Archive pour décembre, 2010

Angelico: King David Playin a Psaltery

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http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Angelico,_re_david_su_un_salterio,_museo_di_san_marco.jpg

Publié dans:immagini sacre |on 29 décembre, 2010 |Pas de commentaires »

Noi ti lodiamo, Dio * ti proclamiamo Signore. …

la grafica non è perfetta, ma non volevo modificare troppo l’originale, dal sito:

http://www.zammerumaskil.com/liturgia/sussidi/te-deum.html

Noi ti lodiamo, Dio  *  ti proclamiamo  Signore.
O eterno Padre, * 
tutta la terra ti adora.
 
A te cantano gli angeli *  e tutte le potenze dei cieli:
Santo +,

Santo +,

Santo il Signore Dio dell’universo.
 
I cieli e la terra * 
sono pieni della tua gloria.
Ti acclama il coro degli apostoli *  e la candida schiera dei martiri;
 
le voci dei profeti si uniscono nella tua lode; *
la santa Chiesa proclama la tua gloria,
adora il tuo unico figlio, * e lo Spirito Santo Paraclito.
 
O Cristo, re della gloria, * 
eterno Figlio del Padre,
tu nascesti dalla Vergine Madre *  per la salvezza dell’uomo.
 
Vincitore della morte, *
hai aperto ai credenti il regno dei cieli.
Tu siedi alla destra di Dio, nella gloria del Padre. * Verrai a giudicare il mondo alla fine dei tempi.
 
Soccorri i tuoi figli, Signore, *
che hai redento col tuo sangue prezioso.
Accoglici nella tua gloria * nell’assemblea dei santi.
 
Salva il tuo popolo, Signore, *
guida e proteggi i tuoi figli.
Ogni giorno ti benediciamo, * lodiamo il tuo nome per sempre.
 
Degnati oggi, Signore, * 
di custodirci senza peccato.
Sia sempre con noi la tua misericordia: *  in te abbiamo sperato.
 
Pietà di noi, Signore, * 
pietà di noi.

Tutti:  Tu sei la nostra speranza, *  non saremo confusi in eterno.
———————————————————

 Note sul Te Deum   – fonte dalla rete

L’inno Te Deum laudamus, con cui tradizionalmente ringraziamo il Signore Dio dei benefici da Lui ricevuti, pure se detto « inno ambrosiano », è una composizione poetica adesso attribuita con certezza a Niceta di Remesiana, intorno all’anno 400.Originariamente si rivolgeva a Cristo Dio e Signore: « Te (o Cristo) noi lodiamo Dio! Te (o Cristo) noi professiamo Signore! ». Successivamente, con l’attenuarsi delle eresie sulla Persona Divina e sulla Divina Signoria di Gesù, poco alla volta la pietà cristiana lo ha indirizzato al Padre e al Figlio e allo Spirito; infatti, con questa qualificazione trinitaria noi lo abbiamo recepito e a nostra volta lo trasmettiamo.Nella Chiesa cattolica il Te Deum è legato alle cerimonie di ringraziamento; viene tradizionalmente cantato la sera del 31 dicembre, per ringraziare dell’anno appena trascorso, oppure nella Cappella Sistina ad avvenuta elezione del nuovo pontefice, prima che si sciolga il conclave.Nella Liturgia delle Ore trova il suo posto nell’Ufficio delle letture, nelle solennità e nelle feste, in tutte le domeniche, nei giorni fra l’ottava di Natale e quelli fra l’ottava di Pasqua. Diversi autori si contendono la paternità testo. Tradizionalmente veniva attribuito a san Cipriano di Cartagine oppure, secondo una leggenda dell’VIII secolo, si è sostenuto che fosse stato composto a due mani da sant’Ambrogio e da sant’Agostino il giorno di battesimo di quest’ultimo, avvenuto a Milano nel 386, per questo è stato chiamato anche inno ambrosiano.Oggi gli specialisti attribuiscono la redazione finale a Niceta, vescovo di Remesiana (oggi Bela Palanka) alla fine del IV secolo.Dall’analisi letteraria, l’inno si può dividere in tre parti.•          La prima, fino a Paraclitum Spiritum, è una lode trinitaria indirizzata al Padre. Letterariamente è molto simile ad un’anafora eucaristica, contenendo il triplice Sanctus.•          La seconda parte, da Tu rex gloriæ a sanguine redemisti, è una lode a Cristo Redentore.•          L’ultima, da Salvum fac, è un seguito di suppliche e di versetti tratti dal libro dei salmi. La sua recitazione è facoltativa. Solitamente viene cantato a cori alterni : Sacerdote o celebrante e il popolo.

