Archive pour décembre, 2010

BUON ANNO – DA ME E DAL MIO MICIO « RUDY » (17 ANNI COMPIUTI A NOVEMBRE)

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Omelia per il 1 gennaio 2011: Gli fu messo nome Gesù

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/17103.html

Omelia (01-01-2010) 
don Romeo Maggioni

Gli fu messo nome Gesù

Aggregato al popolo di Dio con il rito della circoncisione, riceve un nome che indica la sua missione: Gesù, cioè Dio-salva.
All’inizio di un anno cerchiamo la benedizione di Dio sui nostri giorni a venire. La Chiesa oggi ce la dona con le parole di Mosè: « Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia » (Lett.).
Il volto di Dio su di noi è Gesù, il « Dio che salva ». Riconoscere lui come nostro Signore, cioè come unico riferimento e misura delle nostre scelte e speranze, è garantire il cammino sicuro di un anno, perché, dice Paolo: « Tutto concorre al bene per quelli cha amano Dio » (Rm 8,28).

1) AL DI SOPRA DI OGNI ALTRO NOME
« Gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo ». « Egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati » (Mt 1,21). Il nome è una missione. Salvare dal peccato significa riconciliare con Dio una umanità ribelle che ha nel cuore una spinta quasi naturale all’autosufficienza e all’orgoglio del fare da sé. Da questa radice è scaturita la morte e l’insieme di squilibri che determinano divisioni, violenze e guerre. L’egoismo rode il cuore dell’uomo e ne ferisce la libertà, ormai incapace di bene se non è risanata dalla grazia di Cristo. Dire salvezza significa dire che quel che c’è di rotto nel cuore, solo l’intervento di Cristo può aggiustare. E’ il primo contenuto serio degli auguri che oggi ci facciamo: lasciati risanare da Cristo se vuoi vivere un anno.. decente!
« Ogni lingua proclami che Gesù Cristo è Signore ». Signore, per proclamarlo il Dio venuto vicino. Signore come vertice e senso del cosmo e della storia. Signore perché s’è dimostrato padrone della padrona del mondo che è la morte. Proclama Pietro il giorno di Pentecoste: « Sappia dunque con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso » (At 1,36). Non è facile capire questo primato di Cristo nella nostra vicenda di uomini e nella nostra storia personale. San Paolo confessa che « nessuno può dire: Gesù è Signore!, se non sotto l’azione dello Spirito Santo » (1Cor 12,3). Si apre un nuovo anno entro una cultura sempre più secolarizzata che pensa di fare a meno di Dio. Nelle difficoltà e nei dubbi di fede, invochiamo lo Spirito, preghiamo come il vangelo ci suggerisce: « Signore, accresci in noi la fede! » (Lc 17,5), « Credo, aiuta la mia incredulità » (Mc 9,24).
« Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi.. a gloria di Dio Padre ». Più difficile ancora è l’adorazione a Dio, la lode, il riconoscere il primato e la trascendenza di Dio o, se si vuole, cogliere la distanza che ci separa da Lui, e, perlomeno, intuire la grande degnazione che Dio ha avuto nei nostri confronti nell’interessarsi a noi. E’ il momento del culto, privato e ufficiale. Cristo è il Sommo Sacerdote che ci rappresenta davanti a Dio, « sempre vivo per intercedere in nostro favore » (Eb 7,25). E’ la nostra messa festiva, dove Cristo, Capo del suo Corpo che è la Chiesa si pone davanti al Padre insieme a noi e a nome nostro per coinvolgerci ogni volta nel suo atto di obbedienza e d’amore compiuto in croce. E’ il culto più gradito a Dio e il più efficace per noi. L’Eucaristia, « fonte e culmine ». Per questo, ogni orazione del messale termina..: per il nostro Signore Gesù Cristo, lui il tramite, il ponte, l’intermediario di ogni nostro accedere al Padre. Non manchiamo allora lungo l’anno al nostro appuntamento festivo della messa!

