Archive pour le 4 avril, 2011

buona colazione

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http://oltreilcancello.wordpress.com/page/3/

Omelia per il 5 aprile 2011: La vera guarigione

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/14954.html

Omelia (24-03-2009)

Monaci Benedettini Silvestrini

La vera guarigione

Capita ai fedeli di ogni religione di riporre la loro speranza in segni e luoghi particolari, ove si ritiene che la presenza della divinità sia particolarmente segnata ed efficace. Al tempo di Gesù si radunavano intorno ad una piscina numerosi malati di ogni genere; questi quando l’acqua si agitava s’immergevano convinti che il primo di loro che scendeva veniva guarito dal suo male. Una sfida contro il tempo, una sfida tra poveri ed infermi. Uno di questi, malato da trentotto anni, isolato e senza speranza, che vedeva da sempre vanificato ogni tentativo di calarsi nella piscina, sempre battuto da qualcuno più sollecito, attira l’attenzione di Gesù. Su di lui egli vuole operare un “segno” che indichi a tutti la nuova acqua in cui tutti si possono immergere e tutti possono trovare la salvezza. Egli ne aveva parlato privatamente durante una della visite notturne che Nicodemo faceva al Signore. Rinascere nell’acqua e nello spirito è la novità del Cristo, è il sacramento del Battesimo e il nostro “passaggio”, la nostra pasqua. Anche una donna peccatrice aveva ascoltato e sperimentato il discorso di Gesù sulla nuova acqua, che purifica e rinnova. La salvezza ormai non è più solo un annuncio ed una promessa, ma è la realtà del Cristo che tutto rinnova, che si presenta all’umanità come l’unico salvatore del mondo. Ci sorprende ancore e ci irrita la grettezza mentale e la miopia spirituale dei Giudei, legati ancora ad un passato ormai deformato e logoro. Si appigliano ancora alla legge antica e alle minuziose prescrizioni della legge e mentre si scandalizzano che il malato guarito, obbedendo a Gesù, prenda sulle spalle il suo lettuccio in giorno di Sabato, non sono capaci di riflettere che proprio loro impongono sulle spalle della gente pesanti fardelli che loro non osano toccare neanche con un dito. Cristo ci ha liberati da tutti i pesi delle nostre infermità, ci ha liberati anche dal pesante fardello delle legge perché ci ha dato il comandamento nuovo dell’amore.

PESACH

PESACH dans immagini sacre haggada_346

http://giornaledibordo.leonardo.it/blog/cultura/pag1/cultura.html

Publié dans:immagini sacre |on 4 avril, 2011 |Pas de commentaires »

CENERE E FIAMMA (per la quaresima)

dal sito:

http://www.sacramentini.it/cenacolo_02_art.html

(IL CENACOLO)

n°2 Febbraio 2005 – ARTICOLI 
 
Ai lettori

CENERE E FIAMMA

Eccoci, una volta ancora sulle rive della quaresima dove il fuoco ha consumato le braci e la cenere, oscura come i giorni d’inverno, è venuta a segnare le nostre fronti.
La strade di città sono grigie e fredde come un tizzone spento. L’usura dei nostri passi continua a segnare con orme inconsistenti le ore senza aurora… L’inverno, senza avvertire, si è attardato. Un vento ghiacciato si insinua nelle nostre anime per meglio intorpidirle.
E la Chiesa che vuole riscaldarci non ha trovato di meglio che un pizzico di cenere sopra la nostra fronte! Noi che, nei pochi istanti di fragile speranza che ci sono concessi ci consideriamo figli e figlie di Re, eccoci improvvisamente ridiventati un soffio di polvere. Chi è, dunque, questo Dio che ci trascina verso l’alto e che, con lo stesso gesto, ci ricorda la nostra fragilità?
La cenere d’inizio quaresima è come il sangue sugli architravi dell’Esodo, come le briciole sparse d’un pane senza sale e senza lievito, come un’erba amara, un ramoscello disseccato dal sole che già annunciano il nostro cammino nel deserto.
È lì, nel deserto, che come in un lago si rispecchia la nostra immagine. È lì che nell’orizzonte abbracciato dal nostro sguardo, tutte le nostre cecità vengono svelate. Cenere: scottatura di un fuoco spento, ferita viva sulla fronte di un viso non ancora trasfigurato, segno impalpabile dell’eterna Presenza, scintilla di tutti i nostri incendi.
Quaresima? Improvvisa scoperta che la casa è vuota, o così poco abitata. Dio in noi, ma noi talmente lontani da noi! Quaresima? La nostra fede che vacilla come un mucchio di cenere, come una croce consumata, come un albero secco. Quaresima? Un istante di verità dove, in noi, il desiderio misura subito le sue fatiche. E noi, carichi delle nostre povere incredulità, ci mettiamo in cammino verso quel Dio che ci attende nel deserto, per rifare alleanza, per parlare al cuore che ha dimenticato la sua giovinezza.
Quaresima? Quaranta gioni di fuoco per ammettere che il mio «io» è fragile e che ha bisogno di un «Altro»; per ritrovare albe di preghiera che, sole, ci potranno rimettere in moto. Quaranta giorni per avere fame e sete dell’indicibile forza che, nel mattino di Pasqua, verrà a fendere le acque oscure della morte.
L’apostolo che cadde da cavallo sulla via di Damasco e perdette per un poco la vista, si fece, più tardi profeta: «La potenza di Dio si manifesta nella debolezza»… Contro ogni logica, la brace e il fuoco possono nascere dalla cenere.
Andiamo risolutamente, gioiosamente, verso le aridità feconde di una Quaresima interiore con questa certezza: nonostante le nostre lontananze, Dio verrà a cercarci e ci trasformerà in fiamma d’amore. 

