Archive pour le 2 avril, 2011

Guerissant les aveugles

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http://www.artbible.net/Jesuschrist_fr.html

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preghiera per la quaresima – Giovanni Paolo II

dal sito:

http://www.parrocchia-cambiano.it/riflessioni_preghiere_12.php

preghiera per la quaresima

(Giovanni Paolo II)

Noi ti adoriamo, Cristo Gesù.
Ci mettiamo in ginocchio
e non troviamo parole sufficienti
per esprimere quel che proviamo
davanti alla tua morte in croce.
Noi desideriamo, o Cristo,
gridare oggi verso la tua misericordia
più grande di ogni forza e potenza
alla quale possa appoggiarsi l’uomo.
La potenza del tuo amore
si dimostri ancora una volta più grande
del male che ci minaccia.
Si dimostri più grande dei molteplici peccati
che si arrogano in forma sempre più assoluta
la cittadinanza nella vita degli uomini.

Omelia, IV Domenica di Quaresima, 3 aprile 2011: Vedere la vita con gli occhi di Dio

 dal sito:

http://www.zenit.org/article-26161?l=italian

QUARESIMA: VEDERE LA VITA CON GLI OCCHI DI DIO

IV Domenica di Quaresima, 3 aprile 2011

di padre Angelo del Favero*

ROMA, venerdì, 1° aprile 2011 (ZENIT.org).- Il Signore disse a Samuele:“Fino a quando piangerai su Saul, mentre io l’ho ripudiato perché non regni su Israele? Riempi d’olio il tuo corno e parti. Ti mando da Iesse, il Betlemmita, perché mi sono scelto tra i suoi figli un re”.(…) Quando furono entrati, egli vide Eliab e disse: “Certo, davanti al Signore sta il suo consacrato!”. Il Signore replicò a Samuele: “Non guardare al suo aspetto, né alla sua alta statura. Io l’ho scartato perché non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore”. Iesse fece passare davanti a Samuele i suoi sette figli e Samuele ripeté a Iesse: “Il Signore non ha scelto nessuno di questi”. Samuele chiese a Iesse: “Sono qui tutti i giovani?”. Rispose Iesse: “Rimane ancora il più piccolo che ora sta a pascolare il gregge”. Samuele disse a Iesse: “Manda a prenderlo, perché non ci metteremo a tavola prima che egli sia venuto qui”. Lo mandò a chiamare e lo fece venire. Era fulvo, con begli occhi e bello di aspetto. Disse il Signore: “Alzati e ungilo: è lui!” Samuele prese il corno dell’olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli, e lo spirito del Signore irruppe su Davide da quel giorno in poi. Samuele si alzò e andò a Rama (1 Sam 16,1.4.6-7.10-13).
Passando vide un uomo cieco dalla nascita..e gli disse: “Va’ a lavarti nella piscina di Siloe. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. (…) Gli disse Gesù: “Tu, credi nel Figlio dell’uomo?”. Egli rispose: “E chi è, Signore, perché io creda in lui?”. Gli disse Gesù: “Lo hai visto: è colui che parla con te”. Ed egli disse: “Credo, Signore!”. E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: “E’ per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano, e quelli che vedono diventino ciechi” (Gv 9,1-41).
Nella prima Lettura di questa IV Domenica di Quaresima è singolare che, dopo l’affermazione divina: “Io l’ho scartato perché non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore”, la Scrittura si fermi a descrivere proprio l’apparenza di Davide: “..il più piccolo.. fulvo, con begli occhi e bello di aspetto” (1Sam 16,11.12).
Come interpretare questa apparente incongruenza? Ecco un’autorevole risposta: “La descrizione sottolinea che (Davide) non è adatto ad essere re. Saul fu eletto perché “superava dalle spalle in su” tutti gli uomini di Israele (cf 1Sam 9,2). Il re, allora, era soprattutto il capo guerriero. Davide, quindi, fulvo e di gentile aspetto, non può diventare un uomo d’armi e andare in guerra; non può essere messo a capo del popolo, non ha lo sguardo di fuoco, non è un dominatore. E’ un buon amico, un semplice, ma è amato dal Signore. La prima componente della vocazione è la pura benevolenza di Dio” (C. M. Martini, Davide, peccatore e credente, p. 21).
Dunque colui che non era adatto ad essere re (secondo i canoni umani soddisfatti dalle figure imponenti di Saul e di Eliab), Dio lo consacra e lo fa divenire non solo il più grande re d’Israele, ma profezia viva di Cristo, il Re dei re. Certo è stata la pura e gratuita benevolenza di Dio a scegliere Davide, tuttavia tale preferenza sembra essere stata favorita dalla bellezza del suo “aspetto”, una bellezza che si chiama umiltà: “Con Saul, si pensava ancora che la regalità equivalesse a vincere sempre, ad avere sempre ragione, a non umiliarsi mai, ad avere un destino già fissato nella gloria. Con Davide, si comprende che la regalità può andare insieme all’umiltà, e questa coscienza la ritroveremo nei profeti, particolarmente in Sofonia e Zaccaria: “Esulta grandemente figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile cavalca un asino, un puledro figlio d’asina” (Zc 9,9).” (C. M. Martini, idem, pp. 163-164).
