B.M.V. di Guadalupe

dal sito:
http://www.floscarmeli.org/modules.php?name=News&file=article&sid=468
Preghiera alla Beata Vergine di Guadalupe
pronunciata il 23 gennaio 1999 da Giovanni Paolo II
nell’omelia della S.Messa per la conclusione del Sinodo dei Vescovi per l’America
9. Desidero affidare e offrire il futuro del Continente a Maria Santissima, Madre di Cristo e della Chiesa. Sono quindi lieto di annunciare che ho stabilito che il giorno 12 dicembre in tutta l’America si celebri la Vergine Maria di Guadalupe con il rango liturgico di festa.
O Madre! Tu conosci le vie che seguirono i primi evangelizzatori del Nuovo Mondo, dalle isole Guanahani e La Española alle foreste dell’Amazzonia e alle vette andine, giungendo fino alla terra del Fuoco nel Sud e ai grandi laghi e alle montagne del Nord. Accompagna la Chiesa che svolge la sua opera nelle nazioni americane affinché sia sempre evangelizzatrice e rinnovi il suo spirito missionario. Incoraggia tutti coloro che dedicano la propria vita alla causa di Gesù e alla diffusione del suo Regno.
O dolce Signora del Tepeyac, Madre di Guadalupe! Ti presentiamo questa moltitudine incalcolabile di fedeli che pregano Dio in America. Tu che sei entrata nel loro cuore, visita e conforta i focolari domestici, le parrocchie e le Diocesi di tutto il Continente. Fa’ sì che le famiglie cristiane educhino in modo esemplare i propri figli nella fede della Chiesa e nell’amore del Vangelo, affinché siano un vivaio di vocazioni apostoliche. Volgi oggi il tuo sguardo verso i giovani e incoraggiali a camminare con Gesù Cristo.
O Signora e Madre d’America! Conferma la fede dei nostri fratelli e sorelle laici, affinché in tutti i campi della vita sociale, professionale, culturale e politica agiscano conformemente alla verità e alla legge nuova che Gesù ha portato all’umanità. Guarda propizia all’angustia di quanti soffrono per la fame, la solitudine, l’emarginazione o l’ignoranza. Facci riconoscere in essi i tuoi figli prediletti e infondici l’impeto della carità per aiutarli nei loro bisogni.
Vergine Santa di Guadalupe, Regina della Pace! Salva le nazioni e i popoli del Continente. Fa’ sì che tutti, governanti e cittadini, imparino a vivere nell’autentica libertà agendo secondo le esigenze della giustizia e il rispetto dei diritti umani, affinché la pace si consolidi definitivamente.
A te, Signora di Guadalupe, Madre di Gesù e Madre nostra, tutto l’affetto, l’onore, la gloria e la lode costante dei tuoi figli e delle tue figlie d’America!
dal sito:
http://www.monasterodibose.it/content/view/1762/26/1/0/lang,it/
DOMENICA 12 DICEMBRE 2010
Omelia per la III domenica d’Avvento
… Giovanni risponde con un amen silenzioso ma pieno di amore per Gesù, comprendendo l’irruzione del Messia che fino a quel momento aveva solo intuito…
Anno A
Mt 11, 2-11
Anche in questa terza domenica di Avvento la nostra attenzione si concentra sulla figura di Giovanni il Battezzatore e sul suo affidare a Gesù la propria fede nell’ora del buio e della prova. Giovanni si trova in carcere dove è stato rinchiuso da Erode, un potente di questo mondo che non sopporta le critiche rivoltegli dal profeta circa il suo legame illecito con Erodiade, moglie di suo fratello (cf. Mt 4,12; 14,3-4). Il grande profeta, l’uomo dalla parola autorevole e impetuosa, è ridotto ormai al silenzio e si avvia verso una morte violenta (cf. Mt 14,5-12): in questa situazione di umiliazione e sofferenza «sente parlare delle opere del Cristo», del Messia Gesù. Giovanni, assiduo nell’ascolto delle Scritture, attendeva un Messia con i tratti del giudice forte e severo, che avrebbe abbattuto con la scure gli alberi infruttuosi e bruciato la pula del grano con un fuoco inestinguibile (cf. Mt 3,10-12); e invece apprende che Gesù siede a tavola con i peccatori, che prova compassione per le folle, che sembra annunciare solo la misericordia di Dio… In questa situazione di fede attraversata dal dubbio, in questo buio, Giovanni incarica i suoi discepoli di rivolgere a Gesù una domanda drammatica, con la quale mette in discussione tutta la sua vita: «Sei tu il Veniente», il Profeta-Messia degli ultimi tempi, «o dobbiamo attendere un altro?».
