San Beda il Venerabile

dal sito:
http://www.santiebeati.it/dettaglio/27350
San Beda detto il Venerabile Sacerdote e dottore della Chiesa
25 maggio – Memoria Facoltativa
Monkton in Jarrow (Inghilterra) 672-673 – Jarrow, 25 maggio 735
Fu seguace di San Benedetto Biscop e di S. Ceolfrido, dedicandosi solo alla preghiera, allo studio e all’insegnamento del monastero di Jarrow. Fu anche amanuense e il Codex Amiatinus, uno dei più preziosi e antichi codici della Volgata, conservato nella biblioteca Laurenziana di Firenze, sarebbe stato eseguito sotto la sua guida. Della sua vasta produzione letteraria restano opere esegetiche, ascetiche, scientifiche e storiche. Tra queste c’è L’Historia Ecclesiastica Gentis Anglorum, un monumento letterario universalmente riconosciuto da cui emerge la Romanità (universalità) della Chiesa. Studioso di tempra eccezionale e gran lavoratore, ha lasciato nei suoi scritti l’impronta del suo spirito umile sincero, del suo discernimento sicuro e della sua saggezza.
Patronato: Studiosi
Martirologio Romano: San Beda il Venerabile, sacerdote e dottore della Chiesa, che, servo di Cristo dall’età di otto anni, trascorse tutta la sua vita nel monastero di Jarrow nella Northumbria in Inghilterra, dedito alla meditazione e alla spiegazione delle Scritture; tra l’osservanza della disciplina monastica e l’esercizio quotidiano del canto in chiesa, sempre gli fu dolce imparare, insegnare e scrivere.
Beda e basta. Le sue generalità cominciano e finiscono lì. Non conosciamo i suoi genitori. La data di nascita è incerta. Sappiamo soltanto che a sette anni viene affidato per l’istruzione ai benedettini del monastero di San Pietro a Wearmouth (oggi Sunderland) e che passerà poi a quello di San Paolo di Jarrow, contea di Durham, centri monastici fondati entrambi dal futuro san Benedetto Biscop, che è il primo a prendersi cura di lui.
E tra i benedettini Beda rimane, facendosi monaco e ricevendo, verso i trent’anni, l’ordinazione sacerdotale. Dopodiché basta: non diventa vescovo né abate: tutta la sua vita si concentra sullo studio e sull’insegnamento. Unici suoi momenti di “ricreazione” sono la preghiera e il canto corale.
La sua materia è la Bibbia. E il metodo è del tutto insolito per il tempo, ma ricco d’interesse per gli scolari, mentre i suoi libri raggiungeranno presto le biblioteche monastiche del continente europeo. In breve, Beda insegna la Sacra Scrittura mettendo a frutto tutta la sapienza dei Padri della Chiesa, ma non si ferma lì. Inventa una sorta di personale didattica interdisciplinare, che spiega la Bibbia ricorrendo pure agli autori dell’antichità pagana (Beda conosce il greco) e utilizzando le conoscenze scientifiche del suo tempo.
Gran parte di questo insegnamento si tramanda, perché Beda scrive, scrive moltissimo e di argomenti diversi, anche modesti; come il libretto De orthographia. E anche insoliti, come il Liber de loquela per gestum digitorum, famoso in tutto il Medioevo perché insegna a fare i conti con le dita. Si dedica ai calcoli astronomici per il computo della data pasquale, indicandola fino all’anno 1063. E ai suoi compatrioti il monaco benedettino offre la storia ecclesiastica d’Inghilterra, molto informata anche sulla vita civile, e soprattutto non semplicemente riferita, ma anche esaminata con attenzione critica.
Già da vivo lo chiamano “Venerabile”. E l’appellativo gli rimarrà per sempre, sebbene nel 1899 papa Leone XIII lo abbia proclamato santo e dottore della Chiesa. È stato uno dei più grandi comunicatori di conoscenza dell’alto Medioevo. E un maestro di probità, col suo costante scrupolo di edificare senza mai venire meno alla verità, col grande rispetto per chi ascoltava la sua voce o leggeva i suoi libri. A più di dodici secoli dalla morte, il Concilio Vaticano II attingerà anche al suo pensiero, che viene citato nella Costituzione dogmatica Lumen gentium sulla Chiesa e nel decreto Ad gentes sull’attività missionaria. Beda muore a Jarrow, dove ha per tanto tempo insegnato, e lì viene sepolto. Ma il re Edoardo il Confessore (10021066) farà poi trasferire il corpo nella cattedrale di Durham.