Il canto del Magnificat esprime mirabilmente il giubilo dell’umile Maria, la “figlia di Sion”: in Lei e per Lei si compiono le profezie sulla venuta del re-Messia: certo, passeranno trentatre anni prima che il Signore entri in Gerusalemme sopra un asino tra palme festanti (Mc 11,2), ma la sua venuta nell’umiltà della carne è un evento già in atto sin dal concepimento verginale di Gesù nel suo grembo (Gv 1,14 ed Eb 10,7: “Allora ho detto: “Ecco, io vengo…per fare, o Dio, la tua volontà”).
Che Dio non scelga in base all’apparenza (“gli occhi”, per la Bibbia), ma in base alla verità interiore della persona (“il cuore”), lo riconosciamo facilmente in tutti quei piccoli, deboli ed emarginati di cui Egli si è servito e si serve da sempre per “spiegare la potenza del suo braccio, disperdere i superbi nei pensieri del loro cuore, rovesciare i potenti dai troni” (Lc 1,51-52a).
Perciò il credente è grandemente confortato dalla storia della salvezza, la quale dimostra puntualmente che le sorti del Regno, grazie a Dio, dipendono più dalla debolezza che dalla forza degli strumenti da Lui scelti, come sarà il caso del piccolo Davide di fronte a Golia.
La maggioranza degli uomini potrebbe tuttavia pensare che il criterio divino della scelta del più piccolo non li riguarda, dato il fatto che pochi sono i chiamati ad una vocazione particolare come quella di Davide o di altre figure storiche (pensiamo alla vita e all’opera di Madre Teresa), mentre la maggior parte della gente conduce un’esistenza ordinaria, non di rado succube delle ingiustizie di quei superbi e potenti che troppo spesso rimangono saldi al loro posto.
Eppure l’affermazione della “pura benevolenza di Dio” quale “prima componente” della vocazione, è valida e vera per ogni uomo, dal momento che il dono stesso della vita, segno e prova dell’amore del Creatore, non solo è il presupposto di ogni vocazione, ma ha inscritto nel suo DNA spirituale uno speciale progetto di eterna felicità. Infatti: “L’amore di Dio non fa differenza fra il neoconcepito ancora nel grembo di sua madre, e il bambino, o il giovane, o l’uomo maturo o l’anziano. Non fa differenza perché in ognuno di essi vede l’impronta della propria immagine e somiglianza…Per questo il Magistero della Chiesa ha costantemente proclamato il carattere sacro e inviolabile di ogni vita umana, dal suo concepimento sino alla sua fine naturale” (Istruzione Dignitas personae, n. 16).
Queste stupende parole oggi vengono confermate da Dio stesso: “..infatti l’uomo guarda l’apparenza, ma il Signore guarda il cuore”. Tra il concepito di un giorno e il morente di cent’anni non c’è differenza agli occhi di Dio: entrambi sono e saranno in eterno persone che Egli ha creato ad immagine del suo Figlio diletto (Gen 1,27).
Quando, non senza grande fatica, si assume il punto di vista di Dio anche riguardo ai fatti più drammatici (nella mia parrocchia, una giovane di 19 anni da tre settimane si ritrova di colpo nelle condizioni di Eluana), la luce della fede può brillare così intensamente da convincere ancor più che ogni essere umano “possiede una vocazione eterna ed è chiamato a condividere l’amore trinitario del Dio vivente..amore sconfinato e quasi incomprensibile per l’uomo, che rivela fino a che punto la persona umana sia degna di essere amata in se stessa, indipendentemente da qualsiasi altra considerazione –intelligenza, bellezza, salute, giovinezza, integrità e così via” (Istruzione Dignitas personae, n. 8).
Questo sguardo sulla verità divina della vita umana, è la luce stessa della fede, necessaria ad ogni uomo per capire se stesso. Tutti gli uomini, infatti, sono “ciechi dalla nascita”, poiché l’intelligenza della sola ragione non consente, senza la fede, di riconoscere la piena verità della vita umana, rivelata dal Figlio di Dio venuto ad abitare in mezzo a noi: “Io sono venuto in questo mondo perché coloro che non vedono, vedano..” (Gv 9,39a).
Gesù conclude questa sua affermazione luminosa in maniera oscura aggiungendo: “..e quelli che vedono diventino ciechi” (9,39b). Significa che la condizione necessaria per riconoscere la verità integrale della vita, (non solo nei termini del suo valore assoluto, intangibile e mai negoziabile, ma anche a riguardo della condotta morale insegnata dal Magistero) è l’umiltà del cuore, rappresentata oggi nel piccolo Davide. Ogni bambino possiede per natura tale umiltà, ma, diventato adulto, la perde se non rinuncia all’atteggiamento orgoglioso dell’autosufficienza intellettuale. Accade, in tal caso, che l’io finisca per accecare se stesso, presumendo (sia pure in “buona fede”) di possedere un discernimento migliore di quello della Chiesa, Maestra della Verità. Se così non fosse, ad esempio, non si cederebbe alla tentazione della polemica pubblica contro le indicazioni del Magistero sulle questioni più rilevanti in tema di bioetica.

