Archive pour le 12 septembre, 2011

Santissimo nome di Maria

Santissimo nome di Maria dans immagini sacre 20100912092146

http://www.oblati.org/news/2010/09/12/santissimo-nome-di-maria/31.asp

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IL SANTISSIMO NOME DI MARIA

dal sito:

http://www.piccolifiglidellaluce.it/santissimamaria.htm

IL SANTISSIMO NOME DI MARIA

La Chiesa consacra un giorno ( 12 settembre) ad onorare il santo Nome di Maria per insegnarci attraverso la Liturgia e l’insegnamento dei santi, tutto quello che questo Nome contiene per noi di ricchezze spirituali, perché, come quello di Gesù, lo abbiamo sulle labbra e nel cuore. 

Oltre sessantasette interpretazioni diverse sono state date al nome di Maria secondo che fu considerato di origine egiziana, siriaca, ebraica o ancora nome semplice o composto.  Ricordiamo le quattro principali. « Il nome di Maria, dice sant’Alberto Magno, ha quattro significati: illuminatrice, stella del mare, mare amaro, signora o padrona.

Illuminatrice.
È la Vergine Immacolata che l’ombra del peccato non offuscò giammai; è la donna vestita di sole; è « Colei la cui vita gloriosa ha illustrato tutte le Chiese » (Liturgia); è infine Colei, che ha dato al mondo la vera luce, la luce di vita.

Stella del mare.
La liturgia la saluta così nell’inno, così poetico e popolare, Ave maris stella e ancora nell’Antifona dell’Avvento e del tempo di Natale: Alma Redemptoris Mater. Sappiamo che la stella del mare è la stella polare, che è la stella più brillante, più alta e ultima di quelle che formano l’Orsa Minore, vicinissima al polo fino a sembrare immobile e per questo fatto è di molta utilità per orientarsi e aiuta il navigante a dirigersi, quando non possiede la bussola.
Così Maria, fra le creature, è la più alta in dignità, la più bella, la più vicina a Dio, invariabile nel suo amore e nella sua purezza, è per noi esempio di tutte le virtù, illumina la nostra vita e ci insegna la via per uscire dalle tenebre e giungere a Dio, che è la vera luce.

Mare amaro.
Maria lo è nel senso che, nella sua materna bontà, rende amari per noi i piaceri della terra, che tentano di ingannarci e di farci dimenticare il vero ed unico bene; lo è ancora nel senso che durante la Passione del Figlio il suo cuore fu trapassato dalla spada del dolore. È mare, perché, come il mare è inesauribile, è inesauribile la bontà e generosità di Maria per tutti i suoi figli. Le gocce d’acqua del mare non possono essere contate se non dalla scienza infinita di Dio e noi possiamo appena sospettare la somma immensa di grazie che Dio ha deposto nell’anima benedetta di Maria, dal momento dell’Immacolato Concepimento alla gloriosa Assunzione in cielo.

Signora o padrona.
Maria è veramente, secondo il titolo datole in Francia, Nostra Signora. Signora vuoi dire Regina, Sovrana. Regina è veramente Maria, perché la più santa di tutte le creature, la Madre di Colui, che è Re per titolo di Creazione, Incarnazione e Redenzione; perché, associata al Redentore in tutti i suoi misteri, gli è gloriosamente unita in cielo in corpo e anima e, eternamente beata, intercede continuamente per noi, applicando alle nostre anime i meriti da lei acquistati davanti a Lui e le grazie delle quali è fatta mediatrice e dispensiera
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IL PAPA AI FIDANZATI: “BRUCIARE LE TAPPE FINISCE PER ‘BRUCIARE’ L’AMORE”

dal sito:

http://www.zenit.org/article-27907?l=italian

IL PAPA AI FIDANZATI: “BRUCIARE LE TAPPE FINISCE PER ‘BRUCIARE’ L’AMORE”

