La Stella che ci ha dato il Sole
dal sito:
http://www.stpauls.it/madre/0801md/0801md16.htm
La Stella che ci ha dato il Sole
La maternità divina è «il punto di partenza di ogni prerogativa e di ogni funzione della Vergine Madre». Su questo sfondo vediamo il mistero della Vergine Madre, evento di salvezza che va accolto nella fede orante e adorante.
Tra la solennità di Natale e il 1o gennaio la Chiesa ha celebrato la domenica mariana post-natalizia: la festa della Santa Famiglia di Nazaret. In essa Maria con san Giuseppe occupava un posto di primaria importanza. La Vergine Madre è stata venerata durante l’ottava di Natale, e in particolar modo nella solennità del 1o gennaio: Maria Santissima Madre di Dio, la più antica festa mariana della Chiesa di Roma. Giorno in cui la liturgia « magnifica » ogni anno la Vergine, Madre divina di Cristo e Madre della Chiesa.
La maternità divina è «il punto di partenza di ogni prerogativa e di ogni funzione della Vergine Madre» (B. Forte). Tuttavia la maternità più nobile, preciserebbe sant’Agostino, non è tanto quella fisica, quanto quella che proviene dall’ascolto docile della Parola di Dio.
Su questo sfondo luminoso di Maria discepola obbediente, vediamo ora il mistero della Vergine Madre, evento di salvezza che va accolto nella fede orante e adorante. In questa prima parte del tempo ordinario, che va dal lunedì dopo la domenica del 6 gennaio (14 gennaio) alla Quaresima (6 febbraio), la Vergine accompagna la Chiesa dal battesimo del Signore alla Pasqua, quale formatrice dei fedeli nella fede che si consegna a Dio. Chi cammina, condotto per mano materna dalla Serva del Signore nelle vie dello Spirito, raccoglie una mèsse abbondante nella vita spirituale. Infatti, parafrasando un’affermazione di san Bonaventura secondo cui «nulla che sia inferiore a Dio, può accontentare l’uomo», possiamo dire: l’uomo è soddisfatto solo quando, superando i propri limiti, sale fiduciosamente fino a Dio che lo riveste d’infinito.
« Apofasìa » mariana
Nel prefazio di Avvento II/A, tempo mariano per eccellenza, la Chiesa celebrante acclama: «Noi ti [si riferisce al Padre] lodiamo, ti benediciamo, ti glorifichiamo per il mistero della Vergine Madre». E il Grande Canone di Andrea di Creta (VIII secolo) così celebra questo mistero della Vergine Madre: «Miracolo senza spiegazioni/ Tu Madre di Dio/ pur restando Vergine» (Ode 3, Theotokos, in O. Clment, Il canto delle lacrime. Saggio sul pentimento, Ancora, Milano 1983, pp. 113-196).
Questo «miracolo senza spiegazioni» richiama il tema dell’ »apofasia mariana »: mistero indicibile che concerne la maternità verginale, proprio perché si trova in continuità con il mistero dello Spirito trinitario operante in tutta la rivelazione. Mistero che si ricollega agli altri misteri del Nuovo Testamento, soprattutto a quello sommo della risurrezione di Cristo e a quello stesso della liturgia che celebra Cristo risorto nei vari momenti della sua vita storica.
Si chiede sant’Agostino: come Cristo risorto entrò a porte chiuse nel cenacolo? E subito risponde con un’altra domanda: come Maria concepì senza il concorso di uomo? Ben prima che risorgesse, il Signore nascendo da Maria Vergine passò per delle porte chiuse (cf Discorso 247,2 in NBA 32/2,708-711). Entrando nel cenacolo Cristo risorto non ne infranse le mura, come, nascendo, non infranse la verginità della Madre.
San Giovanni Damasceno, per spiegare il mistero della transustanziazione eucaristica del pane e del vino, ricorre al mistero dell’incarnazione del Verbo in Maria: «Tu chiedi in che modo il pane diventa corpo di Cristo e il vino [...] sangue di Cristo? Te lo dico io: lo Spirito Santo irrompe e realizza ciò che supera ogni parola e ogni pensiero [...]. Ti basti sapere che questo avviene per opera dello Spirito Santo, allo stesso modo che dalla Santa Vergine e per mezzo dello Spirito Santo il Signore, da se stesso e in se stesso, assunse la carne» (citato dal Catechismo della Chiesa Cattolica, 1106).
