« Discese agli inferi ». La sorpresa di Pasqua (di Sandro Magister)
dal sito:
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1347627
« Discese agli inferi ». La sorpresa di Pasqua
Nel cuore della Settimana Santa, il fuori programma di Benedetto XVI in tv. Con due risposte insolite su Gesù risorto. I brani salienti delle sue omelie del triduo sacro
di Sandro Magister
ROMA, 24 aprile 2011 – Nel mezzo delle celebrazioni della Settimana Santa, quest’anno Benedetto XVI ha inserito un fuori programma. Proprio nel primo pomeriggio del Venerdì, nell’ora della morte di Gesù.
A quell’ora, sul primo canale della tv di stato italiana, all’interno di una trasmissione dal titolo « A sua immagine », con un milione e mezzo di ascoltatori, papa Joseph Ratzinger ha risposto a sette domande che gli sono state rivolte da persone di paesi diversi, su temi tutti cruciali.
Una bambina gli ha chiesto dal Giappone il perché del terremoto.
Una madre gli ha chiesto dall’Italia se l’anima ha già abbandonato il corpo di suo figlio da due anni in stato vegetativo.
Tre giovani di Baghdad hanno chiesto al papa che fare, con le aggressioni che colpiscono i cristiani.
Una musulmana gli ha chiesto dalla Costa d’Avorio come riportare la pace e l’armonia tra cristiani e islamici.
Le risposte del papa a queste prime quattro domande sono state le più rilanciate dai media.
Ma anche le tre sue successive risposte meritano attenzione. Le prime due – riprodotte integralmente più sotto – toccano temi che stanno particolarmente a cuore a Benedetto XVI, anche perché troppo trascurati dalla predicazione corrente, negli ultimi decenni.
Sono i temi delle realtà ultime della vita di ogni uomo – i cosiddetti « novissimi » – avvicinate e spiegate alla luce di Gesù morto e risorto.
A questi stessi temi Benedetto XVI ha dedicato un’ampia parte della « Spe salvi », la più originale delle sue encicliche, interamente scritta di suo pugno. Ma non solo. Vi è tornato sopra in ripetute occasioni. Ad esempio in un’udienza generale, quella di mercoledì 12 gennaio 2011, dedicata al purgatorio.
Questa volta, nelle sue risposte televisive di questo Venerdì Santo, il papa ha focalizzato l’attenzione su Gesù « disceso agli inferi » – che per le Chiese d’oriente è il modo di raffigurare la sua risurrezione, come mostra l’icona russa riprodotta in questa pagina – e sul suo corpo risorto e « glorioso ».
Nello stesso tempo, però, il papa ha evidenziato gli effetti che la risurrezione di Gesù ha sugli uomini. Sui loro destini ultimi come sul loro cammino terreno.
Su questa terra – spiega Benedetto XVI – è l’eucaristia che mette i cristiani in contatto vitale col corpo glorioso di Gesù. Lì il mondo nuovo della risurrezione è già cominciato.
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Con quest’ultima intervista televisiva, Benedetto XVI ha ulteriormente ampliato i suoi stili comunicativi. Che comprendono pronunciamenti magisteriali, discorsi ufficiali, encicliche, esortazioni, lettere aperte, saggi di teologia, lezioni sui Padri della Chiesa, vite di santi, commenti alle Sacre Scritture…
E poi: un libro su Gesù in tre tomi e un altro libro in forma di intervista.
E ancora: incontri a domande e risposte con i preti, con i giovani, con i bambini, conferenze stampa, interviste, filmati, e ora anche questo primo botta e risposta televisivo.
Benedetto XVI è il papa della parola. È quindi naturale che il suo parlare e scrivere assuma queste forme molteplici. Comprese quelle che gli consentono di raggiungere i suoi ascoltatori e lettori in modo diretto, senza intermediazioni.
Se c’è però una parola che svetta sopra tutte, per lui, è quella delle omelie. Perché nella liturgia la parola si fa realtà e « il Verbo si fa carne ».
Non deve quindi stupire che Benedetto XVI dedichi alle omelie una cura senza pari.
Come si è potuto notare anche in quest’ultima Settimana Santa. Di cui www.chiesa ha già anticipato alcuni spunti. E altri ne dà in questa stessa pagina, più sotto.
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DALL’INTERVISTA DI BENEDETTO XVI ALLA TV ITALIANA
Venerdì 22 aprile 2011
D. – Santità, che cosa fa Gesù nel lasso di tempo tra la morte e la risurrezione? E visto che nella recita del Credo si dice che Gesù, dopo la morte, « discese agli inferi », possiamo pensare che sarà una cosa che accadrà anche a noi, dopo la morte, prima di salire al Cielo?