Incontro al termine della visita pastorale ad Ancona

ANCONA, domenica, 11 settembre 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il discorso pronunciato dal Papa questa domenica pomeriggio ad Ancona incontrando i giovani fidanzati in Piazza del Plebiscito ad Ancona.
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Cari fidanzati!
Sono lieto di concludere questa intensa giornata, culmine del Congresso Eucaristico Nazionale, incontrando voi, quasi a voler affidare l’eredità di questo evento di grazia alle vostre giovani vite. Del resto, l’Eucaristia, dono di Cristo per la salvezza del mondo, indica e contiene l’orizzonte più vero dell’esperienza che state vivendo: l’amore di Cristo quale pienezza dell’amore umano. Ringrazio l’Arcivescovo di Ancona-Osimo, Mons. Edoardo Menichelli, per il suo cordiale saluto, e tutti voi per questa vivace partecipazione; grazie anche per le domande che mi avete rivolto e che io accolgo confidando nella presenza in mezzo a noi del Signore Gesù: Lui solo ha parole di vita eterna, parole di vita per voi e per il vostro futuro!
Quelli che ponete sono interrogativi che, nell’attuale contesto sociale, assumono un peso ancora maggiore. Vorrei offrirvi solo qualche orientamento per una risposta. Per certi aspetti, il nostro è un tempo non facile, soprattutto per voi giovani. La tavola è imbandita di tante cose prelibate, ma, come nell’episodio evangelico delle nozze di Cana, sembra che sia venuto a mancare il vino della festa. Soprattutto la difficoltà di trovare un lavoro stabile stende un velo di incertezza sull’avvenire. Questa condizione contribuisce a rimandare l’assunzione di decisioni definitive, e incide in modo negativo sulla crescita della società, che non riesce a valorizzare appieno la ricchezza di energie, di competenze e di creatività della vostra generazione.
Manca il vino della festa anche a una cultura che tende a prescindere da chiari criteri morali: nel disorientamento, ciascuno è spinto a muoversi in maniera individuale e autonoma, spesso nel solo perimetro del presente. La frammentazione del tessuto comunitario si riflette in un relativismo che intacca i valori essenziali; la consonanza di sensazioni, di stati d’animo e di emozioni sembra più importante della condivisione di un progetto di vita. Anche le scelte di fondo allora diventano fragili, esposte ad una perenne revocabilità, che spesso viene ritenuta espressione di libertà, mentre ne segnala piuttosto la carenza. Appartiene a una cultura priva del vino della festa anche l’apparente esaltazione del corpo, che in realtà banalizza la sessualità e tende a farla vivere al di fuori di un contesto di comunione di vita e d’amore.
Cari giovani, non abbiate paura di affrontare queste sfide! Non perdete mai la speranza. Abbiate coraggio, anche nelle difficoltà, rimanendo saldi nella fede. Siate certi che, in ogni circostanza, siete amati e custoditi dall’amore di Dio, che è la nostra forza. Per questo è importante che l’incontro con Lui, soprattutto nella preghiera personale e comunitaria, sia costante, fedele, proprio come è il cammino del vostro amore: amare Dio e sentire che Lui mi ama. Nulla ci può separare dall’amore di Dio! Siate certi, poi, che anche la Chiesa vi è vicina, vi sostiene, non cessa di guardare a voi con grande fiducia. Essa sa che avete sete di valori, quelli veri, su cui vale la pena di costruire la vostra casa! Il valore della fede, della persona, della famiglia, delle relazioni umane, della giustizia. Non scoraggiatevi davanti alle carenze che sembrano spegnere la gioia sulla mensa della vita. Alle nozze di Cana, quando venne a mancare il vino, Maria invitò i servi a rivolgersi a Gesù e diede loro un’indicazione precisa: « Qualsiasi cosa vi dica, fatela » (Gv 2,5). Fate tesoro di queste parole, le ultime di Maria riportate nei Vangeli, quasi un suo testamento spirituale, e avrete sempre la gioia della festa: Gesù è il vino della festa!
