Archive pour le 7 mai, 2011

Il pane spezzato ad Emmaus

Il pane spezzato ad Emmaus dans immagini sacre 08

http://www.centroaletti.com/ing/opere/europa/34b.htm

Publié dans:immagini sacre |on 7 mai, 2011 |Pas de commentaires »

La fede pasquale, da nostalgia a memoria (Omelia)

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/12444.html

Omelia (06-04-2008)

don Maurizio Prandi

La fede pasquale, da nostalgia a memoria

Domenica scorsa ci siamo lasciati una definizione credo davvero molto bella della fede: la nostra è una fede pasquale, dove per fede pasquale intendiamo tutto ciò che di più concreto ci possa essere per avvicinarla alla nostra vita concreta. Dicevo: una fede incarnata, umanissima, una fede ferita, una fede non facile, una fede che paga il prezzo della fatica che accompagna una vita non sempre accolta, capita, riconosciuta… c’è come una fede dei super-uomini, incrollabile nell’adesione alla freddezza (e talvolta alla lapidarietà) dei dogmi, a ciò che viene imposto dall’alto. La sento però una fede come dire… disincarnata, lontana dalla vita e dall’esperienza degli uomini e delle donne di oggi. Una fede che diventa concetto, pensiero astratto, dottrina, è praticamente impossibile che possa diventare vita… Legato a questo allora mi piace molto il percorso che Gesù fa fare ai suoi discepoli e anche a noi in questo tempo di Pasqua e che se volete sono davvero tipici della fede così come la stiamo definendo: toccare e guardare… toccare e guardare, perché Gesù conosce bene il pericolo di avvicinarsi a Lui soltanto con nozioni e ragionamenti scolastici ed è per questo che rimanda ai verbi dell’esperienza, perché i percorsi nei quali entra solo la testa e non entrano le mani gli occhi e il cuore non portano da nessuna parte. La fede, la fede nel Signore Risorto, è scoperta anche per le mani, è scoperta anche per gli occhi, fa vibrare il cuore(A. Casati).

