Archive pour le 20 avril, 2011

Giovedì Santo

Giovedì Santo dans immagini sacre borras-last-supper

http://familyfeastandferia.wordpress.com/2009/04/07/holy-thursday-in-the-home/

Publié dans:immagini sacre |on 20 avril, 2011 |Pas de commentaires »

Giovedì Santo 2010 – Omelia del Patriarca Fouad : “Questo è il mio Corpo … Fate questo in memoria di Me” (Lc 22:19)

dal sito:

http://www.lpj.org/index.php?option=com_content&view=article&id=436:homelie-du-patriarche-fouad-pour-le-jeudi-saint&catid=35:homelies&Itemid=68&lang=it

Giovedì Santo 2010 – Omelia del Patriarca Fouad

“Questo è il mio Corpo … Fate questo in memoria di Me” (Lc 22:19)

Care sorelle, cari fratelli,

In questa Città Santa, nel Cenacolo, il Signore Gesù prese del pane e del vino. Cambiando la preghiera rituale, Egli proclamò che il suo Corpo, significato dal pane, sarebbe stato offerto per noi e che il suo Sangue, significato dal vino sarebbe stato sparso per noi e per la remissione dei peccati.
In qualità di Eterno Sommo Sacerdote, “secondo l’ordine di Melchisedek”, Egli offrì non un sacrificio animale, ma uno spirituale. La sua totale obbedienza al Padre, manifestata attraverso l’accettazione della morte in croce, sarebbe stata l’unico sacrificio della Nuova Alleanza. Nei racconti dei Vangeli e negli altri scritti del Nuovo Testamento il Sacerdozio di Gesù, annunciato nell’Ultima Cena, troverà il suo compimento sul Calvario, a pochi da questa tomba vuota, davanti alla quale ora ci troviamo.
Più che mai in quest’anno, proclamato il 19 giugno 2009 da Sua Santità il Papa Benedetto XVI “Anno Sacerdotale”, siamo sollecitati a riflettere sul Sacerdozio di Cristo, alla luce delle parole di Eb 5,1ss, e sul nostro sacerdozio. Nell’Antica Alleanza i sacerdoti, presi da una sola tribù, immolavano vittime nel Tempio. Il nostro Sommo Sacerdote “non ha chiesto sacrifici né olocausti”, ma ha offerto la sua stessa vita per noi. Gesù, come afferma S. Agostino, fu ed è “nello stesso tempo Sacerdote, Vittima e altare”. Allo stesso modo, a noi è donato e chiesto di ripetere il Suo gesto, offrendo, come Melchisedek, pane e vino. A noi è inoltre chiesto di proclamare in prima persona e a far sì che i nostri fedeli proclamino con noi “la Sua morte finchè Egli venga ogni volta che noi mangiamo questo pane e beviamo questo calice” (1 Cor 11,26).
Nella Lettera di indizione dell’Anno dei Sacerdoti il Santo Padre cita le parole di san Giovanni Maria Vianney: “Il sacerdozio è l’amore del Cuore di Gesù”, sottolineando che si tratta in primo luogo del Cuore trafitto sulla Croce. I sacerdoti della Nuova Alleanza, “vasi di creta”, consapevoli della loro debolezza, sanno di essere amici di Cristo e non suoi schiavi. Essi sono ministri di una Nuova Alleanza (2 Cor 3,6), che hanno ricevuto misericordia (2 Cor 4,1) e così possono servire Dio e il suo gregge con amore e non nella paura (1 Cor 4,1).