Come fidanzati vi trovate a vivere una stagione unica, che apre alla meraviglia dell’incontro e fa scoprire la bellezza di esistere e di essere preziosi per qualcuno, di potervi dire reciprocamente: tu sei importante per me. Vivete con intensità, gradualità e verità questo cammino. Non rinunciate a perseguire un ideale alto di amore, riflesso e testimonianza dell’amore di Dio! Ma come vivere questa fase della vostra vita, testimoniare l’amore nella comunità? Vorrei dirvi anzitutto di evitare di chiudervi in rapporti intimistici, falsamente rassicuranti; fate piuttosto che la vostra relazione diventi lievito di una presenza attiva e responsabile nella comunità. Non dimenticate, poi, che, per essere autentico, anche l’amore richiede un cammino di maturazione: a partire dall’attrazione iniziale e dal « sentirsi bene » con l’altro, educatevi a « volere bene » all’altro, a « volere il bene » dell’altro. L’amore vive di gratuità, di sacrificio di sé, di perdono e di rispetto dell’altro.
Cari amici, ogni amore umano è segno dell’Amore eterno che ci ha creati, e la cui grazia santifica la scelta di un uomo e di una donna di consegnarsi reciprocamente la vita nel matrimonio. Vivete questo tempo del fidanzamento nell’attesa fiduciosa di tale dono, che va accolto percorrendo una strada di conoscenza, di rispetto, di attenzioni che non dovete mai smarrire: solo a questa condizione il linguaggio dell’amore rimarrà significativo anche nello scorrere degli anni. Educatevi, poi, sin da ora alla libertà della fedeltà, che porta a custodirsi reciprocamente, fino a vivere l’uno per l’altro. Preparatevi a scegliere con convinzione il « per sempre » che connota l’amore: l’indissolubilità, prima che una condizione, è un dono che va desiderato, chiesto e vissuto, oltre ogni mutevole situazione umana. E non pensate, secondo una mentalità diffusa, che la convivenza sia garanzia per il futuro. Bruciare le tappe finisce per « bruciare » l’amore, che invece ha bisogno di rispettare i tempi e la gradualità nelle espressioni; ha bisogno di dare spazio a Cristo, che è capace di rendere un amore umano fedele, felice e indissolubile. La fedeltà e la continuità del vostro volervi bene vi renderanno capaci anche di essere aperti alla vita, di essere genitori: la stabilità della vostra unione nel Sacramento del Matrimonio permetterà ai figli che Dio vorrà donarvi di crescere fiduciosi nella bontà della vita. Fedeltà, indissolubilità e trasmissione della vita sono i pilastri di ogni famiglia, vero bene comune, patrimonio prezioso per l’intera società. Fin d’ora, fondate su di essi il vostro cammino verso il matrimonio e testimoniatelo anche ai vostri coetanei: è un servizio prezioso! Siate grati a quanti con impegno, competenza e disponibilità vi accompagnano nella formazione: sono segno dell’attenzione e della cura che la comunità cristiana vi riserva. Non siete soli: ricercate e accogliete per primi la compagnia della Chiesa.
Vorrei tornare ancora su un punto essenziale: l’esperienza dell’amore ha al suo interno la tensione verso Dio. Il vero amore promette l’infinito! Fate, dunque, di questo vostro tempo di preparazione al matrimonio un itinerario di fede: riscoprite per la vostra vita di coppia la centralità di Gesù Cristo e del camminare nella Chiesa. Maria ci insegna che il bene di ciascuno dipende dall’ascoltare con docilità la parola del Figlio. In chi si fida di Lui, l’acqua della vita quotidiana si muta nel vino di un amore che rende buona, bella e feconda la vita. Cana, infatti, è annuncio e anticipazione del dono del vino nuovo dell’Eucaristia, sacrificio e banchetto nel quale il Signore ci raggiunge, ci rinnova e trasforma. Non smarrite l’importanza vitale di questo incontro: l’assemblea liturgica domenicale vi trovi pienamente partecipi: dall’Eucaristia scaturisce il senso cristiano dell’esistenza e un nuovo modo di vivere (cfr Esort. ap. postsin. Sacramentum caritatis, 72-73). Non avrete, allora, paura nell’assumere l’impegnativa responsabilità della scelta coniugale; non temerete di entrare in questo « grande mistero », nel quale due persone diventano una sola carne (cfr Ef 5,31-32).
Carissimi giovani, vi affido alla protezione di San Giuseppe e di Maria Santissima; seguendo l’invito della Vergine Madre – « Qualsiasi cosa vi dica, fatela » – non vi mancherà il gusto della vera festa e saprete portare il « vino » migliore, quello che Cristo dona per la Chiesa e per il mondo. Vorrei dirvi che anch’io sono vicino a voi e a tutti coloro che, come voi, vivono questo meraviglioso cammino dell’amore. Vi benedico di vero cuore!

