Certo il bacio è una metafora: con essa si esprime ciò che non è raccontabile, che non è spiegabile se non attraverso questa immagine; il bacio è contatto che sovente mostra una intimità più grande dell’unione sessuale e comunque è sempre il sacramento, il segno dell’amore più grande; è, secondo la tradizione ebraica il gesto di massima comunione.
Lo Zohar si domanda: « Perché mai Salomone ha voluto introdurre espressioni di amore tra il mondo di Dio e quello degli uomini e ha usato, iniziando la lode all’amore tra di loro, il termine « Mi baci! »? Invero si è già spiegato, e così è in realtà, che non esiste amore tra due che aderiscono l’un l’altro se non nel bacio ed il bacio si dà con la bocca, che è la sorgente del soffio e il luogo da cui esso esce. Quando si baciano l’un con l’altro i soffi aderiscono questi a quelli e diventano una sola cosa. Allora l’amore è uno! » (Zohar Terumà). Ancora Zalman Schneur, poeta ebreo russo, ben esprime questo peso del bacio nella tradizione ebraica: « Mia colomba, tu non sai come ci baciamo noi ebrei. Fino a che, petto contro petto, nessuno dei due sappia qual è il suo cuore né distingua il cuore dell’altro. Materia e corpo sono spariti. Non resta che un soffio e un’anima: non esistono più parole, solo esiste il parlare della pupilla degli occhi ».
Non dovrebbe essere difficile neanche per noi capire il valore altissimo di comunione che il bacio rappresenta. Certo non si può dare neppure all’amplesso sessuale un valore, se questo non è siglato e suggellato dal bacio: solo nel bacio si rende epifanico anche l’amplesso sessuale. Ne dà prova la prassi della prostituzione che campa del congiungimento genitale ma difficilmente lascia posto al bacio. Non a caso la peccatrice mostra il suo amore per Gesù baciandolo, a differenza di chi, come il fariseo, lo ha incontrato ma non lo ha baciato. « Tu non mi hai dato un bacio, lei invece da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi » (Lc 7,45). Ugualmente Giuda con un bacio tradisce il Signore, lo consegna ai malfattori; ma il suo bacio d’inganno non genera amore, anzi lo porta a non credere più all’ amore, tanto è vero che pur pentito egli va ad impiccarsi, si ritira e rinuncia alla vita (Mt 27,3-10).
Atto di fede o atto di morte, il bacio è il sacramento della fede nell’amore. Per questo deve essere segno caratteristico dei cristiani: « Salutatevi gli uni gli altri con il bacio santo » (Rom 16,16); « Salutatevi l’un l’altro con bacio di carità » (1 Pt 5,14); e i cristiani si dovranno salutare con un bacio santo, en philémati haghìo.
E in Cristo il bacio diviene sacramento per tutta l’umanità, risposta al desiderio che tiene nel gemito tutte le genti: « Il bacio è segno dell’amore: il popolo dell’Alleanza non diede a Dio il bacio perché si rifiutò di amarlo attraverso l’amore dopo averlo servito nel timore. Per questo attraverso la voce della sposa sta scritto del Redentore nel Cantico dei cantici: « Mi baci con il bacio della sua bocca » (1,1) »… « I pagani, chiamati alla salvezza, non cessano di baciare le orme del Redentore perché sospirano continuamente d’amore per lui » (Gregorio Magno, Omelia XXXI,6).
Secondo la tradizione ebraica, « Dio ha parlato con noi faccia a faccia, come un uomo che bacia il proprio amico » (Targum Shir Ha-Shirim), ed è detto anche che « le parole della legge furono date attraverso un bacio » (Cantico Rabba).
La sposa in questo primo dialogo mostra il suo desiderio ma anche fa un atto di fede: « Io lo so: – pare dire – egli mi bacerà con i baci della sua bocca! »

Publié dans:Enzo Bianchi |on 1 septembre, 2011 |Pas de commentaires »
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