Lo stesso mistero dello Spirito operante in Maria continua nel battesimo di Cristo e nella celebrazione della Chiesa, particolarmente nell’Eucaristia. Lo afferma in un chiaro testo sant’Efrem Siro: «Ecco il fuoco dello Spirito nel seno di sua Madre, ecco il fuoco dello Spirito nel fiume del Giordano. Fuoco e Spirito nel nostro battesimo, nel pane e nel calice, fuoco e Spirito» (De fide, 10).
Facilmente si nota come la maternità di Maria, se per un verso squarcia un velo sul silenzio divino, per l’altro mostra come la paternità di Dio, resa manifesta dalla maternità verginale, resta, ad un tempo, mistero in Dio e nella sua Serva. Tale deve rimanere anche per la Chiesa e i credenti. Maria. Il sì di Dio all’uomo (Introduzione e commento all’enciclica Redemptoris Mater di J. Ratzinger – H. U. von Balthasar, Queriniana, Brescia 1987) è la parola nuova e definitiva detta dal Padre nello Spirito all’umanità in vista dell’incarnazione del Figlio. Ella va accolta nel silenzio adorante.
La verginità materna
Quel «miracolo senza spiegazioni» mostra come la verginità feconda di Maria segna la rottura del «ciclo delle nascite per la morte», dichiara il Grande Canone di Andrea di Creta (Ode 3, Theotokos) e significa il rinnnovamento, la ri-creazione della natura umana dopo la caduta del peccato originale: «Partorisci e sei vergine. / Sempre vergine resti / poi che il Figlio da te nato / le leggi della natura rinnova / secondo il volere di Dio» (Ode 4, Theotokos). Poco prima il testo di Andrea acclama: «Concepisti vergine nel tempo / il Figlio intemporale di Dio» (Ode 3, Theotokos), e poi afferma: «La pienezza della divinità / ha posto in te la tenda, o Vergine» (Ode 9, canone 2, Irmo). La Madre di Dio manifesta concretamente l’antinomia apofatica del Dio assolutamente inaccessibile che, per amore, si rende completamente partecipabile.
In questi testi viene evocata la partecipazione della creatura umana ai misteri più grandi della redenzione, ossia la Vergine è la «stella puerpera del sole», «la stella che ci ha dato il Sole: senza uomo, ella ci ha dato il Dio-Uomo» (sant’Eleuterio). Proclo di Costantinopoli dichiara semplicemente: Maria «ha generato il mistero». Da lei «sono scaturiti i misteri del Salvatore», specifica il prefazio della VI domenica di Avvento della liturgia ambrosiana. «A lei furono affidati i misteri dell’incarnazione», aggiunge Giorgio di Nicomedia.
Oltre la logica umana
In questa linea già sant’Ignazio di Antiochia insegnava: la verginità di Maria, il suo parto e la morte del Signore sono «tre misteri da proclamare», ma essi restarono nascosti al Principe di questo mondo (Lettera agli Efesini 18,2 – 19,1). E i Padri della Chiesa amavano ripetere che dall’infinito silenzio di Dio è stata generata la Parola eterna, e che dal silenzio del cuore della Vergine è scaturita la parola «eccomi», premessa umana all’incarnazione del Verbo.
Dio che abita in una luce inaccessibile (1 Tm 6,16), esige un velo di riserbo sul concepimento e la nascita misteriosa del Figlio. Egli non rispetta la logica umana. Difatti la nostra pretesa di capire tutto, talora sfocia in discorsi privi di senso. Tertulliano e san Girolamo (nella prima parte della sua vita), nel voler insistere ad oltranza sul realismo della nascita del Signore – fa notare R. Laurentin – si abbandonarono a sordide descrizioni. In Maria l’antinomia (verginità o maternità) si ricompone in una mirabile e ineffabile armonia: ella è Madre Vergine. La sua persona e il mistero della maternità divina vanno accolti secondo il disegno imperscrutabile di Dio.
Dal mistero indicibile della verginità materna deriva un duplice principio mariano. Quello liturgico: la Chiesa con Maria ogni giorno annuncia il mistero della morte del Signore, e con lei proclama la sua gloriosa risurrezione nell’attesa della sua venuta. E l’altro principio, molto proficuo per la vita spirituale: l’uomo, essere fragile e zoppicante a causa del peccato, può raggiungere Dio se si lascia avvolgere e trasformare dal suo mistero. Contemplando la Madre Vergine, mistero divino partecipato all’umanità, il credente con inaudita soddisfazione giunge ad affermare con sant’Agostino: «Non uscire da te stesso», ma «rientra in te stesso. Nell’uomo interiore abita la verità» (La vera religione, 39, 72), poiché Dio è a me «più intimo della mia parte più intima, più alto della mia parte più alta» (Le confessioni, 3,6,11).
Sergio Gaspari

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