Publié dans:Inni, liturgia |on 29 décembre, 2010 |Pas de commentaires »

Il Natale nella poesia liturgica di Romano il Melode

dal sito:

http://tuespetrus.wordpress.com/2008/12/24/il-natale-nella-poesia-liturgica-di-romano-il-melode/

Il Natale nella poesia liturgica di Romano il Melode

24 dicembre 2008

di redazionedi Manuel Nin

Le tradizioni liturgiche orientali, molto spesso con forme letterarie belle e nello stesso tempo contrastanti, ci propongono la contemplazione del mistero della nostra fede. Romano il Melode, teologo e poeta bizantino del vi secolo, nel suo primo kontàkion (poema a uso liturgico) come ritornello ripete le parole “nuovo bambino, il Dio prima dei secoli” che riassumono il mistero celebrato:  il Dio eterno, esistente prima dei secoli, diventa nuovo nel bambino neonato. La tradizione bizantina, celebrando la “nascita secondo la carne del Dio e salvatore nostro Gesù Cristo” accosta, sia nell’iconografia che nell’eucologia, la celebrazione del Natale a quella della Pasqua. L’icona del Natale nel bambino fasciato messo in un sepolcro vuole prefigurare già il sepolcro dove il Signore, di nuovo fasciato, verrà messo il Venerdì Santo per risuscitarne glorioso all’alba di Pasqua. I testi della liturgia con immagini molto profonde e vivaci ci propongono così tutto il mistero della nostra salvezza.
Nelle settimane precedenti il Natale, senza un vero e proprio periodo corrispondente all’Avvento delle tradizioni latine, la liturgia bizantina in bellissimi tropari ci ha fatto pregustare tutto il mistero dell’Incarnazione:  l’attesa fiduciosa e la povertà della grotta, prefigurazione della miseria dell’umanità che accoglie il Verbo di Dio; e ancora, tutta la serie di figure e personaggi che si affacciano nella vita liturgica di questi giorni:  i profeti Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Daniele e i Tre Fanciulli; Betlemme, quasi personificata e collegata con l’Eden; Isaia che si rallegra, Maria, la Madre di Dio presentata come “agnella”, cioè colei che porta in seno Cristo, l’Agnello di Dio; infine, nelle due domeniche che precedono il Natale, i Progenitori di Dio da Adamo fino a Giuseppe, cioè la lunga serie di figure che hanno atteso il Cristo e che ci ricordano il fatto che anche noi siamo parte di una storia e di una umanità che l’accolgono nella veglia fiduciosa, ma anche nel buio, nel dubbio e nel peccato.
Nel secondo dei kontàkia Romano il Melode narra la visita di Adamo ed Eva alla grotta del neonato. Il canto di Maria all’orecchio del bambino sveglia Eva dal sonno eterno ed essa persuade Adamo di recarsi nella grotta per capire cosa sia quel canto. Nel dialogo tra Eva e Adamo svegliati ormai dal loro sonno la donna gli annuncia la buona notizia:  “Ascoltami, sono la tua sposa:  io, che sono stata la prima a provocare la caduta dei mortali, oggi mi rialzo. Considera i prodigi, guarda l’ignara di nozze che guarisce la nostra piaga con il frutto del suo parto. Il serpente una volta mi sorprese e si rallegrò, ma al vedere ora la mia discendenza fuggirà strisciando”. La nascita verginale di Cristo diventa guarigione, salvezza per il genere umano ferito dal peccato.