———
* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E’ diventato carmelitano nel 1987. E’ stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.

QUARTA SETTIMANA DI QUARESIMA; SANT’AGOSTINO: CRISTO « LUCE DEL MONDO »

dal sito:

http://www.augustinus.it/varie/quaresima/settimana_4.htm

QUARTA SETTIMANA DI QUARESIMA:

SANT’AGOSTINO

CRISTO « LUCE DEL MONDO »
 
Gesù parlò loro: « Io sono la luce del mondo
chi segue me, non camminerà nelle tenebre,
ma avrà la luce della vita ». (Gv 8, 12)

PER DOMENICA 3 APRILE 2011

INTRODUZIONE
Riacquistare la vista per il cieco nato è il segno di un’ulteriore guarigione, la salvezza dell’uomo segnata da un progressivo itinerario di fede. L’incontro casuale con il profeta Gesù (Gv 9, 17) si tramuta nella conoscenza e nell’adorazione del Signore Gesù (Gv 9, 34-38). E’ questo il percorso di ogni battezzato, che libera il suo cuore da ogni incrostazione che offusca la sua natura di figlio di Dio. Giocando sul senso della parola Siloe, che significa Inviato, Agostino ricorderà che se Cristo non si fosse presentato come l’Inviato (missus) dal Padre, l’uomo non sarebbe stato disviato (di-missus) dal peccato, cioè perdonato.