2) ABBIATE GLI STESSI SENTIMENTI DI CRISTO
Del Figlio di Dio si dice oggi che « pur essendo nella condizione di Dio, ..svuotò se stesso, divenendo simile agli uomini, dall’aspetto riconosciuto come uomo » (Epist). Questo Figlio di Dio fattosi uomo è venuto a mostrare, in una vicenda umana, quello che è l’intima struttura, o identità, dell’uomo, « predestinato ad essere conforme all’immagine del Figlio suo perché egli sia il primogenito tra molti fratelli » (Rm 8,29). A offrire quindi, come in un film in anteprima, quale sia il modo unico di portare a riuscita l’unico progetto di vita in cui siamo stati costituiti da Dio Creatore. Cioè la verità di noi stessi: identità, senso e destino. Si apre un anno nuovo: quali modelli di vita ci proponiamo di avere davanti? Siamo bombardati ogni giorno di immagini e mode che gridano di essere l’unica formula di successo umano! Di chi fidarci, se non di Colui che è il costruttore della nostra macchina e ne sa con verità il funzionamento giusto!
E la prima formula sintetica di questo modello che è Cristo, è l’obbedienza! « Umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte » (Epist.). Di Gesù non è detto altro: « Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato » (Gv 4,34). E al Getsemani, con atto eroico, dice: « Non sia fatta la mia ma la tua volontà » (Lc 22,42). Fino a concludere sulla croce: « Tutto è compiuto » (Gv 19,30), ho proprio fatto tutto! « Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono » (Eb 5,8-9). Per questo ha insegnato a noi a dire: « Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra » (Mt 6,10).
Non c’è anche per noi altra formula: l’obbedienza a Dio, l’obbedienza da figlio docile e fiducioso.. se si vuole, come Cristo, divenire eredi di Dio! Tutto qui: essere figli obbedienti per divenire « eredi di Dio, coeredi di Cristo » (Rm 8,17). Ciò che ci porta la morte e, assieme, l’egoismo, le violenze e le divisioni (e quindi un mondo che ci pesa sempre di più!), è il peccato, la disobbedienza e il rifiuto di Dio. Non c’è che l’atteggiamento contrario: l’obbedire e il fidarci di Lui per avere la vita eterna e una vita più.. passabile qui! Non ci sono cose speciali da fare per vivere un anno nuovo con prospettive e speranze positive; se una « vita buona » è « il Regno di Dio », non c’è altro augurio e impegno che quello di appartenervi e vivervi dentro con gioia.

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Giornata della Pace. Tante le dimensioni della pace: politiche, economiche, sociali.. Ogni anno il Papa ce ne richiama un aspetto. Giustizia e libertà sono i contenuti essenziali della pace. Diceva sant’Ambrogio, che di gestione pubblica se ne intendeva: « Ubi fides, ibi libertas ». I cristiani, riconoscendo un solo padrone, sono i più liberi e i più tenaci contestatori d’ogni autoritarismo, ingiustizia e violenza. Diventiamo sempre più cristiani; diventeremo anche più costruttori di pace! Ed è vero anche il contrario: « Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio » (Mt 5,9). 