E le risponde Adamo:  “Riconosco la primavera, o donna, e aspiro le delizie da cui decademmo allora. Scorgo un nuovo, diverso paradiso:  la Vergine che porta in grembo l’albero di vita, lo stesso albero sacro che custodivano i cherubini per impedirci di toccarlo. Ebbene, guardando crescere questo intoccabile albero, ho avvertito, o mia sposa, il soffio vivificante che fa di me, polvere e fango immoti, un essere animato. Adesso, rinvigorito dal suo profumo, voglio andare dove cresce il frutto della nostra vita, dalla Piena di grazia”. Il risveglio di Adamo è una prefigurazione, in quanto viene collocato nella primavera, cioè nel contesto pasquale in cui sarà definitivamente riportato in paradiso. E questo è anche cambiato, rinnovato:  “Scorgo un nuovo, diverso paradiso”, che altro non è se non il grembo della Vergine che porta il nuovo albero della vita.
“Sono sopraffatto dall’amore che sento per l’uomo” risponde il Creatore. “Io, o ancella e madre mia, non ti rattristerò. Ti farò conoscere tutto ciò che sto per fare e avrò rispetto per la tua anima, o Maria. Il bambino che ora porti tra le braccia, lo vedrai fra non molto con le mani inchiodate, perché ama la tua stirpe. Colui che tu nutri, altri l’abbevereranno di fiele; colui che tu chiami vita, dovrai tu vederlo appeso alla croce, e di lui piangerai la morte. Ma tu mi stringerai in un abbraccio allorché sarò risuscitato, o Piena di grazia. Tutto questo sopporterò volentieri, e causa di tutto questo è l’amore che ho sempre sentito e sento tuttora per gli uomini, amore di un Dio che non chiede altro che di poter salvare”. All’udire queste parole Maria grida:  “O mio grappolo, che gli empi non ti frantumino! Quando sarai cresciuto, o Figlio mio, che io non ti veda immolato!”. Ma egli risponde:  “Non piangere Madre, su ciò che non sai:  se tutto questo non sarà compiuto, tutti coloro, a favore dei quali mi implori, periranno, o Piena di grazia”.
Un Dio il quale “non chiede altro che di poter salvare”. Questa è la realtà, l’unica realtà che celebriamo in questi giorni nella nostra fede cristiana:  l’amore di Dio per gli uomini manifestatosi pienamente in Gesù Cristo. E viviamo questa realtà in tutta la nostra vita come cristiani. Come cristiani nel condividere – e forse anche nel mettere in contrasto la nostra fede – con un mondo segnato fortemente dall’individualismo, dall’oblio dell’altro, dall’ignoranza degli altri; una fede che dovrà predicare un Dio che è dono gratuito, che perdona, che ama, e perché ama si sacrifica per gli altri e non chiede altro che poter salvare. Lui “nuovo bambino, il Dio prima dei secoli”.

(L’Osservatore Romano – 25 dicembre 2008)

Publié dans:NATALE 2010 e Avvento |on 29 décembre, 2010 |Pas de commentaires »

Omelia per il 29 dicembre 2010: La consegna della vita

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/11476.html

Omelia (29-12-2007) 

Messa Meditazione

La consegna della vita

I giorni dopo il Natale si distendono nella contemplazione del mistero del Signore Gesù, e di quanto è accaduto nella sua vicenda umana. La liturgia ci accompagna dentro il mistero della famiglia di Nazaret. Il bambino Gesù, nato all’interno del popolo ebreo, partecipa alle sue leggi e prescrizioni. La presentazione al tempio, a quaranta giorni dalla nascita, non si riduce a un atto giuridico e formale; realizza invece la prima effettiva consegna al Padre, partecipata dall’offerta di Maria e Giuseppe. Gesù si presenta al tempio come la vittima vera del nuovo sacrificio, e viene riconosciuto dai santi vecchi Simeone e Anna, depositari delle promesse di tutto il popolo.