Publié dans:la coppia, Papa Benedetto XVI |on 12 septembre, 2011 |Pas de commentaires »

I VESCOVI DIFENDONO QUATTRO CRISTIANI DISCRIMINATI NEL REGNO UNITO

dal sito:

http://www.zenit.org/article-27919?l=italian

I VESCOVI DIFENDONO QUATTRO CRISTIANI DISCRIMINATI NEL REGNO UNITO

LONDRA, lunedì, 12 settembre 2011 (ZENIT.org).- I Vescovi di Inghilterra e Galles hanno messo in guardia contro la discriminazione religiosa indiretta che può avvenire sul luogo di lavoro quando si applicano misura sproporzionate come il licenziamento perché si porta un crocifisso al collo.
Lo hanno fatto attraverso un dettagliato documento pubblicato lunedì scorso dal Dipartimento per la Responsabilità Cristiana e la Cittadinanza della Conferenza Episcopale di Inghilterra e Galles.
Tra gli altri casi, hanno analizzato e valutato le decisioni giudiziarie che hanno interessato due cristiane che hanno perso il lavoro perché portavano una piccola croce, una funzionaria municipale che ha rifiutato di partecipare a “nozze gay” e un terapeuta che non ha voluto offrire terapia sessuale a coppie omosessuali.
Per i Vescovi, nel caso di questi quattro cittadini britannici cristiani che hanno subito discriminazioni sul lavoro perché hanno voluto manifestare la propria fede pubblicamente i tribunali del Regno Unito non hanno applicato correttamente i principi della legge sui diritti umani e la parità.
I Vescovi hanno anche esortato a cercare di risolvere questo tipo di casi “senza litigi, attraverso il senso comune e un reciproco dare e ricevere, in un modo che rispetti sia i diritti dei datori di lavoro che la sincera coscienza degli impiegati e la necessità reciproca di lavorare insieme per il bene comune”.
I quattro presunti casi di violazione della libertà religiosa sono giunti davanti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Il testo dell’episcopato risponde a una consultazione pubblica sulla discriminazione religiosa che sta realizzando la Commissione per l’Uguaglianza e i Diritti Umani, che dovrà intervenire di fronte a questo tribunale europeo per questi casi.
Proporzionalità
Il documento dei Vescovi sottolinea che “un problema importante nell’ambito della legge di Discriminazione Religiosa è la questione della discriminazione indiretta attraverso l’applicazione di pratiche di lavoro apparentemente neutrali, e se siano proporzionali al raggiungimento di un obiettivo legittimo”.
“La questione della proporzionalità è stata un punto cruciale nei quattro casi”, hanno affermato i presuli, prendendo come riferimento l’articolo 9 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali, per il quale ogni persona ha il diritto di “manifestare la propria religione o il proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei riti”.
Allo stesso modo, si riconosce che “la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e costituiscono misure necessarie, in una società democratica, per la pubblica sicurezza, la protezione dell’ordine, della salute o della morale pubblica, o per la protezione dei diritti e della libertà altrui”.
Per i Vescovi, la libertà può essere oggetto solo di quelle restrizioni che, stabilite per legge, rappresentano misure necessarie per la difesa dell’ordine pubblico. Ogni restrizione che non sia necessaria non è lecita, e necessaria significa molto più che semplicemente auspicabile.
In questi quattro casi, sostengono, i tribunali britannici hanno confuso limitazioni “auspicabili” con restrizioni “necessarie in una società democratica”.
Crocifisso
I Vescovi si sono riferiti congiuntamente ai casi di Nadia Eweida, hostess della compagnia aerea British Airways, e Shirley Chaplin, infermiera, entrambe sospese dal lavoro perché portavano una croce.
In questi due casi, “i tribunali del Regno Unito hanno studiato se portare la croce fosse un requisito della religione cristiana, e hanno respinto la domanda delle parti perché non lo era”.
Per i presuli, “non c’è nulla nell’articolo 9 o nella giurisprudenza della Corte Europea che giustifichi il fatto di compiere una distinzione simile”.
“L’uso di un elemento religioso nell’abbigliamento, come una croce, un turbante sikh o un bracciale kara, una kippah ebraica o un hijab musulmano, è una manifestazione religiosa e come tale è protetto dall’articolo 9”, come hanno riconosciuto i tribunali britannici in altri casi riferiti al bracciale kara e al turbante sikh.
A loro avviso, “il fatto che applicando l’articolo 9 i tribunali del Regno Unito abbiano cercato di distinguere tra le religioni che hanno mandati sull’abbigliamento e quelle che non li hanno è in sé una violazione” della legge.
“Il vero esame dovrebbe riguardare il fatto che le persone considerino o meno il portare l’elemento religioso una manifestazione importante del proprio credo, e così era nel caso delle due donne”.
Obiezione di coscienza negata
Il terzo caso è quello di Lilian Ladele, che ha perso il lavoro nell’amministrazione municipale per la quale lavorava per essersi rifiutata di officiare “matrimoni omosessuali”.
I Vescovi hanno sottolineato che con il suo rifiuto a partecipare a queste cerimonie la donna stava manifestando la propria religione e il suo credo in “pratica e osservanza”, e hanno invitato a considerare che partecipare al registro di coppie omosessuali era per lei “complicità morale” e che la sua obiezione non inficiava il servizio di registro delle unioni civili.
Il quarto è il caso di Gary McFarlane, terapeuta espulso dal suo lavoro perché non voleva offrire terapia sessuale a coppie omosessuali.

La risposta completa dei Vescovi alla consultazione della Commissione per l’Uguaglianza e i Diritti Umani è disponibile in inglese sulla pagina web della Conferenza Episcopale di Inghilterra e Galles (http://www.catholic-ew.org.uk/Catholic-Church/Media-Centre/Press-Releases/Press-Releases-2011/Submission-to-Equality-and-Human-Rights-Commission-consultation).

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