R. – Innanzitutto, questa discesa dell’anima di Gesù non si deve immaginare come un viaggio geografico, locale, da un continente all’altro. È un viaggio dell’anima. Dobbiamo tener presente che l’anima di Gesù tocca sempre il Padre, è sempre in contatto con il Padre, ma nello stesso tempo quest’anima umana si estende fino agli ultimi confini dell’essere umano. In questo senso va in profondità, va ai perduti, va a tutti quanti non sono arrivati alla meta della loro vita, e trascende così i continenti del passato.
Questa parola della discesa del Signore agli inferi vuol soprattutto dire che anche il passato è raggiunto da Gesù, che l’efficacia della redenzione non comincia nell’anno zero o trenta, ma va anche al passato, abbraccia il passato, tutti gli uomini di tutti i tempi.
I Padri dicono, con un’immagine molto bella, che Gesù prende per mano Adamo ed Eva, cioè l’umanità, e la guida avanti, la guida in alto. E crea così l’accesso a Dio, perché l’uomo, di per sé, non può arrivare fino all’altezza di Dio. Lui stesso, essendo uomo, prendendo in mano l’uomo, apre l’accesso, apre cosa?, la realtà che noi chiamiamo « cielo ». Quindi questa discesa agli inferi, cioè nelle profondità dell’essere umano, nelle profondità del passato dell’umanità, è una parte essenziale della missione di Gesù, della sua missione di redentore, e non si applica a noi. La nostra vita è diversa, noi siamo già redenti dal Signore e noi arriviamo davanti al volto del Giudice, dopo la nostra morte, sotto lo sguardo di Gesù, e questo sguardo da una parte sarà purificante. Penso che tutti noi, in maggiore o minore misura, avremo bisogno di purificazione. Lo sguardo di Gesù ci purifica e poi ci rende capaci di vivere con Dio, di vivere con i santi, di vivere soprattutto in comunione con i nostri cari che ci hanno preceduto.
D. – Santità, quando le donne giungono al sepolcro, la domenica dopo la morte di Gesù, non riconoscono il Maestro, lo confondono con un altro. Succede anche agli apostoli: Gesù deve mostrare le ferite, spezzare il pane per essere riconosciuto, appunto, dai gesti. È un corpo vero, di carne, ma anche un corpo glorioso. Il fatto che il suo corpo risorto non abbia le stesse fattezze di quello di prima, che cosa vuol dire? Cosa significa, esattamente, corpo glorioso? E la risurrezione sarà per noi così?
R. – Naturalmente, non possiamo definire il corpo glorioso, perché sta oltre le nostre esperienze. Possiamo solo registrare i segni che Gesù ci ha dato per capire almeno un po’ in quale direzione dobbiamo cercare questa realtà.
Primo segno: la tomba è vuota. Cioè, Gesù non ha lasciato il suo corpo alla corruzione, ci ha mostrato che anche la materia è destinata all’eternità, che realmente è risorto, che non rimane una cosa perduta. Gesù ha preso anche la materia con sé, e così la materia ha anche la promessa dell’eternità.
Ma poi ha assunto questa materia in una nuova condizione di vita, questo è il secondo punto: Gesù non muore più, cioè sta sopra le leggi della biologia, della fisica, perché sottomesso a queste uno muore. Quindi c’è una condizione nuova, diversa, che noi non conosciamo, ma che si mostra nel fatto di Gesù, ed è la grande promessa per noi tutti che c’è un mondo nuovo, una vita nuova, verso la quale noi siamo in cammino. E, essendo in queste condizioni, Gesù ha la possibilità di farsi palpare, di dare la mano ai suoi, di mangiare con i suoi, ma tuttavia sta sopra le condizioni della vita biologica, come noi la viviamo. E sappiamo che, da una parte, è un vero uomo, non un fantasma, che vive una vera vita, ma una vita nuova che non è più sottomessa alla morte e che è la nostra grande promessa.
È importante capire questo, almeno quanto si può, per l’eucaristia. Nell’eucaristia il Signore ci dona il suo corpo glorioso, non ci dona carne da mangiare nel senso della biologia, ci dà se stesso. Questa novità che lui è entra nel nostro essere uomini, nel nostro, nel mio essere persona, come persona, e ci tocca interiormente con il suo essere, così che possiamo lasciarci penetrare dalla sua presenza, trasformare nella sua presenza. È un punto importante, perché così siamo già in contatto con questa nuova vita, questo nuovo tipo di vita, essendo lui entrato in me, e io sono uscito da me e mi estendo verso una nuova dimensione di vita.
Io penso che questo aspetto della promessa, della realtà che lui si dà a me e mi tira fuori da me, in alto, è il punto più importante: non si tratta di registrare cose che non possiamo capire, ma di essere in cammino verso la novità che comincia, sempre, di nuovo, nell’eucaristia.
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