Archive pour le 21 mai, 2011

Sujet représenté figure biblique (saint Jean) Précision représentation Jean l’Evangéliste

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Preghiera dei disabili mentali (Tettamanzi)

dal sito:

http://www.zammerumaskil.com/liturgia/preghiere-e-poesie/preghiera-dei-disabili-mentali.html

Preghiera dei disabili mentali

Giovedì 11 Marzo 2010 
 
Padre della vita,
che con infinito amore
guardi e custodisci coloro che hai creato,
ti ringraziamo per tutti i tuoi doni.
Ascoltaci quando ti invochiamo.
sostienici quando vacilliamo,
perdona ogni nostro peccato.

Signore Gesù, Salvatore del mondo,
che hai preso su di te
i pesi e i dolori dell’umanità,
ti affidiamo ogni nostra sofferenza.
Quando non siamo compresi, consolaci,
nell’inquietudine donaci la pace,
se siamo considerati ultimi, tu rendici primi.

Spirito Santo,
consolatore degli afflitti
e forza di coloro che sono nella debolezza,
ti imploriamo: scendi su di noi.
Con il tuo conforto, il pellegrinaggio della nostra vita
sia un cammino di speranza
verso l’eternità beata del tuo Regno. Amen.

Card. Dionigi Tettamanzi
Genova Giugno 2000

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MARIA CI MOSTRA IL VOLTO DEL PADRE (Omelia)

dal sito:

http://www.zenit.org/article-26786?l=italian

MARIA CI MOSTRA IL VOLTO DEL PADRE

V Domenica di Pasqua, 22 maggio 2011

di padre Angelo del Favero*

ROMA, venerdì, 20 maggio 2011 (ZENIT.org).- In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: ‘Vado a prepararvi un posto’? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado conoscete la via”. Gli disse Tommaso: “Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?”. Gli disse Gesù: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin d’ora lo conoscete e lo avete veduto”. Gli disse Filippo: “Signore, mostraci il Padre e ci basta”. Gli rispose Gesù : “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi tu dire: ‘Mostraci il Padre’? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre” (Gv 14, 1-12).
Proprio l’apostolo Giovanni, che ci racconta la richiesta di Filippo: “Signore, mostraci il Padre e ci basta!” (Gv 14,8), conclude il prologo del suo Vangelo con un’affermazione che sembra giustificare il discepolo: “Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato” (Gv 1,18). Perciò, il velato rimprovero di Gesù: “Da tanto tempo sono con voi…Come puoi tu dire: ‘Mostraci il Padre?” (Gv 14,9), sorprende anche noi.
Filippo sapeva chi era Gesù. Ormai da tre anni seguiva il Maestro, che lo aveva incontrato in Galilea invitandolo senza esitazione a seguirlo. Egli stesso si era trasformato in entusiasta testimone del Signore nei confronti di Natanaele: “Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nazaret” (Gv 1,43-46). Un’affermazione che dimostra la sua conoscenza delle Scritture.
Filippo, tuttavia, non sembra ancora consegnato totalmente al mistero del suo Maestro, e continuerà ad esitare, come quel giorno in cui Gesù lo mette alla prova chiedendogli: “Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?” (Gv 6,5). In tale circostanza, Gesù non risponde al discepolo come fa oggi, ma lo sorprende con la clamorosa eloquenza della moltiplicazione dei pani, dimostrandogli così ciò che oggi rivela esplicitamente: “..il Padre che rimane in me, compie le sue opere” (Gv 14,10b).
Ma ora Filippo, ancora prigioniero dei suoi schemi, torna con lo stesso atteggiamento ad interpellare il Signore: “Mostraci il Padre e ci basta!” (Gv 14,8).
La sua domanda, per altro, non è certo ingiustificata, come osserva un grande teologo: “Qui vogliamo fermarci e cercare di riflettere. Non è forse così paradossale quell’affermazione centrale “Chi vede me, vede il Padre”, da confinare con la follia? Qui un uomo dice – giacché Gesù è pur sempre un uomo – che chi vede lui, chi lo vede davvero, costui vede Dio. Ma Dio non è forse indicibile, non abita forse “in una luce inaccessibile”, non abbaglia i nostri deboli occhi, cosicché noi non possiamo guardare senza danno in questa luce? Può esserci una rappresentazione del Divino all’interno del nostro mondo limitato, angusto? Certamente nessuno di noi oserà, a meno che non sia pazzo, assumersi il ruolo di interprete di Dio. Ma chiediamoci d’altra parte: Possiamo negare a Dio la capacità di rivelarsi al mondo, se lo vuole? Negargli questo significherebbe racchiuderlo nella sua gloria come in una prigione, in una gabbia d’oro. E non ha forse il Creatore di questo mondo già cominciato a rivelare in esso qualcosa della sua sapienza, grandezza, bellezza, “come in uno specchio e in un enigma”? Perché non dovrebbe egli poter andare avanti e nel volto di un uomo lasciar trasparire i suoi propri tratti?“Chi vede me vede il Padre”. Cioè: chi vede come io mi consumo senza risparmio per gli uomini, nei miei discorsi, nei miei miracoli, nelle pene che per essi io prendo su di me, nelle sofferenze che, imposte da loro, io carico su di me, costui da tutto ciò può vedere come Dio Padre interiormente si pone nei confronti degli uomini, sue creature. Gesù racconta la parabola del figliol prodigo; essa commuove tutti quelli che lo ascoltano. E cosa dice egli con essa? Dice: il Padre è così! E questo atteggiamento interiore del Padre voi potete addirittura con la sua grazia imitarlo, appropriarvene. “Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso” (Lc 6,36). Se il Padre vi ha perdonato un debito così grande, allora voi potete – addirittura con facilità – perdonarvi l’un l’altro i vostri piccoli debiti” (H. U. V. Balthasar, Tu coroni l’anno con la tua grazia, p. 78).
Tutto ciò ha molto da dirci e confortarci, anche se il volto radioso del Padre si dovesse improvvisamente eclissare a causa di un evento tanto doloroso da renderlo irriconoscibile al cuore. E’ quanto s’è presentato ai miei occhi in questi giorni. Ecco una giovane famiglia felice, perché dopo anni di preghiere e di fiduciosa attesa, Dio Padre ne ha esaudito la supplica per il dono di un altro figlio. Solo pochi giorni fa stavamo festeggiando con gioia grande il lieto evento, giunto ormai alle soglie del terzo mese. Ma ieri mi ha raggiunto questo terribile annuncio: “Caro padre, il mio bambino non c’è più…La gravidanza si è fermata circa una settimana fa e ora sono in ospedale per il raschiamento. Avrei tanto piacere che lei ci scrivesse una mail, così la leggo quando torno a casa…Grazie”.
Questa semplice, rassegnata preghiera di una mail di conforto è la stessa richiesta di Filippo a Gesù: “Mostraci il Padre e ci basta” (Gv 14,8), ma com’è difficile mostrare il volto misericordioso del Padre quando la morte trasforma crudelmente in singhiozzi il canto alla sua misericordia! Pensando alle parole della “Salve Regina”, ho scritto loro: “La Madre di ogni figlio è con il vostro bambino in Cielo, ed è con voi in terra per consolarvi con la sua dolce presenza, anche e soprattutto ora, presso la croce del suo Figlio”.
Sì, Gesù mostra in se stesso com’è il Padre, ma è Maria che ci mostra Gesù, il Volto del Padre: “..e mostraci dopo questo esilio Gesù, il frutto benedetto del tuo seno, o clemente, o pia, o dolce vergine Maria”.
———
* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E’ diventato carmelitano nel 1987. E’ stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.

QUELL’ABBRACCIO TRA WOJTYLA E IL RABBINO TOAFF (Di Segni: « Tra loro un feeling speciale »)

dal sito:

http://www.zenit.org/article-26779?l=italian

QUELL’ABBRACCIO TRA WOJTYLA E IL RABBINO TOAFF

Di Segni: « Tra loro un feeling speciale »