La bellezza e verità del quadro dipinto dall’evangelista Luca in questa pagina di Vangelo è piena di mistero. Una giovane famiglia presenta al tempio il primogenito, adempiendo nel modo più semplice le prescrizioni della legge ebraica. In questo gesto giungono a compimento, anzi vengono superati tutti i sacrifici antichi. Qui è Gesù, il Figlio di Dio, che viene presentato e si offre all’altare di Dio. E’ la chiave interpretativa di tutta la vita di Gesù: Egli è venuto per consegnarsi al Padre. « Entrando nel mondo, Cristo dice: Non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare o Dio la tua volontà » (Ebrei 10,5-7).
Si rende esplicita l’intenzione che ha mosso il Figlio a incarnarsi, e che troverà compimento nel sacrificio della croce. Il Figlio di Dio, dicono i Padri della Chiesa, ‘è stato mandato a morire’ (‘mori missus’). Ogni azione di Gesù si muove nella stessa direzione, con lo stesso slancio, e la Chiesa, rappresentata da Giuseppe e Maria, se ne rende partecipe. Su questa linea, è la vita di ogni uomo che viene nel mondo ad essere consegnata e offerta.
Nel momento stesso in cui Gesù si presenta al tempio e si offre al Padre, avviene anche il suo riconoscimento da parte di Simeone e Anna: l’attesa è compiuta; il cuore dell’uomo incontra l’oggetto del suo desiderio, si placa e benedice Dio. L’uomo che ha visto Dio, può morire in pace. E’ una grazia concessa dallo Spirito Santo questo riconoscimento, che continua ad attuarsi davanti ai nostri occhi nel gesto in cui Gesù ancora si offre attraverso il sacrificio eucaristico, dove Cristo permane come segno di contraddizione e speranza di salvezza per tutti.

Ora lascia o Signore che il tuo servo vada in pace, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli.

Ogni mattina, ogni giorno, rinnovo l’offerta della mia vita, unendola al sacrificio di Cristo. Ogni momento e ogni azione siano vissuti davanti al Signore.

Commento a cura di don Angelo Busetto

29 dicembre: Re Davide (mf)

29 dicembre: Re Davide (mf) dans immagini sacre

http://www.santiebeati.it/

Publié dans:immagini sacre |on 28 décembre, 2010 |Pas de commentaires »

Alcune riflessioni sui Salmi (D.Bonhoeffer)

dal sito:

http://www.ildialogo.org/parola/Approfondimenti_1229338537.htm

Alcune riflessioni sui Salmi

di D.Bonhoeffer

Da Dietrich Bonhoeffer,
I Salmi, il libro di preghiere della Bibbia, Paoline 2001
 