Omelia (31-12-2007) : il fluire del tempo

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/12926.html

Omelia (31-12-2007) 
don Ezio Stermieri

il fluire del tempo

Che cosa è per un credente cristiano il prendere coscienza del fluire del tempo? Certamente non consiste nella mentalità oggi così diffusa di decisione per il presente, dove annegare, cogliere la possibilità che sfugge, morire.
Né porta al pessimismo nichilista nel guardare il futuro o alla nostalgia di un passato sfuggito. Il tempo non scorre come rincorrersi di attimi dei quali non conosciamo e possediamo il senso, va verso un « compimento », una pienezza, una rivelazione del tutto, una salvezza del tempo, della vita, dell’esserci e, questa ragion d’esserci è una persona, un nome, il Figlio entrato nel tempo, nato da donna, venuto nella legge del « precario » per dare senso alla vita e per essere salvezza.
Egli è venuto per dare nome e consistenza al « desiderio » al bisogno, al grido dell’uomo per salvare il proprio tempo, per non scomparire, affondare nel nulla. Il senso della vita è nel sapersi figli, è che il grido diventa parola messa dentro di noi dallo Spirito stesso del Figlio e ci fa gridare « Padre ». E, se siamo figli, non lo siamo più solo del tempo che ci ha generati, ma dell’Eternità verso cui andiamo.
Questo Dio ha voluto, al termine della Creazione, del fluire del tempo da quando è entrato nella storia e ha chiesto che ogni figlio che nasce venisse a sapere di essere benedetto. « Ti benedica il Signore e ti protegga…Ti sia propizio, ti conceda pace ». Questo il ‘nome’, il senso più profondo della vita nel suo fluire nel tempo. Anche in noi certamente, pastori erranti di oggi, sorge lo stupore per queste cose che sono si messe nella coscienza, ma hanno bisogno di riflessione, meditazione, osservazione, hanno bisogno dell’atteggiamento di Maria che, abbiamo ascoltato, « da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore ». Per questo ella continua ad esserci sorella nella fede e madre offrendoci Gesù come sapore e salvezza della vita, ci genera a Lui, ci insegna come aprirci al Mistero dell’Eterno che entra nel tempo per salvare la storia, come superare la tentazione della sterilità egoistica ed apprezzare il Disegno di Dio sul tempo: rendendolo salvato.
Seguire Cristo fin sotto la Croce per essere uniti a Lui nel passaggio, nella morte e così con Lui entrare nella pienezza del Regno dei Risorti. E’ Lei, Madre, che ci genera alla Chiesa per vivere il tempo come Pentecoste: dono dello Spirito che rende fratelli gli uomini, dona loro il linguaggio che va oltre il tempo: l’amore; esalta di ognuno il carisma, la originalità, il senso dell’esserci per una salvezza comune, una Patria che ha inizio ora ma sarà comunione dei Santi. E’ sempre lei l’Assunta a svelare il destino e dunque il senso più vero della vita: la Comunione dei Santi. 

Pochaev icon of the Mother of God

Pochaev icon of the Mother of God    dans immagini sacre POCHAEV

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Publié dans:immagini sacre |on 30 décembre, 2010 |Pas de commentaires »

PAPA SILVESTRO I, (Basilica dei Santi Quattro Coronati, Roma)

PAPA SILVESTRO I, (Basilica dei Santi Quattro Coronati, Roma) dans immagini sacre 800px-Sylvester_I_and_Constantine

http://it.cathopedia.org/wiki/Papa_Silvestro_I

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La maternità di Maria secondo lo Spirito (Stefano De Fiores)

dal sito:

http://www.stpauls.it/madre06/0601md/0601md03.htm

La maternità di Maria secondo lo Spirito

di Stefano De Fiores  

Come figli del Padre, per la nostra Salvezza conta la vita in Cristo e nello Spirito, con tutto ciò che comporta nell’itinerario dal Battesimo alla gloria.
Lungo la sua vita terrena a contatto con il Figlio, Maria cambia radicalmente la sua posizione: non solo da madre diviene discepola, ma la sua maternità biologica nei riguardi di Gesù si allarga a quella spirituale nei riguardi dei Cristiani.
L’icona di Maria è quella di una madre universale, che nello Spirito accoglie i suoi figli e li forma alla maturità in Cristo come figli del Padre.