Potremmo quasi intitolare così questa parte di omelia: i segni di riconoscimento. Sono i più diversi… i due discepoli di Emmaus infatti raccontano di come hanno riconosciuto Gesù nello spezzare il pane, e Gesù per farsi riconoscere ha mostrato le mani e i piedi… lì c’è la prova. Certo la prova sono le ferite, ma i discepoli dovevano conoscere bene quelle mani e quei piedi. Gesù per farsi riconoscere sceglie le strade della semplicità e della povertà: spezzare il pane, e la strada della Croce: le ferite. Sono queste la traccia del suo martirio che lo accompagna nella sua nuova condizione di Risorto. E’ bellissimo che la Risurrezione non cancelli la Croce, non faccia dimenticare la Croce, anzi… sono proprio le ferite che indicano la permanenza dell’amore. Gesù domenica scorsa ha fatto vedere le sue mani ferite ricordate… le stesse mani che hanno spezzato il pane, che hanno toccato la suocera di Pietro, che hanno guarito, che hanno creato (pensiamo al cieco nato e a come gli è stata donata-creata la vista), quelle mani che hanno lavato i piedi dei discepoli, quelle mani che hanno accarezzato, quelle mani che hanno stretto altre mani a loro volta ferite… A quelle mani il Padre ha affidato ogni cosa (perché nessuno le possa rapire dalla mia mano). Le ferite, che sono le ferite dell’amore che si dona, dicono che tutto quello che da Gesù è stato ricevuto, è stato anche dato al Padre, insieme alla vita del Figlio… ecco che la promessa di Gesù è stata mantenuta: nulla è andato perduto, ma tutto è stato custodito fino alla fine. Proprio quelle ferite che i due di Emmaus vogliono in un certo qual modo cancellare… sono incapaci di legare il crocifisso alla promessa della liberazione che loro intendevano in senso unicamente politico e glorioso. Ecco allora che Gesù fa compiere loro un percorso per così dire, a ritroso, un percorso che fa ardere il cuore nel petto e che li porta a riconoscere il limite della loro visione troppo terrena, troppo scontata, direi normale del Messia: noi speravamo che fosse lui a liberare Israele. E’ quasi, scrive don Giuseppe Angelini, la confessione di un peccato, la confessione di una precisa attesa nei confronti di Gesù, attesa che però è sbagliata, perché speravano da Gesù altro rispetto a quello che lui aveva promesso di dare. Proprio per questo erano stati delusi dalla sua morte e non riuscivano a riconoscerlo nel momento in cui egli tornava accanto a loro. Qui mi pare di poter dire che comincia la fede pasquale, ovvero quella fede che ti consente come un passaggio, quello dalla nostalgia alla memoria. Percorrono una strada i due discepoli, un cammino. I pellegrini, quando tornavano da Gerusalemme, percorrevano proprio la strada di Emmaus, che tutti chiamavano, appunto, la via del ritorno… Per Cleofa e il suo amico però, questa è la via dell’abbandono, della delusione invincibile, della speranza delusa, della sconfitta. Di conseguenza Gerusalemme non è più il luogo della speranza, della partenza perché l’annuncio del Regno giunga fino ai confini del mondo… per i due discepoli Gerusalemme è diventato un punto di fuga. Tutto, per i discepoli, (e per noi), si gioca allora sulla memoria e sulla diversità che esiste tra questa e il semplice ricordo: conversavano di quanto era accaduto… ricordavano le cose passate in una forma che assume le sembianze della nostalgia. Ecco che, chiusi in un passato che oramai pare essere vuoto di promesse i due discepoli sono incapaci di cogliere la novità che nel presente si fa loro compagna di cammino. E’ come se la nostalgia formasse in loro il carattere della ineluttabilità… sono solo capaci di frasi del tipo non c’è più niente da fare… oramai è tutto finito… impossibile tornare a sperare… si, le donne hanno detto qualcosa, hanno detto che gli angeli…ma è impossibile tornare a sperare… La nostalgia rischia di cancellare la speranza, di chiudere gli occhi, di impedire di vedere colui che invece è presente.
Anche questa settimana allora ci diamo un compito. Provare a capire se nella nostra vita c’è stato un momento in cui la delusione per qualcosa che è avvenuto ci ha portato a chiuderci in passato dominato dalla nostalgia. Nella luce dello Spirito del Risorto anche noi allora possiamo celebrare l’Eucaristia e coglierla come quello spazio di memoria in cui il nostro oggi, concretamente vissuto, si può caricare di attesa e di speranza nell’ascolto della Parola e nella condivisione del pane da Lui spezzato.

I DISCEPOLI DI EMMAUS (Card. C.M. Martini)

dal sito:

http://www.iqt.it/evangelo/lectio/lc24_emmaus.htm

I DISCEPOLI DI EMMAUS:

Lc. 24, 13-35

(Card. C.M. Martini, Partenza da Emmaus,
Centro Ambrosiano di Documentazione e Studi Religiosi,
Milano 1983, pagg. 8-9) 

Preghiera introduttiva
«O Dio, Padre nostro, che nel Tuo Figlio Gesù hai voluto farti compagno dei discepoli sulla strada di Emmaus per sciogliere i loro dubbi e incertezze e rivelare la Tua presenza nel pane spezzato, apri i nostri occhi perché sappiamo vedere la Tua presenza, illumina la nostra mente perché riusciamo a comprendere la Tua Parola e accendi nei nostri cuori il fuoco del Tuo Spirito perché troviamo il coraggio di diventare testimoni gioiosi del Risorto, Gesù Cristo, Tuo Figlio e nostro Signore. Amen»

Lettura del brano:
[13] Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, [14] e conversavano di tutto quello che era accaduto. [15] Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. [16] Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. [17] Ed egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?». Si fermarono, col volto triste; [18] uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?». [19] Domandò: «Che cosa?». Gli risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; [20] come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l’hanno crocifisso. [21] Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. [22] Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro [23] e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. [24] Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l’hanno visto».
[25] Ed egli disse loro: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! [26] Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». [27] E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. [28] Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. [29] Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno gia volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro. [30] Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. [31] Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. [32] Ed essi si dissero l’un l’altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?». [33] E partirono senz’indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, [34] i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone». [35] Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Introduzione
Quello dei discepoli di Emmaus è certamente uno fra i brani più suggestivi e, per certi versi, più aderente alla nostra realtà di persone in cammino, certamente con molte certezze, ma spesso vittime di dubbi, perplessità, interrogativi e desideri.
Proviamo dunque a tentare una rilettura del testo cercando di attualizzare l’annuncio e al tempo stesso cogliendo gli elementi principali che favoriscono una comprensione, una interiorizzazione e quindi una profonda e autentica assimilazione del messaggio teologico che esso contiene.

