incontro della scuola di preghiera per adulti

dal sito:

http://www.parrocchiavillacortese.it/1_incontro_scuola_di_preghiera.html

Parrocchia San Vittore martire – Villa Cortese

Giovedì 29 ottobre 2009

1° incontro della scuola di preghiera per adulti

Perché pregare ?
Alcuni fratelli interrogarono abba Agatone dicendo: « Abba, quale virtù tra quelle che pratichiamo richiede maggior fatica? ». Rispose: « Perdonatemi, ma penso che non vi sia fatica così grande come pregare Dio. Ogni volta infatti che l’uomo vuole pregare, i nemici cercano di impedirglielo, perché sanno che nulla può far loro ostacolo quanto il fatto di pregare Dio. Qualsiasi opera l’uomo intraprenda, se persevera in essa, trova riposo, ma per la preghiera bisogna lottare fino all’ultimo respiro! »
(Detti dei padri del deserto, Collezione sistematica XII,2)

L’uomo non prega volentieri. È facile che egli provi, nel pregare, un senso di noia, un imbarazzo, una ripugnanza, addirittura un’ostilità. Qualunque altra cosa gli sembra allora più attraente e più importante. Dice di non aver tempo, di avere altri impegni urgenti, ma appena ha tralasciato di pregare, eccolo mettersi a fare le cose più inutili. L’uomo deve smettere di ingannare Dio e se stesso. È molto meglio dire apertamente: « Non voglio pregare », piuttosto che usare simili astuzie.
(Romano Guardini, Introduzione alla preghiera, p. 11)

Difficoltà e ostacoli alla preghiera.
Alcune obiezioni legate all’esperienza personale

Non ho tempo !
In parte questo è vero: la vita odierna è segnata dalla velocità. Tuttavia la mancanza di tempo è quasi sempre un alibi, una cattiva scusa: è risaputo che sono molte le ore passate dai credenti davanti alla televisione o a Internet. L’ascolto di Dio è cosa seria quanto il lavoro, e quindi non si possono dedicare alla preghiera soltanto ritagli di tempo.
L’aspetto della disciplina del tempo non è dunque marginale, ma è centrale per la preghiera. Un grande padre spirituale del monachesimo egiziano del xx secolo, Matta el Meskin, ha scritto: « Non devi rattristarti per la scarsità del tempo disponibile per appartarti nella camera; devi piuttosto assicurarti di essere pronto e pieno di desiderio di comunicare con Dio: allora ti accorgerai che i minuti possono essere come giorni ».

Si fa fatica !
Pregare è faticoso, la preghiera è fatica. La preghiera è l’opera più difficile e faticosa. La Scrittura testimonia che la preghiera è una lotta, in cui gli occhi si consumano, la gola si inaridisce nel suo gridare a Dio. Nella preghiera il corpo si impone. Ai nostri giorni è più che mai faticoso rimanere nel silenzio, esigenza umana ben prima che spirituale. E’ difficile rimanere nella solitudine. E’ difficile accettare l’inattività del tempo dedicato alla preghiera. Sembra quasi una follia, nella civiltà del rumore e dell’immagine, vivere l’atteggiamento di chi si apre a discernere una Presenza silenziosa e invisibile.

Le distrazioni !
Avere distrazioni fa parte della psiche. E’ normale che anche durante la preghiera sorgano distrazioni: le preoccupazioni, gli echi, le immagini, i suoni della vita quotidiana. Occorre lottare contro di esse, ma senza farne un’ossessione: occorre piuttosto saperle integrare nella preghiera, cioè trasformarle in occasioni di preghiera.

Sono incostante !
Tutti conoscono periodi di aridità, in cui non si riesce più a pregare. Occorre perseveranza, molta pazienza con se stessi e molta disciplina. Il cristiano non può essere l’uomo di un momento, senza radice in se stesso, frantumato tra un passato che rimpiange, un presente cui non sa aderire e un futuro che non sa progettare. Capita di avvertire nella preghiera una contraddizione profonda tra la propria volontà e quella di Dio, la preghiera diventa una prova. Occorre la perseveranza, il pregare senza stancarsi, anche se non si riesce più a pregare, bisogna continuare ad offrire la presenza del proprio corpo.

Difficoltà e ostacoli alla preghiera.
Alcune obiezioni più generali.

E il male nel mondo?
E’ ancora possibile pregare dopo Auschwitz? Si è risposto che possibile pregare dopo Auschwitz perché ad Auschwitz si è pregato.
La prima domanda che l’uomo responsabile dovrebbe porsi di fronte al degenerare della violenza umana è: non è forse morta l’umanità dell’uomo ? E il credente potrebbe aggiungere: non sono forse morti gli uomini in rapporto alla realtà di Dio ? La domanda da fare non è tanto: « Dov’è Dio? », ma piuttosto: « Dov’è l’uomo? ».