Dalla vita terrena alla vita eterna
Con il NT la vita assume una pienezza semantica appena accennata nell’AT. La posizione di Gesù di fronte alla vita può essere così sintetizzata: « …Gesù, nello stesso tempo, ha dimostrato una sollecitudine senza riserve per le necessità della vita concreta di quanti incontrava e, insieme, una profonda e radicale relativizzazione dell’attaccamento umano alla vita stessa ».
Gesù da persona profondamente biofila, vuole « salvare la vita » dei malati (Mc 3, 4), ma sollecita tutti a salvare la propria vita perdendola (Mc 8, 35). Questo paradosso indica che bisogna accogliere totalmente il Regno di Dio manifestato in Cristo, strappando l’esistenza terrena « come con un colpo di spada, da tutti quei legami che la visione umana delle cose considera protettivi e promozionale della vita (tra cui persino la famiglia: cfr. Mt 10, 34-39) ».
Solo allora l’essere umano avrà in cambio il centuplo in questa vita e la vita eterna (Mc 10, 29-30). Anzi la vita eterna comincia fin d’ora poiché chi ascolta Gesù « ha la vita eterna e non incorre nel giudizio, ma è passato dalla morte alla vita » (Gv 5, 24). Scopo della venuta del Verbo in terra è proprio la trasmissione di questo dono della vita: « Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza » (Gv 10, 10). È la vita nuova e misteriosa, comunicata a quanti nascono dall’acqua e dallo Spirito (Gv 3, 5).
In Paolo la vita non si riferisce che due volte all’esistenza terrena materiale (cfr. 1Tm 2, 2; 2Tm 2, 4), poiché egli ricorre al termine « zoé » per indicare « una qualità singolare della vita che procede dalla fede in Cristo e dall’unione con lui ».
È la vita in Cristo e nello Spirito per essere figli del Padre a contare per la Salvezza, con tutto quello che comporta, in particolare nel suo itinerario dal Battesimo alla gloria, quando il nostro corpo mortale sarà rivestito di gloria e d’immortalità (cfr. 1Cor 15, 53-54).
Anche a livello ecumenico oggi si riconosce che il concentrarsi sulla giustificazione come remissione dei peccati – come si è fatto in questi secoli presso gli Evangelici – risulta « una teologia unilaterale della Croce ». Si riconosce quindi con J. Moltmann che occorre completarla con la vita nuova a noi comunicata in forza della Risurrezione di Cristo e che si traduce nell’esperienza battesimale (cfr. Tt 3, 5-7): « La remissione dei peccati è un atto proiettato all’indietro, mentre quello proiettato in avanti – la giustificazione – significa la ri-creazione della vita, il risveglio dell’amore e la rinascita ad una nuova speranza viva ».
Si apre così un dinamismo comunicativo che coinvolge nella vita divina l’uomo nuovo nella creazione nuova, conferendogli l’esperienza di una gioia esaltante: « Si tratta di un processo concatenato che parte dalla rinascita di Cristo da morte in forza dello Spirito, passa attraverso la rinascita degli esseri umani mortali sempre ad opera dello Spirito, per giungere, ancora per mezzo dello Spirito, alla rinascita universale del cosmo ».

Una maternità nuova
Maria, figlia di Sion e tipo della Chiesa, ha vissuto nella sua carne il passaggio dalla prima alla seconda Alleanza, cioè quel lungo e profondo processo per cui l’ebreo si trasforma in cristiano.
Pur mantenendo i contatti con la spiritualità ebraica, il Cristianesimo è radicalmente diverso dall’Ebraismo, sia nella concezione di Dio in cui si passa dal Dio dei padri al Dio Padre del Signore nostro Gesù Cristo, quindi al Dio Uni-trino, sia nella concezione dell’uomo non più normato dalla Legge ma vivificato dal cuore nuovo nello Spirito, come predetto dai profeti Ezechiele e Geremia.
In particolare, il discrimine è evidente a proposito della realizzazione delle promesse messianiche. Ad una concezione del Messia guerriero, sacerdote o trionfatore, succede quella del Servo sofferente che salva e riconcilia il mondo per mezzo della morte di Gesù in Croce, « scandalo per i Giudei » ma « potenza e sapienza » (1Cor 1, 23) per i discepoli di Cristo.
All’attesa di una prosperità materiale che comporta l’abbondanza di frumento, vino ed olio, come pure la fecondità per la moltiplicazione degli animali e dei figli, si sostituiscono il primato del Regno di Dio e della vita eterna.

Maria è la testimone vivente di questo doppio doloroso processo di maturazione.
Fin da quando Gesù è ai primi mesi di vita, ella riceve al Tempio quello che è stato chiamato il « secondo annuncio », questa volta non da parte di un Angelo, ma di Simeone, un vecchio laico versato in Isaia e in attesa del Messia consolatore.
Dopo aver preso il bambino tra le braccia, gesto in uso tra i rabbini, Simeone pronuncia un’autentica rivelazione che lascia « stupiti » Maria e Giuseppe (cfr. Lc 2, 33) non solo perché allarga il messianismo a proporzioni universali ma pure perché addensa cupe nubi sull’orizzonte riguardante il Messia, che invece di trovare successi e trionfi incontrerà opposizione, fonte di sofferenza anche per il cuore della madre.
L’oracolo di Simeone, tradotto talvolta senza fedeltà al testo greco, annuncia da parte sua una spada (rompháia) per l’anima di Maria nel contesto di Gesù « segno contraddetto » [seméion antilegómenon].
L’opposizione (antiloghia) che si ergerà contro Gesù giunge a ripercuotersi sulla madre, sulla cui anima piomberà il dolore come una spada di grande dimensione. Ormai il futuro del bambino non sarà solo quello glorioso del Regno senza fine, ma si profila denso di opposizioni e contrasti. Maria sta dalla parte di Gesù come colei che parteciperà intimamente alla sua tragica sorte.
La vita accolta da lei appare minacciata, prima dalla furia omicida di Erode e poi dai suoi oppositori; ma rimane la Parola di Dio che fa regnare Gesù sulla casa di Giacobbe in un Regno senza fine, che si realizzerà in modo misterioso passando da una sofferenza mortale.