GLI ORANTI DEI SALMI
 
Dei 150 Salmi, settantatré sono attribuiti al re Davide, dodici al maestro cantore nominato da Davide, Asaf, dodici ai figli di Core, una famiglia di cantori leviti operanti sotto Davide, due al re Salomone, e uno ciascuno ai maestri di musica Heman ed Etan che operarono presumibilmente al tempo di Davide e di Salomone. E quindi comprensibile che il nome di Davide sia particolarmente legato al Salterio.
Di Davide si narra che, dopo la sua segreta unzione a re, fosse stato convocato dal re Saul, ripudiato da Dio e tormentato da uno spirito maligno, perché gli suonasse l’arpa. «Quando dunque lo spirito sovrumano investiva Saul, Davide prendeva in mano la cetra e suonava: Saul si calmava e si sentiva meglio e lo spirito cattivo si ritirava da lui» (1Sam 16,23).
Così potrebbe essere iniziata l’attività di Davide come compositore di salmi. In forza dello Spirito di Dio, disceso su di lui con l’unzione a re, scacciava con il canto lo spirito maligno. Non ci è giunto alcun salmo precedente la sua unzione. Soltanto quando fu chiamato a essere il re messianico dalla cui discendenza sarebbe nato il re promesso, Gesù Cristo, intonò i canti che in seguito sarebbero stati accolti nel canone delle sacre Scritture.
Secondo la testimonianza della Bibbia, Davide, in quanto re consacrato del popolo eletto da Dio, prefigura Gesù Cristo. Ciò che gli accade avviene per mezzo di colui che è in lui e da lui discenderà: Gesù Cristo; e Davide non ne è ignaro, anzi: «Poiché era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente, previde la risurrezione di Cristo e ne parlò» (At 2,30-31).
Davide fu un testimone di Cristo nella sua funzione, nella sua vita e nelle sue parole. Anzi, il Nuovo Testamento ci dice ancora di più. Nei Salmi di Davide parla già lo stesso Cristo promesso (Eb 2,12; 10,5), o, per dirla in altri termini, lo Spirito santo (Eb 3,7). Le stesse parole pronunciate da Davide le pronunciava dunque in lui il futuro Messia. Le preghiere di Davide erano recitate anche dal Cristo o, meglio, Cristo stesso pregava nel suo precursore Davide.
Questa breve osservazione contenuta nel Nuovo Testamento getta una luce particolare sull’intero Salterio. Lo collega a Cristo. Ci sarà ancora da riflettere sui particolari, ma ciò che conta è che neppure Davide pregava per lo slancio personale del suo cuore, bensì spinto dal Cristo che dimorava in lui. È sì Davide a intonare i propri salmi, ma in lui e con lui Cristo. Ciò è espresso in modo misterioso nelle ultime parole di Davide ormai vecchio: «Oracolo di Davide, figlio di lesse, oracolo dell’uomo che l’Altissimo ha innalzato, del consacrato del Dio di Giacobbe, del soave cantore d’Israele. Lo spirito del Signore parla in me, la sua parola è sulla mia lingua» (2Sam 23,1-2). Segue poi un’ultima profezia circa il futuro re di giustizia, Gesù Cristo.
E con ciò torniamo a quanto avevamo già compreso. Certo, non tutti i Salmi sono di Davide né il Nuovo Testamento mette in bocca al Cristo l’intero Salterio. Ciò nonostante, dobbiamo tenere conto di questi accenni per l’intero libro, che è comunque legato al nome di Davide; lo stesso Gesù, inoltre, dice dei Salmi nel loro insieme che hanno annunciato la sua morte, la sua risurrezione e la predicazione del Vangelo (Lc 24,44).
Ma com’è possibile che un uomo e Gesù recitino insieme i Salmi? È il Figlio di Dio fattosi uomo, che ha assunto nella propria carne tutte le debolezze umane, che qui apre a Dio il cuore dell’umanità intera, mettendosi al nostro posto e pregando per noi. Ha conosciuto più profondamente di noi la pena e la sofferenza, la colpa e la morte; perciò a presentarsi a Dio è la preghiera della natura umana da lui assunta. È davvero la nostra preghiera, ma poiché egli ci conosce meglio di noi stessi, essendosi fatto uomo per noi, è anche la sua preghiera, e può divenire la nostra proprio perché era la sua.
Chi prega i Salmi? Davide, Salomone, Asaf, Cristo, noi… Noi, l’intera comunità, in seno alla quale diviene possibile recitare i Salmi in tutta la loro ricchezza, ma anche ogni singolo uomo nella misura in cui partecipa a Cristo e alla sua comunità recitandone le preghiere. Davide, Cristo, la comunità, io stesso… e se ci riflettiamo insieme scopriremo il cammino meraviglioso percorso da Dio per insegnarci a pregare. (pp. 38-41)

Publié dans:biblica, Dietrich Bonhoeffer |on 28 décembre, 2010 |Pas de commentaires »