A Pasqua… Cordialmente!

p.v.

Publié dans:quaresima |on 4 avril, 2011 |Pas de commentaires »

ARTE SACRA E SPIRITUALITÀ

dal sito:

http://www.zenit.org/article-26195?l=italian

ARTE SACRA E SPIRITUALITÀ

di Rodolfo Papa*

CITTA’ DEL VATICANO, lunedì, 4 aprile 2011 (ZENIT.org).- L’arte sacra è, per chi la effettua e per chi la sa fruire, un luogo di esperienza spirituale. Se riflettiamo su molte tradizioni, quali la figura di san Luca come ritrattista di Maria, la figura di Nicodemo quale primo scultore cristiano, autore del ligneo Crocifisso miracoloso di Beirut, dal quale si originò la tipologia dei crocifissi detti del “Volto Santo”, come quello di Lucca, l’immagine del volto di Cristo impressa sul lenzuolo detto della Veronica, e poi ancora il Mandylion, si tratta in tutti questi casi di esperienze di incontro. L’arte sacra vuole trovare la propria fondazione nella visione del Volto Amato, in una personale esperienza vissuta.
L’arte sacra, l’arte al servizio della Chiesa, compie, infatti, una sublime mediazione tra l’invisibile e il visibile, tra il divino messaggio e il linguaggio artistico. La spiritualità cristiana non può mai prescindere dalla concretezza della visione del volto di Cristo: il vedere e il rappresentare sono, dunque, strumenti di «crescita spirituale».
La spiritualità cristiana, soprattutto nel XV secolo e in particolare in area domenicana, si nutre della pratica delle rappresentazioni interiori, ossia della sovrapposizione dei luoghi della propria vita con i luoghi della vita di Cristo, come è esemplificato nel convento domenicano di San Marco, a Firenze, dove ogni cella possiede un’immagine affrescata per la meditazione personale dei frati, e come è attestato da una vastissima letteratura devozionale. Qualche esempio, di varia provenienza geografica e spirituale: il Catholicon (1286) di Giovanni da Genova, il Zardino de Oration scritto nel 1454 stampato a Venezia nel 1494, i sermoni di fra Michele da Carcano (1427-1484), le sacre rappresentazioni di Castellano Castellani (1461-1519), gli scritti di San Bernardino da Siena (1380-1444), fino, ovviamente, agli Esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola (1491-1556).
Un significativo dipinto di Memling, conservato nella Galleria Sabauda a Torino, offre il tema della Passione rappresentato scena per scena in un’unica tela. I committenti inginocchiati ai lati di una Gerusalemme “ficta”, contemplano i sacri misteri, come di fronte a un “tableau vivant” nel quale essi stessi, testimoni, sono inseriti. Si tratta di una importante testimonianza di come l’arte sia immagine e sostegno di una esperienza contemplativa.
Per l’importanza dell’immagine, con acume mistico il cardinale Gabriele Paleotti temeva la tentazione diabolica, e nel 1582 nel Discorso intorno alle immagini sacre e profane, scrive: «Ma la malizia del demonio, nemico di ogni virtù, è così perversa e inveterata che, dal momento che non riesce ad eliminare l’uso lodevole e santo delle immagini, fa in modo che si operino abusi su di esse e se ne vanifichi quindi il valore. […]Una città si perde più per un trattato che con un assedio, e per questo il demonio, abbandonato l’assedio con cui voleva eliminare le immagini, sta preparando un trattato: farcele corrompere e riempire di abusi». Numerosi mistici ricevono in visione anche l’incarico di dare immagine a quanto hanno visto, pensiamo all’iconografia del Sacro Cuore o a quella di Gesù Divina Misericordia, debitori di rivelazioni che cercano in modo inesauribile di diventare immagini artistiche.
Vorrei soffermarmi un po’ sulla straordinaria esperienza mistica di santa Margherita Maria Alacoque, vissuta tra il 1647 e il 1690 in Francia, appartenente all’ordine della Visitazione, fondato da san Francesco di Sales. Nella storia della sua vita, scritta per obbedienza al beato Claudio La Colombiére, suo padre spirituale per un certo periodo di tempo, troviamo tantissimi elementi per una riflessione sulla spiritualità della pittura.
Innanzitutto, la santa narra un semplice episodio in cui è un ritratto di san Francesco di Sales a renderle presente il santo stesso: «Una volta, guardando un quadro del santissimo Francesco di Sales, mi parve che mi volgesse uno sguardo paternamente amoroso, chiamandomi figlia, e così cominciai a considerarlo mio padre» (n. 27).