Il sacerdozio di Cristo, nonostante i nostri limiti umani, ci costituisce nella dignità di offrire noi stessi “in sacrificio vivente, santo e gradito a Dio”, espressione del nostro culto spirituale, cioè razionale (cfr Rm 12,1-2). Senza il sacerdozio, quindi, “non potremmo avere il Signore con noi”, secondo le parole del santo curato d’Ars! E il Papa drammaticamente aggiunge che “senza sacerdozio la passione e la morte di Cristo rimarrebbero per noi inaccessibili”, quasi un semplice ricordo di un passato lontano, senza alcuna attualità ed efficacia nelle nostre esistenze. Ecco invece che attraverso le parole della consacrazione trova compimento la profezia di Malachia (1,11): “Dall’oriente all’occidente il Nome del Signore è grande fra le genti e dovunque un sacrificio e un’oblazione pura è offerto al mio Nome”. Si, senza sacerdozio l’opera della Redenzione non continua e non ha alcuna efficacia.
In quest’anno, inoltre, la Chiesa deplora le debolezze, le deviazioni e gli abusi dei sacerdoti per i quali anche noi chiediamo perdono. Tali fatti spiacevoli provano che “noi abbiamo questo tesoro in vasi di argilla e che quest’autorità straordinaria viene da Dio e non da noi” (2 Cor 4,7). L’ammissione delle nostre debolezze, imperfezioni e limiti – come afferma il Santo Padre – costituisce il primo e più importante passo. La nostra confessione e umiltà offrono un buon esempio. Il perdono del Signore e la comprensione del gregge ci aiutano e ci incoraggiano ad essere “una cosa sola con Cristo”, ad essere “altri Cristi”.
Cari fratelli e sorelle, è in questa città di Gerusalemme che il Signore Gesù ha istituito il sacerdozio in vita del ministero della Nuova Alleanza, secondo lo Spirito e non secondo la lettera, insieme al sacerdozio regale di ogni battezzato, uomo e donna, secondo le parole della 1 Pt 2,9. Grazie al battesimo, infatti, noi tutti siamo sacerdoti, profeti e re, rigenerati nell’acqua e nello SpiritoSanto, come figli spirituali di questa nuova Gerusalemme, aperta a tutti i popoli (cfr Is 2,2-3;Sal 87[86],5). Questo sacerdozio regale abilita ogni fedele ad offrire al Signore il sacrificio di lode, la propria vita, le sofferenze e i meriti quali oblazione spirituale gradita a Dio.
Spiritualmente uniti a tutti i sacerdoti e religiosi del mondo, in comunione con i nostri sacerdoti, religiosi e religiose e con tutti i fedeli che non hanno potuto essere qui con noi oggi, ringraziamo il Signore per il dono del nostro sacerdozio e per il dono dell’Eucaristia. Ringraziamo anche per il privilegio di vivere in questi luoghi santi.
Rinnoviamo insieme la nostra alleanza con il Signore e il nostro amore per Lui. Questo rinnovamento esprime la nostra ferma volontà di rimanerGli fedele ogni giorno e per sempre e significa anche la continua protezione del Signore, perché è Lui il nostro Dio e noi siamo i suoi ministri e rappresentanti. In verità, noi lavoriamo per Lui, agiamo in Nome suo e per il bene del Suo popolo, riscattato dal suo sangue prezioso. Diciamo ancora “si”, ripetendo le promesse della nostra ordinazione sacerdotale e della nostra consacrazione.
Cari Sacerdoti e Religiosi, oggi è il vostro giorno. E’ la vostra festa. Gioiamo insieme nel Signore. “Haec est dies quam fecit Dominus: Exultemus et laetemur in ea”. Amen!