La maternità di Maria ai piedi della Croce
L’altro passaggio dalla stima della vita terrena al primato della vita eterna che costituisce il fulcro della predicazione di Gesù viene offerto a Maria sul Golgota nelle parole che il Crocifisso rivolge a lei e al discepolo amato (cfr. Gv 19, 25-27).
L’episodio « si inserisce in un contesto [Gv 19, 17-37] dove tutto ci parla della realizzazione del piano di Salvezza annunciato dalla Scrittura ». In esso si ha come un trasferimento dal piano biologico a quello spirituale: Maria vede la sua maternità fisica nei confronti del Figlio interrompersi all’improvviso con la morte di Gesù, in cui il Padre della vita lo « abbandona » [nel senso che non gli impedisce di morire], ma nello stesso tempo sorge per lei una nuova maternità non più sul piano terreno ma in quello dello Spirito.
Maria comprende la sua identità teologica e storico-salvifica mediante la « scena di rivelazione » che si svolge sotto i suoi occhi. Come Gesù è veramente l’Agnello di Dio secondo la rivelazione del Battista, così Maria è davvero la madre del discepolo amato secondo le parole rivelatrici di Cristo.
Essere madre del discepolo amato è l’identità di Maria nella storia della Salvezza. Non è specificato in che cosa consista questa maternità di Maria, ma per essere vera essa deve consistere in una comunicazione di vita : essa si comprende nel contesto giovanneo della rinascita dall’acqua e dallo Spirito (cfr. Gv 3, 3-7). Per questo Gesù chiama « donna » la madre con riferimento ad Eva, la donna primordiale e madre dei viventi, oppure alla Figlia di Sion vergine e madre (cfr. 2Re 19, 21; Is 37, 22; Lam 2, 13; Sal 86, 5), personificazione del popolo di Dio.
Più degli Apostoli, cui si applica direttamente il paragone, Maria è la donna partoriente, che passa dal dolore alla gioia della maternità nei riguardi di Cristo risorto (cfr. Gv 16, 21-23), ma anche dei suoi discepoli amati. L’espressione giovannea « tra i suoi beni » ["eis ta ídia" – "tra le cose proprie"] (cfr. Gv 19, 27) non significa solo la casa (Lagrange) o solo l’intimità (de La Potterie), ma piuttosto il proprio ambiente caratteristico, cioè la Comunità, la Chiesa (Vanni). Tale ambiente è a sua volta costituito dai doni o valori trasmessi da Gesù: la grazia, la Parola, lo Spirito, l’Eucaristia (cfr. Gv 1, 16 ; 12, 48 ; 7, 39 ; 6, 32-58). Tra questi valori propri della comunione con Gesù c’è il dono della madre, che il discepolo amato accoglie e consegna alla comunità.
Nel cuore dell’ultimo libro del NT (cfr. Ap 12, 1-18) si situa il « grande segno » rappresentato dalla Donna avvolta di sole (oggetto della cura amorosa di Dio), con la luna sotto i piedi (perché è oltre il calendario lunare del tempo mutevole) e sul capo una corona di 12 stelle (simbolo dei Patriarchi o/e degli Apostoli). Chi è questa donna glorificata che soffre le doglie del parto ?
Gli esegeti sono d’accordo nel ravvisare nella Donna il Popolo di Dio, preannunciato nell’AT (cfr. Is 13, 8 ; 66, 7 ; Os 13, 13), che nella sofferenza partorisce l’uomo nuovo (cfr. Gv 16, 19.22). Si tratta della Comunità apostolica, che si prolunga nella Comunità cristiana, più precisamente giovannea : esse sono impegnate nel parto divenuto drammatico per lo scontro con il Drago simbolo del Male. Frutto del parto è Cristo risorto, la cui Risurrezione è interpretata come nascita (cfr. Gv 16, 21-22).
Pur mantenendo questa dimensione ecclesiale, gli esegeti scorgono nella Donna dell’Apocalisse i lineamenti della Madre di Gesù. Una triplice caratteristica lega le due figure: ambedue sono chiamate « donna » (cfr. Ap 12, 1.6.13-17; Gv 2, 4 ; 19, 26), hanno altri figli oltre Gesù (cfr. Ap 12,17; Gv 19, 26), la loro maternità è legata ai dolori della Croce (cfr. Ap 12, 2; Gv 19, 26).
La Donna dell’Apocalisse risulta raffigurata secondo la tipologia mariana. Del resto, Maria ha partecipato attivamente allo svolgersi del mistero pasquale, al punto da personificare il Popolo di Dio dilatando la sua maternità al discepolo amato.