Inoltre, riferisce una straordinaria analogia tra l’anima e la tela del pittore: «Quando pregai la maestra delle novizie di insegnarmi l’orazione […] mi disse per la prima volta: ‘Va’ a metterti di fronte al Signore come una tela in attesa del pittore’. Avrei voluto che mi spiegasse cosa intendeva dire, perché non capivo, anche se non osavo dirglielo, ma mi fu detto: ‘Vieni, te lo insegnerò io’. E non appena fui in preghiera, il mio sovrano Maestro mi mostrò che la mia anima era una tela in attesa, sulla quale Lui voleva dipingere tutti i tratti della sua vita dolorosa, spesa interamente nell’amore e nella privazione, nella separazione, nel silenzio e nel sacrificio, nella sua consumazione. Vi avrebbe dipinto tutto questo, dopo averla pulita di tutte le macchie che vi restavano, sia dell’attrazione per le cose terrene sia dell’amore per me stessa e per gli uomini, cui il mio carattere tendeva ancora molto» (n. 36).
Il Signore la ammaestra poi mostrandole dei quadri; per esempio le fa vedere il quadro delle sue miserie (n. 62); oppure le chiede di scegliere tra «il quadro della vita più felice che si possa immaginare per un anima religiosa, tutta immersa nella pace, nelle consolazioni interiori ed esteriori, di una perfetta santità, unita al plauso e alla stima degli uomini e con altre cose grate alla natura» e «un altro quadro di una vita completamente povera e abietta, sempre crocifissa da ogni sorta di umiliazioni, disprezzo e contrasti, sempre sofferente nel corpo e nello spirito» (n. 66) ed infine «presentandomi il quadro della crocifissione, disse: ‘Ecco quello che ho scelto per te e quello che più mi è gradito, sia per il compimento dei miei disegni, sia per renderti conforme a me. L’altra è una vita di godimento e non di merito; è la vita eterna’. Accettai dunque questo quadro di morte e crocifissione, baciando la mano di colui che me lo presentava. Sebbene la mia natura fremesse, lo abbracciai con tutto l’affetto di cui il mio cuore era capace, stringendomelo al petto, e lo sentii così fortemente impresso in me, che mi pareva di essere un composto di tutto quanto vi avevo visto raffigurato» (n. 66).
La santa è depositaria di una straordinaria esperienza relativa al Cuore di Gesù, fondata nel testo giovanneo del costato trafitto. Gesù le si mostra con il cuore infiammato (53), come un sole sfolgorante, come una fornace ardente (55) e la santa per far sbocciare la devozione al sacro Cuore occasiona la prima immagine di devozione al Sacro Cuore: «Non trovavo ancora alcun mezzo per far sbocciare la devozione al sacro Cuore, che per me era come l’aria che respiravo; ed ecco la prima occasione che la sua bontà mi forni. Santa Margherita cadeva di venerdì e io pregai le novizie, di cui mi occupavo in quel periodo, che tutti i piccoli omaggi che avevano in mente di farmi in occasione della mia festa, li facessero al sacro Cuore di Nostro Signore Gesù Cristo. Lo fecero assai volentieri, preparando un piccolo altare, sul quale posero una piccola immagine di carta disegnata a penna cui tributammo tutti gli omaggi che quel Cuore divino ci suggerì» (n. 94).
Infine, il grande santo del XX secolo, padre Pio disse: «Per la scienza si parte dalla terra, per la fede bisogna partire dal cielo e per l’arte bisogna volare fra terra e cielo» (mese mariano 1976). Con linguaggio semplice e profondissimo, padre Pio asserisce esattamente che l’arte si dà come medio tra ratio e Fides, ovvero come un volo fra cielo e terra. Questo volo può suscitare slanci verso il Paradiso, e solo per questo esiste.
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* Rodolfo Papa è storico dell’arte, docente di storia delle teorie estetiche presso la Facoltà di Filosofia della Pontificia Università Urbaniana, Roma; presidente della Accademia Urbana delle Arti. Pittore, membro ordinario della Pontificia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon. Autore di cicli pittorici di arte sacra in diverse basiliche e cattedrali. Si interessa di questioni iconologiche relative all’arte rinascimentale e barocca, su cui ha scritto monografie e saggi; specialista di Leonardo e Caravaggio, collabora con numerose riviste; tiene dal 2000 una rubrica settimanale di storia dell’arte cristiana alla Radio Vaticana.
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