di Mariaelena Finessi

ROMA, venerdì, 20 maggio 2011 (ZENIT.org).- Del dialogo, dei giovani e della comunicazione, Wojtyla è stato però anche il Papa della prima visita ufficiale in una sinagoga. «No signorina qua si sbaglia»: il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni scherza con la presentatrice al concerto organizzato il 18 maggio da « Roma Capitale » a chiusura degli eventi per la beatificazione di Giovanni Paolo II. Sale sul palco dellAuditorium della Conciliazione per raccontare il particolare «feeling» con lebraismo instaurato dal Papa polacco durante il suo mandato.
«Se vogliamo essere precisi prosegue Di Segni , il primo Pontefice in assoluto a visitare una sinagoga è stato Pietro». In platea, tra migliaia di spettatori, una delegazione ebraica composta, tra gli altri, dal Presidente dellUnione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna e dallassessore della Comunità ebraica di Roma Ruben Della Rocca in rappresentanza del presidente Riccardo Pacifici.
Artisti di fama, e testimoni « speciali » del legame vissuto con Wojtyla nel corso del suo pontificato durato 27 anni – come ad esempio l’ex Cardinale vicario di Roma Camillo Ruini o il postulatore monsignor Slawomir Oder – si alternano sul palco a ripercorrere i momenti più importanti, le svolte e i giri di boa che questo pontefice ha consegnato per sempre alla storia.
Come quella volta, 13 aprile 1986, quando Giovanni Paolo II ha varcato la soglia del Tempio di Roma. Di Segni, ai tempi giovane ministro del culto, ricorda così levento: «Cera la sensazione di vivere un momento storico». E tanta era stata poi la sorpresa «anche perché non era poca la perplessità per i problemi procedurali da risolvere. In altri termini era tutto da creare». E, daltra parte, si era impreparati: mai cerano stati precedenti di tale portata.
«Si racconta una leggenda continua Di Segni per spiegare come fosse unassoluta novità quellincontro tra il Papa e lex rabbino capo di Roma Elio Toaff, oggi 96enne -, che io allora abbia cantato ma posso assicurarvi che ciò non corrisponde al vero. Di fatto ironizza il rabbino nella sua nota cifra stilistica, lasciando intendere una scarsa capacità canora non ha piovuto quel giorno». Indimenticabile labbraccio tra i due uomini, in cui si racchiudevano tante parole non dette a sciogliere altrettante incomprensioni. «Tra loro cera un feeling speciale», commenta Di Segni.
Lo stesso Toaff nell’autobiografico « Perfidi giudei, fratelli maggiori »  (ediz. Mondadori) scrive: «Insieme entrammo nel Tempio. Passai in mezzo al pubblico silenzioso, in piedi, come in sogno, il Papa al mio fianco, dietro cardinali, prelati e rabbini: un corteo insolito, e certamente unico nella lunga storia della Sinagoga. Salimmo sulla Tevà e ci volgemmo verso il pubblico. E allora scoppiò lapplauso. Un applauso lunghissimo e liberatorio, non solo per me ma per tutto il pubblico, che finalmente capì fino in fondo l’importanza di quel momento… Lapplauso scoppiò [nuovamente] irrefrenabile quando [il Papa] disse: « Siete i nostri fratelli prediletti e, in un certo modo, si potrebbe dire, i nostri fratelli maggiori »».
E non a caso il nome di Toaff è uno dei tre insieme a quello dellallora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede cardinale Joseph  Ratzinger, oggi Papa Benedetto XVI, e del cardinale Stanislaw Dziwisz, attuale arcivescovo di Cracovia ma per quarantanni a servizio di Wojtyla come suo segretario particolare – pubblicati nel testamento spirituale del pontefice polacco «a ulteriore riprova di un legame che va oltre lufficialità. Una simpatia sostanziale che porta allamicizia là dove il profilo dottrinale può creare problemi».
Il rabbino puntualizza quindi il senso della parola « dialogo » che molti osservatori hanno preso ad usare per raccontare, con la visita di Wojtyla al Ghetto, linfrangersi di certe rigidità del passato: «In quegli anni il dialogo tra ebraismo e cristianesimo era già ben impostato ma si trattava perlopiù di un dialogo tra eruditi e teologi. Un dialogo a cui mancava laspetto umano e Wojtyla è stato in grado coglierne la necessità».
Insomma, conclude Di Segni, «questo Papa ha saputo rompere il ghiaccio ed oggi tutti ci rendiamo conto che il suo gesto ha cambiato per sempre latmosfera nelle nostre relazioni».

buona notte

buona notte dans immagini buon...notte, giorno ST0115

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