Delusione, dubbio, incertezza
Nel giro di una settimana a Gerusalemme è capitato di tutto. Gesù è stato accolto in maniera trionfale, acclamato come un re; ha trasmesso il comandamento dell’amore; durante la cena per la pasqua ha rivelato il valore del servizio con la lavanda dei piedi, ha garantito la sua presenza reale spezzando un pane e versando del vino; è stato arrestato; ha sopportato tradimenti e rinnegamenti; è stato arrestato, processato, condannato a morte, trafitto su una croce, sepolto… E basta. Tutto è finito. Nel giro di una settimana sono sfumati progetti, speranze e illusioni tessuti pazientemente in tre anni di sequela fedele e attenta. Tutte le cose che abbiamo costruito, per le quali ci siamo spesi, per le quali abbiamo sudato, lottato e pianto, per le quali abbiamo anche rischiato, ci siamo esposti, sono definitivamente sigillate e oscurate dietro quella grande pietra rotolata contro l’entrata di quel sepolcro nuovo, scavato nella roccia. Sembra di sentirli: « …che delusione… e chi se l’aspettava… lasciamo perdere, andiamo via… Basta, torniamo ad Emmaus! ».
Sono i discorsi di due persone che, dopo aver vissuto una esperienza affascinante ed esaltante con Gesù, si ritrovano soli, abbandonati, sconfitti e decidono di abbandonare il « cuore » di questa vicenda per dirigersi verso il definitivo ritorno alla realtà di prima, al quotidiano di ogni giorno.

Gesù si fa compagno
A questo punto, se non conoscessimo l’esito della vicenda e se dovessimo completare la storia con i nostri sistemi, è facile intuire le reazioni: « …e fate come volete… pazienza… peggio per voi… siete grandi e vaccinati… arrangiatevi… ».
C’è qualcuno che non la pensa così. « … Gesù in persona si accostò e camminava con loro » (v. 15b) e non perché « è togo » e gli piace mettersi in mostra e affermare la sua supremazia, tant’è che « …i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo » (v. 16). E’ lui che prende l’iniziativa e soprattutto cammina al loro fianco, si fa compagno di quella strada, di quella determinata fase del loro cammino.
Certamente – e ce lo rivela l’originale del testo greco – il loro discutere e discorrere era visibilmente animato, tanto che è facile per lo sconosciuto permettersi di domandare loro: « Ma di che cosa state parlando così calorosamente? ». Anche qui, con il nostro stile poco aperto al dialogo, verrebbe voglia di sostituirci alla risposta dei due discepoli: « Ma cosa vuoi? Fatti i fatti tuoi! ». E forse, dopo che essi rispondono: « Di quanto è capitato a Gerusalemme in questi giorni » ed egli incalza: « E che cosa è successo? », non verrebbe voglia di rispondere: « Ma scusa, dove vivi? Dove hai la testa? ». Invece è talmente forte la ferita che sentono dentro, la sensazione di essere stati ingannati, che essi sentono il bisogno di sfogarsi. D’altronde chiunque avrebbe convenuto con loro sull’assurdità della vicenda, quindi non esitano a raccontare e esprimere tutta la loro delusione.
E questo si coglie dai verbi che utilizzano: fu profeta grande… speravamo fosse lui a liberare Israele… I discepoli avevano i loro progetti e le loro speranze; certamente, anche sulla scia delle idee promosse dagli zeloti, ai quali era legato uno di loro, che ritenevano che la liberazione dovesse esprimersi con atti militari e tendere alla ricerca della prosperità economica e del benessere materiale. Invece Gesù non solo è condannato a morte, ma alla morte in croce, infamante, riservata ai malfattori. Questo non rientra nei loro progetti.
Anche noi abbiamo desideri, progetti, speranze cui ci aggrappiamo con tanta passione, senza considerare che alcuni accadimenti possono rivelarci che esiste un progetto di Dio, diverso dal nostro, che naturalmente non possiamo prevedere o preventivare, più grande dei nostri pensieri. Per questo non riusciamo a pensare che possa essere più bello, più utile, più entusiasmante per noi e più capace di fare fiato e speranza. Certo, non è facile aprirsi e abbandonarsi al progetto di Dio e al mistero che lo accompagna. Ma per cosa pensate che Gesù « …si accosta e cammina con noi »? Non certo per una sterile comprensione affettiva o per assecondare delusioni o incomprensioni. Egli è la via, la verità e la vita. Per questo cammina con noi: per condurci sulla via; per questo ci spiega le scritture: per portarci alla verità; per questo spezza il pane: per donarci la vita.