La risposta di Gesù riassume mediante una serie di citazioni profetiche, tratte soprattutto da Isaia, il comportamento già raccontato dall’evangelista (cf. Mt 8-9): «Riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi recuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono mondati, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona notizia». Questo è il compimento della Scrittura, queste sono le azioni di Gesù, Messia «mite e umile di cuore» (Mt 11,29), narrazione definitiva dell’amore di Dio per tutti gli uomini!
Ma Gesù aggiunge ancora una parola: «Beato chi non si scandalizza di me», ossia chi non inciampa di fronte a un Messia povero e disarmato, un Messia che annuncia sì ai poveri la buona notizia, ma che non vuole servirsi della forza per scarcerare i prigionieri (cf. Is 61,1)… Dal carcere Giovanni accoglie quest’ultima rivelazione di Gesù, la accoglie con affidamento personale e così va verso una morte ingiusta in piena obbedienza, facendosi precursore di Gesù anche in questa fine. Alle parole riferitegli, Giovanni risponde con un amen silenzioso ma pieno di amore per Gesù, comprendendo l’irruzione del Messia che fino a quel momento aveva solo intuito.
E proprio mentre Giovanni esce di scena, Gesù manifesta con grande solennità alle folle l’identità del Battista. Egli annuncia che Giovanni non è una canna sbattuta dal vento delle mode, né un potente che, avvolto in morbide vesti, sta nei palazzi del potere: egli è un profeta, anzi «è più di un profeta, è colui del quale sta scritto: “Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero che preparerà la tua via davanti a te” (cf. Ml 3,1; Es 23,20)». Sì, Giovanni è il nuovo Elia (cf. Mt 11,14), è l’Elia venuto e non riconosciuto (cf. Mt 17,12-13), che con la sua vita e la sua morte ha aperto e annunciato l’Esodo definitivo, la salvezza portata dal Signore Gesù.
Ecco la chiave per comprendere bene le parole conclusive di Gesù, «Tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista; tuttavia il più piccolo, nel regno dei cieli è più grande di lui»: chi è il più piccolo? È Gesù, e solo lui può esserlo: il più piccolo in quanto discepolo di Giovanni, uno che è stato dietro a lui (cf. Mt 3,11), è lui il più grande nel regno di Dio, che non solo inaugura ma che impersona. Sì, noi cristiani possiamo conoscere Gesù Cristo solo passando attraverso Giovanni il Battezzatore: egli è stato il precursore di Cristo, colui che lo ha indicato e rivelato come Messia e Veniente. Se non accettiamo la sua testimonianza, grande anche nel manifestare la sua fede tentata, non potremo credere neppure a Gesù (cf. Mt 21,25-27).
Enzo Bianchi
dal sito:
http://www.vatican.va/jubilee_2000/magazine/documents/ju_mag_01091999_p-18_it.html
La Catechesi di Giovanni Paolo II
Escatologia universale: l’umanità in cammino verso il Padre
Concluso il tema del dialogo della Chiesa con le religioni diverse dal cristianesimo, nell’udienza generale di mercoledì 26 maggio Giovanni Paolo II ha affrontato un nuovo tema: l’escatologia universale, il traguardo finale della storia dell’umanità in cammino verso il Padre, il ritorno definitivo di ogni cosa a Colui dal quale tutto proviene.
1. Il tema su cui stiamo riflettendo in questo ultimo anno di preparazione al Giubileo, cioè il cammino dell’umanità verso il Padre, ci suggerisce di meditare sulla prospettiva escatologica, ossia sul traguardo finale della storia umana. Specialmente nel nostro tempo tutto procede con incredibile velocità, sia per i ritrovati della scienza e della tecnica, sia per l’influsso dei mezzi di comunicazione sociale. Viene allora spontaneo chiedersi qual è il destino e la meta finale dell’umanità. A questo interrogativo offre una specifica risposta la Parola di Dio, che ci presenta il disegno di salvezza che il Padre realizza nella storia per mezzo di Cristo e con l’opera dello Spirito.