Stefano De Fiores 

Publié dans:feste di Maria, Maria Vergine |on 30 décembre, 2010 |Pas de commentaires »

dal sito:

http://www.donbosco-torino.it/ita/Maria/meditazioni/06-07/01-Maria_Madre_di_Dio.html

1 GENNAIO – MARIA MADRE DI DIO

Nel primo giorno dell’anno, in relazione con il Natale appena festeggiato, la Chiesa sente il bisogno di festeggiare anche la mamma del Bambino; e lo fa non chiamandola soltanto come «Madre di Gesù», ma anche come «Madre di Dio».
Che cosa significa questo titolo, così sublime?
Noi abbiamo la natura di uomini, e non abbiamo assunto, per esempio, la natura di gatti, anche se abbiamo tanta simpatia per il nostro micio di casa. Siamo uomini, non gatti!
Diversamente Dio, innamorato perdutamente per i suoi figli, ha mantenuto, certo, la natura di Dio, perché ad essa vuol portare anche noi, ma ha voluto assumere anche la natura di uomo, perché l’uomo, unendosi a Lui, possa ottenere anche la natura di Dio.
Adesso, dunque, Dio ha due modi di esistere, altrettanto suoi:
1) il suo modo di essere naturale, quello divino (perché Dio continua ad essere Dio);
2) e il suo modo di essere, acquisito, quello umano (perché Dio è diventato anche uomo).
Dio, nel suo modo di essere divino, è l’eterno, l’origine di tutto, e quindi non può essere originato da una madre; lo stesso Dio, nel suo modo di essere umano, ha un inizio nel tempo, e viene originato da una mamma terrena, Maria Santissima.
Ella, quindi, è veramente madre di Dio, di Dio non nel suo modo di essere divino, ma di Dio nel suo modo di essere umano.
Per questo, quando celebriamo la Madre di Dio, non ricordiamo un semplice “modo di dire”, una frase ad effetto, immaginosa o simbolica, ma riaffermiamo una precisa verità!
Questa verità è stata chiarita nell’anno 431, nel Concilio di Efeso, città dell’Asia Minore. In tale Concilio, si è voluto ricordare che Gesù, fin dal primo istante nel grembo materno, è stato Dio e uomo.
Quindi la Madonna non ha generato un semplice uomo, divenuto in seguito Dio, ma ha generato Dio stesso fatto uomo!
Ma non dobbiamo dimenticare che la Vergine, prima di essere Madre di Dio, è stata una creatura, una figlia di Lui; in seguito è diventata sua sposa, perché l’Annunciazione è stata la dichiarazione di richiesta di matrimonio da parte del Padre, che la invitava ad essere sua sposa, perché insieme facessero nascere e crescere il Messia; e la Madonna ha risposto di sì!
Così Dante potrà cantare di Lei:
«Vergine madre, figlia del tuo figlio»!
Anche per tutto questo, Maria Santissima è il modello di tutti noi: perché l’intera umanità, ogni persona umana è stata sognata da sempre dall’amore di Dio, perché diventassimo suoi figli (cf 1 Gv 3,1), sue spose (cf Is 62,5), sue madri (cf Mt 12,49s)!