Gesù, novità sempre nuova
Mentre i discepoli parlano Gesù li ascolta e li fa parlare. Questo è il compito del vero animatore: ascoltare e fare i modo che l’altro possa esprimere le proprie ansie e possa spiegarsi bene.
L’iniziativa dell’incontro, dicevamo, è presa da Gesù. I discepoli non solo non fanno nulla perché l’incontro possa accadere, ma quasi accettano il viandante con indifferenza, a malincuore e frappongono l’ostacolo della delusione, della rinuncia a credere e a sperare. Gesù però dà rilievo alla libertà dei discepoli, che dapprima scoraggiata e rinunciataria, viene via via rigenerata e aperta alla speranza, alla fiducia nel disegno di Dio sulla storia dell’uomo.
Gesù fa questo senza dire cose nuove. Ma sono cose che avevano bisogno di sentirsi ridire e che assumevano, in quel determinato momento e in quella specifica situazione, un significato nuovo.
E’ per questa ragione che i due, a loro volta, lo ascoltano e lo lasciano parlare: perché si tratta di parole che aprono, spiegano, illustrano, indicano, fanno vedere gli eventi della vita, anche i più oscuri, in un modo nuovo e pieno di speranza.
Sembrava loro che tutto ciò che pesava sul loro cuore a poco a poco si sciogliesse. Ed è così che, arrivati a destinazione, con semplicità e serenità gli dissero: « Perché non ti fermi con noi? ». E’ molto bella questa richiesta, la richiesta di restare, di rimanere. Se ci pensate è ciò che avvenne, con inversione delle parti, all’inizio della vita pubblica di Gesù. Due discepoli lo seguono, egli si volta e dice loro: « Che cercate? » – gli dissero: « Maestro, dove abiti? » – egli rispose: « Venite e vedrete » – essi andarono, videro dove abitava e stettero con lui quella notte. Lo stare, il rimanere è il segno più eloquente della conoscenza. Capite ora l’importanza di stare davanti l’Eucaristia!

L’Eucaristia, fonte dell’annuncio
Ed è proprio l’Eucaristia la chiave di svolta di questi due uomini. Quando due persone si amano si parlano anche solo con uno sguardo, basta un segno, la comunicazione è immediata.
Di colpo balzarono in piedi, lasciano la cena a metà e corrono verso Gerusalemme. Quel Gesù che fu profeta, che speravano liberasse Israele, che è stato ucciso in croce era apparso loro, aveva camminato con loro e aveva spezzato per loro il pane.
Ecco l’insegnamento per noi oggi: balzare in piedi, lasciare la mensa, correre nel buio per gridare a tutti: « Il Signore è veramente risorto! Noi l’abbiamo visto ».
Gesù ha acceso il loro cuore ed essi non riescono più a contenere l’ardore: sentono il bisogno di comunicarlo agli altri. E’ fonte di commozione e di responsabilità sapere che Gesù chiede la nostra collaborazione per raggiungere gli altri uomini.

L’Eucaristia, alimento della comunità
L’adesione a Gesù esprime nell’adesione alla comunità cristiana e si alimenta nell’Eucaristia, senza della quale non esiste comunità. I due discepoli di Emmaus, dopo aver incontrato il Signore e dopo averlo riconosciuto nel segno del pane, ritornano a quella comunità che avevano abbandonato con il cuore pieno di tristezza. La vita comunitaria deve offrire il clima di fede e di carità, che sostiene la testimonianza insieme alla preghiera.
Chiedo a Gesù che lui stesso accompagni ciascuno di noi, come ha accompagnato i due discepoli di Emmaus, così anche noi, al termine del cammino, possiamo ripetere la loro preghiera: « Resta con noi perché si fa sera ».