Nell’Antico Testamento è fondamentale il riferimento all’Esodo, con il suo orientamento verso l’ingresso nella Terra Promessa. L’Esodo non è solo un avvenimento storico, ma la rivelazione di un’attività salvifica di Dio, che si compirà progressivamente, come i profeti si incaricano di mostrare illuminando il presente e il futuro di Israele.
2. Al tempo dell’Esilio, i profeti annunciano un nuovo Esodo, un ritorno nella Terra Promessa. Con questo rinnovato dono della terra, Dio non solo radunerà il suo popolo disperso fra le genti, ma trasformerà ciascuno nel cuore, ossia nelle sue capacità di conoscere, di amare e di agire: “Darò loro un cuore nuovo e uno spirito nuovo metterò dentro di loro; toglierò dal loro petto il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne, perché seguano i miei decreti e osservino le mie leggi e li mettano in pratica; saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio” (Ez 11,19-20; cfr 36,26-28).
Impegnandosi ad osservare le norme stabilite nell’alleanza, il popolo potrà abitare in un ambiente simile a quello uscito dalle mani di Dio al momento della creazione: “La terra, che era desolata, è diventata ora come il giardino dell’Eden; le città rovinate, desolate e sconvolte, ora sono fortificate e abitate” (ivi, 36,35). Si tratterà di un’alleanza nuova, concretizzata nell’osservanza di una legge scritta nel cuore (cfr Ger 31,31-34).
Poi la prospettiva si allarga e viene promessa una nuova terra. Il traguardo finale è quello di una nuova Gerusalemme, in cui cesserà ogni afflizione, come leggiamo nel libro di Isaia: “Ecco infatti io creo nuovi cieli e nuova terra… e farò di Gerusalemme una gioia, del suo popolo un gaudio. Io esulterò di Gerusalemme, godrò del mio popolo. Non si udranno più in essa voci di pianto, grida di angoscia” (Is 65,17-19).
3.L’Apocalisse riprende questa visione. Giovanni scrive: “Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c’era più. Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo” (Ap 21,1s.).
Il passaggio a questo stato di nuova creazione esige un impegno di santità, che il Nuovo Testamento rivestirà di una radicalità assoluta, come si legge nella seconda Lettera di Pietro: “Poiché dunque tutte queste cose devono dissolversi così, quali non dovete essere voi, nella santità della condotta e nella pietà, attendendo e affrettando la venuta del giorno di Dio, nel quale i cieli si dissolveranno e gli elementi incendiati si fonderanno! E poi, secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia” (2 Pt 3,11-13).
4. La risurrezione di Cristo, la sua ascensione e l’annuncio del suo ritorno hanno aperto nuove prospettive escatologiche. Nel Discorso dopo la Cena, infatti, Gesù dice: “Io vado a prepararvi un posto. Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io” (Gv 14,2-3). San Paolo quindi scriveva ai Tessalonicesi: “Il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro tra le nubi, per andare incontro al Signore nell’aria, e così saremo con il Signore” (1 Ts 4,16-17).
Sulla data di questo evento finale non siamo informati. Bisogna pazientare nell’attesa di Gesù risorto, che, richiesto dagli apostoli se stesse per ricostituire il regno di Israele, rispose invitandoli alla predicazione e alla testimonianza: “Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta, ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra” (At 1,7-8).
5.La tensione all’evento finale va vissuta con serena speranza, impegnandosi nel tempo presente alla costruzione di quel Regno che alla fine sarà consegnato da Cristo nelle mani del Padre: “Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza” (1 Cor 15,24). Con Cristo, vincitore sulle potenze avversarie, anche noi parteciperemo alla nuova creazione, la quale consisterà in un ritorno definitivo di ogni cosa a Colui dal quale tutto proviene: “E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti” (ivi, 15,28).
Pertanto, dobbiamo essere convinti che “la nostra patria è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo” (Fil 3,20). Non abbiamo quaggiù una città stabile (cfr Eb 13,14). Pellegrini e alla ricerca di una dimora definitiva, dobbiamo aspirare come i Padri nella fede a una patria migliore, “cioè a quella celeste” (ivi, 11,16).