DAI « DISCORSI »DI SANT’AGOSTINO, VESCOVO (Sermo 136/C, 1-3.5)

Vedere la luce di Dio
Le opere proprie di Cristo Signore, quelle che allora egli compì nei corpi, compie ora nei cuori. Sebbene non cessi affatto di operare anche in molti corpi, tuttavia nei cuori la sua azione è superiore. Se indubbiamente è gran cosa la vista della luce del cielo, quanto è più grande vedere la luce di Dio! A questo fine infatti sono risanati gli occhi del cuore, a questo vengono aperti, a questo sono purificati, affinché vedano la luce, che è Dio. Infatti Dio è luce, afferma la Scrittura, e in lui non ci sono tenebre (1Gv 1, 5); e il Signore nel Vangelo: Beati i puri di cuore perché vedranno Dio (Mt 5, 8). Perciò noi che restiamo ammirati che questo cieco ora vede, con tutte le nostre forze, di cui Dio stesso ci fa dono, perseveriamo nella preghiera affinché i nostri cuori siano risanati ed anche purificati. A che giova infatti essere stati resi mondi dai peccati nel fonte battesimale e subito dopo tornare a macchiarsi con perfidi costumi?
Il compiersi progressivo di quest’opera del Signore, per la quale il cieco ebbe la luce degli occhi, induce a intravedere qualcosa di grande e di essenziale. Evidentemente il Signore Gesù Cristo poteva – e chi è che può dire: Non poteva? – toccargli gli occhi senza l’impasto di saliva e di fango, e subito rendergli, o piuttosto, dargli la vista. Poteva farlo. Che dovrei dire: Se avesse toccato? Che cosa egli non poteva fare con la parola se lo avesse voluto? Mediante la parola che cosa è impossibile alla Parola, non ad una parola qualsiasi, ma a quella che in principio era il Verbo, e il Verbo era Dio. Questo Verbo in principio Dio presso Dio si fece carne per abitare in mezzo a noi (Gv 1, 1-2.14). […] Seguì perciò, nel curare questo cieco nato, nel quale era figurato il genere umano, nato cieco; seguì perciò anche il Signore un procedere graduale in quest’uomo da illuminare. Sputò in terra e fece del fango, poi con quello intriso di saliva spalmò gli occhi di lui.
Ma considera dove fu inviato a lavarsi il volto. Alla piscina di Siloe. Che significa « Siloe »? Opportunamente non lo tacque l’Evangelista: che significa « inviato » (Gv 9, 7). Chi è l’inviato se non colui del quale è detto: Ecco l’Agnello di Dio? In lui stesso viene lavato il volto e chi era stato spalmato vede, perché in Cristo Signore si realizzò ogni profezia. Chi non conosce Cristo procede impedito nella vista. Ma tale procedere graduale usato prima sugli occhi di quest’uomo, ebbe seguito anche nel cuore di lui. Ponete attenzione al modo di condurre l’interrogatorio da parte dei Giudei: Tu che dici di quest’uomo? Dico – rispose – che è un profeta (Gv 9, 17). Non aveva ancora lavato in Siloe gli occhi del cuore. Gli occhi in realtà erano già aperti, ma il cuore era ancora impedito. Quando aveva lavato il volto, rispose come poté, in quanto aveva il cuore impedito, non era ancora vedente. Dette ragione e di avere l’impasto – l’aveva cioè il suo cuore – e, invece, di aver avuto già aperti gli occhi del corpo.
Cerchiamo costui che ha già gli occhi aperti, tuttavia ha la vista del cuore ancora impedita. Pieni di sdegno i Giudei, vinti e per di più smascherati, furenti e accecati contro di lui che vedeva, lo cacciarono fuori. Nel momento in cui lo cacciarono fuori, allora entrò là, da dove i Giudei presenti nella casa di Dio non lo avrebbero potuto cacciare fuori. Quindi, cacciato fuori, trovò nel tempio il Signore che gli parlò – certamente era conosciuto da chi gli aveva reso la vista del corpo, restando coperto il cuore. Ora ha la vista del cuore, ora va a Siloe, perché ora riconosce l’Unigenito inviato -. Tu credi – dice – nel Figlio di Dio? E quello: Chi è, Signore, perché io creda in lui? Come impedito, non ancora vedente. E il Signore: Lo hai visto e colui che parla con te è proprio lui. L’ascolto di queste parole equivale a lavare il volto del cuore. Finalmente quello, lavato già il volto, con la vista del cuore disse: Credo, Signore, e gli si prostrò innanzi, e lo adorò (Gv 9, 34-38). 

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