Piste per la riflessione personale
Provo ad indicare alcune piste di riflessione per favorire l’ascolto e l’incontro con Gesù Risorto sulle strade della nostra « Emmaus ».
Trovo facile comunicare? Quali sono le situazioni che mi bloccano?
Riesco a fare del mio comunicare un dono per gli altri e a vedere nel dialogo con gli altri e nel loro ascolto un elemento essenziale della mia vita di fede?
Quali sono i miei punti di riferimento quando lo scoraggiamento, la delusione, la stanchezza hanno il sopravvento?
Riesco a stare in silenzio davanti all’Eucaristia? Cosa dico a Gesù e cosa Lui dice a me?
Riesco a stabilire un rapporto franco e sincero con gli altri? Sono diffidente? Dopo un litigio riesco a fare il primo passo per ricomporre l’amicizia?
Quale è il giudizio sulle mie relazioni all’interno della comunità parrocchiale? Mi sento capito, valorizzato? Riesco a valorizzare gli altri? Riesco a vedere negli altri quel qualcosa che manca a completare me stesso?
Riesco ad essere elemento di dialogo, di comunione? Sono capace di trasferire agli altri la gioia e l’entusiasmo di essere un vero « testimone del Risorto »? Quali sono gli ostacoli che incontro?
Cosa mi propongo per migliorare le relazioni in casa, a scuola, nel lavoro, in parrocchia?
Prego il Signore perché resti con me, illumini il mio cammino, mi apra gli occhi e il cuore alla Sua Parola, spezzi il pane per me?
Quale è il mio rapporto con il Sacramento della Riconciliazione?
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Preghiera conclusiva
«Signore Gesù, grazie perché ti sei fatto riconoscere nello spezzare il pane. Mentre stiamo correndo verso Gerusalemme e il fiato quasi ci manca per l’ansia di arrivare presto, il cuore ci batte forte per un motivo ben più profondo.
Dovremmo essere tristi, perché non sei più con noi. Eppure ci sentiamo felici. La nostra gioia e il nostro ritorno frettoloso a Gerusalemme, lasciando il pasto a metà sulla tavola, esprimono la certezza che tu ormai sei con noi.
Ci hai incrociati poche ore fa su questa stessa strada, stanchi e delusi. Non ci hai abbandonati a noi stessi e alla nostra disperazione. Ci hai smosso l’animo con i tuoi rimproveri. Ma soprattutto sei entrato dentro di noi. Ci hai svelato il segreto di Dio su di te, nascosto nelle pagine della Scrittura. Hai camminato con noi, come un amico paziente. Hai suggellato l’amicizia spezzando con noi il pane, hai acceso il nostro cuore perché riconoscessimo in te il Messia, il Salvatore di tutti.
Quando, sul far della sera, tu accennasti a proseguire il tuo cammino oltre Emmaus, noi ti pregammo di restare.
Ti rivolgeremo questa preghiera, spontanea e appassionata, infinite altre volte nella sera del nostro smarrimento, del nostro dolore, del nostro immenso desiderio di te. Ma ora comprendiamo che essa non raggiunge la verità ultima del nostro rapporto con te. Per questo non sappiamo diventare la tua presenza accanto ai fratelli.
Per questo, o Signore Gesù, ora ti chiediamo di aiutarci a restare sempre con te, ad aderire alla tua persona con tutto l’ardore del nostro cuore, ad assumerci con gioia la missione che tu ci affidi: continuare la tua presenza, essere vangelo della tua risurrezione.
Signore, Gerusalemme è ormai vicina. Abbiamo capito che essa non è più la città delle speranze fallite, della tomba desolante. Essa è la città della Cena, della Croce, della Pasqua, della suprema fedeltà dell’amore di Dio per l’uomo, della nuova fraternità. Da essa muoveremo lungo le strade di tutto il mondo per essere autentici « Testimoni del Risorto ». Amen»

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