29 dicembre: Re Davide (mf)

dal sito:

http://www.santiebeati.it/dettaglio/83350

San Davide Re

29 dicembre 

Davide è il personaggio che dominò la storia di Israele dalla prima metà dal X sec. a.C. Abbattè il gigante Golia, ridiede fiducia alle tribù d’Israele e le raccolse in un unico popolo forte e rispettato. Davide è l’uomo che peccò gravemente davanti al Signore, ma che seppe riconoscere le sue colpe e chiederne perdono. A lui il Signore assicurò una posterità eterna (2 Sam 23,5), perché dalla sua discendenza sarebbe nato il Salvatore , il vero Re che avrebbe portato la salvezza fino ai confini della terra, raccogliendo tutte le genti in un unico Israele. Gesù viene definito “figlio di David” (cfr. Mt 22,41-45), “nato dalla sua stirpe” (Lc 1,27; Rm 1,3). In Davide la promessa del Salvatore si storicizza progressivamente e l’Incarnazione del Verbo acquista tratti sempre più concreti.

Etimologia: Davide = diletto, dall’ebraico

Martirologio Romano: Commemorazione di san Davide, re e profeta, che, figlio di Iesse il Betlemita, trovò grazia presso Dio e fu unto con olio santo dal profeta Samuele, perché regnasse sul popolo d’Israele; trasportò nella città di Gerusalemme l’Arca dell’Alleanza del Signore e il Signore stesso gli giurò che la sua discendenza sarebbe rimasta in eterno, perché da essa sarebbe nato Gesù Cristo secondo la carne.
Davide era il più giovane dei sette figli di Isai, della tribù di Giuda. Era ancora giovanissimo quando Samuele fu mandato da Dio alla casa di suo padre per eonsacrarlo re in luogo di Saulle.
Chiamato dalla montagna dove pascolava il gregge paterno, venne alla presenza di Samuele che, con olio benedetto, lo consacrò re in mezzo ai suoi fratelli.
Da quel giorno lo spirito del Signore si posò in particolar maniera sopra Davide. Al contrario, Saulle fu assalito da uno spirito di tristezza e di malinconia che ben spesso lo faceva dare in furore.
Davide suonava l’arpa con grande maestria e cantava bene: fu quindi chiamato alla corte, fatto scudiere e con l’armonia del suono e con la melodia del canto dissipava la tristezza di Saulle.
Mentre Davide si trovava alla corte, ci fu guerra fra Israeliti e Filistei. Per evitare spargimento di sangue, un uomo filisteo, alto più di tre metri, chiamato il gigante Golia, avanzava verso gli Israeliti e diceva: “Se c’è qualcuno tra voi che voglia venir a battersi con me avanzi”.
Poi diceva: “Io oggi ho disprezzato le schiere del Dio d’Israele”. E così per 40 giorni.
Davide, uditolo, esclamò: “Chi è questo incirconciso che ardisce insultare il popolo del Signore? Io andrò a combattere contro di lui”. Prese la fionda e il bastone, andò incontro al gigante, e con la fionda scagliò una pietra che colpì Golia in fronte e lo fece stramazzare a terra. Davide gli fu sopra: gli sfoderò la spada e gli troncò il capo.
Saulle non si rallegrò per la vittoria, anzi, preso da invidia, cercava la morte di Davide, che per sfuggirla andò per i deserti esclamando: “Chi confida nell’Altissimo vive in sicurezza e nulla teme”.
Morto Saul, Davide, con grande zelo, condusse il popolo alla virtù e al timor di Dio. Diede splendore al culto divino; e, innalzato un magnifico padiglione sul monte Sion, vi fece trasportare l’Arca dell’Alleanza.
Peccò anche, ma pianse i suoi peccati, fece penitenza, rimproverato dal profeta Natan, detestò i suoi errori e accettò la punizione di Dio.
Vicino a morte chiamò il figlio Salomone e gli disse: “Mio caro, cammina nelle vie del Signore, osserva i suoi comandamenti ed egli ti concederà un felice successo nelle tue imprese”. Poco dopo finì in pace i suoi giorni.
Altissimo poeta, cantò, nei Salmi immortali il dolore, il pentimento, la speranza, la fede. Profeta, vide nell’alta mente illuminata da Dio il Giusto condannato, ucciso, trionfante, e mille anni prima narrò al mondo la passione e la risurrezione di Cristo.