Non si evade dalla storia ?
Un’altra obiezione radicale alla fondatezza del pregare viene dal processo di secolarizzazione che ha segnato tutta l’epoca moderna, caratterizzata dall’affermazione dell’autonomia piena delle scienze e della tecnica rispetto al piano religioso e dall’accresciuto senso di responsabilità dell’uomo nei confronti della storia e del mondo. La secolarizzazione è stata certamente positiva per molti aspetti: ha aiutato la purificazione della pratica cristiana da aspetti magici e ritualistici; ha posto l’accento sulla responsabilità fattiva dell’uomo nella progettazione delle realtà terrene; ha denunciato l’immagine di un Dio troppo spesso ridotto a « tappabuchi », quale rimedio della deficienza umana. Sulla spinta di questo fenomeno, la preghiera è, però, risultata sempre più « sospetta » di evasione dalla storia e dalla responsabilità umana; soprattutto, è stata posta in profonda crisi, fino ad essere ritenuta da non pochi ormai superata.
Secondo la rivelazione biblica il mondo creato è un mondo in cui l’uomo è chiamato a intervenire. Vi è, dunque, una positività nello sviluppo tecnico-scientifico, minacciata, però, da un parallelo progresso della capacità di fare il male: lo sviluppo tecnico, come ogni realtà consegnata nelle mani dell’uomo, resta ambiguo e può diventare portatore di maledizione (sfruttamento, oppressione, morte). La preghiera si colloca in questo stretto crinale: non in concorrenza con la tecnica, né in vista di una sua sostituzione, ma quale memoria del fatto che la tecnica è al servizio dell’uomo e del disegno di Dio e non deve mutarsi in strumento di oppressione sull’altro uomo o di prevaricazione sul creato, né essere assolutizzata fino a diventare un nuovo dio, un idolo.

Pregare è utile ?
Se Dio sa tutto non è forse inutile invocarlo e fargli delle richieste?
La preghiera non è la formula magica per colmare i nostri limiti o sfuggirli ma, al contrario, si fonda sulla nostra debolezza ed è possibile solo a partire dal riconoscimento della nostra condizione radicale di povertà creaturale. Oggi constatiamo, inoltre, che le difficoltà della preghiera nascono in buona parte dall’immagine di uomo attualmente dominante. Il paradigma di uomo vincente è, infatti, quello dell’homo technologicus, che si affida al proprio sapere tecnologico per il superamento di limiti e ostacoli fino a poco tempo fa giudicati insormontabili. L’antropocentrismo stabilito dalla cultura scientifico-tecnologica fa dell’uomo il centro e il protagonista di una relazione che, invece, ha il suo inizio solo in Dio, e rischia, nel migliore dei casi, di ridurre la preghiera a una semplice attività di riflessione, in vista di un aggiustamento del proprio equilibrio psicologico.
Ebbene, occorre ribadirlo: il dono di grazia che può fiorire sulla pianta della preghiera perseverante, irrorata dalla pioggia dell’efficace Parola di Dio, non può essere ridotto a uno scopo perseguito con il proprio sforzo volontaristico o mediante l’ ausilio delle scienze umane. Comprendere questo è un altro « guadagno » non da poco per la nostra vita spirituale.

C’è esaudimento ?
Il malessere nei confronti della preghiera di domanda dipende anche dallo scetticismo nei confronti della possibilità di esaudimento della richiesta. Spesso si dice: « Ho pregato tanto, ma non è cambiato nulla »… Questo in realtà non può essere affermato dal cristiano, il quale dal mistero della preghiera è sempre direttamente rimandato al mistero della fede e, dunque, al mistero di Dio: non si esce mai dalla preghiera uguali a come vi si è entrati!
Ma si può chiedere qualsiasi cosa nella preghiera? Al credente moderno succede di provare un senso di disagio nei confronti di preghiere che formulano richieste concrete; questo riserbo lo induce a evitare domande precise a Dio, quasi scusandolo in anticipo del mancato esaudimento, e comunque lasciandogli sempre aperta una via d’uscita con formulazioni generiche e vaghe. Purtroppo, questo atteggiamento porta a trascurare un aspetto fondamentale della preghiera di domanda, che si ritrova costantemente anche nella struttura delle suppliche dell’Antico Testamento: la presentazione della propria situazione concreta davanti al Signore, per arrivare, tramite la preghiera, a giudicare e decidere con Dio la propria vicenda.
La preghiera dei Salmi, così traboccante di richieste di salute, guarigione e vita piena, educa il cristiano a parlare a Dio partendo dal riconoscimento della propria creaturalità e dei bisogni ad essa connessi; ma lo porta anche, proprio perché egli sa che lo « sta scritto » dei Salmi si è compiuto in Gesù Cristo, a riconoscere che « in Gesù Cristo tutte le sue richieste sono esaudite » (Dietrich Bonhoeffer). E così l’esaudimento grande della preghiera consiste nel far crescere l’orante, nella concretezza della sua esistenza quotidiana, alla statura di Cristo; nel conformarlo, sotto la guida dello Spirito santo, al Figlio stesso.
Difficoltà e ostacoli alla preghiera.
Un percorso da seguire.