Autore: Domenico Agasso
dal sito:
http://www.zenit.org/article-26819?l=italian
Il Presidente della CEI: la politica italiana? Un “dramma del vaniloquio”
Critiche anche verso una stampa “troppo fusa con la politica”
ROMA, lunedì, 23 maggio 2011 (ZENIT.org).- “L’Italia non è solo certa vita pubblica” e “non ci sono scusanti” per una “rappresentazione della vita politica svincolata dalle aspirazioni generali”, perché “la gente è stanca di vivere nella rissa e si sta disamorando sempre di più”. A dirlo è stato questo lunedì il Cardinale Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), nella prolusione per la 63ma Assemblea generale dei Vescovi italiani.
Nell’analizzare lo scenario politico che domina la situazione italiana, il porporato ha affermato che “la politica che ha oggi visibilità è, non raramente, inguardabile, ridotta a litigio perenne, come una recita scontata e noiosa”; è il “dramma del vaniloquio”, dentro “alla spirale dell’invettiva che non prevede assunzioni di responsabilità”. In questo scenario, ha aggiunto, “gli appelli a concentrarsi sulla dimensione della concretezza, del fare quotidiano, della progettualità, sembrano cadere nel vuoto”.
Inoltre, ha sottolineato, “c’è una stampa che appare da una parte troppo fusa con la politica, tesa per lo più ad eccitare le rispettive tifoserie, e dall’altra troppo antagonista, eccitante al disfattismo, mentre dovrebbe essere fondamentalmente altro: cioè informazione non scevra da cultura, resoconto scrupoloso, vigilanza critica, non estranea ad acribia ed equilibrio”.
“Dalla crisi in cui si trova”, ha proseguito il Card. Bagnasco, “il Paese non si salva con le esibizioni di corto respiro, né con le slabbrature dei ruoli o delle funzioni, né col paternalismo, ma solo con un soprassalto diffuso di responsabilità”.
“Se, nonostante tutto, il Paese regge è perché ci sono arcate che lo tengono in piedi”, ha affermato il porporato. Di qui la necessità di recuperare “una capacità di sguardo che superi le apparenze”, senza “cadere in schemi manichei, in generalizzazioni ingiuste e inaccettabili”, per dare voce al “Paese sano che è distribuito all’interno di ogni schieramento”.
“Se non parliamo ad ogni piè sospinto – ha aggiunto ancora – non è perché siamo assenti. E se non ci uniamo volentieri al canto dei catastrofisti, non è perché siamo distratti, ma perché crediamo che vi siano tante forze positive all’opera, che non vanno schiacciate su letture universalmente negative o pessimistiche”.
L’”opzione di fondo” della Chiesa italiana “resta quella di preparare una generazione nuova di cittadini che abbiano la freschezza e l’entusiasmo di votarsi al bene comune”, attraverso l’esercizio “di una cittadinanza coscienziosa, partecipe”.
Affinché l’Italia “goda di una nuova generazione di politici cattolici”, la Chiesa “si sta impegnando a formare aree giovanili non estranee alla dimensione ideale ed etica, per essere presenza morale non condizionabile”.
In una nota il Copercom (Coordinamento delle associazioni per la comunicazione) si è associato alla preoccupazione espressa dall’Arcivescovo di Genova sullo stato dell’informazione in Italia. “In particolare preoccupa – ha sottolineato il Presidente del Copercom, Domenico Delle Foglie – la suddivisione di una parte della stampa italiana in opposte tifoserie che manifestano una contiguità se non una pericolosa fusione con la politica. D’altro canto è innegabile che anche una stampa antagonista, eccitante e tendente al disfattismo, non aiuta i cittadini a formarsi un giudizio libero e sereno”.
Per queste ragioni il Copercom ha fatto proprio l’auspicio espresso dal Cardinale Bagnasco e cioè che “l’informazione non sia scevra da cultura, resoconto scrupoloso, vigilanza critica”. “Le 28 associazioni che aderiscono al Copercom – ha concluso Delle Foglie – sapranno certamente raccogliere l’invito del Cardinale Bagnasco ad un protagonismo responsabile del mondo informativo e comunicativo dei cattolici”.