Autore: Antonio Galuzzi 

Publié dans:Santi, Santi: Antico Testamento |on 28 décembre, 2010 |Pas de commentaires »

buona notte

buona notte dans immagini buon...notte, giorno cassia_artemisioides_360

Cassia

http://www.floralimages.co.uk/index_1.htm

Publié dans:immagini buon...notte, giorno |on 28 décembre, 2010 |Pas de commentaires »

Omelia (28-12-2010) : Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/20826.html

Omelia (28-12-2010) 
Movimento Apostolico – rito romano

Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande

Gesù è nato in Betlemme. Fin da subito lo si vuole eliminare. Lo si vede come persona scomoda. Erode è l’immagine, il simbolo perfetto della nostra umanità. Essa ha paura di Dio. Lo vede come un suo nemico. Non vuole però apparire senza Dio ed allora si costruisce una moltitudine di idoli. Apparentemente è con Dio. Realmente è senza Dio e contro Dio. Erode è però l’umanità grezza, barbara, incivile. È l’umanità che ancora non ha inventato la maschera dell’ipocrisia e delle belle maniere.
Questa umanità odia il vero Dio, non lo tollera, ne prende il posto, però vuole apparire pia, giusta, equa, religiosissima e per questo crea una moltitudine di idoli con sembianze ora del vero Dio e altre volte di dèi sconosciuti e stranieri. Appena nato Gesù dovette fuggire via da questa umanità rozza e rifugiarsi in Egitto. Alla fine della sua vita pubblica l’umanità evoluta, ipocrita, mascherata di sacro e di legalità gli tolse la vita appendendo al legno della croce.
Oggi esplode l’odio di questa umanità rozza e grezza, superba e arrogante, prepotente e risoluta a porre fine alla vita del Re di Israele appena nato. Per colpire Lui, non conoscendolo, fa uccidere tutti i bambini di Betlemme dai due anni in giù. Erode fa si e no quattro conti e per essere sicuro della sua impresa, ordina un massacro generale e ben oltre ogni ragionevole calcolo. Vuole essere certo. Non vuole fallire. Deve regnare sicuro, non solo lui, ma tutta la sua discendenza.
Dio però veglia sulla vita del suo Figlio Unigenito e lo salva. Manda un suo Angelo dal cielo a svegliare Giuseppe nel più profondo della notte con un ordine preciso. Lui si deve alzare, prendere il Bambino e sua Madre e fuggire in Egitto. Dovrà rimanere in terra straniera finché non avesse ricevuto l’ordine di tornare nuovamente in Giudea. L’obbedienza dell’uomo è sempre necessaria a Dio nell’opera di salvezza dei suoi amici. Senza l’obbedienza Dio può fare ben poche cose. Dovrebbe agire per miracolo. Dove però l’uomo è sufficiente, sempre il Signore agisce per mezzo di lui.
Giuseppe è obbedientissimo. È l’uomo che sa solo ascoltare e mettere in pratica quanto gli viene comandato. Per questa sua obbedienza Gesù nasce in una famiglia, viene salvato da sicura morte, viene custodito e aiutato a crescere. Per l’obbedienza di Giuseppe il Signore può realizzare la redenzione del mondo. I bambini di Betlemme uccisi con l’intento di colpire Gesù sono il primo sangue innocente versato per la causa della fede e della verità. Sono tutti veri martiri e la Chiesa li onora. Il loro è il primo sangue versato che si unisce al sangue di Cristo per lavare il mondo dal peccato, dall’incredulità, dall’idolatria, dall’empietà, dalla falsità della stessa religione.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, aiutaci a vivere di fede sempre limpida e pura. Angeli e Santi del Cielo, liberateci da ogni religione falsa, ipocrita, empia, idolatra. 

Santi Innocenti martiri

Santi Innocenti martiri dans immagini sacre

http://www.santiebeati.it/

Publié dans:immagini sacre |on 27 décembre, 2010 |Pas de commentaires »
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