Imparare a pregare
« Avevo un cugino di nome John » disse, « che era un po’ scapestrato ». Non sorrideva. Serrò le labbra, ciondolando leggermente il capo, come se la memoria della vicenda che stava per raccontare gli richiamasse alla mente dei penosi ricordi. « Se non stava bevendo al banco del bar del rugby club, era impegnato in un esercizio simile al golf club. Beveva troppo, fumava come un turco e di solito finiva col giocare d’azzardo fino a tarda notte. Sebbene fosse molto ricco, ben presto s’indebitò.
« Sua madre non lo vedeva per giorni e giorni. Non aveva idea di dove andasse a dormire o con chi dormisse. Il resto della famiglia era più preoccupato per mia zia che per mio cugino. Lui sembrava prosperare nelle sue gozzoviglie, come se gli effetti fisici del suo stile di vita lo scavalcassero e, per un malvagio capriccio del destino, ricadessero invece su sua madre. Ognuno in famiglia litigava con lui. Ci furono scene sconvolgenti, liti a non finire, e infine in un’occasione venne perfino alle mani con uno zio. Io tentai con il resto della famiglia di farlo ravvedere ma non approdai a nulla.
« Ci eravamo tutti arresi, quando le cose mutarono in modo drastico, o così disse mia zia. Era come se avesse avuto un’esperienza di conversione, come fosse stato colpito da un angelo di luce o da qualcosa di intenso! Mia zia non riusciva a raccapezzarsi all’inizio, non capiva proprio cosa fosse successo. Poi, dopo alcune settimane, mio cugino arrivò a casa con una piccola infermiera coreana di nome Nina, che aveva incontrato a un party Non era niente di speciale; piuttosto insignificante in effetti, ma lui era follemente innamorato di lei e avevano già deciso di sposarsi. In circostanze normali mia zia avrebbe sollevato ogni genere di obiezioni, ragionevoli e irragionevoli, ma era talmente felice del mutamento che era capitato a suo figlio, e così grata alla ragazza per quello che aveva fatto, che acconsentì subito.
« Era un uomo cambiato. A quel tempo ero assolutamente convinto che fosse già un alcolizzato. Pensavo che il suo caso fosse disperato. Di una cosa sono sicuro a tutt’oggi: lui non avrebbe mai mutato il suo stile di vita da solo, non sarebbe stato in grado di farlo. Le cose gli erano sfuggite di mano ed erano andate troppo oltre. Non solo smise di bere e di giocare d’azzardo, ma anche di fumare. Dovette estinguere i suoi debiti e poi incominciare a risparmiare per accendere un mutuo.
« Né liti, né discussioni, né litigi e neppure i moniti o le minacce erano riusciti a cambiarlo. La ragionevolezza, il richiamo alla sua natura migliore, la richiesta di rispettare la madre si erano rivelati una perdita di tempo e non erano approdati a nulla. Alla fine solo una cosa riuscì a farcela: l’amore. L’amore di quella piccola ed esile infermiera coreana, Nina. Sono già passati ventiquattro anni da allora; il prossimo anno si celebrerà il venticinquesimo del loro matrimonio ».
Peter fece una pausa, guardando per un momento nel vuoto.
« Spero di non averti annoiato con le mie reminiscenze » disse.
« Per nulla » gli risposi sinceramente. Aveva parlato con calore, con una scioltezza che facilitava l’ascolto. Ero piacevolmente sorpreso. Era un narratore nato, sebbene ignaro della sua capacità di catturare l’ascoltatore. « Quella vicenda ha avuto un effetto profondo e duraturo su di me » disse Peter, riprendendo il discorso.
« Fui affascinato dall’enorme potere dell’amore in azione. Nessun potere al mondo avrebbe potuto fare qualcosa per mio cugino. L’episodio mi aiutò a capire che se noi potessimo in qualche modo metterci davanti all’amore di Dio, porci sotto l’influenza del suo potere creativo, allora potremmo essere radicalmente e permanentemente mutati come è avvenuto con mio cugino John; non superficialmente, ma nel nostro intimo.
Poi chiesi a Peter: « Ma che cosa si deve fare per facilitare la crescita di quell’amore in noi? »  » La risposta è molto semplice » rispose Peter senza esitazione. « Imparare a pregare. E’ solo nella preghiera che entriamo in contatto con l’amore di Dio e cominciamo a fare l’esperienza di come esso penetri nella nostra vita. Nessuno può provare l’esperienza d’essere amato e rimanere lo stesso »

Testi di riferimento:
David Torkington, L’eremita, Ed. Messaggero, 2008
Enzo Bianchi, Perché pregare, come pregare, Ed. San Paolo, 2009
Godfried Danneels, Reimpariamo a pregare, EDB, 2009

Publié dans : preghiera (sulla) |le 17 juin, 2011 |Pas de Commentaires »

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