+ Fouad Twal, Patriarca

Giovedi Santo, 1 Aprile 2010

SANTA MESSA IN CENA DOMINI – OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II (1998)

dal sito:

http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/homilies/1998/documents/hf_jp-ii_hom_09041998_cenadomini_it.html

SANTA MESSA IN CENA DOMINI
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Giovedì Santo, 9 aprile 1998  

1. « Verbum caro, panem verum / Verbo carnem efficit… ».

« La parola del Signore / pane e vino trasformò: / pane in carne, vino in sangue, / in memoria consacrò. / Non i sensi, ma la fede prova questa verità ».

Queste poetiche espressioni di san Tommaso d’Aquino riassumono bene l’odierna Liturgia vespertina « in Cena Domini », e ci aiutano ad entrare nel cuore del mistero che celebriamo. Leggiamo nel Vangelo: « Gesù sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine » (Gv 13,1). Oggi è il giorno nel quale ricordiamo l’istituzione dell’Eucaristia, dono dell’amore e sorgente inesauribile di amore. In essa è scritto e radicato il nuovo comandamento: « Mandatum novum do vobis… »: « Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri » (Gv 13,34).
2. L’amore raggiunge il suo vertice nel dono che la persona fa di se stessa, senza riserve, a Dio ed ai fratelli. Lavando i piedi agli Apostoli, il Maestro propone loro un atteggiamento di servizio: « Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri » (Gv 13,13-14). Con questo gesto, Gesù rivela un tratto caratteristico della sua missione: « Io sto in mezzo a voi come colui che serve » (Lc 22,27). Vero discepolo di Cristo è, pertanto, solamente colui che «prende parte» alla sua vicenda, rendendosi come Lui sollecito nel servizio agli altri anche con sacrificio personale. Il servizio, infatti, cioè la cura delle necessità del prossimo, costituisce l’essenza di ogni potere ben ordinato: regnare significa servire. Il ministero sacerdotale, di cui oggi celebriamo e veneriamo l’istituzione, presuppone un atteggiamento di umile disponibilità, soprattutto verso i più bisognosi. Solo in questa luce possiamo cogliere appieno l’evento dell’ultima Cena, che stiamo commemorando.
3. Il Giovedì Santo è qualificato dalla Liturgia come «l’eucaristico oggi», giorno in cui « Gesù Cristo nostro Signore affidò ai suoi discepoli il mistero del suo Corpo e del suo Sangue, perché lo celebrassero in sua memoria » (Canone romano per il Giovedì Santo). Prima di essere immolato sulla Croce il Venerdì Santo, Egli istituì il Sacramento che perpetua questa sua offerta in tutti i tempi. In ogni Santa Messa, la Chiesa fa memoria di quell’evento storico decisivo. Con viva trepidazione il sacerdote si china all’altare sopra i doni eucaristici, per pronunciare le medesime parole dette da Cristo « nella notte in cui fu tradito ». Egli ripete sul pane: « Questo è il mio corpo, che è (dato) per voi » (1 Cor 11,24), e poi sul calice del vino: « Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue » (1 Cor 11,25). Da quel Giovedì Santo di quasi duemila anni or sono fino a questa sera, Giovedì Santo del 1998, la Chiesa vive mediante l’Eucaristia, si lascia plasmare dall’Eucaristia, e continua a celebrarla in attesa del ritorno del suo Signore.
Facciamo nostro, questa sera, l’invito di sant’Agostino: O Chiesa amatissima « manduca vitam, bibe vitam: habebis vitam, et integra est vita! »: « mangia la vita, bevi la vita: avrai la vita ed essa resterà intatta! » (Sermo CXXXI, I, 1).
4. « Pange, lingua, gloriosi / Corporis mysterium / Sanguinisque pretiosi… « . Adoriamo questo «mysterium fidei», di cui si nutre la Chiesa incessantemente. Si ridesti nei nostri cuori il senso vivo e trepido del sommo dono che è per noi l’Eucaristia.
E si ridesti la gratitudine, legata al riconoscimento del fatto che non vi è nulla in noi che non ci sia stato donato dal Padre di ogni misericordia (cfr 2 Cor 1,3). L’Eucaristia, il grande «mistero della fede», rimane innanzitutto e soprattutto un dono, qualcosa che abbiamo «ricevuto». Lo ribadisce san Paolo, introducendo il racconto dell’ultima Cena con queste parole: « Io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso » (1 Cor 11,23). La Chiesa l’ha ricevuto da Cristo e nel celebrare questo sacramento rende grazie al Padre celeste per quanto Egli in Gesù, suo Figlio, ha fatto per noi.
Accogliamo ad ogni celebrazione eucaristica questo dono sempre nuovo; lasciamo che il suo potere divino pervada i nostri cuori e li renda capaci di annunciare la morte del Signore nell’attesa della sua venuta. «Mysterium fidei» canta il sacerdote dopo la consacrazione; ed i fedeli rispondono: « Mortem tuam annuntiamus, Domine… « : « Annunziamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta ». La somma della fede pasquale della Chiesa è contenuta nell’Eucaristia.
Anche questa sera rendiamo grazie al Signore che ha istituito questo grande Sacramento. Noi lo celebriamo e lo riceviamo per trovare in esso la forza di avanzare sulla strada dell’esistenza attendendo il giorno del Signore. Allora saremo introdotti anche noi nella dimora dove Cristo, Sommo Sacerdote, è entrato mediante il sacrificio del suo Corpo e del suo Sangue.
5. « Ave, verum corpus, natum de Maria Virgine »: « Ave, vero corpo, nato da Maria Vergine », così prega quest’oggi la Chiesa. In questa « attesa della sua venuta », ci accompagni Maria, dalla quale Gesù ha preso il corpo, lo stesso corpo che questa sera condividiamo fraternamente nel banchetto eucaristico.

« Esto nobis praegustatum mortis in examine »: « Ci sia dato di pregustarti nel momento decisivo della morte « . Sì, prendici per mano, o Gesù eucaristico, in quell’ora suprema che ci introdurrà nella luce della tua eternità: « O Iesu dulcis! O Iesu pie! O Iesu, fili Mariae! »  

PUERI CANTORES SACRE' ... |
FIER D'ÊTRE CHRETIEN EN 2010 |
Annonce des évènements à ve... |
Unblog.fr | Annuaire | Signaler un abus | Vie et Bible
| Free Life
| elmuslima31