Antonio Rudoni SDB                                                    

Publié dans:feste di Maria, Maria Vergine |on 30 décembre, 2010 |Pas de commentaires »

31 DICEMBRE 2010 – SAN SILVESTRO PAPA

dal sito:

http://www.chiesa-cattolica.net/papi/san-silvestro.php

31 DICEMBRE 2010 – SAN SILVESTRO PAPA

Silvestro, il cui nome significa « abitatore delle selve », è eletto Papa il 31 gennaio del 314 d.C. e rimane in carica fino alla morte, avvenuta nel 335. L’imperatore Costantino gli dona come residenza il palazzo del Laterano, affiancato più tardi dalla basilica di San Giovanni. Durante il suo pontificato vengono anche costruite le Basiliche di Santa Croce in Gerusalemme, di San Pietro e di San Paolo fuori le mura.
Il lungo pontificato di Silvestro è caratterizzato dalle controversie teologiche e l’autorità del vescovo di Roma è bel lungi da quella dei papi dei secoli successivi. Nel 325 egli ratifica i decreti del Concilio di Nicea contro gli Ariani (l’eresia di Ario, prete di Alessandria d’Egitto, negava la consustanzialità delle tre Persone Divine, togliendo a Gesù Cristo la sua divinità) dove si ristabilisce una volta per tutte che Cristo è Figlio di Dio. Si dice che, dopo la conversione dei Longobardi ariani al cattolicesimo, si moltiplicarono le fondazioni di chiese in onore di S. Silvestro associate al culto del Salvatore, essendo il santo considerato come secondo Salvatore, dato che i Longobardi erano eretici.
Una leggenda su San Silvestro sostiene che visse un certo tempo sul Soratte, rifugiato in un periodo di disaccordo con l’imperatore Costantino il quale, ammalatosi di lebbra, mandò i suoi messi a cercarlo. La vicenda narra che l’imperatore si ammalò e che per guarire dalla malattia gli venne consigliato di fare un bagno nel sangue umano. Costantino però vi rinunciò, impietosito dalla disperazione delle madri dei fanciulli scelti per fornire il sangue per il bagno. Nella notte sognò gli apostoli Pietro e Paolo, i quali gli suggerirono di richiamare dall’esilio Silvestro che solo poteva guarirlo dalla lebbra attraverso il battesimo. Un’altra leggenda narra che dimorò anche in Sabina, dove, sul monte Tancia si trovava una grotta al centro della quale era adagiato un grosso stalattite, adorato come un influente dio sabino. Il santo si adoperò per convertire subito i guardiani del luogo, distrusse l’idolo e pose al suo posto un altare dedicato a San Michele. Anche a Poggio Nativo (Ri) esiste il rudere di un’antica chiesa dedicata a San Silvestro. Gli si attribuiscono anche le « cacciate » di due draghi: una dalla grotta del Tancia, l’altra dalla rupe Tarpea. Papa Silvestro I viene sepolto il 31 dicembre del 335 a Roma nel cimitero di Priscilla. Appena morto, viene subito onorato pubblicamente come « Confessore » ed è tra i primi a ricevere questo titolo, attribuito dal IV secolo in poi a chi, pur senza martirio, ha trascorso una vita sacrificata a Cristo. Un anno dopo la sua morte, al Papa Silvestro era già dedicata una festa al 31dicembre; mentre in Oriente lo si ricorda il 2 gennaio.
A Roma, nella Basilica dei Santi Quattro Coronati, si trova un ciclo pittorico ispirato alle storie leggendarie dell’imperatore Costantino e di Papa Silvestro tratto da la « vita seu actus Sancti Silvestri » scritto tra la fine del IV secolo e la prima metà del V. Tra il 1244 ed il 1251, anno in cui la curia Papale era lontana da Roma, il luogo ove sorge la Basilica fu usato come residenza di Stefano Conti, cardinale di spicco nella vita politica romana, il quale ne fece un sontuoso palazzo. La Vita Silvestri narra la guarigione miracolosa di Costantino ad opera di San Silvestro ma, in realtà, Costantino fu battezzato nel 337, dopo la fine del pontificato di Silvestro e dopo il Concilio Ecumenico. La leggenda di Silvestro è ricca di altri episodi, quali: la resurrezione di un toro che, a seguito di questo presunto miracolo, divenne il suo attributo iconografico. L’ uccisione di un sacerdote ebraico a segno della potenza divina, riuscendo, con questo, a convertire Elena, la madre di Costantino.
La sconfitta un enorme drago stabilitosi in una caverna del Foro Romano, simbolo del paganesimo persistente a Roma. Gli affreschi sulle pareti della cappella di San Silvestro rappresentano queste leggende e sono l’illustrazione più completa a noi pervenuta della vita di San Silvestro. La lettura inizia dalla parete di controfacciata dove nella parte alta è disposto un Giudizio Universale. Nella parte sottostante il ciclo silvestrino si trovano i dipinti che illustrano gli episodi salienti del suo incontro con Costantino: Costantino lebbroso rassicura le madri che chiedono grazia per i loro figli; i Santi Pietro e Paolo appaiono in sogno a Silvestro; i messi imperiali vano sul monte Soratte a cercare Silvestro; Costantino riceve Silvestro; Silvestro battezza Costantino; Costantino guarito dalla lebbra porge la tiara a Silvestro. Sotto la parete di sinistra, appaiono i fatti miracolosi della vita di Silvestro : la resurrezione del toro, la conversione di Elena e la cattura del drago. Il contenuto programmatico del racconto è un’ esplicita affermazione anti imperiale poiché allude al conflitto in corso tra papato e imperatore rivendicando la supremazia della Chiesa romana.
Papa Innocenzo IV aveva da poco scomunicato Federico II, in quanto non solo successore di San Pietro ma anche di Costantino e quindi degli imperatori romani. A tale proposito appaiono rilevanti due episodi dipinti nella cappella: Costantino che genuflettendosi offre la tiara a Silvestro, a simboleggiare sia il potere spirituale che temporale della chiesa in quanto la tiara è simbolo dei due poteri, e Costantino che accompagna il Papa a Roma tenendogli le briglie del cavallo. Quest’ultima scena si riferisce alla cerimonia che avveniva a seguito dell’incoronazione imperiale quando il sovrano incontrava per la prima volta il Papa : l’ imperatore a piedi doveva condurre la cavalcatura papale dopo aver aver aiutato il Papa a salirvi. E’ quindi comprensibile l’interesse di Stefano Conti, in quegli ani impegnato nella difesa della supremazia del papato, a rappresentare, nella cappella del proprio palazzo, un manifesto politico di tale portata.

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buona notte

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Siesta di jean pierre Turpault

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Omelia (30-12-2010) : Il bambino cresceva… pieno di sapienza

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/21218.html

Omelia (30-12-2010) 
Monaci Benedettini Silvestrini

Il bambino cresceva… pieno di sapienza

Il vangelo non è stato scritto per soddisfare la nostra curiosità. Tanti interrogativi sulla vita di Gesù, di Maria, della santa famiglia restano senza risposta. Vorremmo conoscere tutta la vicenda del Signore e invece l’evangelista ci licenzia con poche battute: nemmeno un accenno alla fuga in Egitto, come fa San Matteo. Solo poche frasi dopo averci presentato la profetessa Anna, anche lei a servizio nel Tempio, che parla del bambino. Poi il ritorno a Nàzaret da dove Giuseppe e Maria erano partiti e un accenno fuggevole al bambino che « cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di Lui ». Il vangelo di Luca ce lo fa incontrare ancora, dodicenne a Gerusalemme nel Tempio, ricercato affannosamente da Maria e Giuseppe e poi sui trenta anni di età quando inizia il suo ministero pubblico. San Giovanni invece ci presenta una comunità bene organizzata con tutte le età a cui suggerisce come servire il Signore. Il modello di crescita in sapienza è quello di Gesù che dovrebbe essere tenuto presente nelle varie età: figli, giovani, padri… Egli ricorda quanto ha imparato dal Signore: vincere il mondo con tutte le sue concupiscenze: quella della carne, quella degli occhi e la superbia della vita. Tutto questo non viene dal Padre, ma dal mondo. E con tocco pieno di sapienza Giovanni ci richiama alla caducità delle cose mondane: « E il mondo passa con la sua concupiscienza, ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno ». E’ bene che la liturgia ce lo ricordi in questo penultimo giorno dell’anno. Quanti amici, parenti e forse persone care sono passate all’eternità nell’anno che sta tramontando… Si potrebbe dire con Gesù: Chi vuol intendere, intenda! 

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